Direttamente all'inferno
Conflict: Vietnam riprende il collaudato concetto di controllo di squadra, ma in una chiave più arcade, con visuale in terza persona (si può passare alla prima, ma poi vedremo meglio) ed una serie di comandi semplificati al massimo, per non distogliere troppo l'attenzione dall'azione vera e propria.
Il giocatore assume il controllo, super-partes, di una squadra di quattro uomini, comandandone uno per volta a piacimento, ma potendo dare degli ordini elementari a tutti gli altri ed in qualsiasi momento si può passare da un uomo all'altro. Inutile dire che ognuno di loro ha una specializzazione diversa dagli altri, quindi avremo il cecchino, il medico, l'artigliere ed il soldato tuttofare. Abbastanza standard, direi.
Dicevo che la visuale è in terza persona, ma si può passare liberamente a quella in prima, nella quale, però, lo schermo è ostruito in gran parte dal profilo dell'arma impugnata. L'alternativa è disabilitare del tutto tale profilo nella schermata delle opzioni. Ok, si può giocare come se fosse un fps, però non è la stessa cosa, non c'è lo stesso feeling, si perde la visione d'insieme del resto della squadra e comunque, terribile, nel gioco non si può saltare!
A schermo vedremo giusto le informazioni indispensabili: una minimappa d'obbligo quanto inutile, dato il livello di dettaglio, un ingombrante pannello con le immagini e lo stato dei quattro soldati e l'arma selezionata, con relativo indicatore di munizioni. Impartire gli ordini è facile, basta tenere premuto il tasto destro del mouse, scegliere il soldato da comandare e puntare il cursore nella direzione opportuna. Le azioni da intraprendere sono del tuto automatiche, così se punteremo su di una postazione fissa, il soldato riceverà l'ordine di raggiungerla ed usarla, se gli indichiamo un oggetto, lo raccoglierà, un ferito, lo curerà (avendo il medikit a disposizione). Insomma, Pivotal Games ha inserito un comodo sistema di ordini contestualizzato al gioco. Si può decidere se comandare i soldati singolarmente o tutti insieme, in quest'ultimo caso gli ordini disponibili sono ben pochi, giusto "seguitemi/stop", "fuoco a volontà/cessate il fuoco" e "ventre a terra/in piedi".
Direttamente all'inferno
Un appunto che si deve muovere a questo gioco è che non sembra dotato di un'anima propria, ma pare pescare da ciò che è stato proposto in passato da titoli di maggior successo, e allora ecco il connubio musica anni 60, linguaggio colorito e atmosfera da film, che ha decretato la fortuna di un gioco come Vietcong, unito al sistema di gioco dei precedenti Conflict.
Considerazioni personali a parte, torniamo a parlare del gioco in termini più tecnici, vediamo ad esempio con chi dovremo vedercela, quando saremo nella fitta giungla vietnamita.
I vietcong sciameranno come api fuori dall'alveare, in certe situazioni, e ci sono sempre dei "dannati musi gialli" in agguato, nascosti tra le foglie, questo renderà i combattimenti piuttosto infidi, ma non certo perchè si tratti di nemici intelligenti, anzi tutt'altro, visto che l'intelligenza artificiale in questo gioco si pone su livelli molto bassi. Finchè ad essere stolti sono gli avversari, pazienza, ma purtroppo la sindrome da idiobit colpisce anche i soldati sotto il nostro controllo, visto che in molte situazioni se ne stanno tranquillamente a sparare sotto il fuoco nemico senza neanche cercare copertura. Purtroppo. Ci sono delle situazioni limite in cui un determinato bersaglio, un cecchino ad esempio, non lo riescono a colpire da soli, finchè non prendete direttamente voi il controllo del soldato che se ne sta occupando.
Purtroppo, ho dovuto riscontrare una certa macchinosità di gioco, dovuta alla gestione della squadra ed al sistema di controllo, come se gli autori avessero voluto sì semplificare, ma nella direzione sbagliata, con il risultato finale di ingarbugliare l'interfaccia. Un'altra cosa di cui si sente la mancanza, e questo secondo me è piuttosto grave, è la possibilità di impartire dei waypoint, un percorso prestabilito da far seguire ai soldati, ma se pensiamo che non c'è neanche una mappa degna di tal nome...
Insomma, Conflict: Vietnam spinge nella direzione dell'azione senza troppi compromessi, eppure ci impone di gestire una squadra con dei mezzi ben poco amichevoli.
La mia banda suona il rock
I protagonisti del gioco sono quattro soldati come tanti altri e, come tanti altri, si troveranno a vivere gli orrori di un conflitto senza senso e del quale se n'è parlato già abbastanza. Ognuno di loro ha un background storico, rigorosamente riportato sul manuale, e delle specializzazioni. La cosa interessante, di questo nuovo capitolo della serie, è che potremo assegnare dei punti abilità alla fine di ogni missione, per ciascun membro della squadra. Oltre agli obiettivi primari, ogni missione avrà degli obiettivi secondari che si manifesteranno di volta in volta durante il gioco, a seconda delle azioni che faremo. Portando a termine più obiettivi, si guadagnano più punti, che potremo poi distribuire a ciascun membro della nostra squadra, incrementandone le specializzazioni o stravolgendone completamente le abilità. All'inizio, i quattro soldati avranno più o meno le stesse capacità, con qualche differenza, certo, ma poche. Man mano che si avanza nel gioco, il cecchino sarà sempre più bravo a cecchinare, il mitragliere sarà sempre più bravo con le armi pesanti, il medico guarirà più rapidamente e così via. La gestione oculata di questi punti è fondamentale per poter riuscire ad avere una squadra in grado di sopravvivere alle missioni più avanzate, quando il pericolo giallo diventerà sempre più letale. Fortunatamente, si possono conservare questi punti, o parte, per poterli spendere in seguito. Purtroppo, però, questa cosa si può fare solo tra una missione e l'altra, quindi scordatevi di mettere quel paio di stellette in "Mitragliatrice" al caro Hoss, soltanto perchè non riuscite a superare quel dannato ponte. Mi spiace, ma dovrete aspettare la fine della missione, troppo comodo altrimenti.
La caratterizzazione dei personaggi è più che discreta, anzi nei filmati d'intermezzo vengono fuori i lati più umani del loro rapporto, il doppiaggio è più che buono e le musiche sono appropriate con l'ambientazione (ma Vietcong in questo detiene il primato).
Commento
Come giudicare Conflict: Vietnam?
Sotto quale vessillo emettere il giudizio finale?
Il problema di questo gioco è che si tratta di un titolo che prende le distanze da tutti i generi, ma lo fa in negativo, perchè alla fine si trova a non essere nè carne nè pesce, come si dice. Non è uno sparatutto, non è tattico, ma un mix appeal di tutto questo. E' riuscito bene o male? Ci si può divertire molto, almeno nel breve termine. Dov'è, allora, che il gioco ha ceduto? Ha ceduto sulla longevità nel lungo termine, perchè comandare una squadra con metodi così approssimativi e con intelligenza artificiale così limitata è frustrante e ammazzare tonnellate di vietcong in una giungla senza un feeling capace di catturare e coinvolgere alla lunga può annoiare.
- Pro:
- Gioco di squadra
- Si possono usare i veicoli
- Molta azione
- Contro:
- Intelligenza artificiale molto bassa
- Graficamente povero
- Controllo di squadra ingarbugliato
Provaci ancora Sam!
"Squadra che vince non si cambia" si dice, no? Ebbene, se la serie Conflict ha venduto tanto nel mondo, perchè mai cambiarla per qualcos'altro? Pivotal Games ci ha proposto, finora, tutta una serie di titoli basata sul combattimento di squadra arrivando, attualmente, al suo terzo capitolo. Dopo Desert Storm 1 e 2 e dopo il gioco tratto dal film La Grande Fuga, arriva a noi questo nuovo Conflict: Vietnam, che mantiene invariato lo schema di gioco ma sposta l'azione dall'altra parte del mondo ed in un'altra epoca. Insomma, non possiamo dire che abbondino di fantasia, questi ragazzi, però è certo che hanno saputo trovare una formula che riesce a vendere e questo non è certo un dato da poco, tutt'altro.
E allora, dopo essere stati nel deserto arabo a combattere durante la Guerra del Golfo, prepariamoci ad essere proiettati più di trent'anni indietro, all'interno di quel conflitto sanguinoso che ha infiammato gli animi ed ispirato tanti cambiamenti futuri.