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Resident Evil, la recensione della serie Netflix ispirata alla storica saga Capcom

La recensione della serie di Resident Evil su Netflix, lo show che espande il canon della storica saga di videogiochi targati Capcom.

RECENSIONE di Gianluca Musso   —   22/07/2022

Sono almeno tre decenni che l'industria del cinema, nel disperato tentativo d'inseguire un medium in fuga come quello del videogioco, partorisce degli adattamenti che hanno come unico esito quello di deludere i fan. Se guardiamo ai numeri, è impressionante constatare con quale frequenza le pellicole ispirate ai videogiochi abbiano clamorosamente fallito, con una coerenza tale da risultare una vera anomalia statistica. Questi film hanno sempre avuto registi di estrazione diversa, potevano contare a volte su budget sconfinati, e in alcuni casi erano supportati da un cast stellare. Innumerevoli variabili, sempre lo stesso risultato, sia al botteghino sia nelle recensioni della critica.

La maledizione, che tuttora colpisce quelle poche case di produzione che ancora credono agli adattamenti videoludici, è stata invece spezzata sul piccolo schermo grazie a progetti come The Witcher e Arcane, che hanno saputo rappresentare degli assoluti successi per Netflix. La piattaforma di streaming, forse incoraggiata dagli ottimi risultati raggiunti da questi e altri prodotti televisivi, proporrà nei prossimi mesi una massiccia ondata di trasposizioni seriali tra le quali spicca Resident Evil, un nuovo show che ambisce a espandere l'universo narrativo della leggendaria saga horror di Capcom con una storia solo in minima parte legata al materiale originale proveniente dai videogiochi.

Dopo Welcome to Raccoon City, un film che non aveva alcuna velleità di diventare un nuovo punto di riferimento per gli appassionati, in molti si aspettavano di poter assistere alla rinascita della multimedialità della serie proprio in occasione del lancio di questa progetto Netflix, anche se i trailer diffusi in questi mesi non erano mai riusciti a far lievitare le nostre aspettative in merito.

Nella nostra recensione della serie Netflix di Resident Evil andremo a scoprire se questo esperimento è uno di quelli riusciti, o se si aggiungerà alla lunga lista di dimenticabili adattamenti di cui comincia a essere costellata la libreria del servizio di streaming.

Un’ottima idea, almeno sulla carta

Le sorelle Wesker, protagoniste dell'opera
Le sorelle Wesker, protagoniste dell'opera

I motivi per cui una trasposizione cinematografia o seriale fallisce, molto spesso, sono da ricercare nel complesso rapporto che lega l'opera al materiale originale. Ci sono registi e showrunner che decidono di stravolgere l'identità di un videogioco per riscriverla a loro immagine e somiglianza, e poi quelli che invece ne ricalcano passivamente i contorni dando vita a un prodotto senz'alcuna spina dorsale. Da questo punto di vista, Resident Evil fa un passo indietro e sceglie di non affrontare a priori il problema, proponendo un racconto che ha pochissimi punti di contatto con quel canone che i titoli della saga hanno scolpito nell'immaginario dei fan.

La serie segue infatti due distinte linee temporali, che si intrecciano più volte durante una singola puntata, entrambe ambientate molti anni dopo l'incidente di Raccoon City del 1998. La prima si svolge nel 2022 a New Raccoon City, un complesso cittadino abitato dai dipendenti dell'Umbrella Corporation e sede di un importante centro di ricerca dell'azienda. Qui le sorelle Jade e Billie Wesker, figlie di quell'Albert Wesker ben noto ai fan di Resident Evil, lottano per inserirsi ed avere una vita normale, ma finiranno coinvolte negli esperimenti della compagnia mentre cercano di fare luce sugli oscuri segreti del padre.

Una delle roccaforti in cui sopravvivono gli umani
Una delle roccaforti in cui sopravvivono gli umani

L'altra, ambientata nel 2036, racconta di un contesto narrativo del tutto alieno ai videogiochi della serie, in cui la mutazione causata dal virus T ha vinto sulla razza umana e causato la fine del mondo. I sopravvissuti, circa 300 milioni di persone, vivono in piccole enclavi separate tra loro, cercando di sfuggire agli Zero, gli infetti del virus, che qui possono correre e aggredire gli umani come non avevano mai fatto in 26 anni di Resident Evil. Tra le rovine della civiltà, un'adulta Jade Wesker è attivamente impegnata nello sviluppo di una contromisura agli Zero, fino al momento in cui rimarrà trascinata in un disordinato loop di fughe e catture da parte dell'Umbrella e delle altre fazioni di questo mondo post-apocalittico.

I punti di contatto col materiale originale sono quindi pochissimi, e anche se per qualcuno ciò rappresenterà un difetto congenito della serie, per noi ha contribuito in modo decisivo a rendere comunque godibile una serie colma di difetti. Come avrà pensato Andrew Dabb, showrunner della serie, mescolare il materiale originale con una sceneggiatura nuova di zecca sarebbe stato un vero incubo, e in tal senso ben venga che gli eventi della serie siano il più distanti possibile da qualsiasi cosa si sia vista nei videogiochi. È una scelta dal forte accento conservativo e denota sicuramente una mancanza di coraggio da parte della produzione, ma come vedremo a breve nei prossimi paragrafi, è l'unico elemento in grado di salvare Resident Evil dalla più terribile delle disfatte.

Un’esecuzione non all’altezza

Un cane infetto nei laboratori Umbrella
Un cane infetto nei laboratori Umbrella

Per rendere una serie TV realmente valida, infatti, non basta azzeccare un concept narrativo. A partire da alcune ottime idee, Resident Evil affonda col passare delle puntate sotto i colpi di una sceneggiatura pigra, priva di qualsiasi tangibile indirizzo, nella quale i personaggi appaiono costantemente alla deriva in un mare di eventi sui quali non hanno mai reale controllo. Questo difetto è più evidente nella linea temporale del 2036, in cui Jade Wesker, in seguito a una circostanza casuale e del tutto insignificante, rimbalza da un aguzzino all'altro non avendo il minimo controllo su quello che le sta accadendo. La protagonista scappa dagli infetti, viene catturata e fugge solo per ritrovarsi ancora una volta tra le grinfie di un'altra fazione antagonista. Il loop dura per tutte le otto puntate di cui è composta la serie, venendo interrotto solo di tanto in tanto da alcune scene d'azione che non fanno altro che sottolineare quanto sia stato modesto il budget destinato alla realizzazione della serie.

Ciò che è realmente grave, almeno per una serie che vuole ispirarsi a Resident Evil, è il ruolo che hanno gli infetti, ridotti a delle semplici comparse sullo sfondo della storia. Il loro tempo a schermo è accorciato dal fatto di essere presenti solo in uno dei due archi narrativi, ma anche in quello del 2036 gli zombie si rivelano meramente strumentali al proseguo del racconto, venendo impiegati a uso e consumo della sceneggiatura quando non c'è nient'altro che possa sbloccare una situazione di stallo.

La linea temporale del 2022 è senz'alcun dubbio la più riuscita delle due, poiché nonostante si configuri come il più classico dei teen drama che spopolano sulla piattaforma, riesce a conservare quel briciolo di suspense che l'altra getta nel cestino durante i primi 20 minuti. Certo, la deriva adolescenziale che la serie imbocca in queste fasi potrà sembrare troppo lontana dai canoni del franchise e risultare indigesta per chi cercava qualcosa di più fedele ai videogiochi, ma la costante presenza di una palpabile tensione di fondo riesce a far rimanere a galla tutto il girato. A differenza dell'arco narrativo post-apocalittico, poi, qui troviamo anche delle interpretazioni degne di nota, come quella di Lance Reddick, l'unico attore ad avere un curriculum di rilievo, che come da previsioni offre un'ottima performance nei panni dell'enigmatico Albert Wesker.

Ma i valori produttivi sono assimilabili a una classica serie di Netflix

Gli infetti, ben realizzati ma mere comparse
Gli infetti, ben realizzati ma mere comparse

La scrittura rappresenta l'elemento in assoluto più critico di Resident Evil, anche perché se guardiamo a scenografia, regia, effetti speciali e fotografia, la serie di Andrew Dabb ha valori del tutto simili a quelli di altre decine di serie Netflix che vengono consumate quotidianamente dai milioni di abbonati al servizio. La piattaforma preferisce da sempre la quantità alla qualità, e in questo senso la serie si inserisce in un contesto di diffusa mediocrità che, potrà sembrare paradossale, assolve Resident Evil dai suoi stessi peccati. Il servizio di streaming ha sdoganato il fatto che una serie non deve eccellere in nessuno dei campi sopracitati per rivelarsi tutto sommato godibile, quindi non possiamo penalizzare eccessivamente lo show per non vantare una qualità sopra la media.

Il problema, però, è rappresentato dalle aspettative con cui ci si avvicina al prodotto. Se pensate a questa serie come l'ultima speranza per la multimedialità del marchio, ne uscirete delusi e colmi di rancore, e vi sconsigliamo a prescindere la visione. Se invece avete un punto di vista più equilibrato e siete curiosi di esplorare il canone espanso di Resident Evil, con la consapevolezza di trovarvi di fronte a uno spettacolo con delle evidenti lacune, potreste addirittura considerare piacevoli le ore trascorse in sua compagnia.

Conclusioni

Multiplayer.it

5.0

La recensione della serie Netflix di Resident Evil, ce ne rendiamo conto, è un elogio alla mediocrità. Lo show tratto dalla leggendaria saga di Capcom soffre di una scrittura pigra e confusa, il cast offre delle interpretazioni ben lungi dall'essere memorabili, e ogni altro elemento del prodotto targato Netflix, dalla scenografia alla regia, non è all'altezza di un progetto che almeno nelle aspettative dei fan doveva dare nuovo slancio alla multimedialità del franchise. Tuttavia, abbiamo trovato la serie godibile anche al netto dei suoi difetti, specie per la sua capacità di offrire una prospettiva alternativa sul canone scolpito dai videogiochi. I fan dovrebbero provarla proprio per questa ragione, cercando di abbandonare ogni sorta di aspettativa alla scelta del profilo utente. State tranquilli, avete visto di peggio.

PRO

  • Ottima la scelta di allontanare cronologicamente il contenuto della serie dal materiale originale
  • Se ci si dimentica del titolo, è una serie tutto sommato godibile

CONTRO

  • La sceneggiatura è inconsistente
  • L'unica interpretazione degna di nota è quella di Lance Reddick
  • Il franchise Resident Evil meritava di più