Se avete letto il nostro provato di qualche settimana fa, allora dovreste sapere che avevamo qualche piccola perplessità sul nuovo JRPG per Nintendo Switch. Ma se avete sbirciato il voto in fondo a questa recensione di Xenoblade Chronicles 3, allora avrete capito che, alla fine, ci è piaciuto da impazzire. Il nuovo gioco di ruolo di Tetsuya Takahashi ha una partenza decisamente più lenta del previsto, ma il director giapponese è riuscito a farci sciroppare fino 45 minuti di dialoghi consecutivi nell'indimenticabile Xenogears del '98, perciò un minimo di fiducia diciamo che se l'è guadagnata. Takahashi ha questa capacità di puntare dritto al cuore, di nascondere storie piene di umanità dietro una patina da anime fantascientifico che può sviare solo chi giudica un libro dalla copertina. Xenoblade Chronicles 3, infatti, è un'esperienza che resta dentro, e probabilmente diventerà uno dei vostri JRPG preferiti in assoluto. Nelle prossime righe vi spieghiamo perché quello di Monolith Soft è un nuovo capolavoro per Nintendo Switch.
Esplorare Aionios
Il problema sta tutto in quelle dieci ore iniziali, che possono diventare pure venti se cominciate a esplorare Aionios, tornate sui vostri passi, andate a curiosare in quella grotta là o dietro quella collinetta lì. Il mondo di Xenoblade Chronicles 3 è gigantesco, ma talmente vasto che eravamo convinti fosse un vero e proprio open world finché non abbiamo raggiunto il confine che separa, con un caricamento neanche troppo lungo, la prima regione del gioco da quella adiacente. A trarci in inganno è stata la varietà di biomi che caratterizza ogni regione: invece di suddividere il mondo in molteplici mappe che rappresentano scenari iconici come il deserto, i monti innevati, la giungla e così via, Monolith Soft ha scelto una topografia molto più interessante e sfaccettata, che si sviluppa spesso sia in orizzontale che in verticale.
La collocazione di mostri e collezionabili ricorda più Xenoblade Chronicles X per Wii U che i titoli numerati della serie, con una tendenza a usare il livello e l'aggressività dei nemici come indice di progressione: il giocatore curioso può esplorare i luoghi in cui non portano le missioni principali o secondarie, ma a suo rischio e pericolo, tanto non esiste il Game Over e la sconfitta si traduce in un ritorno al checkpoint più vicino.
Il mondo di Aioionos è strepitoso in termini di level design e Monolith Soft ha aggiustato il tiro sull'esplorazione scartando completamente le dinamiche d'interazione ambientale del secondo episodio per abbracciare una blanda componente metroidvania, con abilità di movimento come l'arrampicata, la corsa in salita o gli scivoli di corda che, una volta sbloccate, consentono di raggiungere luoghi precedentemente inaccessibili. Così, tornare a esplorare le regioni già attraversate ha assolutamente senso, perché c'è sempre un container da trovare, un canale d'etere da assorbire, un corpo da tramandare, un nemico raro da sconfiggere.
Via via che si prosegue nella storia principale, le aree si fanno sempre più complicate da navigare, ma in tal senso l'interfaccia di gioco aiuta solo relativamente: Monolith ha introdotto un sistema di navigazione che indica in tempo reale il percorso ottimale da seguire fino a un segnalino o un obiettivo, proprio come un GPS. Senza navigatore, esplorare Aionios sarebbe stato molto più frustrante perché la mappa 2D è proprio scarna, e stiamo usando un eufemismo. Essa registra automaticamente le posizioni di punti d'interesse, accampamenti e obiettivi e può essere richiamata in sovrimpressione durante gli spostamenti, ma in pratica non ha altre funzionalità che sarebbero tornate utili con un mondo tanto vasto.
Il viaggio rapido all'interno della stessa mappa richiede un paio di secondi al massimo, qualcuno in più se ci si muove da una regione all'altra, ma la farraginosità del sistema qualche volta appesantisce l'esperienza, specie se ci si sta dedicando alla risoluzione delle missioni secondarie lasciate in sospeso, che qualche volta ci fanno fare il giro del mondo anche soltanto per un breve dialogo.
In questo senso, Monolith Soft ha fatto qualche passo avanti rispetto alle prolisse missioni secondarie di Xenoblade Chronicles 2. Non che gli obiettivi di questi incarichi siano diventati particolarmente interessanti, si tratta pur sempre di raccogliere oggetti, uccidere mostri, trovare PNG e leggere dialoghi, ma le diverse dinamiche di sblocco e la scioltezza con cui si risolvono le missioni contribuiscono a snellire una parte dell'esperienza GDR che poche software house riescono ad azzeccare.
Le missioni secondarie di Xenoblade Chronicles 3 si sbloccano semplicemente parlando coi personaggi che hanno il sempreverde punto esclamativo in testa, interagendo coi punti interrogativi opportunamente segnati sulla mappa, oppure origliando le conversazioni altrui. Nell'ultimo caso, si sblocca un passaggio intermedio che stabilisce l'impianto narrativo della missione secondaria: bisogna infatti riunire i protagonisti intorno al tavolo di un accampamento o di una mensa e fargli discutere le informazioni apprese, che possono iniziare missioni aggiuntive oppure elargire punti esperienza extra.
Completando le missioni secondarie e le Schede dei diversi PNG - praticamente un elenco di collezionabili da trovare e consegnare al volo da un'apposita schermata - si migliora anche il rapporto tra i sei protagonisti e la comunità di turno, che a sua volta sblocca nuove opportunità o bonus. Una caratteristica di Xenoblade Chronicles 3 con cui bisogna venire necessariamente a patti, a tal proposito, è la funzione delle colonie, praticamente le "città" in cui vivono i soldati di Agnus e Keves.
Contraddistinte dalle estetiche corrispondenti ai due regni, le colonie si somigliano un po' tutte: sono fondamentalmente tendopoli sulle quali troneggia il Ferronis di turno con la sua Cronofiamma. Su Aionios non ci sono città vere e proprie, non come Alcamoth o Torigoth, per citare due agglomerati dei giochi precedenti, anche se il nuovo titolo Monolith Soft riserva qualche sorpresina in tal senso. La poca varietà di scenari urbani ci è un po' dispiaciuta, ma ha perfettamente senso nell'economia della narrativa e del gameplay.
Combattere per il futuro
All'inizio, insomma, è come se Xenoblade Chronicles 3 si trattenesse e nascondesse continuamente i suoi muscoli. Anche la campagna è tendenzialmente lineare, dovendo riunire i sei protagonisti e poi metterli sulla via per il Pian di Spada, la gigantesca arma che si staglia all'orizzonte e che sembrerebbe nascondere il segreto di un mondo intrappolato in un ciclo di guerra e violenza insensate. L'impressione, quindi, è quella di seguire una traiettoria precisa, che fa fare a Noah e gli altri un giro delle colonie in cerca di potenziali alleati da liberare dal giogo dei misteriosi Moebius: da questo punto di vista, le prime battute di Xenoblade Chronicles 3 ci hanno ricordato le formule dei Dragon Quest, dove ogni città ha una storia da risolvere prima che il party possa proseguire nel suo viaggio.
In più, la narrativa serra anche il sistema di combattimento, che fin da subito si intuisce essere un vero e proprio punto d'arrivo per la serie. Nonostante la quantità d'icone, diciture e abbreviazioni sull'interfaccia, il gameplay resta snello e intuitivo, spiegato in maniera soddisfacente da tutorial brevi e concisi che vanno dritti al punto e restano accessibili dalla schermata delle opzioni.
Tuttavia, le potenzialità si cominciano a intravedere quasi subito. Come accaduto in passato, Monolith Soft propende per una distribuzione graduale di meccaniche e funzionalità. Così, se inizialmente ci si sente soffocati dalla lentezza dei tempi di ricarica, via via che la storia prosegue si sbloccano nuove dinamiche che arricchiscono sempre di più il gameplay. La stessa forma Uroboros è più furba di quanto sembri. Non è solo una finestra di invulnerabilità che permette di arrecare danni ingenti al nemico, ma anche una manovra di emergenza per salvare i personaggi in punto di morte, scegliendo se attivare la trasformazione subito, o rischiare qualche momento in più per caricare la Sintonia con le Tecniche di fusione e accedere, quindi, alle versioni potenziate delle Tecniche Uroboros.
In questo senso, la cosiddetta Mappa dell'anima consente di sviluppare gli Uroboros scegliendo le abilità, i bonus e le Tecniche che fanno al caso nostro: il numero risicato di Punti Anima che si guadagnano combattendo obbliga a scegliere con cautela l'ordine di apprendimento, sebbene sia sempre possibile mettersi in un angolino a macinare punti al momento opportuno.
Praticamente ogni dinamica del sistema di combattimento ha un risvolto strategico di qualche tipo. A un certo punto, il giocatore deve scegliere se inanellare le combo usando fino a sei Tecniche impostate sui tasti frontali dei Joy-Con, oppure se sacrificare dei danni extra per caricare gli indicatori delle Tecniche speciali e dell'Assalto di gruppo. Quest'ultimo è sostanzialmente un minigioco d'importanza fondamentale: capire l'Assalto di gruppo può fare la differenza tra la vittoria e la sconfitta.
Xenoblade Chronicles 3 non è un gioco difficile e in ogni caso è possibile aumentare o diminuire il livello di difficoltà predefinito, ma sa essere impegnativo e alcuni boss della campagna possono dare parecchio filo da torcere se non si approfondisce il sistema di combattimento. Monolith Soft ha ridimensionato il ruolo delle combo Schianto e Scoppio, che restano tuttavia utilissime contro i nemici più potenti: la maggior parte dei mostri rari e dei boss, infatti, si infuria una volta raggiunta una certa percentuale di vita, cambiando quasi tutti gli schemi d'attacco. Prima si abbattono e meglio è.
Alla profondità di un sistema di combattimento eccelso, che col passare del tempo mette alla frusta le capacità posizionali e il tempismo del giocatore, contribuisce anche una specie di Job System in stile Final Fantasy che ci ha sorpreso per la sua varietà e versatilità. Inizialmente questo sistema a classi è limitato ai sei protagonisti, che in pratica possono scambiarsi i ruoli e quindi le armi e le Tecniche... e pure gli indumenti.
Ogni classe sblocca specifiche Tecniche o Abilità passive al level up: alcune di esse, chiamate magistrali, possono essere impostate dal personaggio che le ha apprese anche dopo che avrà cambiato classe. Va da se che questa intuitiva dinamica è pensata per definire meglio i singoli ruoli, poiché diverse classi d'attacco sbloccano Abilità e Tecniche completamente differenti. Ciò non vieta di tentare configurazioni ibride, magari facendo crescere a un personaggio più ruoli per poi assegnarli Abilità e Tecniche da difensore e da guaritore che gli garantiscono una minima autonomia in battaglia.
La distribuzione dei ruoli è uno degli aspetti più importanti, poiché l'esito di una battaglia ruota tutto intorno alla microgestione dell'Ira, cioè dell'attenzione che il mostro rivolge a un personaggio piuttosto che a un altro. La faccenda diventa ancora più interessante con l'aggiunta dell'Eroe, praticamente un settimo personaggio che il giocatore non può controllare, ma che partecipa al combattimento come se fosse uno dei sei protagonisti: ha i suoi accessori, le sue gemme e le sue Tecniche impostate e non sostituibili che definiscono il suo ruolo e la sua utilità nella battaglia.
L'aspetto più interessante degli Eroi - che vanno reclutanti completando le missioni corrispondenti, spesso obbligatorie e qualche volta facoltative - è che i sei protagonisti possono assumere le loro classi, ampliando ulteriormente la loro libreria personale di Tecniche e Abilità magistrali. Ogni classe eroica si gioca in modo completamente diverso dalle altre, e la varietà di armi e situazioni è enorme: si va da Master, il guaritore che combatte coi nunchaku a Zeon, il tipico difensore armato di spada e scudo, passando per Juniper l'arciera e molti altri.
Eroi e mostri
Gli Eroi sono un elemento della narrativa che zoppica un pelo perché, pur essendo parte della storia, una volta reclutati diventano un elemento di gameplay e, salvo poche eccezioni come per esempio i due adorabili Nopon che accompagnano i protagonisti dappertutto, la maggior parte di essi non ha più ruoli rilevanti, se non durante le loro missioni secondarie personali. Le prime ore di Xenoblade Chronicles 3 sono quindi caratterizzate da soluzioni narrative davvero insolite, e si ha la sensazione che Takahashi non sia riuscito a bilanciare in modo ottimale le novità del gameplay in seno alla nuova storia.
In generale, a pesare sull'esperienza dei giocatori che hanno completato i due Xenoblade Chronicles precedenti, è la pressoché totale assenza di quell'aspetto che in gergo chiamiamo "world building". La sceneggiatura non spiega perché ci siano Gormotti e Alti Entia insieme, perché Miyo e Sena abbiano dei cristalli nucleici nel petto, come facciano questi soldati a materializzare armi dal nulla che chiamano Gladius e così via. Per chi non ha giocato Xenoblade Chronicles 2 questo sarà sicuramente arabo, ma vi assicuriamo che per i fan sono aspetti che contano, mentre sembra quasi che Takahashi si aspetti che tutti i giocatori prendano questi rimandi come dati di fatto, in un corto circuito che funziona fino a un certo punto.
Naturalmente fa tutto parte di un piano ben preciso poiché, così come gradualmente si svelano le carte sul gameplay, anche la narrativa ci mette qualche ora a sciogliersi. Facendo le corse, e dedicando il minimo indispensabile all'esplorazione e alle missioni secondarie, Xenoblade Chronicles 3 si completa in una settantina di ore, ma stimiamo che ce ne vogliano almeno un centinaio per vedere un po' tutto, sbloccare ogni Eroe e classe al massimo livello, sconfiggere ogni mostro raro e portare a termine ogni missione secondaria. In generale, Xenoblade Chronicles 3 ci è parsa un'esperienza più omogenea rispetto ai suoi predecessori, con un buon bilanciamento tra missioni secondarie e principali, sebbene in qualche momento si avverta la sensazione che Monolith Soft stia allungando un po' il brodo.
Sono, però, settanta ore e passa che scivolano via grazie a un cast strepitoso, sia nel look, sia nella caratterizzazione. Essendoci sei protagonisti fin dall'inizio, temevamo che la sceneggiatura avrebbe indugiato solo su alcuni, sacrificando altri al facile altare del cliché. Invece ci siamo dovuti ricredere: i sei eroi sono ricchi di personalità e splendidamente sfaccettati, grazie anche alla grintosa localizzazione italiana che rende bene il loro linguaggio, giovanile, ma mai veramente scurrile. Takahashi ha centrato il bersaglio anche sugli antagonisti: non tutti i Moebius ci hanno convinto, ma quelli che contano ci sono rimasti impressi grazie a un buon lavoro di caratterizzazione.
Ovviamente è possibile scegliere tra doppiaggio inglese e giapponese in qualsiasi momento, ma in entrambi i casi gli attori hanno fatto un ottimo lavoro, infondendo alle scene più drammatiche intensità e trasporto. Xenoblade Chronicles 3 è un altro gioco in cui Tetsuya Takahashi affronta tematiche eterne come l'elaborazione del lutto, il senso della vita, l'importanza del libero arbitrio, il significato universale della speranza, l'inutilità della guerra. Abbiamo particolarmente apprezzato l'insolito rovesciamento di prospettiva per cui i protagonisti, in questo caso, prendono la loro morte come un inevitabile dato di fatto e la vita come un'anomalia da sostenere a costo di cambiare l'ordine naturale del mondo in cui vivono.
Si ride e si piange in Xenoblade Chronicles 3. Sotto questo aspetto, potrebbe essere l'opera più matura di Takahashi, che si scrolla di dosso l'ostentazione dell'iconografia religiosa o filosofica per abbracciare una narrazione più genuina, anche se non manca di ricorrere a un linguaggio fantascientifico un po' estremo e a un'oncia di sospensione dell'incredulità in più, mentre tratteggia un'altra delle sue appassionanti storie d'amore.
In questo senso, Xenoblade Chronicles 3 eccelle soprattutto nella regia delle tantissime cinematiche che raccontano la storia, tutte riguardabili dalla modalità teatro nel menù principale. Takahashi si è davvero superato, soprattutto nelle scene d'azione e nei tanti, tantissimi momenti introspettivi che definiscono meglio ogni personaggio attraverso dialoghi toccanti, silenzi pieni di pathos, inquadrature memorabili. Non mancano ovviamente le gag che bilanciano la drammaticità del canovaccio, ma sono molto meglio dosate rispetto al passato, con un umorismo generalmente più situazionale e sincero.
Abbiamo giocato Xenoblade Chronicles 3 in portabilità senza riscontrare praticamente alcun calo del frame rate, che a occhio e croce resta sempre stabile sui 30 fotogrammi al secondo, salvo impercettibili eccezioni. Lo schermo di Switch OLED restituisce un'immagine luminosa, chiara e brillante, ma la risoluzione dinamica tende a sporcare leggermente la scena, specie se si zooma alla massima distanza per abbracciare qualche spettacolare panorama, che resta meravigliosamente tale anche con qualche scaletta in più.
Con la console nel Dock il gioco Monolith Soft è generalmente più definito, ma si nota anche un maggiore aliasing, specie quando la risoluzione scala a ribasso per preservare la fluidità negli scenari più complessi, per esempio nei combattimenti all'aperto. Nelle cinematiche al chiuso, invece, alcune inquadrature sono indistinguibili da un cartone animato giapponese. Il merito è anche della direzione artistica, semplicemente sopraffina, che con una scelta di colori praticamente perfetta e il tratto morbido che contraddistingue il character design di mostri e personaggi, compensa le manchevolezze di Switch in fatto di hardware.
A completare un quadretto tecnico eccellente ci pensa una colonna sonora di prim'ordine. Composta da svariati autori che hanno già lavorato al precedente episodio, tra i quali il sempre straordinario Yasunori Mitsuda, le musiche di Xenoblade Chronicles 3 accompagnano ogni scena, combattimento o viaggio con una varietà di strumenti e melodie senza precedenti. Se sia la colonna sonora migliore della trilogia è difficile stabilirlo perché molte musiche restano impresse anche e soprattutto per le scene cui sono associate, ma alcuni brani, come quello che parte agli Assalti di gruppo, o il riarrangiamento di certi temi musicali dei precedenti episodi, sono davvero emozionanti.
Conclusioni
Xenoblade Chronicles 3 è un vero gioiello, un JRPG indimenticabile che ci mette qualche ora a ingranare, ma poi ti conquista con una lunghissima avventura in un mondo incantevole, un cast strepitoso e un sistema di combattimento tra i più divertenti, versatili e intuitivi in circolazione. Al netto di qualche sbavatura di ordine tecnico che grava sulle spalle della console Nintendo, il titolo Monolith Soft piacerà anche e soprattutto a chi si avvicina per la prima volta alla serie e non passerà metà del tempo a cercare scrupolosamente rimandi e collegamenti ai precedenti episodi, ma a riflettere sui temi importanti che Tetsuya Takahashi affronta da una prospettiva insolita e accattivante. Imperdibile.
PRO
- Una storia coinvolgente con un cast ottimamente caratterizzato
- Il mondo di Aionios è topograficamente vario e complesso
- Sistema di combattimento divertente e intuitivo
- La colonna sonora è straordinaria
CONTRO
- La mappa 2D poteva essere progettata meglio
- La storia e il gameplay ci mettono un po' a ingranare
- Le missioni secondarie comuni non sono niente di speciale