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The Medium, la recensione: l'horror psicologico che stavate aspettando

Ecco la recensione di The Medium, il gioco horror psicologico in terza persona sviluppato da Bloober Team che omaggia i classici old school del genere

RECENSIONE di Alessandra Borgonovo   —   27/01/2021
The Medium
The Medium
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The Medium ha fatto tanto parlare di sé. Vuoi per l'inevitabile richiamo a un Silent Hill del quale ormai si sono perse le speranze, oppure per la presenza di un compositore del calibro di Akira Yamaoka, o ancora per la scelta di abbandonare lo sviluppo su old gen in favore della nuova. Fatto sta che il nuovo gioco di Bloober Team ha creato una generosa aspettativa, soprattutto in un panorama come l'horror dove è facile trovare titoli sempre uguali e sempre meno soddisfacenti. La paura è qualcosa che va oltre la semplice sensazione in sé, come ci hanno raccontato nella recente intervista, e non ci si deve limitare a costruirla: la si deve coltivare, gestire, insinuare nella testa del giocatore affinché abbia l'effetto desiderato e non si limiti a uno sterile spavento.

Le premesse degli ultimi mesi hanno raccontato un prodotto in grado di soddisfare anche i palati più fini del genere, se non soprattutto loro, ma all'atto pratico come si è comportato il titolo? Sarà stato solo chiacchiere e distintivo? Scopriamolo assieme nella recensione di The Medium.

Una storia in continuo crescendo

The Medium è un gioco che deve molto agli horror vecchia scuola giapponesi del calibro di Resident Evil e Silent Hill: in particolare da quest'ultimo richiama tutta l'atmosfera prettamente psicologica che definisce la storia di Marianne attraverso il Niwa e oltre. Laddove i precedenti lavori di Bloober Team, per loro stessa ammissione, facevano un largo uso del jumpscare, The Medium abbandona quasi del tutto un trucco ormai abusato e stantio preferendo invece costruire tensione, non anticipazione. È un distinguo molto importante da fare, perché il senso di anticipazione è alla base di quelle esperienze a lungo andare prevedibili, prive di un mordente che non risieda in uno spavento telefonato e destinato a esaurirsi un attimo subito dopo. La tensione è invece qualcosa di più subdolo, difficile da articolare ma ancora più complesso da mantenere, in attesa di raggiungere un culmine che poi sì, andrà spezzato con un colpo secco - una boccata d'aria per tornare poi in una soffocante apnea.

In questo possiamo solo fare un plauso a Bloober Team per come ha gestito la situazione, dimostrandosi capace di alimentare sensazioni che sono solo nella nostra testa, facendoci vivere in punta di piedi le dieci ore e più di gioco necessarie per completarlo: il pericolo è davvero reale? Se sì, come posso dire con certezza di essere più al sicuro nel mondo materiale? Domande che ci accompagnano passo dopo passo, mentre sveliamo una tragedia le cui radici affondano nella storia di una Polonia popolare per ripercuotersi poi in un presente-passato (siamo dopotutto negli anni '90, ben distanti dal nostro 2021) che ancora porta le sue cicatrici. Scopriamo quindi, esattamente come in Silent Hill, che spesso l'orrore è insito nell'uomo più di quanto non lo sia nella fantasia o nel folklore; che nella nostra mente si possono annidare bestie più pericolose di qualunque altra, perché i pensieri più bui assumono la forma di creature grottesche liberandosi dalle catene a cui sono stati sempre costretti; che nessuno è davvero immune ai propri demoni.

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In un bellissimo intreccio di trama e gameplay, dunque, The Medium racconta una storia tragica, elaborata pezzo dopo pezzo fino a una conclusione che vi lascerà con la voglia di averne ancora - un senso di vuoto costruito sull'illusione che, nonostante tutto, il lieto fine esista e possa salvare tutto. Marianne è una donna forte, molto ben caratterizzata, che cerca nella propria maledizione un modo di essere utile agli altri e non si tira indietro di fronte all'ignoto o al pericolo perché hanno sempre fatto parte della sua vita. Attorno a lei, figure molto spesso fumose, ma altrettanto presenti grazie a una narrazione molto articolata, la aiutano e la ostacolano mostrandosi sempre essenziali nella comprensione degli eventi.

È sola nella realtà Marianne, non lo è nel mondo spiritico lungo il quale si muove sempre, spesso contro la sua volontà: ripetendo le sue parole, vive in due realtà ma non appartiene davvero a nessuna. Accetta il suo destino per com'è, non cerca di cambiarlo, sfruttandolo piuttosto per cercare di dare un senso a un passato del quale non ricorda niente. Non è difficile affezionarsi a lei, condividerne la lotta e sperare in un futuro migliore. Bloober Team ha dato vita a un personaggio sfaccettato, umano, all'interno di una narrazione in continuo crescendo che, persino nei momenti in cui il gameplay mostra un po' il fianco, non perde di mordente, prendendo l'orrore nella sua accezione più ampia per farne il proprio motore trainante, il mezzo attraverso cui raccontare e raccontarsi.

Gameplay: due mondi interconnessi

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Dal punto di vista del gameplay inutile dire come l'esperienza simultanea in due mondi sia fiore all'occhiello del gioco: fluida e mai invasiva, porta una meccanica già nota in passato a un livello superiore. Non si tratta solo di muoversi e agire contemporaneamente su due diversi piani di esistenza, bensì del fatto che il mondo reale e quello spirituale interagiscono e si influenzano, rendendosi imprescindibili senza che questo si senta come una forzatura in termini di game design. In alcuni casi sarà persino necessario ricorrere alla cosiddetta esperienza extrasensoriale, ovvero abbandonare il proprio corpo fisico per diventare tutt'uno con lo spirito, se si vogliono superare determinati segmenti - tenendo però a mente che il mondo spirituale è una bocca ingorda che non tarderà a divorarci, se vi trascorreremo più tempo del necessario. Un effetto che il team di sviluppo ha reso bene facendo sì che Marianne scompaia lentamente, a partire dalle gambe, mano a mano che si trattiene dall'altra parte; conseguenza che peraltro resta qualora dovessimo incappare in un filmato, creando di fatto l'ennesima connessione tra gameplay e narrazione.

Imparare a padroneggiare l'esperienza extrasensoriale potrebbe rivelarsi utile quando ci troviamo davanti alla minaccia delle Fauci, la creatura che abita il mondo spiritico e dà la caccia alla nostra protagonista senza alcuna sosta: in The Medium non esiste alcuna forma di combattimento come siamo soliti intenderlo, magari armati di tubo di ferro o di fucile, ma esiste il confronto: altro distinguo importante. Siamo in grado di reagire al pericolo, confrontarlo appunto, tuttavia non possiamo combatterlo come farebbe un Chris Redfield o anche lo stesso James Sunderland. La nostra sopravvivenza è tutta una questione di ingegno, tempismo e a volte una discreta dose di fortuna nel momento in cui siamo chiamati a prendere una decisione critica: se le Fauci ci raggiungono è game over ma abbiamo sempre un'ultima possibilità di difesa, qualora Marianne avesse accumulato del potere spirituale - una forma di energia che a modo proprio si riflette anche nella realtà, come scoprirete giocando. In questo senso le fasi stealth sono le meno convincenti del pacchetto, figlie di una certa goffaggine e una telecamera fissa che non va a beneficio dei nostri spostamenti per via di un'inquadratura che non aiuta a gestire bene i movimenti e gli spazi.

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Al di là delle fasi concitate, The Medium è un'esperienza principalmente basata sugli enigmi, dove il nostro cervello è l'arma principale: non sono complessi quanto piuttosto ben articolati, divisi tra i due piani di esistenza a spesso distribuiti su più fasi. È comunque un'esperienza lineare nel complesso, come del resto sono queste produzioni che strizzano l'occhio agli old school, ed è giusto così: un'eccessiva dispersione avrebbe giocato a sfavore della tensione di cui il gioco si ammanta. Inoltre è una boccata d'aria fresca in un panorama che ha visto favorire molto, ultimamente, produzioni open-world o che in ogni caso richiedono un elevato ammontare di ore per essere completate. La stessa esplorazione, vitale per trovare gli indizi ma anche i collezionabili attorno ai quali ruotano gli approfondimenti di trama, è sì incentivata ma comunque ridotta a individuare il punto stonato - la deviazione, l'area nascosta, il dettaglio fuori posto - nella zona entro cui ci si sta muovendo. C'è margine per guardarsi in giro senza tuttavia smarrire l'obiettivo principale. Un particolare interessante di quando si esplora è che, nell'esaminare un punto di interesse, la visuale passa in prima persona: un escamotage utile sia a non perdersi eventuali dettagli che la telecamera fissa non permetterebbe di notare (a patto di non tornare alle vecchie, familiari luminescenze su schermo), sia ad accrescere la tensione perché non si è mai sicuri che dall'angolo un po' più buio non possa giungere lo spavento.

Il fatto che Bloober Team abbia abbandonato quasi del tutto i jumpscare, del resto, non vuol dire che questi siano del tutto assenti e proprio su questa costante incertezza il team gioca moltissimo. La distribuzione tra enigmi e narrazione è generalmente bilanciata, ci sono giusto un paio di occasioni in cui si percepisce di più quella sensazione alla walking simulator che ha caratterizzato i precedenti giochi (Layers of Fear e Blair Witch in particolare), ma per quello che offrono in termini di lore e direzione artistica sono "scivoloni" che possiamo tranquillamente perdonare. Essendo qualcosa fuori dal controllo di Marianne, le fasi nel mondo spiritico non si possono attivare e disattivare a piacere, occorrono in particolari momenti di trama, tuttavia nell'attimo in cui si presentano abbiamo piena libertà di interazione. The Medium è capace di offrire tanto, sotto il profilo del gameplay, più di quello che potreste immaginare e soprattutto da punti di vista che non si limitano a quello di Marianne: c'è, insomma, molto più di quanto si mostri allo sguardo.

Una direzione artistica d'eccezione

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Sebbene le prestazioni di The Medium siano ottime e non passino inosservate, con frame rate stabile e un ray tracing pronto a valorizzare anche i minimi dettagli, cedono d'obbligo il passo a una direzione artistica semplicemente meravigliosa: laddove il mondo reale restituisce quelle sensazioni inquietanti alla Silent Hill, il piano spiritico è qualcosa di bellissimo e angosciante al tempo stesso. Un omaggio incredibilmente sentito al pittore polacco Zdzisław Beksiński al punto che, se fosse ancora vivo, riuscirebbe difficile credere che non abbia dipinto lui gli scenari. Figure dal volto bendato, deturpato o cancellato; paesaggi brulli, aridi, desolati; oggetti mutilati, corrosi e in fase di decomposizione. Una corrente del surrealismo distopico che prende vita e si fa arte nel vero senso della parola, quadri in movimento dai quali, nonostante una naturale repulsione, non si riesce a distogliere lo sguardo. Bloober Team dipinge alla perfezione l'inferno di Beksiński, il dolore e l'angoscia di un mondo dove cammina chi ha ancora un conto in sospeso con la propria vita.

The Medium va giocato anche solo per questo, per camminare nella dimensione più inquietante e celata dell'individuo - godendo di un'arte straordinariamente tragica ed emotiva. Per una volta, e lo ribadiamo nonostante siano più che soddisfacenti salvo delle animazioni un po' goffe, possiamo lasciare da parta tutta la retorica delle prestazioni ed esaltare una direzione artistica eccellente. Eccellenza estesa anche alla gestione prettamente cinematografica dei filmati, che offrono inquadrature differenti quando i due mondi sono coinvolti nello stesso momento ed enfatizza la cura per i dettagli voluta, cercata, trovata dagli sviluppatori. A tutto questo si accompagna una colonna sonora di altissimo livello, frutto della collaborazione con quella leggenda vivente nota come Akira Yamaoka: in The Medium la musica non prende mai il sopravvento sul gioco, lo segue, lo accompagna, lo blandisce a volte e altrettante sa quando tacere, lasciando sia il silenzio a dire la propria, ma non cerca mai di imporsi. Sotto il profilo artistico non c'è davvero nulla che si possa imputare a The Medium e, nello sposarsi benissimo con il gameplay, è la prova che Bloober Team ha colto l'attimo: dalla decisione di escludere Xbox One, evitando di castrare il gioco, fino all'abbandono di alcuni approcci che hanno caratterizzato i loro giochi ma rischiavano di risultare stantii e ripetitivi, il team di sviluppo ha dimostrato un coraggio che non può essere ignorato.

Conclusioni

Versione testata PC Windows
Digital Delivery Xbox Store
Multiplayer.it
9.0
Lettori (104)
7.5
Il tuo voto

The Medium è la somma delle esperienze passate, della passione e dell'intraprendenza di Bloober Team, che ha deciso di compiere il grande salto sulla next-gen con un gioco capace di unire sapientemente l'old school a meccaniche più moderne. Il risultato è un horror psicologico di alto livello, con una narrazione in costante crescita che esplode in una conclusione inaspettata, un gameplay ben strutturato nelle sue parti e dal ritmo compassato tipico di queste produzioni che raramente mostra il fianco al tedio tipico dei walking simulator; il tutto accompagnato da una direzione artistica eccellente e un comparto tecnico funzionale, in cui la simultaneità dei due mondi brilla per fluidità e resa visiva. Potrebbe non essere un gioco per tutti ma in un mercato volto ad accontentare chiunque, queste espressioni di coraggio sono da lodare.

PRO

  • Storia ben scritta, con i giusti colpi di scena
  • Due mondi allo stesso tempo, in continuo contatto
  • Direzione artistica magistrale e ottima colonna sonora

CONTRO

  • Animazioni non sempre convincenti
  • In alcune sezioni di gioco si percepisce l'effetto walking simulator