Tutto inizia con un disastro
Quasi tutti i giochi fantasy cominciano da una tragedia, che all’eroe di turno spetta affrontare. Nella fattispecie, i tredici maghi più potenti del mondo, nella loro continua sete di potere, hanno sprigionato una tale quantità di energia magica da sbriciolare il pianeta in una serie di isolotti svolazzanti e galleggianti, collegati fra loro da portali magici. Questi maghi hanno piazzato qua e là alcuni altari magici atti ad evocare eroi e guerrieri pronti a combattere al loro fianco: questi personaggi, detti guerrieri runici (poiché la loro creazione necessita, oltre che dell’altare, anche di una apposita runa che lo attivi), sono del tutto privi di sentimenti e di libero arbitrio, obbediscono ciecamente al loro padrone, come dei robot o dei golem. Il nostro eroe è proprio uno di questi guerrieri runici, ma quasi all’inizio della storia il mago che l’ha evocato viene tradito da un suo aiutante e imprigionato: l’eroe si trova così slegato dal suo creatore, solo nella battaglia e capace di scelte indipendenti. La prima fase di gioco in Spellforce è proprio la creazione del personaggio. I passaggi sono quelli tipici del gioco di ruolo, e la cosa chiaramente aumenta l’illusione dell’appassionato: si devono scegliere successivamente il sesso, l’aspetto esteriore del viso, la specializzazione principale e quella secondaria, le caratteristiche fisiche e intellettuali (non più la razza, nonostante il progetto iniziale degli sviluppatori: ora l’avatar deve essere umano, per ragioni di trama). Abbiamo già parlato con certa diffusione della creazione del personaggio nella first look dedicata a SpellForce; qui ribadiamo la presenza delle tipiche specializzazioni da rpg, con evidente inclinazione verso l’impostazione alla D&D: è possibile creare il guerriero forzuto, l’agile arciere o l’intelligente mago. Le specializzazioni secondarie consentono di precisare meglio le preferenze del proprio alter ego: il combattente può essere specializzato in armi leggere o pesanti, nelle corazze o negli scudi; il mago può concentrarsi sulla magia elementale oppure su quella curativa, e così via. Le caratteristiche intellettuali (intelligenza, saggezza, carisma) governano esclusivamente le abilità magiche e non i dialoghi o le reazioni dei NPC, che sono predefinite e non dipendono dal personaggio scelto.
Tutto inizia con un disastro
L’avatar è l’unica unità che resta sotto il controllo del giocatore lungo tutta la campagna; è anche l’unica unità che riceve esperienza dai combattimenti e dalla risoluzione di quest. L’esperienza provoca naturalmente l’avanzamento di livello: ad ogni passaggio, l’eroe ottiene due punti abilità e cinque punti caratteristica. Con i punti caratteristica è possibile aumentare forza, costituzione, destrezza, agilità, intelligenza, saggezza e carisma; ad ogni aumento corrisponde un miglioramento delle azioni collegate a ciascuna caratteristica: l’uso delle armi in corpo a corpo con la forza, la possibilità di andare a segno con la destrezza e così via. Certe specializzazioni principali e secondarie hanno determinate caratteristiche come requisito: ad esempio, non è possibile alzare l’abilità in armi pesanti oltre un certo punto se non si fa aumentare, in contemporanea, anche la forza. Con i due punti abilità è appunto possibile aumentare le specializzazioni già acquisite oppure acquisirne di nuove, a patto che i requisiti siano rispettati. Aumentare una abilità già acquisita non ha come risultato solo un miglioramento delle prestazioni relative a quella abilità, ma soprattutto la possibilità di adoperare armi o incantesimi più potenti. Quasi tutte le armi e gli incantesimi infatti (ad esclusione dei più semplici) hanno requisiti piuttosto onerosi: per poter usare i più devastanti occorre “specializzare” il proprio personaggio, continuando a mettere punti nel medesimo ambito di abilità. Ciò non toglie che sia possibile creare un personaggio con molte abilità diverse: a spese della potenza si otterrà un avatar più versatile, paragonabile ai personaggi multiclasse dei giochi di ruolo “puri”.
Un'interfaccia strategica
Al termine della creazione del personaggio ci troveremo catapultati nel tutorial, oppure nella prima missione della campagna in caso avessimo deciso di saltarlo. La visuale predefinita mostra il nostro personaggio dall’alto, con una impostazione del tutto simile ai più noti titoli strategici in tempo reale. L’interfaccia è poco invasiva: in una sottile barra superiore sono elencate le varie risorse in nostro possesso; in basso a destra c’è la minimappa, che mostra tutta l’area di gioco corrente già esplorata; in basso a sinistra c’è la finestra di selezione, che mostra le informazioni sulla unità o sull’edificio selezionato; infine in basso al centro ci sono i pulsanti di azione, con cui possiamo dare ordini alle nostre unità. L’unico feedback costante nell’area di gioco è un cerchietto verde ai piedi del nostro avatar e degli altri eroi eventualmente evocati; tutte le altre unità o edifici vengono evidenziati solo dopo la nostra selezione, che si effettua tramite un semplice clic sinistro. Il clic destro corrisponde alla cosiddetta “azione rapida”: agendo su terreno libero equivarrà a un ordine di spostamento, agendo su un nemico equivarrà a un ordine di attacco. E’ possibile riunire un qualsiasi tipo di unità in un gruppo e assegnare a quel gruppo un numero, così da richiamarlo con più facilità; è anche possibile selezionare un eroe all’interno di un gruppo senza deselezionare il gruppo stesso, in modo simile a quanto avviene in Warcraft III. Come si sarà già notato, tutte queste caratteristiche non mostrano alcunché di innovativo, e vanno ad inserirsi, al contrario, nella tradizione strategica più consolidata: l’appena citato Warcraft III può anzi essere tranquillamente considerato come l’ispiratore di gran parte delle meccaniche dell’interfaccia di SpellForce.
Un'interfaccia strategica
La componente “ruolistica” del motore di gioco entra in campo nel momento in cui concentriamo il nostro sguardo sul nostro guerriero runico e sui suoi compagni eroici, evocabili tramite gli appositi altari e le apposite rune. La gestione di questi personaggi, infatti, è molto più particolareggiata della gestione degli eroi negli altri titoli strategici. Anzitutto, il nostro avatar ha un inventario parecchio dettagliato, composto dallo zaino e dagli oggetti indossati. Se è capace di usare magie, egli ha anche a disposizione un “libro degli incantesimi” dove può imparare le azioni arcane dalle pergamene, comperate o trovate in giro; una volta imparati, gli incantesimi possono essere memorizzati e quindi lanciati nell’area di gioco. Non c’è limite al numero di volte che un incantesimo può essere lanciato, una volta memorizzato; l’unico requisito è che l’eroe abbia abbastanza mana, la classica energia magica che comunque si ricarica col tempo. Il libro degli incantesimi viene spesso adoperato anche da chi non è mago: talvolta infatti anche i guerrieri ottengono qualche mossa speciale, che viene adoperata allo stesso modo degli incantesimi. La schermata dell’inventario ha anche altre pagine; ad esempio, c’è un diario che tiene nota delle missioni assegnate e dà una breve descrizione di ognuna; c’è la sezione dedicata alla descrizione dettagliata del personaggio, usata principalmente quando si sale di livello (solo il nostro eroe sale di livello, tutti gli altri eroi evocati restano sempre nelle loro condizioni iniziali); c’è una sezione dedicata alle rune e una ai “progetti”; di queste due parleremo più avanti. L’inventario non è l’unico elemento di novità dell’interfaccia: anche la gestione della telecamera è particolarmente versatile, soprattutto perché consente letteralmente di trasformare SpellForce, almeno esteticamente, in un gioco di ruolo in terza persona. E’ sufficiente zoomare in corrispondenza della schiena del nostro avatar: l’inquadratura si “incollerà” in quella posizione, e il nostro personaggio potrà essere spostato anche tramite le frecce della tastiera. Si tratta certo di un elemento di originalità, ma questi virtuosismi si rivelano alla fine poco utili: il giocatore è spinto a tenere sempre la visuale alla massima distanza possibile, così da controllare meglio la situazione dal punto di vista strategico; come vedremo successivamente, inoltre, questa cura del dettaglio dà vita a un motore di gioco particolarmente pesante, con conseguenze talvolta letali nei confronti della giocabilità.
Costruiamo il nostro insediamento
Generalmente ogni missione comincia con il nostro guerriero runico come unica unità sotto il nostro comando; in rari casi gli obiettivi possono essere raggiunti tramite un party ristretto al protagonista e a qualche eroe evocato, ma il più delle volte per venirne a capo dovremo mettere insieme un esercito molto numeroso. Per farlo, bisogna iniziare dal principio: evocare qualche umile lavoratore, fargli costruire strutture di raccolta delle risorse, accumulare i materiali necessari, costruire edifici militari e infine addestrare i tanto sospirati soldati. Il nostro insediamento può appartenere a una delle sei razze giocanti presenti in SpellForce: umani, elfi, elfi scuri, nani, orchi o troll. Per iniziare a costruire servono due cose: un altare della razza apposita e una runa dei lavoratori della stessa razza; saremo sempre in possesso di queste due cose al momento giusto, quindi si tratta solo di usarle correttamente. E’ sufficiente avvicinarsi all’altare, attivarlo tramite la runa e cominciare ad addestrare lavoratori. Un piccolo elemento di innovazione è costituito dal fatto che le rune collegate a una medesima razza non sono tutte uguali, ma sono distinte da un “livello”: ci può essere, per intenderci, una runa del lavoratore umano di livello uno e una runa del lavoratore umano di livello tre. Usando la seconda al posto della prima, otterremo lavoratori decisamente più forti e più efficienti; il risultato è che avanzando con la campagna non avanza solo la potenza del nostro avatar, ma anche dei villaggi da egli creati. Un altro elemento di novità è costituito dai “progetti”: inizialmente, conosceremo solo i progetti degli edifici umani più semplici; per costruire quelli più avanzati dovremo acquisirne i relativi progetti, comperandoli oppure trovandoli in giro come qualsiasi altro oggetto.
Una volta evocato il primo gruppetto di lavoratori, occorre metterlo a recuperare risorse. L’elemento di maggior distinzione fra le diverse razze è proprio costituito dall’uso diverso delle risorse naturali: alcune risorse servono solo a certe razze e quindi possono essere raccolte solo da esse; altre vengono raccolte da tutte, ma usate diversamente (ad esempio, gli umani usano pietra e legno per costruire edifici; gli elfi, invece, usano solo il legno). La raccolta può avvenire direttamente tramite i nostri lavoratori, oppure in maniera più sofisticata costruendo strutture dedicate appunto all’ottimizzazione di questo importante aspetto. Quando viene ultimata la costruzione di un edificio deputato alla raccolta di risorse (ad esempio, la capanna del taglialegna) i suoi costruttori vengono subito trasformati in “artigiani”, che possono raccogliere la risorsa relativa in tempi molto più rapidi, e in alcuni casi anche creare la risorsa dal nulla (è il caso ad esempio delle fattorie di grano). Una volta accumulata una buona quantità di risorse, è la volta di pensare a qualche struttura difensiva per proteggere l’insediamento dai nemici: i nostri lavoratori e artigiani, infatti, non sono particolarmente forti e sono destinati a soccombere se bersagliati dai colpi di una unità militare; ciascuna razza ha il suo edificio difensivo, come le classiche torri con balestra nel caso degli umani. Il monumento supporta solo una certa quantità di lavoratori e soldati: per addestrarne di più dobbiamo costruire qualche “quartier generale”. Alla fine, potremo iniziare ad evocare qualche soldato; per farlo, occorrono gli edifici appositi: l’armeria per i guerrieri in corpo a corpo, l’area di tiro con l’arco per gli arcieri, il tempio per i chierici, l’accademia per i maghi e così via. E’ da sottolineare che spesso anche questi edifici necessitano di un artigiano al loro interno per funzionare; inoltre, l’evocazione delle unità avviene sempre al monumento: gli edifici militari servono solo come requisiti, e a volte anche per sviluppare tecnologie che potenziano i relativi soldati. Poiché l’altare non può essere spostato, è impossibile evocare unità in altri posti oltre a quelli previsti dai programmatori: questo restringe parecchio l’ambito delle strategie applicabili, rendendo decisamente più prudente chiudersi in difesa per parecchio tempo piuttosto che tentare di costruire avamposti in altri luoghi della mappa. Può essere interessante sottolineare che i lavoratori mostrano un’indole parecchio autosufficiente: una volta assegnati alla raccolta di una risorsa, non sarà più necessario occuparsene per parecchio tempo. Gli inconvenienti comunque non mancano: non è raro che un taglialegna provochi violente offensive nemiche tentando in tutti i modi di andare ad abbattere un albero troppo lontano dall’insediamento. Come in moltissimi giochi di strategia in tempo reale, anche in SpellForce le unità mostrano una innata tendenza suicida; almeno in questo caso la faccenda è maggiormente giustificabile, visto che siamo sempre in presenza di unità “evocate”, prive di reale personalità. Non crediamo comunque che la cosa possa consolare molto il giocatore dall’insediamento polverizzato causa taglialegna o cacciatore: in questi casi la giustificazione speculativa risulta assai poco appagante…
Alle armi
Gli scontri con il nemico costituiscono forse l’attività che più tiene occupato il giocatore di SpellForce. Che si tratti di attacchi nemici, segnalati dai classici avvertimenti sonori presenti in ogni rts che si rispetti, o che si tratti delle nostre offensive, prima o poi (solitamente prima) la parola deve passare alle armi. Come abbiamo già diffusamente spiegato nella first look, SpellForce vanta come punta di diamante fra le sue innovazioni un sistema di combattimento mai visto, chiamato “click’n’fight” (clicca e combatti). Si tratta di una innovazione quasi chiesta a gran voce dagli appassionati del genere strategico, il cui cruccio maggiore è solitamente proprio la gestione dei grandi combattimenti. Se non c’erano problemi nei primi tempi dopo la nascita di questo genere, quando le unità combattevano e basta e quindi era sufficiente lanciare un esercito contro l’altro e osservare i risultati, ora i problemi ci sono eccome, perché i giocatori non si accontentano più di unità militari semplici: pretendono unità che combattano e altre che magari usino qualche abilità speciale o lancino magie, nel caso di ambientazioni fantasy. A questo punto però lo sviluppatore si trova di fronte a un bivio: se decide di far usare automaticamente queste abilità alle unità, deve necessariamente depotenziarle, onde evitare il rischio di sbilanciare troppo la situazione; se invece decide di inserire abilità potenti ma da attivare manualmente, si crea una situazione estremamente confusionaria, in cui il giocatore deve contemporaneamente guidare il suo esercito e badare alle mosse di moltissimi singoli componenti dello stesso. E’ il famoso “micromanagement”, croce e delizia degli strateghi da computer: da alcuni elevato a momento massimo di esplicazione dell’abilità e dell’inventiva del generale, da altri tacciato d’essere responsabile dell’ingiocabilità di moltissimi rts.
La novità del sistema ideato da Phenomic sta nella possibilità di invertire i fattori. In altre parole, è ancora possibile procedere secondo il metodo tradizionale, ossia selezionare le unità, cliccare sulla icona dell’azione e alla fine sul bersaglio di quest’ultima; è anche possibile però procedere in modo inverso: selezionare il nemico e quindi cliccare sull’icona dell’azione da eseguire nei suoi confronti. Infatti, ogni volta che selezioneremo una unità o un edificio nemico il programma ci segnalerà, tramite apposite icone, tutte le azioni che i nostri eroi e i nostri gruppi di soldati possono compiere contro di essa o di esso. Cliccando su quelle icone le nostre unità agiranno di conseguenza. Il sistema, dal punto di vista teorico, sembra effettivamente più comodo di quello tradizionale: anzitutto si risparmia un clic (non occorre più selezionare le nostre unità), e poi soprattutto non occorre più cercare le abilità utilizzabili contro un determinato nemico, magari confuse dentro molte altre abilità inutili in quella circostanza è il programma stesso ad effettuare questa “scrematura” per il giocatore. Tuttavia, quando effettivamente scendiamo nel campo di battaglia, ci rendiamo conto che la faccenda non è così semplice come sembra. Gli scontri spesso sono fra decine e decine di unità: nel pieno della battaglia già riuscire a selezionare un nemico è una impresa non da poco. Se le unità avversarie sono deboli, non si sente il bisogno di alcuna abilità speciale; se sono potenti solitamente non sono molte (anzi, i nemici più potenti sono spesso da soli) e quindi non ci sono i problemi di micromanagement che il sistema “click’n’fight” vorrebbe superare. Il punto fondamentale da sottolineare è che la velocità e la frenesia degli scontri sono assolutamente spiazzanti: o il giocatore è dotato di riflessi straordinari, oppure sarà portato a usare i suoi soldatini come carne da macello atta a tener occupato il nemico mentre l’avatar lancia qualche incantesimo, con tanti saluti alle abilità speciali degli altri eroi. Più che un nuovo e arzigogolato sistema di selezione e di controllo, in SpellForce si sente il bisogno di un po’ di calma e magari di una pausa attiva alla Baldur’s Gate che consenta un minimo di pianificazione strategica e di sfoggio di acume tattico.
L’impresa è più ardua del previsto…
L’amante del gioco di ruolo si starà ponendo una domanda fondamentale, che ancora non ha trovato risposta fino a questo momento: com’è la storia? Come si sa, è perfettamente inutile che un gruppo di sviluppatori sappia inventare un concetto di gioco originalissimo se poi il medesimo gruppo non riesce a partorire una trama per giocatore singolo che sappia catturare un minimo di interesse e che scateni qualche emozione nel fruitore. Se in un gioco strategico si può eventualmente passar sopra una campagna modesta, più difficile risulta farlo in un ibrido strategico/gioco di ruolo, visto che in fin dei conti il gioco di ruolo è la campagna. Possiamo dire con ragionevole certezza che i programmatori non hanno certo dedicato grandi sforzi a questo ambito: la trama del gioco è assolutamente esile, priva di elementi di originalità (almeno nella prima decina e più di missioni), fatta di quest e sottoquest sempre simili tra loro.
Anzi, si può dire che moltissime missioni sono praticamente identiche, e che la necessità di raccogliere risorse e ammassare soldati mette del tutto in ombra i risvolti drammatici che ci sono dietro. A contribuire a questo clima anonimo e poco coinvolgente ci sono i dialoghi, ridotti all’osso e quasi sempre a senso unico: c’è il meccanismo della risposta multipla, ma è del tutto inutile visto che nel novanta per cento dei casi c’è solo una risposta fra cui scegliere.
I personaggi disposti a parlarci sono solo quelli legati alla quest principale o alle quest secondarie; gli altri NPC non ostili si limitano a stare fermi in un punto oppure a muoversi continuamente lungo lo stesso breve percorso. Il fatto che il protagonista della vicenda venga creato dal giocatore, unito al background che ne fa quasi un golem senza cervello, fanno sì che l’eroe sia quasi del tutto privo di carattere, cosicché i pochi colpi di scena riguardano solamente i comprimari. Siamo ben lontani dallo spessore e dal coinvolgimento della storia che fa da sfondo alle campagne di Warcraft III e della sua espansione, tanto per capirci. Sotto questi punti di vista il titolo Blizzard, che pure è nettamente più orientato alla strategia, è molto più “gioco di ruolo” di SpellForce.
Un motore nuovo di zecca
E’ firmato da Phenomic anche il motore di gioco, che come dicevamo all’inizio vanta come suo elemento di spicco la presenza di una telecamera completamente libera e trasformabile da “strategica” a “ruolistica” in un attimo. Tutto il mondo è realizzato in tre dimensioni, e la cura per il dettaglio è davvero notevole, soprattutto (paradossalmente) scegliendo la visuale più ravvicinata. I personaggi mostrano volti, corazze e vesti descritti con grande precisione; la natura è ricca di animazioni (pesci, farfalle, conigli…); c’è qualche problema con le proporzioni, ma questo è un difetto tipico dei giochi strategico/gestionali: gli edifici sono troppo piccoli rispetto alle persone e gli alberi sembrano dei bonsai cresciuti un po’ troppo. La delimitazione delle mappe sfrutta il pretesto narrativo della distruzione del mondo ad opera dei maghi: tutte le missioni si svolgono su grandi “zolle” di terreno ora sospese in aria ora circondate dall’acqua; purtroppo spesso c’è la spiacevole presenza di zone scure tra l’area giocabile e l’area di confine, e la presenza frequente di rilievi, seguiti dalla telecamera nei suoi spostamenti, può causare qualche mal di testa nelle prime ore di gioco. Il difetto tecnico principale del titolo è facilmente individuabile fin dai primi minuti di prova: il motore di gioco è terribilmente pesante. Se mentre si tratta di far passeggiare da solo il nostro avatar non ci sono problemi, quando ci troviamo di fronte a uno scontro che coinvolge una cinquantina di unità (e tale fattispecie non è affatto rara) i rallentamenti divengono talmente forti da rasentare l’ingiocabilità, indipendentemente dalla visuale e dal livello di dettaglio scelti.
Parliamoci chiaro: un Athlon 2000 con 512 MB di RAM e una Radeon 9000 (è il computer relativo a questa prova) non è assolutamente in grado di far girare degnamente SpellForce, e questo è grave. E’ grave soprattutto se pensiamo che di alcuni virtuosismi grafici si poteva tranquillamente fare a meno: parliamo ad esempio delle ombre calcolate in tempo reale, delle nuvole riflesse dagli stagni, delle luci che si accendono negli edifici di notte… senza contare che, in antitesi a tali virtuosismi, vi sono anche diverse mancanze grafiche, prima fra tutte la modestia degli effetti di luce causati dagli incantesimi. Che il gioco non sia stato particolarmente ottimizzato è anche testimoniato dal fatto che sono già uscite diverse patch (link). Qualcosa di meglio si poteva dunque fare dal punto di vista tecnico.
Commenti: un voto, due voti, tre voti
Che sia difficile racchiudere il senso di un giudizio in un numerino, si sa. Con SpellForce la faccenda è ancora più complicata perché tutto dipende da cosa chiediamo al gioco. Il sei e mezzo che vedete a piè di pagina è una sorta di media matematica fra le aspettative dell’appassionato di strategia e quelle dell’appassionato di rpg. Se la strategia in tempo reale è la passione del giocatore, SpellForce può essere un buon acquisto: sei razze giocabili, molte unità, molti edifici, grandi scontri fra eserciti numerosi; il voto in questo caso può essere tranquillamente aumentato di uno o anche due punti, pur tenendo conto dei problemi del motore grafico nonché di un livello di difficoltà non sempre calibrato con attenzione. Se la passione del giocatore è il gioco di ruolo, SpellForce va tendenzialmente evitato: gli elementi tipicamente “ruolistici” sono proprio i punti deboli del gioco; la storia è fragile, la libertà resta una chimera, le possibilità di personalizzazione del proprio avatar sono sommerse da meccanismi di gioco che tendono a premiare il numero delle truppe sulla loro qualità; in questo caso il voto può essere abbassato di uno o due punti. Globalmente, la sensazione dominante dopo una prova estesa del titolo è quella di essere di fronte a una grande occasione mancata; in fondo, la fusione di strategia e gioco di ruolo, dosati in parti uguali, è assai promettente e non è stata mai davvero realizzata, se non forse nelle primissime versioni di Warcraft III, poi abbandonate a favore di una struttura più “immediata”, non senza parecchie lamentele da parte dei giocatori più ansiosi di novità. Forse anche SpellForce è un ottimo esempio di compromesso fra originalità e “vendibilità”, con un risultato che però piega decisamente verso il basso, a differenza del titolo Blizzard che mantiene comunque una elevata qualità anche nella sua versione per il mercato; sembra che alla Phenomic siano convinti che il pubblico chieda soprattutto la frenesia dei grandi scontri, e che gli elementi “ruolistici” debbano limitarsi a un veloce capolino che non disturbi le azioni del condottiero militare. Speriamo che qualcuno in futuro sappia raccogliere seriamente la sfida di questa fusione; per adesso, l’attesa continua.
- Pro:
- Nuovo sistema di combattimento
- Gran numero di unità e di edifici
- Grafica dettagliata e versatile
- Contro:
- Storia poco coinvolgente
- Combattimenti caotici
- Motore di gioco pesante
- Molto meno originale del previsto
Altre immagini..
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L’attesa gioca brutti scherzi
Gli appassionati di giochi di ruolo per computer potrebbero, crediamo, riempire un libro intero con le loro attese deluse. Basti unire l’altisonanza di molti progetti in fase di sviluppo con il loro appartenere a case già autrici di capolavori passati, e magari aggiungere a questo mix trepidante la cattiva abitudine di rinviare continuamente le date di pubblicazione, e si otterrà una lista di titoli piuttosto corposa: da Baldur’s Gate (qualcuno ricorda le molte critiche ai suoi troppo numerosi, secondo alcuni, combattimenti?) a Diablo II (per la grafica non propriamente all’avanguardia), fino al recente Neverwinter Nights (che sia rimasto in giro qualcuno disposto a parlar bene della campagna ufficiale?). Il lettore non tragga conclusioni affrettate: questo inizio non vuole necessariamente aggiungere un altro nome alla lista di delusioni, almeno non a livello generale. Diciamo che SpellForce, lo strategico/rpg sviluppato da Phenomic e prodotto da Jowood, una volta provato estesamente, non può che lasciare parecchia perplessità nell’appassionato di giochi di ruolo. Gli annunci della casa di sviluppo, diligentemente riferiti per mesi da Rpgplayer, lasciavano intuire la possibilità di avere tra le mani un prodotto che superasse finalmente la preponderanza strategica dei titoli fantasy alla Warcraft III per arrivare all’ibrido perfetto, al titolo che sapesse unire alla possibilità di comandare eserciti la possibilità di interpretarne il comandante con un dettaglio tale da poter rivaleggiare con i rpg più blasonati. Ora, di fronte quegli annunci, c'è un gioco in cui la componente ruolistica è inesorabilmente dispersa all’interno di innumerevoli combattimenti fra decine e decine di unità, e in cui le doti maggiori richieste al giocatore non sono certo quelle interpretative, bensì la velocità e la prontezza di riflesso. Tutte cose che saranno certo apprezzate dai molti appassionati di strategia in tempo reale, peraltro non certo privi di titoli con cui dilettarsi, ma che lasceranno a bocca asciutta gli assetatissimi in attesa di un mondo dove far muovere liberamente il proprio personaggio. Spiacenti, meglio dire subito che per voi/noi è ancora il tempo dell’attesa.