Si assapora un pizzico di rammarico non appena si scorgono i titoli di coda del nono episodio della prima stagione di The Last of Us, attuale e momentaneo capolinea della serie prodotta da HBO e basata sulla fortunata serie di Sony PlayStation. Mentre ci si abbandona ai primi bilanci, freschi di un'esperienza globalmente meritevole di essere fruita, lo sottolineiamo immediatamente per non smorzare eccessivamente l'entusiasmo, si viene pervasi da un velo di delusione, frutto dell'effettivo palesarsi di storture ed incongruenze mesi addietro solo ipotizzate, eppure già così concrete agli occhi di una buona fetta di fan, scaturite all'indomani di alcune dichiarazioni rilasciate da Neil Druckmann e soci su quanto avrebbero offerto all'audience del piccolo schermo una volta completati i lavori.
In qualsiasi corso di sceneggiatura, del resto, sconsigliano caldamente di riadattare pedissequamente la trama un'opera per un media completamente differente da quello originale. Come se non bastasse, la primissima foto dal set pubblicata, quella che ritraeva Joel e Ellie in primo piano, di spalle, intenti ad ammirare il carapace lacerato di un aereo precipitato, aveva lasciato l'amaro in bocca a chi sperava in una fotografia ispirata e ricercata.
Per quanto l'oculata scelta degli attori coinvolti nel progetto e l'alto tasso di spettacolarità dei primi trailer lasciassero ben sperare, non era così irragionevole approcciarsi a questa prima stagione con un pizzico di scetticismo e reticenza.
Il risultato finale, difatti, è una prima stagione senza mezzi termini controversa, altalenante, mortificata più di ogni altra cosa dall'incapacità di sceneggiatori e registi di indirizzarla verso un pubblico ben specifico, ma anche capace, in diversi momenti, di incantare sia il fan di lungo corso, che il semplice appassionato di serie TV a caccia di un'avventura di formazione ambientata in un mondo post-apocalittico.
Impossibile da bocciare, non fosse altro per gli indiscutibili valori produttivi messi in campo, difficile da esaltare più del dovuto, questo primo approccio del capolavoro di Naughty Dog al piccolo schermo convince a metà e i motivi di un simile giudizio così in bilico, a ben vedere, sono diversi. Proviamo a spiegarveli, senza spoiler, nella recensione della prima stagione delle serie TV di The Last of Us.
Un incipit esaltante
The Last of Us parte fortissimo con un terzetto di puntate convincenti ed esaltanti che, beffardamente, mettono in chiaro alcuni principi estetici e tematici che vengono completamente confutati e spazzati via proprio a partire dalla quarta puntata, un tradimento tanto più traumatico e violento quanto più si conosce a menadito, tra remastered e remake, il lungo viaggio intrapreso da Joel ed Ellie.
Senza entrare eccessivamente nel dettaglio, perché questa vuole ed è una recensione priva di spoiler, in questi tre episodi si evidenziano principalmente due qualità: una regia degna di questo nome, nonché un'intrigante, vibrante, sensibile espansione narrativa della serie.
Sulla prima caratteristica, complici gli annunci roboanti relativi al budget stanziato per la produzione, saremmo stati pronti a scommetterci e, nonostante qualche scenario lievemente posticcio, dove la qualità di alcuni elementi della scenografia non convincono pienamente, in generale ogni elemento su schermo riesce a restituire l'idea di un mondo post-apocalittico in cui l'umanità sopravvive a stento all'aggressività del Cordyceps e a quella perpetrata dagli stessi membri della sua stessa, minaccia primaria anche per la coppia di protagonisti che, loro malgrado, si vedranno costretti ad attraversare mezza America per raggiungere il loro obiettivo.
La regia, in quello che potremmo definire in tutto e per tutto l'incipit dell'avventura, è attenta ai dettagli e sebbene non venga mai proposto alcun virtuosismo particolare, discorso valido anche nelle scene d'azione purtroppo, panorami desolanti, scorci suggestivi e primi piani penetranti riescono sempre a colpire lo spettatore, a raccontare qualcosa di più, a mostrare efficacemente un mondo allo sbando che anche nella sua forma più sublime lascia intravedere le tracce di un dramma ineluttabile.
La scrittura, dal canto suo, è brillante, efficacissima, trascinante. Bastano poche scene, per esempio, per certificare il rapporto conflittuale tra Joel e Ellie, tra un uomo lacerato da un passato che non riesce a dimenticare e una ragazza in piena crisi adolescenziale, portatrice sana di quel morbo che potrebbe contribuire a sconfiggere solo raggiungendo sana e salva un centro medico la cui ubicazione è inizialmente ignota al duo.
Non è affatto un caso che proprio a supporto di questa sceneggiatura così frizzante vengano inserite numerose e riuscitissime variazioni rispetto al videogioco a cui la prima stagione si rifà, altro grande pregio di queste prime tre puntate. Da questo punto di vista, non è da escludere che qualche fan intransigente trovi oltraggiosi alcuni dei cambiamenti effettuati, e non ci riferiamo specificatamente, né solamente, all'assenza di spore infettanti. A ben vedere, tuttavia, soprattutto considerando ciò che accade dal quarto episodio in avanti, queste licenze poetiche sono tutte ben contestualizzate e nella maggior parte dei casi sviluppano tematiche ed eventi appena accennati nel videogioco, ma comunque già presenti in qualche modo.
Se siete tra coloro che avrebbero voluto sapere qualcosa in più sul mondo in cui è ambientata la saga, anche di quello che era il mondo prima che l'infezione si espandesse a macchia d'olio, resterete semplicemente galvanizzati da quanto avranno da dirvi e regalarvi le prime puntate.
Una seconda parte col pilota automatico
Purtroppo, non appena si avvia il quarto episodio, la situazione cambia sensibilmente e viene a galla qualche limite strutturale di questa stagione, malamente indirizzata sia ai fan di lungo corso, che agli eventuali neofiti che vorrebbero semplicemente godersi una serie post-apocalittica degna di questo nome.
Tanto per cominciare le ambizioni della regia calano drasticamente. Se già la fotografia era tutt'altro che graffiante in termini di color correction e filtri applicati, restituendo un'immagine che, soprattutto in certe scene all'aperto, sembra poco più che amatoriale, i movimenti di camera diminuiscono sensibilmente, banalizzando enormemente la messa in scena.
Inoltre, fatto salvo per alcuni dettagli di contorno, la trama smette di offrire nuovi spunti, adagiandosi, fino a collidere completamente, su quella del videogioco. Soprattutto le ultime due puntate sono sostanzialmente una riproduzione 1:1, anche dal punto di vista dei dialoghi e di alcune inquadrature utilizzate.
Come se non bastasse, verso l'epilogo si avverte tutta la fretta con cui sceneggiatori e registi, dopo aver dato forse troppo spazio ad alcuni personaggi secondari, hanno voluto concludere l'avventura di Joel ed Ellie, una fretta che purtroppo conduce ad un epilogo poco convincente e mal girato, un autentico smacco a quello del videogioco, anch'esso volutamente alienante, certo, ma sviluppato con i giusti tempi e toni.
In generale, questa seconda parte palesa tutta l'incertezza di Craig Mazin e Neil Druckmann, gli sceneggiatori della serie. Da una parte, infatti, l'assenza di qualsiasi novità rispetto al videogioco potrebbe azzerare l'interesse del fan di lungo corso, che sarà sostanzialmente testimone di una storia che conosce già a memoria. Dall'altra, il neofita sarà costantemente disorientato da alcuni eventi (o per meglio dire dall'assenza di alcuni eventi), che solo chi conosce approfonditamente il mondo in cui è ambientata la vicenda può dare per scontato.
Per fare un esempio, evitando così troppi spoiler, gli scontri con gli infetti si contano sulle dita di una mano. Ciò non ha ripercussioni solo sul ritmo di ogni puntata, estremamente improntata sul dialogo e sull'introspezione dei personaggi, scelta di per sé non certo biasimabile, ma rende anche poco tangibili le minacce a cui sono esposti i protagonisti, cosa che potrebbe scoraggiare chi aveva tutte le intenzioni di godersi una serie post-apocalittica in cui ci fosse anche altro, al di là di personaggi scritti benissimo e dialoghi spesso toccanti.
Non a caso, a congiungere queste due distinte parti della prima stagione, e a far sì che il livello qualitativo si mantenga sempre ben al di sopra del minimo sindacabile, ci pensano le mastodontiche prove attoriali degli artisti coinvolti.
Pedro Pascal e Bella Ramsey formano una coppia dotata di un talento cristallino. Il Joel della serie TV non ha nulla da invidiare a quello interpretato da Troy Baker. Al contrario, grazie al maggior numero di dialoghi, riesce a dimostrarsi un personaggio ancor più sfaccetato, lacerato nel profondo, profondamente disilluso. Bella Ramsey, dal canto suo, si conferma tra i giovani più promettenti di Hollywood. Sboccata, amaramente ironica, intimamente fragile, la sua Ellie potrebbe valerle qualche riconoscimento importante.
Anche il resto del cast svolge magistralmente il proprio lavoro. Anna Torv ci regala una Tess combattiva e risoluta, Nick Offerman si distingue per la sua interpretazione di un inedito e quanto mai tormentato Bill, protagonista di una delle puntate più belle in assoluto di questa prima stagione.
Anche quando la regia si appiattisce e la trama incespica su sé stessa, correndo con troppa foga verso l'epilogo, fortunatamente le prove attoriali reggono la scena ed impediscono alla produzione HBO di arenarsi ed affondare.
Da questo punto di vista, dà una bella mano anche la colonna sonora, affidata ovviamente a Gustavo Santaolalla che per l'occasione, giustamente, ha ben deciso di riutilizzare il tema principale utilizzato nel videogioco.
Conclusioni
Multiplayer.it
7.0
The Last of Us non è affatto una pessima serie TV. Semplicemente è stata realizzata non avendo ben presente quale dovesse essere il suo principale pubblico di riferimento. Nel duplice tentativo di strizzare l'occhiolino ai fan di lungo corso e di raccontare il gioco a chi, per i motivi più disparati, non ha mai potuto viverlo in prima persona, Craig Mazin e Neil Druckmann hanno confezionato un arco narrativo che da una parte esaurisce in fretta le novità, dall'altra si rivela fin troppo criptico nel mostrare alcuni aspetti di quel mondo post-apocalittico che invece su console ha tutto il tempo e il modo di spiegarsi al meglio. Laddove le prime tre puntate rappresentano un ottimo equilibrio tra noto e inedito e lasciano presagire uno sviluppo ancor più brioso, generoso di lore e personaggi secondari interessanti, la seconda parte della prima stagione regge per merito di un cast stellare e di una trama identica a quella del videogioco, comunque sempre interessante e ricca di momenti drammatici, toccanti, scioccanti. Se conoscete Joel ed Ellie sin dai tempi di PlayStation 3, probabilmente vi annoierete di tanto in tanto. Al contrario, se siete neofiti, potreste aver bisogno di qualche piccolo chiarimento da parte di qualcuno più esperto. In entrambi i casi, il consiglio è di godersi questa serie TV, nella pur piena consapevolezza che si sarebbe potuto fare di più e meglio, soprattutto considerando il già ottimo materiale di partenza che ha costituito le fondamenta e l'intera ossatura di questo progetto ambizioso, ma fino ad un certo punto.
PRO
- Tanti dettagli inediti rispetto al videogioco
- Ogni attore coinvolto dà grande prova della propria arte
- Se vi siete commossi con il videogioco, lo farete anche qui
CONTRO
- Fotografia non particolarmente convincente
- Poche scene d'azione e poco coinvolgenti
- La seconda parte è fin troppo simile al videogioco