Con una data di uscita fissata al 3 dicembre, PlayStation Classic cavalca una tendenza ormai consolidata, ovvero quella di affiancare a nuovi prodotti anche degli oggetti capaci di rivolgersi con successo al cosiddetto mercato della nostalgia. Un mercato ricco e poco rischioso, che può contare su una vasta platea che ha già acquistato quello specifico prodotto almeno una volta, non richiede alcuna innovazione e, soprattutto, ha costi di produzione davvero ridotti all'osso. Non è un caso quindi che al filone dei giochi rimasterizzati e dei remake, di recente si sia aggiunto anche quello delle console Mini, ovvero versioni in miniatura delle macchine da gioco del passato prodotte direttamente dall'azienda originale.
Una moda lanciata nella sua forma attuale dalla linea Classic Mini di Nintendo con le riproduzione del NES prima e dello SNES poi, ripresa da SNK con il NeoGeo Mini, e ora abbracciata con entusiasmo anche da Sony. PlayStation Classic riproduce infatti la prima console della casa nipponica, quella PlayStation che nel 1994 arrivò come un terremoto sul mercato, avvicinando ai videogiochi una quantità di persone mai vista prima.
Quello della nostalgia è però un mercato anche molto esigente. Perché al fianco di giocatori occasionali che si avvicinano alla console richiamati dai propri ricordi da bambino, vanta una ricca schiera di accaniti appassionati di retrogaming, pronti a incensare un prodotto ben realizzato, ma anche a evidenziare con coerenza e severità tutti quei dettagli che non siano stati curati con la giusta attenzione. E sono proprio loro che dovrebbero leggere con molta attenzione questa recensione di PlayStation Classic, perché la console Sony potrebbe non avere tutte le carte in regola per soddisfarli.
Unboxing e contenuti
Ma procediamo con ordine. PlayStation Classic lancia forte il suo richiamo nostalgico fin dalla scatola, che riprende con furbizia la bella boxart originale. L'interno segue invece la tendenza moderna di Sony, che ormai ha abituato a confezioni matrioska che nascondono al loro interno una seconda scatola bianca prima di avere accesso a console e accessori vari. Questi nel caso specifico sono due controller USB con cavo di 1,5 metri (50cm in meno dell'originale), che riproducono alla perfezione non il DualShock, bensì quelli del 1994 senza analogici, senza motori per la vibrazione e con quattro tasti dorsali al posto dei grilletti; un cavo USB-micro USB per l'alimentazione, anch'esso da 1,5 metri; un cavo HDMI da 2 metri per il collegamento audio-video; infine, un ricco manuale di istruzioni, anch'esso molto simile a quello originale. La console vera e propria si presenta molto più piccola della prima PlayStation, ma ciò non le impedisce di essere una replica pressoché perfetta di ogni dettaglio: dai loghi fino ai tre tasti di accensione, reset e apertura del vano disco, passando per le griglie laterali e lo sportellino posteriore per l'accesso alla - per i più misteriosa - porta parallela I/O. Vano disco e sportellino non sono purtroppo apribili, ma tutti i tasti possono essere premuti e hanno una specifica funzione. Chiude la lista delle caratteristiche estetica la presenza, nella parte frontale, di due porte USB 2.0 per i controller e, sul retro, di una porta micro-USB per l'alimentazione e un'uscita HDMI per il collegamento ai televisori moderni. Da segnalare l'assorbimento energetico della console, che richiede un alimentatore da 5V e 1,0 A per funzionare correttamente: vengono così escluse sia le porte USB del televisore, sia quelle di PC e altre console, che non erogano potenza sufficiente a far avviare PlayStation Classic. Un vero peccato, soprattutto perché tale alimentatore non è incluso nella confezione: va quindi usato quello dello smartphone, oppure bisogna acquistarne uno separatamente.
La console misura 149x33x105mm (larghezza x altezza x profondità), con un peso di circa 170 grammi: è quindi molto più piccola non solo della prima PlayStation, ma anche di PlayStation One, la revisione slim uscita nel 2000. Va da sé che tali dimensioni non hanno consentito l'inserimento di un lettore CD e che quindi non è possibile utilizzare i giochi originali. Al loro posto la memoria interna racchiude 20 titoli del passato, sulla cui qualità ci siamo soffermati già abbastanza evidenziando quali sono gli assenti che avremmo voluto e divertendoci a mettere in ordine dal peggiore al migliore quelli presenti. In questa fase è quindi sufficiente far notare che la selezione presenta giochi straordinari al fianco di lacune importanti e titoli invecchiati così male da risultare pressoché inaccessibili per un giocatore di oggi. Giusto per fare un paio di esempi, un gioco di guida come Ridge Racer Type 4, oppure uno sparatutto come Tom Clancy's Rainbow Six, non soffrono solo sul fronte tecnico, ma anche e soprattutto su quello dei controlli.
La lista dei 20
Questa la lista completa dei 20 giochi precaricati su PlayStation Classic: Battle Arena Toshinden, Cool Boarders 2, Destruction Derby, Final Fantasy VII, Grand Theft Auto, Intelligent Qube, Jumping Flash!, Metal Gear Solid, Mr. Driller, Oddworld: Abe's Oddysee, Rayman, Resident Evil Director's Cut, Revelations: Persona, R4 Ridge Racer Type 4, Super Puzzle Fighter II Turbo, Syphon Filter, Tekken 3, Tom Clancy's Rainbow Six, Twisted Metal e Wild Arms.
Emulazione e software
Se dal lato della qualità costruttiva e della cura dei dettagli estetici non c'è nulla da eccepire a PlayStation Classic, lo stesso non si può dire per la qualità del software utilizzato. Il primo avvio non può non far sobbalzare il cuore a chiunque abbia vissuto l'epoca a 32 bit, con il logo che appare su schermo e soprattutto l'iconico suono che è diventato sinonimo di PlayStation. Il carosello dei packshot dei 20 giochi inclusi nella mini console accoglie però subito il giocatore all'interno di menu scarni e obsoleti. Il richiamo a quello di avvio della PlayStation originale è evidente anche nella colorazione dello sfondo dietro le scritte, tuttavia le opzioni sono davvero troppo limitate. Le impostazioni si riducono all'attivazione di uno screen saver che abbassa la luminosità per evitare di rovinare i TV LED e OLED, alla possibilità di abilitare il risparmio energetico facendo sì che la console si spenga dopo 60 minuti di inattività e al selettore della lingua, che presenta, oltre all'italiano, gran parte delle lingue europee e anche il giapponese. Non c'è un filtro per ordinare i giochi, né sono presenti opzioni per cambiare la modalità di visualizzazione. Non ci sono quindi nemmeno dei filtri per riprodurre le classiche scanlines del tubo catodico e per migliorare la qualità complessiva. Il risultato è una resa delle immagini che riprende quella a pixel quadrati (o pixel perfect) già vista sulle console mini di Nintendo, con un'abbondante cornice nera che riduce di molto l'area visualizzata e un upscaling della risoluzione a 720p che spalma un po' i contorni soprattutto delle scritte.
Per quanto riguarda gestione dei giochi, la console permette di avere uno stato di sospensione e una memory card per ogni singolo titolo. Questo si traduce in una decina di slot circa per ogni gioco (il numero varia a seconda degli slot occupati dal singolo salvataggio), gestibili sia dal menu principale sia all'interno dei titoli che supportano tale funzione. La sospensione permette invece di memorizzare al volo la situazione di una partita in qualsiasi punto e si attiva in automatico nel momento in cui si preme il tasto reset. Non esistono scorciatoie attivabili dai controller, per cui è necessario andare vicino alla console ogni volta che si vuole sospendere o cambiare gioco. A proposito dei tasti, oltre a quello di reset e a quello di accensione, c'è anche quello che originariamente regolava l'apertura dello slot del disco. Ovviamente PlayStation Classic non presenta un vano realmente apribile, ma quel tasto serve proprio a emulare tale funzione per quei giochi che in origine erano distribuiti su più dischi. Un'aggiunta simpatica, che consente di cambiare fisicamente i dischi virtuali di giochi come Metal Gear Solid e Final Fantasy VII.
A livello di contenuti, i titoli sono esattamente gli stessi visti venti anni fa. PlayStation Classic propone i suoi giochi in versione PAL UK, senza alcun tipo di miglioria o potenziamento grafico. Interessante invece il discorso della lingua: la scelta dei giochi anglosassoni ha permesso in alcuni casi di avere la versione europea dei giochi, con tanto di lingua italiana. Purtroppo però non sempre il Regno Unito commercializzava le versioni multilingua, per cui titoli come Oddworld: Abe's Oddysee o Metal Gear Solid perdono non solo i sottotitoli, ma anche il doppiaggio in italiano. Di fatto, quindi, solo Grand Theft Auto e Tom Clancy's Rainbow Six hanno l'italiano. La scelta della versione PAL ha conseguenze anche sulla qualità degli stessi giochi, che girano a 50hz contro i 60 delle controparti NTSC: una scelta che si ripercuote quindi direttamente sulla fluidità del gameplay. Rimandata anche la scelta di non optare per uno standard di controllo univoco: doversi ogni volta riadattare all'utilizzo invertito di X e Cerchio ha senso dal punto di vista dell'aderenza agli originali, ma rende obbligatorio un esercizio a cui non tutti potrebbero volersi sottoporre. Anche in questo caso, la possibilità di scegliere attraverso un'opzione dedicata sarebbe stata gradita.
Nonostante utilizzi lo standard USB, PlayStation Classic è compatibile solo con i suoi controller: non è dunque possibile utilizzare né i pad PS4, né quelli di altre piattaforme di gioco. Allo stesso modo, i controller PlayStation Classic sulla non sono compatibili con altre piattaforme, ma scommettiamo che su PC arriveranno presto dei driver dedicati.
Conclusioni
Multiplayer.it
6.5
Il giudizio su PlayStation Classic è ambivalente. Da un lato abbiamo una console perfetta dal punto di vista estetico, con una qualità costruttiva eccellente e una grande attenzione al dettaglio. Dall'altro il software è tutt'altro che impeccabile: le opzioni di personalizzazione sono praticamente assenti e la presenza delle versioni inglesi dei giochi penalizza la fluidità senza un effettivo guadagno in termini di lingue presenti. L'assenza di opzioni grafiche aggiuntive o e di altre caratteristiche extra rende difficile giustificare il prezzo di vendita di praticamente 100 euro. Una cifra che fa lievitare il costo teorico per singolo gioco a circa 5 euro, il più alto tra le console mini analizzate fino a oggi.
PRO
- Qualità costruttiva eccellente
- Grande attenzione al dettaglio
- Doppia gestione dei salvataggi
CONTRO
- Nessuna opzione di visualizzazione
- Qualità altalenante nella selezione dei giochi
- Prezzo elevato