Digixart è uno studio che non ha mai fatto mistero degli obiettivi che si pone con i suoi videogiochi. Non ha nemmeno mai negato la sua visione politica, sfumata ma chiara nel rhythm game narrativo per sistemi mobile Lost in Harmony, evidente anche se reificata in un racconto storico in 11-11: Memories Retold e ora resa ancora più esplicita nella chiacchieratissima avventura on the road con elementi roguelike oggetto della nostra recensione: Road 96.
Sulla strada
Allen Ginsberg, William S. Burroughs, John Clellon Holmes, Jack Kerouac e in generale l'intera Beat Generation, hanno raccontato la strada con grande passione, rivoluzionando il concetto di viaggio in letteratura, così da regalargli nuovi significati. Road 96 vuole essere un tributo contemporaneo a quell'esperienza, pur attualizzandone la visione politica.
Sì, perché la politica è fondamentale per il titolo di Digixart che, pur non citando mai persone e fatti reali, rappresenta eventi e idee facilmente riconoscibili, nascondendoli nella nazione fittizia di Petria, che ricorda però da vicino gli Stati Uniti di Donald Trump. Di base il giocatore è chiamato a interpretare un giovane di meno di vent'anni che vuole superare il confine nord della nazione per andare alla ricerca del suo futuro in un territorio libero. All'inizio di ogni avventura bisogna scegliere quale interpretare di tre migranti clandestini, perché questo sono, che non hanno un volto ma hanno risorse economiche e resistenza differenti.
Ogni viaggio è formato da diverse scene concatenate tra loro, ma proposte in ordine casuale. Ogni scena dura tra i cinque e i dieci minuti e consente di vivere situazioni differenti, incontrando uno dei personaggi principali che formano il tessuto narrativo generale. Inoltre, la stessa scena rivissuta successivamente può dare vita a situazioni molto diverse, vuoi per le scelte fattibili in termini di dialoghi e di azioni, vuoi per lo sblocco di alcune abilità che rimangono disponibili di viaggio in viaggio (qui l'elemento più smaccatamente roguelike), vuoi perché si conoscono già alcuni aspetti del personaggio (o dei personaggi) con cui ci troviamo a interagire.
Ad esempio si può apprendere come scassinare, capacità che consente di accedere ad alcune risorse prima precluse, oppure si può sviluppare una certa scaltrezza nei dialoghi, così da sbloccare nuove opzioni per gli stessi. Ma ancora: apprendendo la storia della poliziotta Fanny e dei suoi conflitti interiori, si possono gestire i momenti che la vedono coinvolta in modo differente rispetto a quanto si farebbe ignorandone il passato.
La sostanza è che ogni tentativo di fuga da Petria è simile, ma allo stesso tempo diverso (come sottolineato anche dal punto di partenza sempre diverso sulla cartina stradale della nazione, che serve anche per contare la distanza rimasta da percorrere), nonostante il punto di arrivo sia sempre lo stesso: un confine pieno di poliziotti addestrati a non far passare i migranti, che quando scoperti, vengono repressi in modi anche molto violenti. Come lo supereremo? Tenteremo di attraversare un impervio percorso di montagna? Ci nasconderemo in un camion? Oppure corromperemo qualcuno?
Personaggi
In totale per arrivare alla fine di un tentativo di fuga da Petria ci vuole circa un'ora, ma non fatevi ingannare, perché Road 96 è un titolo che richiede di essere giocato più volte per essere fruito completamente, anche perché la fuga del protagonista è solo un pretesto per raccontare una storia più grande, quella di una nazione oppressa, che si conclude con le elezioni presidenziali, influenzate dalle nostre decisioni (il gioco palesa costantemente l'arrivo della tornata elettorale con scelte mirate a influenzarla). A puntellare il tutto ci pensa la ricca colonna sonora, decisamente anni '90, affidata a delle cassette che, utilizzate con le radio presenti nelle varie aree visitabili, siano esse un camping o l'interno di un camion, consentono di cambiare la musica di sottofondo scegliendo tra i brani che si sono sbloccati (le cassette si trovano esplorando o si ricevono in dono dai personaggi).
A ben vedere il fulcro dell'intera esperienza sono proprio i personaggi che si incontrano: dalla già citata poliziotta piena di dubbi sul suo lavoro, al ragazzetto hippie in cerca della sua identità, al pazzo che vuole attentare alla vita di una giornalista televisiva, a una coppia di rapinatori svitati, a un camionista dal cuore d'oro, a una ragazza dal passato tormentato, in fuga anch'essa da Petria.
Ci sono anche alcuni personaggi secondari con cui interagire, come gli occupanti di un camping o i passeggeri di un pullman. La sostanza è che Road 96, più che un'avventura on the road, è un'esperienza fatta di dialoghi, di comprensione dell'altro e di prese di posizione politiche, come ad esempio quando ci si trova a lavorare per una giornalista di regime e si può decidere di sabotare la sua trasmissione, oppure come quando per cavarsi d'impaccio si può scegliere di dare delle informazioni sensibili alle forze dell'ordine. Ogni tanto ci si imbatte anche in qualche mini gioco di qualità altalenante. Ad esempio in una scena bisogna riuscire a sintonizzare una radio, mentre in un'altra bisogna letteralmente sparare dei chiodi contro un'automobile in corsa per fermarla. Sinceramente di memorabile c'è poco, ma se li consideriamo come dei sistemi per spezzare l'avventura, possiamo affermare che funzionano abbastanza bene (anche perché molto brevi).
Troppi cliché
Ciò che purtroppo manca al titolo di Digixart è la capacità di elaborare i suoi temi andando oltre alcuni cliché da brochure movimentista, a differenza ad esempio di quanto fatto da Santa Ragione con Wheels of Aurelia, che aveva il coraggio di discutere molto più apertamente le questioni che affrontava, andando a pescare argomenti nella storia italiana. Sia chiaro che non vogliamo mettere criticare alcuni valori, ma solo far notare come non basta la loro presenza per avere un testo videoludico profondo e abbastanza complesso da descrivere davvero l'essere umano. Di suo Road 96 è didascalico e spesso ci si trova di fronte a situazioni fin troppo prevedibili per essere interessanti, sia nel loro svolgimento, sia nella loro risoluzione... a meno che non si cerchi proprio questo tipo di esposizione, che sicuramente ha il suo valore consolatorio e offre comunque alcuni spunti interessanti.
Lo stesso dicasi della parte tecnica, fin troppo aderente a un certo stile fatto di tratti morbidi, di volti candidi per i personaggi positivi e arcigni per quelli negativi e di colori saturi. Non è male, nel suo complesso, ma non va mai oltre un certo livello di coscienza, fermandosi sempre sulla superficie delle cose, anche quando potrebbe osare di più. Belli comunque alcuni paesaggi di Petria che ricordano l'iconografia delle Route 66 americana, tra stazioni di rifornimento nel deserto e ristoranti che sembrano fuori dal mondo. Del resto, come già ricordato, il modello di partenza è l'immaginario della Beat Generation, quindi non poteva essere diversamente.
Conclusioni
Road 96 è, in ultima istanza, un'avventura riuscita, che però non riesce mai ad andare a fondo, limitandosi a esporre la sua visione nel modo più didascalico possibile. Ottimi gli elementi roguelike, che hanno consentito una strutturazione originale per il genere e che di loro sollevano l'intera esperienza, rendendola quantomeno interessante da vivere. Si poteva fare sicuramente di più a livello di scrittura, ma non vi neghiamo che quello con l'opera di Digixart è stato un bel viaggio, peccato che conoscessimo già la maggior parte dei paesaggi.
PRO
- Ottimo il sistema roguelike applicato a un'avventura
- L'immaginario della Beat Generation è ben manipolato
- Dura il giusto
CONTRO
- Non va mai troppo a fondo
- Situazioni spesso prevedibilissime