Per Capcom la fine dell'anno è stata all'insegna della comunicazione per l'oramai imminente Devil May Cry. Nei paragrafi successivi potete leggere il nostro penultimo provato basato sui primi cinque livelli di gioco, quelli anche testati a spizzichi e bocconi nei mesi precedenti. Un nuovo codice ci ha invece messo a disposizione una manciata di schemi avanzati: avevamo lasciato Dante con un arsenale di tutto rispetto, impegnato a distruggere la fabbrica che produce la bibita utilizzata da Mundos per tenere sotto scacco la mente degli umani, e lo ritroviamo nei meandri di quella stessa fabbrica pronto per continuare l'avventura. Proprio a cavallo di queste sequenze abbiamo testato alcune delle scene più interessanti mostrate finora, con una corsa contro il tempo all'interno di un enorme condotto dell'aria e poi la battaglia contro il demone Succube.
La gigantesca larva ha provato ad eliminarci prima con il suo acido e poi, dopo aver distrutto i sostegni che ne mantenevano sospeso l'enorme corpo, durante una discesa in caduta libera conclusa con noi al sicuro su una piattaforma rialzata e lei triturata da una gigantesca ventola. Senza entrare troppo nei dettagli dei livelli successivi per non rovinare la sorpresa a nessuno, confermiamo la buona impressione iniziale per quanto concerne il design delle ambientazioni che, con la scusa della metropoli e del Limbo che si sovrappongono, si mescolano in un'estetica surreale a tratti davvero riuscita.
Se prigioni sospese, palazzi decomposti e sventrati, metropolitane sottosopra ed enormi statue non bastassero, Devil May Cry ci ha riservato anche una buona varietà nell'arsenale. La progressione del personaggio non è nulla di trascendentale, mettendo a disposizione una discreta selezione di nuove combo e mosse ma nulla di più, però presto alle due varianti della Rebellion, Arbiter e Osiris, si sono aggiunti anche i guanti Eryx. Questa potente arma demonica restringe il raggio d'azione di Dante ma aumenta i danni e soprattutto dispone di una versione caricata di ogni attacco, capace di sbilanciare gli avversari dandoci quell'istante necessario per prendergli il tempo e, ad esempio, portarsi alle spalle. Un sistema di combattimento già sufficientemente dinamico e rapido si arricchisce così di un ulteriore elemento che, per quanto non potrà certo mettere a tacere le critiche sollevate dagli appassionati più intransigenti della serie, aumenta ulteriormente la varietà di mosse eseguibili. Prima di mollare il controller abbiamo anche sbloccato la modalità Devil Trigger che, accumulata sufficiente energia, trasforma Dante e gli conferisce ulteriori poteri, rendendolo più forte e rallentando il volo dei mostri scagliati in aria.
Il look del protagonista durante questi momenti di furia cieca contempla capello bianco e mantello rosso fuoco, un tributo al passato insomma. L'esperienza, almeno in questa sua prima parte, beneficia parecchio dalla selezione di un livello di difficoltà alto perché altrimenti il tasso di sfida si riduce eccessivamente e mancano gli stimoli a sperimentare quanto realizzato in termini di combat system da Ninja Theory. Nel corso del tempo il gioco si è evoluto, questo è indubbio; ci sono dei problemi tecnici e alcuni aspetti meno riusciti, come il doppiaggio, ma nel complesso si tratta di un'esperienza divertente e potenzialmente ricca di contenuti. Profondità e varietà dell'offerta andranno valutate in sede di recensione, oramai manca poco e per stemperare l'attesa potete godervi la nostra recente videoanteprima.
Dove tutto ha inizio
Capcom si è dovuta ricredere. Qualche anno or sono, quando il publisher giapponese andava raccontando i suoi piani per il quinquennio a venire, l'impressione era quelle di essere al cospetto di una visione illuminata se confrontata allo standard nipponico. Rispetto ad una tradizionale chiusura, l'azienda di Osaka sembrava capire la necessità di collaborare con team occidentali per riuscire a sfondare in un mercato sempre più sbilanciato verso Stati Uniti ed Europa. Anche in termini di progresso tecnologico. L'altalenante riuscita dei vari Dead Rising 2, Resident Evil: Operation Racoon City, Bionic Commando e Dark Void ha però messo a nudo una progettualità evidentemente piagata da scelte non sempre brillanti e qualche problema di troppo nella gestione delle proprietà intellettuali.
Il risultato è un parziale passo indietro, con i recenti proclami riguardanti grandi progetti di espansione interna che sembrano mettere in secondo piano gli sforzi ancora in corso d'opera per portare a termine Remeber Me, Lost Planet 3 e Devil May Cry, tutti nelle mani di studi di sviluppo occidentali. Il ritorno di Dante, in particolare, è stato sin dal suo annuncio motivo di enormi contrasti tra gli appassionati di vecchia data, preoccupati del nuovo corso di un brand storico nel mondo degli action. Ne abbiamo già parlato diverse volte raccontandovi ogni dettagli del gameplay e lo avete provato attraverso la demo rilasciata negli scorsi giorni, ma di recente abbiamo anche avuto modo di incontrare alcuni membri di Ninja Theory che ci hanno raccontato qualcosa in più sulla genesi e le finalità del progetto.
Il giusto punto di vista
L'universo di Devil May Cry è differente da quello immaginato da Capcom oltre dieci anni fa. Lanciata una partita veniamo proiettati all'interno di un mondo di gioco in pericolo, minacciato da un demone che assume le sembianza di un uomo d'affari a capo di una società intenzionata a controllare il debito pubblico globale, pilotare i media e vendere bibite gassate. La critica alla società moderna è di grana grossa ma in fondo quello dei "nuovi mali" è un pretesto per mettere in fila uno dopo l'altro una serie di livelli colmi di nemici al cui interno scatenarsi a colpi di spada e pistole. Il filo rosso tra le due incarnazioni di Dante, questa e quella che fu, è l'idea di un protagonista stiloso, dotato di mosse devastanti e di grande impatto visivo.
Il fine, creare un action frenetico e profondo, è il medesimo ma Ninja Theory ci ha spiegato che non intende in alcun modo ignorare come vecchio e nuovo abbiano origini molto differenti: dalla musica al look, dai riferimenti culturali fino agli stilemi utilizzati per scrivere i personaggi, i ragazzi del team di Cambridge sono nati e cresciuti, hanno visto e ascoltato cose radicalmente diverse rispetto ai tipi di Osaka. E non è loro intenzione provare a colmare questa distanza. Dante ha ora un appeal più giovane e irriverente, un carattere e atteggiamenti che d'abitudine associamo a qualche dissoluta rock star d'oltreoceano. I dialoghi sono (più) sboccati e l'estetica dei nemici ma soprattutto degli ambienti ha radici ben precise, nostrane. Alessandro Taini, visual art director d'esportazione da tempo nello studio anglosassone, ci ha accompagnato all'interno del mondo che ha realizzato negli ultimi tre lunghi anni di lavoro: una città sovrapposta ad una realtà parallela, il Limbo, dotata di caratteri onirici in netto contrasto con la concreta struttura di una moderna metropoli. Può non piacere la nuova direzione visiva scelta per la serie, soprattutto ai sostenitori più integralisti delle incarnazioni precedenti, però è innegabile che Taini e i suoi sappiano quello che fanno. Oscuri paesaggi metropolitani e grigie fabbriche si alternano a scorci dai colori iper saturi di strade e palazzi disegnati partendo da città come Genova e Barcellona, ma anche a momenti ispirati all'arte surrealista e filmati in performance capture registrati attraverso la collaborazione con Giant Studios, già all'opera su Avatar.
Le trasformazioni del Limbo, le architetture dei livelli e lo studio sulla luce sono aspetti che ci hanno positivamente colpito. Lasciando per un momento da parte i combattimenti e fermandosi a guardare gli ambienti, si ha spesso l'impressione di osservare un artwork in movimento. Questo buon risultato avviene nonostante l'aspetto del gioco non sia certo esente da difetti. L'uso dell'Unreal Engine porta con sé diversi vantaggi ma spesso è anche foriero di alcuni problemi comuni, come qualche ritardo nel caricamento delle superfici, che non sempre appaiono in alta risoluzione, e un look bagnato di numerose texture non piacevolissimo da vedere. Nell'insieme Devil May Cry ha un gran bel colpo d'occhio ma più grazie ad una valida direzione artistica che alla mera qualità tecnica. Il limite stesso di trenta immagini al secondo, nonostante Capcom non lo reputi un aspetto fondamentale, rischia di diventare un problema per un pubblico di affezionati che cerca la massima fluidità possibile all'interno di un gameplay action fatto di combo, movimenti rapidissimi e riflessi fulminei.
Evoluzione indiretta
La versione a nostra disposizione contava i primi cinque livelli di gioco, un'ora abbondante per mettere alla prova l'inizio dell'avventura. Devil May Cry è stato già oggetto su queste pagine di analisi approfondite, in particolare all'interno di questo lunghissimo articolo che descrive con dovizia di particolari un gameplay basato sull'uso delle pistole ma soprattutto della Rebellion, trasformabile nella poderosa ascia Arbiter tenendo premuto R2 e nella più rapida falce Osiris agendo su L2.
Ninja Theory ha lavorato per far sì che il combat system sia accessibile ma allo stesso tempo dia margini di miglioramento a chi desidera cimentarsi con la difficoltà di gioco più elevata. Oppure a chi volesse ottenere le valutazioni migliori: queste sono legate al danno inferto ma chi temesse di potersi limitare a una o due combinazioni estremamente efficaci, dovrebbe rivedere le sue preoccupazioni dopo aver verificato come la varietà di nemici imponga l'uso di strategie diverse. Nonostante completare gli schemi provati non sia stata un'impresa ardua, con i primi tre che fanno grossomodo da lungo tutorial, abbiamo dovuto imparare ad eliminare demoni capaci di combattere a terra e in aria, dotati di armi non convenzionali come una motosega oppure feribili solo sfruttando una tra la Arbiter e la Osiris. Il gameplay non è hardcore o elitario, ma si tratta di una valida variante a quanto provato in diversi altri esponenti di qualità del genere action. I punti esperienza raccolti si traducono in nuove mosse sbloccabili all'interno di appositi alberi delle abilità dotati di scelte sia legate al miglioramento di Dante, sia a quello del suo arsenale.
Al momento i menù sono tutt'altro che eccezionali ma dovrebbe trattarsi di una versione provvisoria ancora in lavorazione. Ci siamo divertiti a svuotare scenari dotati di un buon design mentre siamo rimasti meno convinti da fasi platform che ogni tanto soffrono di interazioni con l'ambiente non ideali. Nel complesso non possiamo comunque che descrivere un'esperienza positiva. Non mancano le differenze dal passato e chi dovesse ricercare un'evoluzione fedele di quello che Devil May Cry è stato fino ad ora, potrebbe restare deluso. Allo stesso tempo però Ninja Theory ha creato un titolo dotato di un backgroud studiato con attenzione, forte di un comparto artistico di prim'ordine e piacevole da giocare. Nelle prossime settimane dovremmo essere in grado di testare una manciata ancora di livelli, potendoci quindi avvicinare a quello che sarà il giudizio dato in sede di recensione, in tempo per l'uscita del 15 gennaio prossimo.
CERTEZZE
- Ninja Theory non ha paura di cambiare e metterci del proprio
- Gameplay immediato e divertente
- Direzione artistica originale
DUBBI
- Ai fan di vecchia data la nuova vita di Dante potrebbe non piacere
- Tecnicamente ancora migliorabile
- Da verificare profondità e varietà del combat system