Red Dead Redemption torna dopo ben tredici anni dalla pubblicazione originale e lo fa nell'ambito di una conversione per molti versi inaspettata, che apre a sorpresa le porte della serie a un'utenza potenzialmente inedita e senza dubbio vasta, quella dei possessori di Nintendo Switch.
Al netto delle scelte compiute in questo caso da Rockstar Games, che ha inevitabilmente deluso chi sperava in una remaster o addirittura in un remake per PC, PlayStation e Xbox, l'avventura di John Marston trova sulla console ibrida giapponese una dimensione tutta nuova, in particolare grazie alla portabilità, pur senza apportare sostanziali miglioramenti rispetto all'originale per PS3 e Xbox 360.
Ebbene, come si comporta il gioco in questa versione? E quali contenuti offre esattamente? Per chi fosse interessato al confronto tra le versioni abbiamo pubblicato un'analisi puramente tecnica dei porting PS4 e Switch, mentre per chi si avvicina all'opera di Rockstar per la prima volta, vi raccontiamo tutto del gioco nella recensione di Red Dead Redemption per Nintendo Switch.
Storia: all'inferno e ritorno
Ambientata alcuni anni dopo gli eventi di cui abbiamo parlato nella recensione di Red Dead Redemption 2, la storia di Red Dead Redemption vede John Marston ricattato dai federali e costretto a dare la caccia ai suoi vecchi compagni della banda di Dutch van der Linde: l'unico modo per trovare redenzione agli occhi dello stato e riabbracciare sua moglie e suo figlio.
Il drammatico viaggio del protagonista e le sue implicazioni si pongono per molti versi come l'ultimo chiodo sulla bara di un'epoca, quella del selvaggio west, destinata già da tempo a concludersi; ma non senza sanguinosi strascichi, di cui si rendono testimoni i vari personaggi che l'uomo incontrerà lungo il cammino, e con cui eventualmente stringerà un rapporto di amicizia.
Ferito gravemente durante il suo primo tentativo di catturare un vecchio amico, Marston viene infatti salvato da Bonnie McFarlane, una donna forte e risoluta che lo conduce nel suo ranch a Hennigan's Stead e poi nella cittadina di Armadillo, dove l'ex fuorilegge trova un importante alleato nello sceriffo Johnson, ben lieto di poter contare sui servizi di un pistolero così abile durante le sue cacce all'uomo.
L'avventura si svolge praticamente nell'arco di tre atti e lo scenario svolge anch'esso un ruolo centrale negli eventi, contribuendo al racconto con le sue immagini evocative e l'imprevedibilità del ciclo giorno/notte miscelato a un meteo dinamico, capaci di dar vita a sequenze che risultano suggestive ancora oggi, pur alla luce degli evidenti limiti tecnici di un titolo pubblicato ormai tredici anni fa.
L'impianto narrativo di Red Dead Redemption si intreccia con quello strutturale portandoci a visitare luoghi differenti, a interagire con personaggi più o meno rilevanti ai fini della storia, magari incontrati per caso, e a vivere vicende significative, valorizzate anche stavolta dalla brillante scrittura di Dan Houser (qui con Michael Unsworth e Christian Cantamessa), che dona all'avventura uno stile ben preciso: lo stile Rockstar.
A tal proposito, la firma di Houser è evidente nei dialoghi e in ciò che raccontano, in maniera più o meno esplicita, comparendo spesso mentre accompagniamo qualcuno a cavallo, anche questo un tratto distintivo del team. L'accento alla "Vecchio West" rende però ostica la comprensione della pur ottima interpretazione in inglese fornita dai vari attori, e così i sottotitoli in italiano possono tornare davvero comodi; a maggior ragione grazie alle nuove opzioni per aumentarne le dimensioni.
Struttura: tredici anni e sentirli
Non c'è dubbio che l'open world di Red Dead Redemption senta il peso del tempo, caratterizzato com'è da una struttura che vista oggi appare molto semplice, da dimensioni tutto sommato contenute e dalla presenza di insediamenti piuttosto simili fra di loro, che ci troveremo a dover raggiungere a cavallo più e più volte nel corso di una campagna la cui durata si aggira intorno alle venti ore, laddove ci si concentri solo sulle missioni principali.
Come da tradizione per le produzioni di Rockstar Games, sulla mappa vedremo comparire di volta in volta le iniziali dei nomi dei personaggi presso cui recarci per poterci cimentare con un qualche incarico: archi narrativi per lo più indipendenti, che possono prendere percorsi anche molto diversi fra loro ma che alla fine vedremo convergere in emozionanti sequenze corali.
Al netto dell'eliminazione del comparto multiplayer, in termini di contenuti il gioco può contare su numeri di tutto rispetto, sia per quanto riguarda le appena citate quest principali che quelle secondarie, con anche la possibilità di andare a caccia di banditi per incassarne la taglia e accedere agli immancabili minigiochi disponibili presso alcuni luoghi, nella fattispecie poker, Blackjack, dadi, cinque dita e lancio del ferro di cavallo.
Certo, ci sono aspetti che oggi risultano a maggior ragione trascurati; ad esempio la gestione semplicistica degli indicatori di fama e onore, che salgono o scendono a seconda della nostra condotta ma senza incidere davvero sullo sviluppo degli eventi. Niente da dire invece sull'attenzione concessa alle armi sbloccabili e acquistabili, alla selezione dei cavalli e ai collezionabili.
Gameplay: la formula funziona ancora
Rockstar Games è solita fornire una propria interpretazione delle meccaniche tipiche degli action in terza persona, specie per quanto riguarda il layout dei comandi, e Red Dead Redemption non fa ovviamente eccezione. Ad esempio ritroviamo nel gioco la corsa "a scatti" di GTA, da effettuare premendo ripetutamente il pulsante B, che assume un valore specifico mentre si cavalca in quanto va a consumare la resistenza dell'animale.
Le azioni sono fondamentalmente quelle che ci si aspetta da un'esperienza del genere, pur assegnate a tasti differenti e con qualche eventuale sovrapposizione; ma è più che altro il modo in cui il nostro personaggio interagisce e si muove all'interno dello scenario a rivelare l'età effettiva del prodotto: da questo punto di vista i tredici anni dell'avventura di John Marston si sentono tutti. La modesta densità del mondo di gioco rende inevitabilmente le traversate un po' noiose, sebbene capiti spesso di imbattersi in un incontro inaspettato, che può eventualmente dar vita a una piccola storia extra. Il comparto narrativo non smette mai di ricoprire un ruolo fondamentale e ciò conta a maggior ragione per questa riedizione, che tuttavia nei suoi risvolti più movimentati si conferma piacevole e divertente.
Il sistema di combattimento, regolabile su tre stili in base al grado di assistenza alla mira, riesce infatti a coinvolgere pur senza apparire mai davvero impegnativo (quantomeno al livello di difficoltà normale), complice la possibilità di sfruttare le coperture e soprattutto di ricorrere all'iconico Dead Eye per attivare una sequenza al rallentatore in cui agganciare diversi bersagli per poi colpirli in rapidissima successione.
Undead Nightmare
La riedizione di Red Dead Redemption include anche l'espansione Undead Nightmare. Si tratta di uno spin-off in stile horror in cui John Marston si trova suo malgrado a dover affrontare un'inaspettata invasione di zombie che lo coglie di sorpresa, nottetempo, mentre se ne sta tranquillo a casa con sua moglie e suo figlio.
I due vengono morsi e trasformati in non-morti, al che Marston si trova costretto a legarli per poi correre al galoppo in cerca di un medico e di una possibile cura, scoprendo però che la piaga si è già diffusa alle varie città e che le orde di morti viventi si fanno sempre più numerose e affamate di carne viva. A quanto pare l'unico modo per rallentare l'avanzata di questo esercito infernale è quello di ripulire le strade in presenza di sopravvissuti e purificare i cimiteri, dando fuoco alle bare ed eliminando zombie speciali che si pongono come una sorta di easter egg se avete completato la campagna di Red Dead Redemption, cosa che vi suggeriamo caldamente di fare prima di accedere all'espansione per evitare spoiler.
Discretamente corposa (vi impegnerà per circa sette ore), l'esperienza di Undead Nightmare è purtroppo invecchiata maluccio per via di una formula già ai tempi piuttosto banale e inconsistente, molto limitata nelle meccaniche e poco brillante nella messa in scena, che priva di una direzione attenta finisce per mettere in luce tutte le mancanze tecniche del gioco.
La versione Nintendo Switch
Pur lasciando intatte le geometrie, le texture e gli effetti visivi originali, che inevitabilmente sentono il peso degli anni, la versione Nintendo Switch di Red Dead Redemption va ad aumentare la risoluzione del gioco in modalità docked, portandola a 1080p in luogo dei 720p di Xbox 360 e dei 640p di PS3.
Il miglioramento più evidente è tuttavia quello relativo al frame rate, che sulla console ibrida mantiene i 30 fotogrammi al secondo in maniera assolutamente stabile, in tutte le situazioni, sebbene durante i test abbiamo avuto la sensazione che fosse sbloccato e dunque variabile. Durante le traversate si notano tuttavia degli evidenti fenomeni di pop-up sugli shader e gli elementi dello scenario. Un ovvio vantaggio della versione Switch risiede nella possibilità di giocare per la prima volta l'avventura di John Marston in portabilità. Certo, mettere a segno dei colpi alla testa, magari con la mira completamente manuale (i controlli tramite giroscopio sono assenti), non risulta semplicissimo sul piccolo schermo della console ibrida giapponese, che per il resto si comporta sorprendentemente bene.
Purtroppo una gestione dei colori non convincente rispetto a PS4, un livello di dettaglio generalmente modesto, un aliasing ben visibile e una generale sensazione di "sporco", unitamente a tutti quegli aspetti più datati del comparto tecnico che su di un grande schermo tendono a essere evidenziati, rendono l'esperienza poco entusiasmante su di un televisore a 4K.
Aggiornamento: nella versione originale dell'articolo abbiamo scritto che il frame rate della versione Nintendo Switch ci sembrava sbloccato, ma a quanto pare il gioco gira a 30 fps stabili e non variabili. Il pezzo è stato corretto di conseguenza.
Conclusioni
Red Dead Redemption è ancora oggi un gran bel gioco, un'esperienza open world magari datata sul piano strutturale ma capace di raccontare storie appassionanti, che vale senz'altro la pena di scoprire. La versione Nintendo Switch può contare sulla portabilità e su prestazioni sorprendenti, aprendo le porte dell'avventura di John Marston a un'utenza potenzialmente inedita: ciò rappresenta di per sé un traguardo importante, considerando il valore del titolo targato Rockstar Games e inquadrandolo all'interno del catalogo Nintendo.
PRO
- Rimane una grande esperienza
- Risoluzione e frame rate migliorati rispetto all'originale
- Entusiasmante in portabilità
CONTRO
- L'open world sente il peso degli anni
- Su di uno schermo a 4K la resa visiva è modesta
- Fenomeni di pop-up e qualche piccola incertezza