Chi se la ricorda la storia degli egiziani studiata a scuola? Erano quelli dei geroglifici e degli schiavi che costruivano le piramidi, quelli che non ridevano mai e i cui capi, leggasi faraoni, hanno popolato l'immaginario collettivo sotto forma di mummie. Quelli che avevano il fiume Nilo a rendere fertili le loro terre e gli scribi a rendere felici gli storici.
Tutto questo ci sarà servito per la recensione di Total War: Pharaoh?
Alla conquista
C'è stato un momento particolarmente rivelatore nella nostra prova di Total War: Pharaoh ed è arrivato all'inizio del gioco, nella fase di onboarding. Sostanzialmente il tutorial ci ha chiesto il grado di esperienza con gli altri Total War, invitandoci a saltare tutte le spiegazioni delle meccaniche base nel caso in cui ne avessimo giocato più di qualcuno. Detto fatto, siamo passati subito all'esposizione delle meccaniche inedite, per scoprire che ci rimaneva poco da svelare. Certo, qualcosa c'è, ed è anche interessante, ma le fondazioni sono quasi identiche a quelle dei giochi passati, battaglie comprese. Quello di Creative Assembly non è il primo videogioco a fare qualcosa del genere con il tutorial, ossia permettere ai giocatori navigati di saltare alcune parti, ma qui evidentemente la stanchezza dovuta ad anni e anni di capitoli molto simili tra loro ha fatto nascere in noi una qualche sorta di pregiudizio che ha condizionato l'intera esperienza e contro cui non abbiamo potuto fare molto. Ma prima di procedere, andiamo a scoprire i presupposti delle nostre fatiche.
L'Egitto è in un momento di svolta. Merneptah, l'attuale Faraone, è vecchio e sente che la sua ora sta per arrivare, ma la sua successione è incerta. I contendenti a regnare, nonché altrettanti generali che il giocatore può guidare in battaglia (ognuno con i suoi bonus e i suoi malus, neanche a dirlo), sono: Ramses, un guerriero duro e puro, determinato, irruento e carismatico, dall'ambizione indomabile; Seti, il figlio di Merneptah, feroce e assetato di potere, aggressivo con i suoi avversari e poco versato nell'arte della diplomazia, paga enormemente ogni sconfitta perché non sono molti quelli che vogliono seguirlo; Tausret, la moglie di Seti, una donna politica acuta e determinata, decisa a prendere il posto del marito, a suo giudizio incapace di assumere il ruolo di Faraone; Amenmesse, un altro figlio di Merneptah, dotato di un potere economico notevole, ma roso dalla rabbia per aver visto preferire Seti nella linea di successione.
Oltre ai quattro generali egiziani, è possibile guidare anche quattro generali di civiltà confinanti, che hanno obiettivi diversi sull'Egitto, come Irsu dei cananei, che sarà soddisfatto solo quando vedrà bruciare il regno del Nilo, o Suppiluliuma degli ittiti, che vuole far crescere il suo impero per contrastare il caos incombente. Insomma, la situazione politica e sociale in cui ci troveremo ad agire è quantomai complessa, con le terre del Nilo minacciate da pericoli interni ed esterni.
Antico Egitto
Lo scenario di Total War: Pharaoh è sicuramente una delle parti migliori del gioco. Come sempre Creative Assembly ha fatto tutto il possibile per cercare di rendere al meglio l'iconografia del periodo storico scelto, anche se va detto che in questo caso le forzature sono moltissime, attuate probabilmente per non perdere molte delle meccaniche introdotte con i giochi precedenti, che finirebbero per appiattire un po' l'esperienza. Diciamo che l'Egitto non era un regno troppo militarizzato, il che fu uno dei suoi punti di forza, considerando anche l'asprezza di alcune delle sue regioni. Ma per un Total War rimanere perfettamente aderenti alla realtà storica poteva rappresentare un problema, in particolare per quel che riguarda la varietà delle truppe. Non è un caso che il gioco sia ambientato durante il Nuovo Regno (1550 - 1069 a.C.), periodo in cui l'Egitto vide il consolidamento del suo esercito, con l'introduzione di nuove armi e delle corazze per tutti i soldati.
Siamo comunque lontani dalla complessità bellica di una società come quella romana, che all'epoca ancora non era nemmeno nata, anche perché la maggior parte delle città del territorio erano scarsamente fortificate e le battaglie erano spesso basate sulla velocità, lì dove le azioni militari erano principalmente mosse dalla necessità di difendere i confini dai raid delle tribù limitrofe. Insomma, rimanere aderenti alla storia avrebbe cozzato parecchio con gli obiettivi di un Total War, quindi Creative Assembly ha scelto di prendersi alcune licenze per poter mantenere il focus del gioco sulla guerra. Ad esempio ha ingigantito parecchio le difese di alcune città, così da giustificare il mantenimento di tutti i sistemi dedicati agli assedi visti nei capitoli precedenti.
Gestire il regno
Un discorso simile può essere fatto anche per la parte strategico gestionale, quella giocata sulla mappa in cui si spostano le truppe, si modifica la produzione delle città conquistate, si assoldano nuovi generali e nuove unità e si gestiscono tutti quei sistemi che servono per garantire la stabilità sociale ed economica del nostro regno. È qui che sono state introdotte le novità maggiori. In particolare il concetto di Legittimazione, nonché l'introduzione dei Pilastri della Civiltà, un sistema che mira a rappresentare in gioco l'equilibrio secondo gli egiziani. Fondamentalmente i modi per diventare faraone sono due: quello classico per la serie, ossia eliminare tutti i nemici prendendo il potere assoluto, e quello più in linea con le tradizioni egiziane, in cui non conta solo l'espansione, ma anche il rapporto con gli altri capi delle tribù limitrofe, che possono diventare dei nostri vassalli nel caso ci riconoscano le qualità giuste per regnare. Quindi dobbiamo cercare di rispettare gli accordi presi nella fase diplomatica, dobbiamo cercare di ottenere l'approvazione di quelli che vogliamo al nostro servizio (quando si diventa Faraoni si ottengono dei poteri appositi legati alla gestione dei rapporti con gli altri capi), dobbiamo manifestare il nostro status adornandoci con gioielli e adoperando il nostro potere, possibilmente con saggezza, e dobbiamo mostrarci rispettosi delle tradizioni, adorando gli dei che meglio rappresentano noi e il nostro popolo.
Si tratta dei classici sistemi di specializzazione della fazione, con cui dettiamo gli elementi che delineano la nostra politica. In molti casi si tratta inevitabilmente di variazioni di quanto visto nei Total War precedenti, pensate per rendere l'esperienza più vicina a quella che era la realtà egiziana. Alcune trovate sono molto interessanti e danno personalità a Total War: Pharaoh, come l'introduzione dello Shemsu Hor, un turno ispirato a una tradizione reale dell'antico Egitto in cui è possibile modificare profondamente la nostra corte, composta da persone di fiducia che ci aiutano nell'arte di governo.
Insomma, avrete capito che la sezione strategico gestionale è l'aspetto migliore del gioco, nonché quello che offre più elementi di interesse, anche per chi ha già giocato ai vecchi Total War. Le campagne stesse sono strutturate per offrire una certa varietà, con l'ascesa al potere che avviene verso il medio gioco, cui segue la gestione dello stesso e l'arrivo di nuovi nemici da oltre il mare, più o meno forti a seconda di come abbiamo condotto la campagna fino a quel momento. Quindi abbiamo una fase di espansione, una di consolidamento e una di difesa che appaiono ben distinte nel corso del gioco e che, in ultima analisi, funzionano anche bene. Del resto Creative Assembly ormai sa maneggiare il genere alla perfezione, quindi la cosa non stupisce più di tanto.
La guerra non cambia mai
Lì dove si sente davvero in modo soffocante il peso della lunga stirpe dei Total War è nelle battaglie. Paradossale, visto che dovrebbero essere il fulcro dell'esperienza. Detto a denti stretti, non ne abbiamo mai saltate così tante come in questo capitolo per stanchezza, semplicemente perché le modifiche introdotte nel sistema di gioco sono così poche che in alcuni casi non avevamo alcuno stimolo a prendere direttamente i controlli dell'esercito. Rispetto a un Total War: Warhammer III i ritmi sono stati leggermente rallentati, in modo da rendere più efficienti i nostri ordini, mentre alcune delle modifiche vantate dagli sviluppatori, come la revisione del sistema di stanchezza e di panico delle truppe, non ci sono sembrate poi così incisive sul gameplay. I combattimenti di loro sono basati sempre sul concetto di sasso, carta e forbice, ossia si guidano dei grossi eserciti e si deve cercare di usare le truppe contro le unità nemiche con cui sono più efficaci. Quindi la stragrande maggioranza delle tattiche usate nei vecchi Total War funziona anche qui.
C'è sicuramente un maggiore focus sul meteo dinamico, con le condizioni del tempo che influiscono maggiormente sulle unità. Ad esempio le tempeste rendono inutili le unità di arcieri, l'eccessivo calore aumenta la fatica, mentre i corsi d'acqua rallentano la fanteria e i carri. È stato ampliato anche il concetto di terreno dinamico, con le unità che ora possono avanzare, mantenere la posizione o indietreggiare durante gli scontri, per adattarsi alla situazione e creare o chiudere corridoi per gli avversari. Il problema è che non c'è molto altro e che alla fin fine ci vuole davvero poco per adattarsi ai cambiamenti e tornare ad avere l'impressione di già visto e, soprattutto, già fatto, tanto che si rinuncia volentieri alla maggior parte dei combattimenti diretti, soprattutto lì dove lo squilibrio di forze in campo è evidente e non c'è modo di trarre alcun giovamento dalla partecipazione all'azione, a meno che non venga in mente di adottare qualche schieramento bizzarro, per tentare qualche tattica sopra le righe... ma perché farlo, visto che quelle classiche funzionano benissimo?
Un altro Total War
Anche dal punto di vista tecnico Total War: Pharaoh è in linea con gli standard della serie. I modelli 3D delle unità sono della qualità cui ci hanno abituati gli altri capitoli, il dettaglio grafico idem. C'è l'Egitto, alcune animazioni sono state riviste, in particolare quelle di intermezzo tra gli scontri, vedere centinaia di unità che si fronteggiano in battaglia fa sempre il suo effetto, ma per lo stupore è meglio guardare da un'altra parte. Soprattutto lo stile è quello che ci portiamo dietro dagli albori della serie. Insomma, non speravamo sicuramente che fosse un capitolo intermedio come questo a rivoluzionare il lato visivo dei Total War, però ritorniamo sempre lì: la stanchezza della formula è evidente e inizia a sentirsi. Attenzione, perché non stiamo chiedendo chissà quale boost grafico: di questi tempi sarebbe quasi immorale, considerando i problemi che sta avendo l'industria per l'aumento dei costi di produzione dei videogiochi, ma semplicemente una revisione stilistica avrebbe dato maggiore personalità a tutta l'esperienza.
Conclusioni
Total War: Pharaoh è uno di quei capitoli che funzionano, ma che non sembrano aggiungere nulla al discorso portato avanti dalla serie. Forse ci vorrebbe un po' più di coraggio, ma è anche vero che è difficile rivoluzionare una formula simile, se non andando a scardinare le basi che la regolano, producendo però effetti imprevedibili. A ben vedere ci troviamo di fronte a un gioco che rappresenta una grossa fetta del mercato classico odierno, ossia è ben fatto, ha fatto sua l'esperienza dei predecessori, ma è completamente privo di coraggio, tanto da perdersi un po' in mezzo agli altri capitoli della serie. Ecco, in ultima istanza il problema maggiore che abbiamo avuto con l'ultimo Total War è che, quando abbiamo finito di provarlo, ci siamo chiesti perché fosse valsa la pena di farlo, senza riuscire a darci una risposta.
PRO
- Il sapore dell'antico Egitto c'è
- La parte strategico gestionale è stata arricchita con qualche novità interessante
CONTRO
- È solo un altro Total War
- Poche novità di rilievo nelle battaglie