Questa recensione di Pokémon Masters ha richiesto più tempo del previsto. Non tanto perché il nuovo spin-off realizzato da The Pokémon Company in collaborazione con il colosso dell'intrattenimento mobile giapponese DeNa avesse chissà quale profondità di meccaniche da analizzare. Ne aveva le potenzialità, certo, ma non sempre le promesse della vigilia vengono mantenute. Quello che ci ha spinto a prenderci più tempo per approfondire il gioco era la volontà di capire fino a che punto ci si potesse spingere nel rendere noioso, frustrante e ripetitivo quello che dopo le prime ore si era rivelato un prodotto sorprendentemente piacevole. E anche, ovviamente, vedere all'opera la versione definitiva, e non limitarci ad analizzare la zoppicante beta di Singapore, che ci era stata fornita con un account stampa per avere l'accesso anticipato.
Questo, quindi, è quello di cui parleremo in questo recensione, e se siete fan dei Pokémon quanto chi vi scrive spero valuterete con attenzione se e quanto tempo passare su questo gacha free-to-play disponibile su dispositivi Android e iOS.
Benvenuti a Pasio: la trama
L'accoglienza all'arrivo del giocatore sull'isola artificiale di Pasio è allegra e divertente. Dopo aver creato con un editor piuttosto basilare il proprio avatar, infatti, i giovani allenatori vengono ricevuti da due vecchie conoscenze, sia degli appassionati dei videogiochi, sia di quelli degli anime. Parliamo ovviamente dei due più famosi capi palestra di Kanto, nonché grandi amici di Ash: Brock e Misty. Un'ottima trovata per introdurre la trama e mettere subito tutti a proprio agio, mentre si spiegano le basi di un sistema di combattimento atipico basato sulle cosiddette Unità. Proprio così, perché le lotte a Pasio non sono una faccenda tra l'allenatore e i suoi Pokémon, bensì tra una serie di combinazioni composte da un Allenatore e il suo pokémon preferito, i quali formano una coppia inscindibile: le Unità appunto. Invece di catturare mostriciattoli in giro per la regione, l'obiettivo è quindi quello di reclutare allenatori famosi provenienti da tutto il mondo e competere così nel cosiddetto World Pokémon Masters, la lega Pokémon dell'isola insomma. Per farlo ci sono due modi: accedere alla Ricerca Unità nel negozio all'interno del gioco oppure giocare la modalità Storia raccogliendo le 5 medaglie necessarie all'accesso al torneo. Del sistema di monetizzazione parleremo approfonditamente più avanti, quindi per adesso sarà la campagna in singolo ad essere oggetto di attenzione.
Come ogni storia Pokémon che si rispetti, questa si alterna tra combattimenti contro altri allenatori, sfide ai 5 capipalestre che custodiscono le agognate medaglie e, ovviamente, lo scontro contro la banda di cattivi di turno. Stavolta rappresentato dal misterioso Team Break, un gruppo di allenatori mascherati che vanno in giro cercando di rubare i Pokémon degli allenatori più forti sulla piazza. Nonostante non ci si aspettasse certo una sceneggiatura da Oscar, c'è da dire che per i primi 10 capitoli le cose procedono piuttosto bene. Anzi, nonostante la frammentazione degli episodi, l'avventura risulta tanto coinvolgente da tenere attaccati al proprio smartphone tra uno scontro e l'altro per raggiungere le fasi finali del torneo e saperne finalmente di più sui retroscena di alcuni personaggi particolari, come il creatore dell'isola di Pasio, il misterioso Kelian. In questa fase i combattimenti risultano sufficientemente bilanciati e il tempo passato ad allenare le proprie Unità è il minimo indispensabile per portare a regime quegli allenatori che possono tornare utili contro un determinato tipo di avversario.
Una volta raggiunta la quinta medaglia, però, qualcosa in questo delicato equilibrio si spezza e anche l'immediato e divertente, seppur semplificato, sistema di combattimento messo in piedi dagli sviluppatori comincia a prestare il fianco a tutti i suoi limiti.
ATB per i Pokémon? Il gameplay a là Final Fantasy
Trasferire la profondità delle meccaniche di Pokémon all'interno di un gioco mobile non è affatto semplice: su smartphone vanno forte i giochi frenetici, da gestire con un paio di tocchi mentre si è in autobus o si aspetta il proprio turno dal medico. Per questo Pokémon GO ha faticato, e fatica tutt'ora molto, a capire a cosa rinunciare, e cosa tenere, dei giochi originali. Il problema si è riproposto, in misura meno marcata, anche in questo caso. Staccandosi con forza dalla serie principale grazie alla trovata delle Unità, però, Pokémon Masters sembrava poter trovare la sua strada seguendo le orme di un'altro brand che rappresenta uno dei capisaldi del gioco di ruolo alla giapponese: Final Fantasy. Recuperando in parte l'idea dell'Active Time Battle, o ATB, introdotto nel settimo capitolo (il cui remake, a proposito, sembra poter essere una bomba, almeno stando al nostro ultimo provato di Final Fantasy 7), il sistema di combattimento classico di Pokémon diventa immediatamente più vivace e dinamico. Niente attese tra un turno e l'altro, insomma, con il ritmo degli attacchi che viene scandito da una barra di energia la cui velocità di ricarica dipende da quella dei pokémon delle tre Unità in campo. Ognuno di loro è dotato di un attacco base e uno, per così dire, speciale, da sbloccare utilizzando degli appositi oggetti ottenuti durante le missioni della campagna e durante quelle di allenamento in senso stretto, disponibili praticamente da subito. Allo stesso modo, ogni allenatore che forma un'Unità ha due azioni speciali, che non utilizzano la barra degli attacchi, ma hanno utili effetti di supporto, come la cura, il potenziamento delle statistiche e la ricarica della barra stessa. In più, contribuiscono a caricare una mossa speciale super potente, una sorta di mossa Z di Pokémon Sole e Luna, qui chiamata Unimossa e permessa dalla perfetta sincronia tra i Pokémon e i propri allenatori. Si ha la possibilità di accedere a delle abilità passive, ma la loro funzione viene limitata dal loro spropositato costo in termini di risorse a un momento molto avanzato della competizione.
Le battaglie tre contro tre, senza possibilità di sostituzioni dei Pokémon in campo, girano tutte intorno a queste poche meccaniche, e a una manciata di altri elementi presi dalla serie base: alterazioni di stato, potenziamenti alle statistiche e, ovviamente, tipi pokémon. Tale semplificazione, seppur piacevole nelle prime ore, si mostra presto inadeguata a una fruizione a lungo termine. La riduzione degli appena citati tipi a un semplice espediente per dare a ciascuna Unità una singola debolezza a un elemento, per esempio, riduce di molto la profondità strategica della costruzione del team, impedendo di sfruttare le resistenze che sono alla base delle compatibilità tra i tipi, oppure di puntare alle doppie debolezze per ribaltare situazioni sulla carta impari per i meri valori numerici delle statistiche. Anche la divisione netta tra Unità attaccanti (i cosiddetti sweeper, se masticate di competitivo), tecniche e aiutanti finisce per essere di ostacolo alla costruzione di squadre originali. L'abilità di Rina di ricaricare la barra di attacco, per fare un esempio banale, rende davvero difficile pensare di mettere in panchina lei e il suo Snivy, bloccando di fatto uno slot di supporto per praticamente tutte le sfide più difficili.
Una questione, questa del bilanciamento tra le Unità, che emerge con forza quando si affronta il World Pokémon Masters vero e proprio. Come già anticipato, quando si raggiunge la lega di Pasio qualcosa nell'equilibrio del gioco si spezza: la difficoltà delle sfide richiede l'uso massiccio degli allenamenti specifici per aumentare di livello, la componente narrativa viene messa da parte e tutto comincia a ruotare intorno a una serie di battaglie contro allenatori famosi da reclutare in vista della sfida successiva. Non c'è una struttura vera e propria per il torneo e pensare di proseguire solo per avere, infine, forse, la possibilità di saperne di più su Kelian e le origini di Pasio diventa stucchevole. Persino l'evoluzione dei Pokémon diventa una banale questione di numeri, visto che le battaglie uno contro uno da affrontare sono un semplice pretesto per spingere il giocatore a sbloccare le abilità avanzata e raggiungere il level cap prima di passare a un button mashing dove l'abilità del giocatore conta poco o nulla. E lo dimostrano scontri come quello necessario per far far evolvere Servine in Serperior, dove è pressoché impossibile sconfiggere l'Onyx di Brock senza sbloccare la mossa Gigassorbimento.
Non aiuta molto nemmeno la presenza di alcune missioni cooperative, dove il gameplay si fa decisamente più ricco grazie alla collaborazione con altri due giocatori reali e i loro team da tre Unità. Queste permettono persino la sostituzione dei pokémon con attacco in corsa come nei picchiaduro tag team, attacchi combinati e mosse speciali uniche, ma nella sostanza finiscono per essere piuttosto confusionarie. Il lato positivo è che, quanto meno, si sbloccano solo dopo il capitolo 11, e questo dovrebbe garantire una certa esperienza da parte di tutti i partecipanti. Anche se nella pratica non sempre è così e le mosse sono più spesso frutto della casualità che di una reale abilità di coordinazione.
Il paradiso della loot-box: grafica e microtransazioni
C'è poco da dire sulla grafica e il comparto tecnico in generale di un titolo come Pokémon Masters: superati al lancio della versione definitiva, apparentemente con successo, i glitch e gli inspiegabili crash dell'app che ci hanno fatto compagnia in beta, il gioco risulta ora assolutamente piacevole da vedere e ascoltare. I modelli dei personaggi non sono particolarmente elaborati in poligoni e animazioni, ma rendono giustizia alle controparti 2D e in alcuni casi sono visibili per la prima volta in tre dimensioni. Anche l'audio accompagna con musiche piacevoli e un doppiaggio dei dialoghi principali disponibile sia in giapponese, sia in un buon inglese. Certo, non manca l'uso di espressioni standard ad accompagnare le fasi tra un combattimento e l'altro, ma è un elemento da visual novel a cui ormai siamo abituati. In più, i testi sono tutti localizzati in un italiano che ci è sembrato assolutamente discreto, ma essendo stati costretti a utilizzare l'inglese per la maggior parte dell'esperienza è impossibile esprimere un giudizio completo.
Il sistema di monetizzazione è apparentemente molto permissivo. Le missioni possono infatti essere affrontate liberamente, senza fastidiose limitazioni a tempo o l'obbligo, per proseguire o allenare il proprio team, di utilizzare oggetti rari (magari da pagare con moneta sonante). In virtù delle problematiche del gameplay evidenziate poc'anzi, però, non possiamo non guardare con sospetto l'impennata della difficoltà e la forte accelerazione verso la componente collezionistica che caratterizza la progressione dopo il capitolo 10. Avete presente quell'episodio di South Park dove vengono spiegati i meccanismi della creazione di giochi free-to-play? Bene, perché qui potremmo essere di fronte a un esempio preso di peso da quello stesso manuale. L'impressione è che, dopo aver irretito il giocatore con quello che sembrerebbe un connubio virtuoso tra narrativa, gameplay e collezionismo, Masters voglia intrappolarlo in un vortice di frustrazione, ripetitività e noia, dove l'unica ricompensa appagante è l'ottenimento di nuovi personaggi. Oppure di doppioni utili a potenziare le Unimosse di quelli già in proprio possesso. Unimosse che, per inciso, risultano quasi sempre decisive negli scontri.
Conclusioni
Avevamo creduto molto in Pokémon Masters. Ci eravamo fidati di prime impressioni positive e di prove che sembravano davvero poterci offrire un bello spin-off free-to-play mobile di Pokémon da giocare tra un capitolo principale e l'altro. Alla fine dei conti Masters si è rivelato però come tutti gli altri gacha sul mercato: una macchina da soldi che vuole divertire il giocatore con il contagocce, per poi annoiarlo a morte per ore prima di spillargli altri soldi. Non che ci sia nulla di male, d'altronde è un genere nato per questo, e nel complesso la fattura è davvero ottima, rispetto alla media. Il nostro consiglio, però, è di valutare bene il valore del vostro tempo e decidere di conseguenza quanto dedicarne a un prodotto che non ha un rapporto troppo favorevole tra tasso di dipendenza e vero e proprio intrattenimento.
PRO
- Prima parte della campagna interessante
- Gameplay immediato e vivace
- Nessun pay wall alla progressione
CONTRO
- Narrazione che si perde man mano in un grinding frustrante
- Combattimenti ripetitivi e superficiali
- Scarso bilanciamento tra le Unità