Dove nasce il mistero
Prendete qualcosa di misterioso o poco conosciuto, specie se controverso, ricamateci intorno un complotto più o meno articolato e avrete ottenuto una storia che farà sicuramente presa. Questo è il sistema con cui negli ultimi anni sono state create molte trame, ed è anche lo stesso che utilizza uno degli scrittori più famosi degli ultimi anni (non vi dico chi è, ma potete facilmente indovinarlo).
L’evento di Tunguska (conosciuto anche come “la grande esplosione siberiana”) fa parte a pieno titolo di questo insieme di avvenimenti ancora senza una spiegazione definitiva che fanno arrovellare da quasi un secolo le menti di scienziati e complottisti di mezzo pianeta.
Il 30 giugno 1908, alle 7:17 del mattino, vicino al Podkamennaya Tunguska, un fiume della Siberia centrale, si verificò una terrificante esplosione. L’energia dell’esplosione venne in seguito stimata tra i 10 e i 15 megatoni, 2000 volte più potente della bomba atomica di Hiroshima e paragonabile alla più potente mai fatta detonare dagli Stati Uniti. Fu così potente che venne identificata da tutte le stazioni sismiche dell’intera Eurasia, e alcuni osservatori americani rilevarono una riduzione della trasparenza dell’atmosfera che perdurò per diversi mesi.
Come direbbe Nina, la giovane protagonista: a big ka-boom (un’idea piuttosto fissa e radicata nella nostra eroina, che sembra avere l’hobby di lasciarsi alle spalle una lunga scia di distruzione...).
Dove nasce il mistero
Quando, quasi vent’anni dopo, la prima spedizione scientifica giunse sul posto, si trovò di fronte uno spettacolo devastante: in un raggio di 50 km tutti gli alberi erano stati schiacciati da una impressionante forza, alcuni nella zona centrale (il cosiddetto “ground zero”) erano ancora dritti, ma privati di rami e corteccia, che sembravano essere stati strappati via. Una successiva ricognizione aerea mostrò che l’evento aveva abbattuto gli alberi in un'area dalla forma di una gigantesca farfalla. Nonostante l’impressionante devastazione, non c’era traccia di alcun cratere.
Vi risparmiamo tutte le successive analisi tecniche, le quali rivelarono la presenza di minerali (nickel e iridio) presenti in grandi quantità nei meteoriti, indicando quindi un’origine extraterrestre dell’evento.
L’ipotesi più accreditata è quelle dell’esplosione aerea di un meteorite (dimostrata attraverso diversi modelli) il quale si sarebbe surriscaldato fino al punto di esplodere, non lasciando alcuna traccia degna di nota di sé e scaricando tutta la sua energia in un colpo solo sotto forma di onda d’urto e calore.
Ok, finita la lezione di scienze, adesso passiamo alla parte più divertente.
Infatti, oltre all’ipotesi dell’esplosione aerea di un meteorite, esistono dozzine di altre teorie. Alcune ad esempio annoverano: lo scontro con un nano black hole (un buco nero delle dimensioni di pochi nanometri), quello con un blocco di antimateria, la reazione termonucleare di una cometa con un’alta concentrazione di deuterio, una tempesta elettromagnetica e, ovviamente, l’immancabile UFO.
Provate ad indovinare intorno a quale di queste ipotesi ruota la trama del gioco...
Intrigante, ma che non convince
Qui comincia tutto, da questa gigantesca esplosione che squassò mezzo pianeta ormai un secolo fa.
Quindi, dopo una piacevole presentazione in stile Harry Potter, con i titoli che appaiono e scompaiono ondeggiando in un liquido verde, ha inizio la storia vera a propria.
Insieme alla protagonista, Nina Kalenkov, russa di origine, ma che ha vissuto quasi tutta la vita in Germania, andiamo a trovare suo padre al museo dove lavora, e troviamo l’ufficio completamente a soqquadro, ribaltato come un calzino, e nessuna traccia di lui.
Intrigante, ma che non convince
Da qui parte il lungo viaggio alla ricerca del padre scomparso, che porterà la protagonista ed un collega del padre, Max, in giro per tre quarti del pianeta. In questi viaggi, Nina (e in un paio di casi anche Max) dovrà rimettere insieme i pezzi del passato di suo padre e delle spedizioni a cui ha preso parte per scoprire il mistero di Tunguska, un mistero che però alcuni vogliono tenere segreto, e altri sfruttare a proprio vantaggio.
L’idea di fondo di per sé è buona, non particolarmente innovativa, ma intrigante, soprattutto grazie allo spettro continuo dell’esplosione di Tunguska che spinge il giocatore a voler andare avanti per saperne di più.
Lo svolgimento della trama, al contrario, è traballante e in alcuni punti incoerente, tanto che alla fine, tirando le somme del complotto in cui siamo stati tirati in mezzo, viene naturale chiedersi perché i “cattivi” (se vogliamo etichettarli così) abbiano agito in un determinato modo e non in un altro che avrebbe procurato loro molti meno problemi e rischi. Col senno di poi, infatti, l’intero secondo quarto della storia, la parte ambientata in Russia, risulta del tutto inutile, per non dire contrastante con i loro obiettivi (purtroppo non posso scendere più nel dettaglio per non rovinarvi la storia, quindi dovete credermi sulla parola...).
lo svolgimento della trama, al contrario, è traballante e, col senno di poi, in alcune situazioni non ben motivato.
Intrigante, ma che non convince
Inoltre sono decisamente troppe le forzature, le classiche situazioni, morte di ogni storia che si rispetti, in cui l’evento giusto avviene nel punto giusto e nel momento giusto per complicarci la vita o risolvere la situazione. A occhio, ce ne sono almeno sei, quando una sarebbe già troppo.
Allo stesso modo della trama, l’economia di gioco non soddisfa: l’equilibrio fra gioco effettivo e dialoghi o sequenze animate è fortemente sbilanciato. L’ingerenza dei dialoghi è assolutamente eccessiva, quasi l’80% di tutto il tempo di gioco, ed il giocatore passa più tempo a fissare lo schermo piuttosto che ad agire, mentre è proprio quello che vorrebbe fare. Per darvi un stima, tagliando tutto il tagliabile si finisce in meno di due ore.
A parte l’affaticamento agli occhi e la stanchezza mentale che provoca leggere una tale mole di sottotitoli in inglese (la versione che abbiamo avuto in prova è quella inglese, ma dovrebbe essere disponibile una localizzazione italiana), rimanere comunque bloccati 10, 12, 15 minuti consecutivi tra un capitolo e l’altro per ricevere tutto il pacco di informazioni scoperte, sorbirsi il dialogo tra i personaggi e/o le riflessioni che esse generano e il successivo inizio della vicenda seguente, composto il più delle volte da un altro filmato e un successivo dialogo, diventa dopo un paio di volte sfiancante anche se ci si limita ad ascoltare il tutto nella propria lingua.
L’immortale “punta e clicca”
Quando, qualche anno fa, alcune software house ritennero che l’era del punta e clicca fosse ormai tramontata fecero l’errore più grosso della loro storia e lo pagarono a carissimo prezzo. Mi viene solo da pensare al povero Monkey Island, devastato dal gameplay del quarto episodio e che mai ebbe un ulteriore seguito.
Secret Files: Tunguska, invece, si mantiene saggiamente sul tradizionale, semplificando l'interfaccia di gioco, forse anche eccessivamente.
Il puntatore offre solo due possibilità: osservare e agire (che comprende anche il parlare). Quando si passa sopra un qualunque hot spot, esso cambia forma, assumendo quella di un mouse i cui tasti sono colorati di verde a seconda delle azioni che è possibile effettuare: azione con il sinistro, accompagnata dall’icona di una manina; osservare, riporre gli oggetti e skippare dialoghi e filmati con il destro. Sfortunatamente il puntatore mostra solo quello che è possibile effettivamente fare, quindi, se abbiamo il sospetto di dover utilizzare un oggetto, ci basta selezionarlo e scorrere rapidamente sull’inventario e sugli hot spot dell’area: se appare la mano di azione potremo fare qualcosa, altrimenti niente. Ciò velocizza incredibilmente il gioco, facendo risorgere e dando anche enorme forza al vecchio trucchetto del “prova tutto con tutto” che si usava in passato quando proprio non si sapeva che pesci pigliare. Con un sistema tanto rapido, il più delle volte, viene più semplice andare per tentativi piuttosto che usare la testa.
Secret Files: Tunguska si mantiene saggiamente sul tradizionale, semplificando l'interfaccia di gioco, forse anche eccessivamente
L’immortale “punta e clicca”
Se almeno gli enigmi fossero linearmente logici ci si potrebbe anche passare sopra, ma non è così. Quasi sempre è possibile compiere azioni senza sapere il perché, anticipando l’evento scatenante che ci indica cosa fare. Ed è un vero peccato, perché sarebbe bastato attivare alcuni particolari hot spot o sbloccare l’opportunità di compiere determinate mosse una volta attivato un determinato trigger e inserire qualche riflessione dei protagonisti per rendere il tutto più lineare, logico e, di conseguenza appagante.
Combinando questi due aspetti, viene più che naturale, dopo un po’, andare quasi esclusivamente per tentativi.
L’immortale “punta e clicca”
Lo stesso avviene purtroppo anche per i dialoghi, infatti i personaggi non hanno quasi mai remore a fornire a Nina tutte le informazioni, anche segrete, di cui può aver bisogno. Ok, è una bella figliola, ma vedere dei personaggi che spifferano con la massima naturalezza informazioni riservate al primo venuto è quanto mai assurdo, soprattutto se poi questo capita in Russa, e le informazioni riguardano l’esercito e i servizi segreti.
E’ invece molto interessante il sistema di aiuto, comunque disabilitabile, che permette di evidenziare tutti gli hot spot disponibili nella zona, evitando la “caccia al pixel” che in almeno un paio di occasioni, complice l’oscurità, diventa un po’ fastidiosa.
Come in tutti gli adventure degli ultimi anni, sono presenti anche alcuni puzzle game, ma il loro numero è limitato e legato strettamente ai luoghi in cui la loro presenza ha un senso, di solito serrature con combinazione o password. Sono tutti estremamente facili e di rapida esecuzione, ma chi avesse problemi può sempre trovare aiuto nella pagina del diario dedicata ai suggerimenti dove potrà trovare qualche utile consiglio aggiuntivo. L’unico che esce da questa regola è proprio l’ultimo, per il quale il giocatore non riceve alcun reale indizio, ma deve per forza avvalersi di un artificio che è esterno al normale gioco (anche qui, capirete quando ci arriverete).
Post-it con le gambe
Secret Files: Tunguska unisce, come è oramai abitudine, personaggi in 3D e fondali bidimensionali pre-renderizzati, alcuni dei quali davvero ben fatti, suggestivi e ricchissimi di dettagli.
Post-it con le gambe
Peccato che il mix non funzioni come ci si aspetterebbe.
L’interazione tra 2D e 3D è minima, e si riduce a 3-4 casseforti che si aprono, un ascensore e qualche porta. Il resto è del tutto dannatamente statico e, in alcuni casi, i personaggi, specie i comprimari, sembrano appiccicati sui fondali come post-it.
Quando Nina o Max devono prendere un oggetto, semplicemente distendono la mano (o si chinano, o si allungano, dipende dalla situazione) ed esso semplicemente scompare mentre, se lo devono appoggiare, esso come per magia riappare. Per non parlare poi delle tasche in stile Guybrush Threepwood in cui ficcano tavole da due metri, canne da pesca, lastre di metallo da un metro quadro, macigni e torce accese come se niente fosse. Se si decide di miscelare gli stili è bene saperlo fare come si deve, altrimenti è meglio restare sul 2D.
l’interazione tra 2D e 3D è minima, e si riduce a 3-4 casseforti che si aprono, un ascensore e qualche porta. Il resto è del tutto dannatamente statico e, in alcuni casi, i personaggi, specie i comprimari, sembrano appiccicati sui fondali come post-it
Post-it con le gambe
I filmati sono gradevoli, ma, a parte quello introduttivo, tutti estremamente brevi (solo uno supera il minuto), e soprattutto quelli conclusivi sono ben poca cosa rispetto a ciò che si vorrebbe poter gustare al termine di un gioco.
Le musiche non si fanno notare in modo particolare, tranne che durante i filmati, dove si limitano ad evidenziare la tensione del momento.
Il doppiaggio, per quanto poco indicativo essendo in inglese, delude. Sembra sia stato effettuato una frase alla volta, in modo disordinato e con strumenti diversi: all’interno dello stesso dialogo il volume della voce cambia o subentra un fastidioso effetto eco. La stessa traduzione in inglese non è all’altezza e si distingue per alcuni errori di grammatica, come la mancata inversione soggetto verbo in alcune frasi interrogative. Speriamo che la localizzazione italiana non abbia gli stessi difetti.
Commento finale
Secret Files: Tunguska è una buona idea, ma che avrebbe avuto bisogno di un maggior approfondimento in fase di stesura della trama, di dialoghi meno lunghi e invadenti e di una gestione più attenta dei trigger degli eventi.
Ed è un peccato, perché le potenzialità ci sono tutte. Il gioco in sé non è male, ma è frustrante ritrovarsi senza nemmeno accorgersene a domandarsi che cosa si stia facendo e perché, o rimanere impotenti per una quindicina di minuti ad assistere a dialoghi consecutivi.
L’impostazione stile film è apprezzabile, ma la realizzazione doveva essere sicuramente migliore.
Come spesso accade, si tratta di un titolo che dipende molto dalle aspettative dei giocatori. E’ carino ed è praticamente impossibile rimanere bloccati per più di mezz’ora, ottimo per chi cerca un svago temporaneo, ma non ha tempo o modo per tenere la testa concentrata sulle azioni che deve compiere.
Se invece volete un altro Syberia, o un Runaway, e non siete proprio in crisi d’astinenza, beh, la recensione parla già da sola...
Pro
- Buona idea di base
- Fondali suggestivi e ricchi di particolari
- Comodo rivelatore di hot spot (disattivabile)
- Trama non del tutto convincente
- Intermezzi troppo lunghi e pesanti
- Quasi totale mancanza di trigger logici per le azioni
- Mancanza di interazione tra personaggi e fondali
Non c’è che dire, ultimamente la Siberia si sta facendo sempre più affollata. Pare vada di moda...