L'anno che si appresta a concludersi è stato straordinario per quanto concerne il nuovo hardware, nel senso che abbiamo assistito a un numero considerevole di debutti: il lancio di Xbox One S ad agosto, quello di PlayStation 4 Slim a settembre, nonché di PlayStation 4 Pro a novembre. A ciò si aggiungono i visori per la realtà virtuale: escludendo Samsung Gear VR, uscito esattamente un anno fa, abbiamo avuto il lancio di Oculus Rift il 28 marzo, di HTC Vive il 5 aprile e di PlayStation VR il 13 ottobre. Tempistiche compatibili con un'analisi del loro successo o, meglio, del loro insuccesso: tutti e tre i dispositivi hanno venduto molto meno rispetto alle previsioni dei relativi produttori, e al momento non ci sono fattori che facciano pensare a un'improvvisa ripresa. La VR ha fatto cilecca?
Oculus Rift, HTC Vive e PlayStation VR hanno fatto flop? Cerchiamo di fare il punto della situazione
L'inizio
Oculus Rift non è spuntato dal nulla: il progetto nasce su Kickstarter nel 2012, raccogliendo 2,4 milioni di dollari e un bel po' di attenzione mediatica, nonché il supporto di celebri sviluppatori di videogame. Due developer kit hanno preceduto il lancio ufficiale dello scorso marzo, migliorando di versione in versione la qualità di un'esperienza che doveva guardarsi da un numero considerevole di possibili magagne, in primo luogo la temibile "motion sickness". Quando la società fondata da Palmer Luckey è stata acquistata da Facebook per ben due miliardi di dollari, molti hanno pensato che in tal modo le possibilità di successo del visore si sarebbero moltiplicate, ma dopo l'entusiasmo del lancio il clamore attorno al prodotto si è decisamente spento. Quante unità sono state piazzate ad oggi? Non è dato saperlo: il CFO di Facebook, Dave Wehner, ha detto che i dati di vendita di Oculus Rift non sono stati inseriti nei report finanziari dell'azienda in quanto attualmente non rilevanti, eppure con un prezzo pari a 699 euro non dovrebbero servire ordinativi enormi per raggiungere una cifra ragguardevole. Gli ha fatto eco Nate Mitchell, vicepresidente della divisione product presso Oculus, che alla domanda "quanti visori avete venduto?" ha risposto con un imbarazzato "Be', direi che siamo molto, molto lontani dalla saturazione." Il problema non è naturalmente il visore in sé, come detto sostanzialmente migliorato rispetto ai prototipi iniziali: i progettisti lo hanno reso più leggero e comodo, hanno migliorato lo schermo e l'audio, implementando peraltro una funzione di tracciatura che funziona bene. L'esperienza offerta dal Rift è insomma validissima, ma al dispositivo mancano le attrattive necessarie per un investimento che non molti sono disposti a fare.
L'alternativa
Annunciato durante la GDC 2015, HTC Vive non è stato un fulmine a ciel sereno, in quanto Valve aveva rivelato già nei mesi precedenti di essere al lavoro su di un visore per la realtà virtuale.
L'obiettivo era chiaramente quello di battere Oculus Rift puntando al pubblico degli appassionati che non si fanno grossi problemi a investire una certa quantità di denaro per un prodotto all'avanguardia; prodotto che può peraltro contare su di una base solida come la piattaforma Steam, con tutto ciò che tale fattore implica in termini di supporto software e potenzialità. Dotato di una componentistica estremamente simile a quella della concorrenza per quanto concerne gli schermi, la risoluzione video e la frequenza d'aggiornamento, Vive si differenzia per la presenza di una videocamera integrata che consente da un lato di guardare l'ambiente che ci circonda alla bisogna, dall'altro di attivare un sistema di sicurezza che traccia gli oggetti vicini per evitare di entrarvi in contatto. La confezione del visore include peraltro un controller dedicato, vantaggio non da poco rispetto all'offerta di Oculus Rift, che può contare su dispositivi appositi solo da alcuni giorni ma a fronte di una spesa supplementare pari a 199 euro. Purtroppo Valve e HTC non sono riusciti a chiudere il cerchio e a offrire il proprio visore a un prezzo accessibile: per portarsi a casa Vive servono 899 euro, ed è indubbio che ciò abbia scoraggiato gran parte dell'utenza.
L'accessibilità
Disponibile dal 13 ottobre, PlayStation VR rappresenta la concretizzazione di un progetto che Sony ha accarezzato per diverso tempo: rendere la realtà virtuale accessibile al maggior numero possibile di persone, eliminando fattori come i requisiti di sistema o il prezzo d'acquisto elitario.
Il target del visore sono infatti gli ormai cinquanta milioni di PlayStation 4 vendute in tutto il mondo, mentre i 399 euro richiesti per il dispositivo (a cui bisogna però aggiungere la PlayStation Camera ed eventualmente una coppia di controller Move) si pongono senza dubbio come un forte incentivo a fare "il grande passo" senza dover investire una cifra considerevole. Dal punto di vista hardware, com'era lecito attendersi, PlayStation VR non può competere con Oculus Rift e HTC Vive; tuttavia i progettisti hanno adottato una serie di soluzioni ingegnose per ottenere la fluidità necessaria per le applicazioni in realtà virtuale e curato moltissimo l'ergonomia del prodotto, che risulta particolarmente comodo e leggero. La combinazione di tutti questi elementi si è tradotta in vendite di gran lunga superiori a quelle della concorrenza, sebbene al di sotto delle previsioni: Sony secondo le indiscrezioni contava di piazzare 2,6 milioni di visori entro la fine dell'anno, quando in realtà la cifra reale si aggira intorno alle 750.000 unità.
Cosa non ha funzionato?
Molti detrattori della realtà virtuale la paragonano al 3D, che alla fine non si è imposto come il nuovo standard per guardare la TV a causa dei suoi limiti tecnici e per la scarsa praticità di indossare un paio di occhiali mentre in teoria ci si rilassa davanti a un bel film. Parliamo tuttavia di una tecnologia che per anni è stata al centro dell'offerta dei maggiori produttori di televisori, e che al netto del suo attuale declino ha prodotto ampi margini di guadagno per chi l'ha adottata.
I visori per la realtà virtuale non hanno avuto finora la medesima fortuna, purtroppo: gli investimenti sono stati enormi (pensiamo solo ai due miliardi di dollari spesi da Facebook per l'acquisizione di Oculus VR) e le vendite, come riportato in precedenza, molto al di sotto delle previsioni. Persino quelle di PlayStation VR, che con un prezzo sostanzialmente inferiore agli altri visori non sembra comunque aver fatto breccia nel grande pubblico. Questo stato di cose implica alcune inevitabili conseguenze, in pratica è un serpente che si morde la coda: mancano giochi in realtà virtuale capaci davvero di spingere gli appassionati ad acquistare un dispositivo VR, ma la scarsa base installata fa sì che nessuno voglia investire milioni di dollari nella realizzazione di titoli del genere. Se le terze parti hanno rapidamente abbandonato Wii U, una console capace comunque di piazzare oltre tredici milioni di unità, in che modo potrebbero mai supportare in modo importante piattaforme molto più costose e molto meno diffuse? La palla passa dunque a Facebook, Valve e Sony: se non saranno loro stesse a lanciare delle killer application per i propri visori, nessun altro lo farà; e il flop del 2016 potrebbe assumere i connotati di un fallimento completo.