Più un gioco è complesso e più risulta difficile trasmettere con chiarezza le sue caratteristiche al grande pubblico, ed è tristemente proprio il mercato a rappresentare di frequente la prova più cristallina di questo teorema. Vero, in passato ci sono stati molti casi di titoli straordinariamente profondi capaci di vendere milioni di copie o conquistare fanbase appassionate, eppure la norma vede i giochi meccanicamente più elaborati orientarsi sempre verso la cosiddetta "nicchia" o, in caso di successo, quasi mai navigare nei mari di chi vende milioni e milioni di copie. È anche per questo motivo che la maggior parte dei blockbuster moderni puntano alla massa di contenuti o all'esperienza prevalentemente narrativa: sono titoli di facile comprensione che risultano appetibili anche per chi non è un giocatore di lunga data, e un sistema semplificato può essere comunque qualitativamente eccelso se sviluppato a dovere.
Eppure, anche se questa via per il successo risulta ancora oggi la più seguita, parecchi team con una visione molto diversa del gaming esistono e resistono, a volte solo desiderosi di creare giochi in base a semplici preferenze personali o direttamente all'opposto rispetto a quanto dettato dal mercato, nella speranza di conquistare quegli utenti che si sentono poco rappresentati dal panorama odierno.
Gli Sloclap, team francese piuttosto giovane con un solo gioco all'attivo fino a oggi, sembrano proprio appartenere a questo curioso club di "pecore nere" dello sviluppo. La loro prima opera, Absolver, era pur sempre un atipico picchiaduro dotato di numerose qualità, ma in parte non capito dal pubblico e forse un po' troppo ambizioso per le effettive risorse a disposizione della software house. Le basi di quel gioco restano a ogni modo più che solide e Sloclap ha deciso di non abbandonarle; anzi, le ha riutilizzate per creare un action singleplayer chiaramente ispirato dai film di kung fu di nome Sifu, che recentemente ha catturato l'attenzione di parecchi appassionati del genere.
Noi lo abbiamo giocato, e dopo ore di livelli superati sputando sangue non vogliamo perderci in fronzoli: Sifu è uno dei giochi meccanicamente più granitici e brillanti che abbiamo avuto modo di provare negli ultimi anni, una impressionante dimostrazione di talento da parte degli Sloclap, e un'opera la cui brutale gestione della difficoltà non mancherà di catturare completamente chi ama le esperienze davvero impegnative. E questo risultato eccellente è stato raggiunto con un misto di ottime idee e design in stato di grazia, per carità, ma anche ispirandosi in parte a un vecchio cult del genere action da molti ingiustamente criticato.
Vi spieghiamo il tutto, ovviamente, nella nostra recensione di Sifu.
Struttura e narrativa: il kung fu non ha età
Sifu è una storia di vendetta, costruita attorno ai topoi tipici dei film di kung fu anni '80 e '90, ma esteticamente ispirato alle opere più moderne del "cinema di botte". Dell'estetica parleremo a tempo debito (ed è assolutamente il caso di discuterne), ma già la narrativa è più complessa di quanto possa apparire inizialmente. Si comincia il gioco, infatti, con un tutorial brillante, che vi mette letteralmente nei panni di quello che poi sarà il boss finale durante un attacco a una scuola di arti marziali. Tutto si mette in moto con l'eliminazione del misterioso maestro di quella scuola e del suo giovane figlio, che viene però salvato dai poteri mistici di un curioso amuleto. Protetto da tale artefatto - che può salvarlo continuamente da morte certa prendendosi in cambio qualche anno di vita - il ragazzo giura vendetta nei confronti dei cinque individui che hanno organizzato l'assassinio del padre, in una disperata missione che potrebbe costargli ogni cosa.
È una premessa piuttosto basilare, ce ne rendiamo conto, tuttavia ben si sposta alla gestione della campagna divisa in cinque livelli, uno per ogni "obiettivo" del vostro alter ego. La caccia del protagonista non è peraltro un semplice delirio di onnipotenza: il nostro negli anni ha compilato una bacheca delle investigazioni, dove avanzando tra le mappe ottiene nuovi indizi e oggetti fondamentali per l'avanzamento; queste ricerche sono importantissime per capire più a fondo le motivazioni dei propri bersagli, e al contempo rappresentano uno dei fulcri della curiosa progressione del titolo, dato che permettono di evitare intere parti dei livelli, velocizzandone enormemente il completamento.
Già, perché in Sifu le mappe non sono semplici arene ricche di avversari da riempire di botte: il level design è discretamente elaborato, offre numerosi elementi interattivi, e al primo attraversamento di ogni location troverete ad attendervi numerose porte bloccate. Le chiavi e gli oggetti necessari a sbloccare questi passaggi si trovano rispettivamente nei livelli stessi o addirittura in quadri successivi, cosa che porta a ripercorrere i tragitti già completati più volte per ottenere nuove informazioni o semplicemente doversela vedere con meno nemici. La versione base di un livello infatti è spesso piena zeppa di scontri e nemici, e rende estremamente difficoltoso raggiungere un boss senza mai crepare. Considerando che i vostri anni di vita sono limitati, quindi, è spesso cosa buona e giusta tornare nei livelli passati per concluderli con meno morti sulle spalle, così da avere più chance di completare quello successivo.
Ah, la perdita di anni, peraltro è una meccanica a parte gestita a nostro parere in modo brillante. Meglio giocate e più nemici eliminate, meno anni perderete per le morti. Fatevi ammazzare molte volte di seguito e il contatore degli anni inizierà ad aumentare gradualmente, fino a togliervi anche più di sei o sette anni di vita a ogni dipartita. Superati i settanta avrete quindi solo un'ultima chance; sbagliate e vi toccherà riprovare da capo l'ultimo livello fatto, cercando di arrivare alla conclusione tutti d'un pezzo.
Gameplay: è tornato il dio della mano
Detta così può sembrare una struttura assolutamente brutale, e per certi versi lo è, tanto da avvicinarsi quasi a una sorta di mutazione di quanto visto in certi titoli roguelite... eppure Sifu non è assolutamente un videgioco ingiusto nella sua cattiveria. Una volta sbloccato un livello, infatti, viene salvata l'età in cui lo si raggiunge, e questa può venir diminuita ripercorrendo il quadro precedente con maggiore abilità. Come detto sopra, gli oggetti sparsi per le mappe permettono di sbloccare intelligenti scorciatoie che facilitano enormemente il completamento del tutto con meno morti, ed è presente persino un sistema di crescita del personaggio, con potenziamenti passivi e mosse di kung fu extra che rappresentano un utilissimo strumento contro certe tipologie di avversario. Proprio qui viene il bello, perché dal punto di vista meccanico Sifu è un titolo davvero di rara qualità, che integra perfettamente il suo livello di sfida alla progressione delle capacità di chi gioca e alla crescita virtuale del suo alter ego.
Eliminare i nemici, infatti, permette di ottenere punti esperienza, che possono venir spesi al momento della morte, alla conclusione del livello nell'hub principale, o interagendo con specifiche statue sparse per le mappe (sono rare, quindi non è il caso di farci eccessivamente affidamento). Il loro utilizzo offre due possibilità: potenziare passivamente il protagonista, o aggiungere nuove tecniche al suo arsenale.
I potenziamenti passivi sono estremamente utili, perché permettono di migliorare la rigenerazione della vita ogni volta che si mette KO un avversario, il recupero della barra focus (che spiegheremo a breve), o la resistenza allo stordimento (che aumenta progressivamente se si parano troppi colpi, tuttavia è quando si punta alle arti marziali che il gioco di Sloclap inizia seriamente a brillare. Il sistema di combattimento di Sifu ricorda pur sempre da vicino quello di Absolver, con risposta simile dei comandi, notevole varietà dei colpi, e visuale prevalentemente alle spalle con movimento tridimensionale piuttosto libero (ma comunque condizionato dalla posizione degli antagonisti). Qui però i nemici sono spaventosamente bellicosi, non hanno timore di aggredirvi in contemporanea, e vantano una varietà di pattern d'attacco invidiabile, che costringe il giocatore a usare il più delle volte la tecnica giusta al momento giusto. E in tale elemento, ovvero l'applicazione delle meccaniche difensive e la gestione degli scontri, Sifu sembra marcatamente ispirato nientepopodimeno che a God Hand, il cattivissimo classico di Shinji Mikami, a oggi considerato tra i titoli più soddisfacenti e difficili dell'intero genere action. Ci spieghiamo meglio: nell'opera di Mikami l'estrema varietà dei nemici e il loro numero non sottovalutabile costringeva a utilizzare con arguzia non solo le mosse personalizzabili, ma anche il movimento - farsi circondare era un suicidio - e le varie schivate, con queste ultime fondamentali per uscire dagli uno contro uno senza un graffio. Sifu è molto più intuitivo negli spostamenti e nella gestione delle mosse, eppure segue una filosofia estremamente simile: il campo di battaglia va "controllato" riposizionandosi con furbizia ed evitando gruppi di nemici, la schivata sul posto è di norma il modo migliore per evitare mazzate, e alcuni nemici "élite" hanno una difesa pressoché impenetrabile finché non si riesce a farli scoprire evitando le loro serie di attacchi con la giusta meccanica.
Certo, Sifu semplifica anche un po' le cose con una maggiore interattività ambientale - nelle mappe sono disponibili armi e oggetti lanciabili, favolosi per ottenere un vantaggio - ma poi si arriva ai boss, e in quelle situazioni è tutta una questione di riflessi e tecniche scelte. Il sistema magnificamente calcolato del gioco, però, riesce comunque a facilitare artificialmente le cose per chi ha un po' di furbizia, dato che certe abilità usate col giusto tempismo rappresentano una risorsa eccezionale per sopravvivere (un consiglio: il counter a terra è una manna se faticate a evitare i colpi bassi). Ah, non pensiate di poter abusare delle meccaniche: non vi sono mosse sempre efficaci e i nemici non le subiscono "a freddo" per più di un paio di volte; in più, far ripartire checkpoint al momento della morte non vi fa tornare all'età precedente, e porta pure a un reset completo delle tecniche apprese, indipendentemente dall'età del vostro personaggio. L'unico modo di mantenere le vostre arti marziali è sbloccarle più volte per renderle permanenti, dunque è il caso di concentrarsi su quelle più efficienti.
Non finisce qui: Il gioco riprende da God Hand persino il sistema dei "demoni"; è infatti possibile eliminare rapidamente certi avversari storditi con delle esecuzioni, solo che alle volte farlo li fa entrare in una sorta di stato di berserk che li trasforma in nemici élite con pattern più complicati e una resistenza maggiore. Non siamo davanti al livello di fastidio dei temibili nemici demoniaci del lavoro di Mikami, per carità, ma in una battaglia concitata la comparsa di uno di questi simpaticoni può davvero mettervi nei guai. C'è, però, un aspetto positivo: uccidere un élite abbassa il vostro contatore delle morti, assicurandovi d'invecchiare meno a ogni sconfitta. Paradossalmente, quindi, potreste cercare attivamente alcuni di questi avversari nei livelli avanzati, una volta capito come sconfiggerli senza troppi problemi.
Il mix di meccaniche rifinite, strade alternative nei livelli e necessità di perfezionarsi costantemente per evitare la morte permanente elimina peraltro qualunque ripetitività. Rifare le mappe non risulta tedioso, bensì una sfida costante con sé stessi, il cui traguardo è il raggiungimento della prestazione perfetta.
Comparto tecnico: la meravigliosa estetica degli schiaffi
In questo concentrato hardcore di pugni e calci virtuali, gli altri aiuti dipendono solo dalle risorse a disposizione del vostro alter ego, che abbiamo accennato mentre stavamo parlando dei potenziamenti passivi. La già nominata barra focus permette infatti di usare mosse speciali utili contro quasi tutti i nemici, che assicurano di oltrepassare almeno una volta le loro poderose difese (si riempie lentamente, ma tant'è), lo stordimento vi mette in pericolo se esagerate con le parate - manovra difensiva comunque sempre efficiente, che si preoccupa poco della direzione degli attacchi ricevuti - dunque potenziare a dovere la stabilità offre una difesa leggermente più solida, e la rigenerazione aumentata o la resistenza maggiore delle armi (chiaramente distruttibili) non vanno sottovalutate. Detto ciò, non crediate che un po' di esperienza ottenuta renda il gioco una passeggiata: la curva della difficoltà sale in modo repentino dal secondo livello in poi, e se non fosse per le scorciatoie ottimamente calcolate non avreste praticamente mai tregua.
Questo fantastico banchetto di arti marziali non è però impeccabile al 100%. Durante la campagna, infatti, ci è capitato di trovare rari nemici dai pattern erratici, che sembravano rispondere in modo strano (quasi fuori tempo) alle nostre tecniche difensive. In più, non sono mancati alcuni bug, come avversari "usciti" dallo schermo che ci hanno costretto a far ripartire il checkpoint, o strane manifestazioni del motore fisico del titolo, per lo più ilari se non altro. Il caso di cui sopra, comunque, lo abbiamo osservato solo con un paio di nemici élite, e non ci è mai capitato di avere problemi simili con gli altri, quindi non lo riteniamo un problema particolarmente significativo. Meno bene i bug, ma è tutta roba ampiamente risolvibile con correzioni future.
Da applausi invece l'estetica del gioco, che ci ha lasciato a bocca aperta più volte di quanto credessimo possibile in un lavoro di questo tipo. Seriamente, ciò che non riesce a ottenere la grafica - che comunque poggia su animazioni notevolissime e un livello di dettaglio generale rispettabilissimo - lo guadagna senza sforzo la direzione artistica. Gli Sloclap, dopotutto, sembrano essere cultori dei film di kung fu e d'azione, e la loro opera omaggia un gran numero dei film del genere, dal The Raid di Gareth Evans ai lungometraggi di Tsui Hark, passando persino dal Kill Bill di Tarantino. Vi sono mappe (il museo in primis) dove l'uso dei colori e dell'illuminazione è magistrale al punto da far levitare sensibilmente la qualità degli scontri, le ambientazioni sono tutte uniche e piacevolissime da esplorare, e i cambi di prospettiva vengono spesso utilizzati con grande maestria per rendere gli scontri tanto più chiari quanto più scenici. E ok, la telecamera non è perfetta, tanto che può capitare d'infilarsi malamente in un angolo e perdere l'inquadratura, ma se non altro la sua tendenza a distanziarsi in molte fasi migliora enormemente la percezione generale, evitando molti dei problemi di visibilità che spesso piagano gli action moderni.
Conclusioni
Sifu ci ha seriamente impressionato. È un titolo meccanicamente granitico, sorretto da un design degno di assoluti veterani dello sviluppo, che non teme di essere brutalmente impegnativo e riesce a sorprendere persino dal punto di vista artistico. Non è particolarmente longevo (specie se siete dei giocatori di altissimo livello), ma si tratta di un titolo a dir poco brillante, consigliatissimo agli amanti dell'azione e delle sfide che non perdonano. Se questa è solo la seconda opera degli Sloclap e sono già cresciuti fino a tal punto, non osiamo immaginare cosa possano fare con il prossimo gioco.
PRO
- Sistema di combattimento esaltante e meccanicamente solidissimo
- Estetica eccezionale, fortemente ispirata dai pilastri del cinema action
- Difficoltà brutale e non bypassabile, che dà enormi soddisfazioni quando si superano le sue sfide
CONTRO
- Qualche bug fastidioso permane
- Alcune imprecisioni nelle tempistiche offensive di pochi specifici nemici élite
- Se siete draghi del gaming, non durerà molto