Letali, possenti, velocissimi: aggettivi che caratterizzano perfettamente gli alieni protagonisti della nostra recensione di Predator: Hunting Grounds, ma molto meno il videogioco in sé. Il titolo, sviluppato dal team di IllFonic, rientra a tutti gli effetti nel franchise dei Predator, che conta già di suo un numero elevato di prodotti multimediali, inclusi naturalmente i celeberrimi e omonimi film: ora si arricchisce di una nuova produzione senza dubbio interessante e per almeno alcuni aspetti originale, ma anche (avrete modo di leggerlo poco più avanti) complessivamente deludente. E purtroppo c'era da aspettarselo, dal momento che i ragazzi di IllFonic sono gli stessi di quel Friday the 13th: The Game, che di certo non fu nominato gioco dell'anno. La filosofia di fondo è la stessa di allora, il multiplayer online asimmetrico, che si sposa tra l'altro perfettamente con il contesto narrativo: ma allora cos'è che non ha funzionato?
I contenuti
Predator: Hunting Grounds viene proposto come titolo esclusivamente online, e ha bisogno di una connessione ad internet e di un abbonamento al PlayStation Plus anche semplicemente per essere avviato: tenetelo presente in fase di acquisto. Questo non è infatti un videogioco single player, o comunque finalizzato alla narrazione di un'avventura nell'universo del franchise: è un gioco online fruibile con o senza amici, ma preferibilmente con un team affiatato per essere goduto appieno (e per evitare le code del matchmaking).
Dal punto di vista dei contenuti, lo scarno menù di gioco iniziale mette subito le cose in chiaro: si può cominciare una nuova partita con compagni e nemici casuali, oppure un match privato (tramite invito dalla lista amici). Si può personalizzare il proprio alter ego, sia dal punto di vista dei marine che di quello del Predator: maschio e femmina per entrambe le specie umana ed aliena, colore dei capelli per i militari, caratteristiche della maschera del Yautja, e tanti altri particolari che hanno una funzione esclusivamente estetiche (e che probabilmente durante le partite neppure noterete). Ma si può fare, ed è un bene: mancasse la personalizzazione estetica, verrebbe meno anche il pretesto per le lootbox.
Ed ecco anche il menù delle casse premio, appunto: con i crediti sbloccati dopo ogni partita, il giocatore compra questi scrigni grigi e ottiene delle ricompense casuali, di vario tipo e dalla rarità altalenante. Noi siamo riusciti a sbloccare un paio di modifiche estetiche per il Predator e un'altra manciata per i marine, nulla di troppo interessante o variegato; e poi anche una skin per le armi e una modifica per una mitraglietta leggera.
Dal menù dei personaggi comunque è possibile modificare anche dei vantaggi: armi aggiuntive per l'equipaggiamento, abilità passive di vario tipo (per esempio un caricatore più capiente), e tutto quello che potreste aspettarvi in un titolo che resta sommariamente un copia incolla di quanto il mercato ha di meglio o di simile da offrire. Dal punto di vista della personalizzazione, delle skin, dei personaggi e delle lootbox naturalmente: perché lato gameplay, per fortuna, qualcosa si salva.
Il gameplay: giochiamo con i militari
Predator: Hunting Grounds permette di giocare impersonando i militari oppure il cattivissimo alieno che dovrà in tutti i modi farli fuori prima che portino a termine la loro missione, in squadre fisse di quattro giocatori umani contro il Predator. Al momento di avviare la nuova partita, il gioco vi chiederà chi preferite impersonare: e almeno all'inizio selezionerete i militari, perché il matchmaking richiede meno tempo (la situazione in futuro potrebbe cambiare, ovviamente).
Analizzando accuratamente il gameplay, si nota che gli obiettivi di gioco dei soldati americani per eccellenza sono molto semplici: fare cose a caso su una mappa a caso contro nemici a caso e poi tornare alla base a bordo di un elicottero. Non stiamo scherzando, molto spesso si procede davvero in modo completamente casuale, seguendo gli indicatori a schermo. All'interno di una mappa di gioco sufficientemente estesa ma di certo non altrettanto variegata o memorabile o interessante, il team di quattro giocatori deve compiere delle azioni davvero scontate.
Possono andare dal combattere il traffico di droga eliminando le dosi nascoste, al rompere le uova nel paniere ai trafficanti di armi, e ancora raccogliere questo o quell'oggetto prezioso e riportarlo a casa dai buoni. Il tutto spostandosi dal punto A a quello B della mappa, e sempre tenendo a bada i nemici controllati dall'intelligenza artificiale: altri soldati, tutti uguali, che non riuscirebbero a colpirvi neppure se steste fermi a mezzo metro di distanza da loro, disarmati e vestiti di rosso. L'intelligenza artificiale è uno dei grandi problemi di Predator: Hunting Grounds (non l'unico) che da solo lascia scemare molto rapidamente l'interesse del giocatore.
Per fortuna poi arriva l'alieno a rendere l'azione dei soldati estremamente angosciante, a patto che il giocatore che controlla il Predator sappia il fatto suo.
Trofei PlayStation 4
Predator: Hunting Grounds possiede uno scintillante Trofeo di Platino, ma ottenerlo richiederà un'incredibile volontà di dedizione: ci sono migliaia di kill da portare a termine utilizzando ora i militari ora il Predator, così come centinaia di partite da completare con il rispetto di determinate condizioni. Considerando il matchmaking, vi consigliamo di tentare il Platino solo se in compagnia di un team affiatato e volenteroso.
Il Predator
Ed eccoci all'unico vero motivo che potrebbe portarvi a scegliere Predator: Hunting Grounds tra gli altri multiplayer asimmetrici sul mercato: c'è il Predator. Non è solo una questione di gusti o di amore per il franchise: controllare l'alieno in sé è davvero divertente (o lo è nei limiti di tutti gli altri difetti del gioco, che arrivano a renderlo tedioso), e in caso di bravura di una curva di apprendimento rapida da parte del giocatore anche appagante. Il gameplay qui cambia drasticamente: dal first person shooter alla terza persona, dall'azione in prima linea alle scelte tattiche e ragionate, da armi da fuoco a distanza a gadget e terribili artigli letali a distanza ravvicinata.
Il Predator è appunto un predatore: salta sugli alberi, si sposta velocemente, copre lunghe distanza in pochissimo tempo. In appena tre colpi può mettere KO un giocatore umano del team, e sterminare anche tutti gli altri se non arrivano subito muniti di buoni caricatori e di una strategia valida. Le uccisioni del Predator vanno confermate, a quel punto uno dei partecipanti è ufficialmente escluso dal match; se elimina tutti i quattro presenti, l'alieno vince la partita.
Se dopo essere stato messo al tappeto il Predator attiva la sua letale autodistruzione e i giocatori scelgono di interromperla senza successo, il match finisce in parità. Ecco uno dei problemi di bilanciamento cui accennavamo: non è conveniente fermare l'autodistruzione cercando di guadagnare punti bonus. Molto meglio scappare a gambe levate e far esplodere il nemico, vincendo così automaticamente la partita.
Problemi a non finire
Fino a questo punto potreste anche rileggere tutto e dire: "beh, dopotutto non sembra un gioco cattivo". Invece Predator: Hunting Grounds, al di là del divertimento che potrebbe offrire nelle sessioni giocate nei panni dell'alieno, è un gioco deludente per davvero. Innanzitutto, e in modo più evidente, dal punto di vista grafico e tecnico: molto semplicemente ha l'aspetto di un titolo incredibilmente datato, poco rifinito, grezzo e riciclato sfruttando asset senza ritegno. Il frame rate è instabile, l'aliasing evidente, gli effetti di pop up fastidiosi, i render sgranati: si può soprassedere solo se in possesso di un amore smisurato per il franchise e per il gameplay.
Ma ecco il punto: neppure il gameplay fa gridare al miracolo, anzi. Giocare nei panni dei marine non ha nulla di originale o di divertente, anche considerando un gunplay che lascia il tempo che trova, nemici praticamente inutili, l'intelligenza artificiale da ricovero e collezionabili che tutto sommato stanno bene dove stanno. Aggiungiamo il matchmaking burlone che abbina che tra di loro il giocatore che ha appena avviato il titolo per la prima volta e quello che ha già giocato 24 partite: immaginate un Predator bravo contro quattro giocatori utili quanto l'IA. Ecco riassunto uno dei problemi principali di Predator: Hunting Grounds.
C'è di buono la localizzazione in lingua italiana, nei testi a schermo e nel doppiaggio. Ma le frasi sono quattro in croce, ripetitive e banali. E il Predator ruggisce e basta, quando non si incastra con i modelli poligonali degli alberi.
Conclusioni
Predator: Hunting Grounds è un videogioco multiplayer online asimmetrico. Di buono sul suo conto leggerete appunto soltanto queste quattro parole altisonanti: videogioco multiplayer online asimmetrico. Tutto il resto lascia a desiderare, dal comparto tecnico a quello grafico, dal bilanciamento del gameplay ai contenuti secondari assenti, dalle mappe di gioco che sono tre ma in realtà sempre la stessa con variazioni impercepibili. Sarebbe interessante impersonare il Predator, con relative abilità e potenzialità: ma una singola goccia d'acqua nel mare si perde facilmente. A meno che non amiate alla follia quella goccia e vogliate inseguirla a tutti i costi: allora preparatevi a spendere quaranta euro e buona fortuna.
PRO
- Per la prima ora di gioco l'atmosfera funziona
- Il gameplay legato al Predator non è da buttare
- In compagnia dei propri amici dà soddisfazioni
CONTRO
- Graficamente e tecnicamente mediocre
- Confusionario e anonimo nel gameplay dei marine
- Pochi, scarni e ripetitivi contenuti di gioco