Quando ci accomodiamo per l'intervista, Simon Viklund, narrative director e sound director di Den of Wolves, ci sorride. Dietro lo sguardo da duro (d'altronde era la voce di Bain in Payday 2!) ha un animo aperto e gioviale. Ce ne siamo resi conto poco prima, ascoltando la presentazione del nuovo trailer del videogioco, mentre ci raccontava tutte le caratteristiche della sua ultima creatura. Lui e Ulf Andersson, il director, sono le menti dietro a Payday: The Heist e Payday 2, e di rapine virtuali ne hanno progettate così tante che ormai, per scherzare, Simon le chiama: the heist shit.
Siamo seduti di fronte a lui, su poltrone altissime, in una stanza del Ritz-Carlton Hotel di Los Angeles, a poche ore dalla nuova edizione dei The Game Awards. Davanti a noi, oltre al computer e ai microfoni, ci sono delle riproduzioni delle maschere che i rapinatori indosseranno nel videogioco. Alle nostre spalle, due operatori con un'enorme videocamera stanno girando un documentario su Den of Wolves.
Abbiamo da poco visto il nuovo trailer (qui la nostra anteprima), e ascoltato Simon parlare del ricco background narrativo del videogioco. Non è così scontato in un titolo che, per mostrarsi la prima volta, ha deciso di puntare su un minuto e mezzo di scontri a fuoco e fughe rocambolesche. In giochi del genere, di solito, il contesto è poco più che un pretesto. Ma in questo caso Simon e 10 Chambers sembrano aver fatto le cose per bene. Sorprendentemente bene, e siamo curiosi di capire in che direzione voglia andare questo titolo con un'anima così ricca di dettagli.
Tra Blade Runner e Ghost in the Shell
Ciao Simon, iniziamo parlando dell'idea di questa perenne guerra tra megacorporazioni. Ci ricorda molto Philip K. Dick e, naturalmente, Blade Runner. A proposito, ci sono delle opere specifiche che vi hanno particolarmente ispirato?
Sicuramente Blade Runner! Ogni volta che c'è una megalopoli nel futuro, è sempre così... Piove, è buio, e senti il suono dell'oberheim, di Vangelis. È quasi impossibile liberarsi da quell'immaginario, perché è una combinazione audiovisiva iconica. So per certo che Blade Runner è uno dei film preferiti in assoluto di Ulf (Andersson ndr), al punto che una volta mi ha detto di volerlo far vedere ai suoi figli, ma aveva paura che il consiglio del "vecchio" genitore l'avrebbe reso noioso. Quindi ha deciso di non parlarne ai figli per paura di rovinare loro il film. Spera che lo scoprano da soli. Insomma, il direttore del gioco ama davvero Blade Runner, che quindi è, sì, la principale ispirazione. Ma ci siamo ispirati anche a molti altri media, serie TV, film e altro. C'è Ghost in the Shell, anche Akira con Neo Tokyo. Black Mirror, non tanto per l'ambientazione della megalopoli, ma per il futuro distopico.
C'è anche un tocco di body horror nella tecnologia che si fonde con la carne umana. Ci ha ricordato un po' Videodrome ed eXistenZ, di David Cronenberg. E crediamo che la fusione tra mondi reali e virtuali sia anche uno dei temi del gioco, è così?
Sì, non so quanto esploreremo effettivamente il body horror, ma di certo c'è un discorso aperto su dove si traccia il confine, forse non tanto tra carne umana e robotica, quanto tra mente umana e rete digitale. Nel gioco non tutto è gestito da reti neurali. Ci saranno ancora telefoni cellulari che usano comunicazioni satellitari e reti digitali. La tecnologia neurale è molto nuova in Den of Wolves, anche se il gioco si svolge 70 anni nel futuro. È utilizzata solo per gli aspetti più importanti della vita quotidiana o della città per farla funzionare, e per le aziende disposte a pagare somme folli per la sicurezza. La città stessa è una fusione tra la nuova tecnologia neurale e la vecchia tecnologia digitale. Come mercenario, navigherai in entrambi questi ambienti, il mondo reale, il mondo digitale e, suppongo, un mondo... fuso.
Un mondo reale e dettagliato
Un altro libro che ci ricorda molto Den of Wolves è Infinite Jest di David Foster Wallace. Nel libro, le grandi corporazioni hanno persino comprato i nomi degli anni. E sappiamo che per Den of Wolves avete inventato un numero enorme di corporazioni, addirittura centinaia. È vero?
Sì. Siamo a circa 600. Abbiamo usato alcuni dei talenti del nostro dipartimento marketing per sviluppare i marchi. Persone che hanno esperienza nella creazione di brand nella vita reale per promuovere prodotti. Hanno usato le loro competenze per creare aziende fittizie nel gioco. Ci sono banche d'investimento, produttori di armi, produttori di veicoli, ristoranti, centri benessere... praticamente di tutto. Ci sono anche beni di consumo rapido come bibite, cose del genere.
Vogliamo che questi dettagli rendano il mondo più reale, più autentico e vissuto. Inoltre, serve come una sorta di biblioteca di corporazioni che possiamo utilizzare per creare nuove storie. Quando pensiamo a una nuova trama in cui una corporazione si scontra con un'altra, possiamo usare le aziende che i giocatori hanno già visto nei loghi sui grattacieli e nelle megastrutture. Così giocando la missione penserai tipo: "Oh, ora posso vedere i loro uffici o i loro laboratori". Potresti aver visto i loro portavoce nei notiziari del gioco in passato. Questo fa sì che, quando espandiamo il gioco e creiamo nuovi contenuti o nuove rapine, tu possa riconoscere alcune di queste cose. Non è qualcosa di inventato solo per quell'espansione, ma è già in qualche modo parte del mondo. E penso che questo lo renda anche più autentico e più reale.
Uno dei temi centrali di Den of Wolves sono i rischi di una IA fuori controllo. Lo scenario nel gioco è spaventoso, ma plausibile. Cosa pensi dell'IA oggi? Potremmo davvero raggiungere gli esiti terribili descritti nel gioco?
Spero che ci sia sempre un essere umano nel processo decisionale, sia che si tratti di creatività, sia che si tratti di sistemi di difesa. Un umano che decide se lanciare o meno i missili. Le armi autonome sono molto spaventose. Dico solo, non lasciamole all'IA. Questo vale sia per la musica che per l'arte e tutto il resto, ma anche per i sistemi di sicurezza. Spero, ecco, che ci sia sempre un ruolo per l'umanità. Se riusciamo ad assicurarci che un essere umano resti, sai, parte del processo, andrà bene. L'intelligenza artificiale è uno strumento fantastico che può aiutare a consolidare informazioni e vedere potenziali soluzioni, ma dobbiamo assicurarci che l'essere umano rimanga parte del processo decisionale.
Politica e videogiochi
Questa è la domanda da un milione di dollari. Molti giocatori non vogliono che la politica entri nei videogiochi. Tuttavia, noi pensiamo che ogni scelta su cosa raccontare in un'opera sia politica. E Den of Wolves ci sembra un gioco molto politico. Sbagliamo?
Non sbagliate. Tutto è politica. Non si può davvero evitare. La nostra scelta è di non fare sermoni. Non stiamo cercando, come ho detto durante la presentazione, di salvare il mondo. Non sei un eroe. Il personaggio, invece, è uno strumento delle corporazioni per fare cose davvero schifose: assassinare persone, sabotare, e non so cos'altro ci verrà in mente. Ma nel mondo di Den of Wolves, sarai sicuramente una forza distruttiva. Quindi non sei Robin Hood, non rubi alle corporazioni malvagie per abbatterle o per ribellarti al sistema. Come giocatore, come persona individuale, potresti avere quella motivazione mentre giochi, inventandoti una sorta di giustificazione per te stesso o per il tuo alter ego nel gioco. Ma nel gioco non c'è nulla che cerchi di dirti che stai facendo la cosa giusta. Avrai comunque le mani sporche di sangue. Ma è sicuramente un gioco politico, sì. E non si può negare che il capitalismo, soprattutto nella sua fase estrema, sia una cosa spaventosa in un certo senso. Quando lo porti al limite, senza regolamentazioni o controlli, le corporazioni puntano solo al profitto.
Mi piace l'idea di usare esempi reali di ciò che le aziende hanno effettivamente fatto, cambiando i nomi, i paesi e tutto il resto, e inserendoli nel gioco. Non stai cercando di fermare queste cose, ma potresti scoprire informazioni su ciò che alcune aziende hanno fatto per renderle pubbliche e danneggiare il loro valore in borsa.
Per esempio, ho visto un documentario un paio di anni fa che mi fa pensare a quello che vogliamo fare in Den of Wolves. Molti svedesi vogliono frigoriferi e congelatori in acciaio inossidabile per le loro cucine, insieme ai rubinetti e altre cose. Un team documentaristico svedese ha indagato da dove venissero questi materiali. Si è scoperto che un luogo in Svezia settentrionale produceva questi elettrodomestici, ma le materie prime provenivano dal Sud America. Hanno scoperto che una fabbrica del posto stava essenzialmente scaricando sostanze chimiche nei fiumi, causando piaghe alle persone che vivevano lungo il fiume e malformazioni nei bambini nati in quelle zone. Mi piacerebbe prendere cose come questa e metterle nel gioco. In questo modo, i giocatori potrebbero pensare: "Oh, che mondo orribile hanno inventato per Den of Wolves". Ma poi potrebbero cercare su Google e scoprire che queste cose accadono davvero o sono accadute. In questo modo non dobbiamo nemmeno inventare storie, perché le dinamiche del capitalismo estremo accadono già, e accadono almeno dagli anni '70. Quindi sì, è un gioco politico in questo senso. Vogliamo inserire queste cose nel gioco, mantenendo un'idea di verità su ciò che accade, senza però dare al personaggio un ruolo di lotta contro le malefatte delle corporazioni.
Quindi Den of Wolves è ambientato in un mondo senza regole morali, ma c'è spazio per i giocatori di prendere decisioni basate sulla propria etica?
Non direi, no. Cioè, come ho detto durante la presentazione, avrai comunque del sangue sulle mani. Non c'è modo di giocare senza che ciò accada. Non stiamo sviluppando qualcosa come un sistema buono/cattivo, o un tipo di barra che si sposta tra lato chiaro e lato oscuro a seconda delle tue scelte. Non sarà così. Sarà sempre "cattivo". Quello che puoi scegliere, ovviamente, è come affrontare una rapina: puoi farlo in modo furtivo, oppure no, e in base a ciò dovrai affrontare missioni preparatorie diverse. Ma questa è una decisione di gameplay, non una decisione morale.
Un percorso più coerente fino alla missione principale
Abbiamo trovato molto interessante l'idea della natura modulare del gioco. Potresti dirci cosa potremo fare in queste missioni preparatorie?
È qualcosa che abbiamo pensato a lungo. Abbiamo immaginato Payday: The Heist un po' come il menù di un DVD. Tipo: "giochiamo alla scena della rapina in banca", e giochi quella parte. E non è collegata a nient'altro. Poi torni al menù e dici: "giochiamo alla scena sul ponte", e quindi fai esplodere il ponte per fermare il trasporto, poi perfori il veicolo e scorti il prigioniero al sicuro. Ecco, tutto sembra completamente scollegato dal resto. In Payday 2 abbiamo aggiunto qualcosa, per trasformare queste missioni in sequenze, facendo sì che l'ultima rapina fosse più importante, dandole un senso di maggiore rilevanza perché hai investito tempo e sforzi per arrivarci.
Ma con Den of Wolves vogliamo andare oltre, creando una sorta di campagna. Quindi devi giocare una serie di missioni per arrivare alla rapina finale per soddisfarne i requisiti: hai bisogno delle planimetrie, hai bisogno di un trojan per inserirti nel loro sistema di sicurezza e passare inosservato. E molti altri esempi. Devi fare ciò che è necessario per avvicinarti alla rapina nel modo che desideri.
Abbiamo la sensazione che, a volte, nei giochi di Payday a cui abbiamo lavorato (non so se hanno corretto questa cosa nel terzo, non ho lavorato su Payday 3), qualcosa fosse non perfettamente maturo. Avremmo dovuto svilupparlo di più, credo. E stiamo lavorando su questo con Den of Wolves: l'idea di far sentire il giocatore come un imprenditore, colui che prende le decisioni, che elabora il piano. A volte, quando giochi a Payday, sembra che ci sia questo tizio alla radio, Bain, che ti dice cosa fare, e sembra che sia lui il tuo capo. In Den of Wolves, invece, vogliamo assolutamente far sì che tu ti senta il capo. E chiunque ti stia comunicando via radio è sul tuo libro paga. Sei tu che li paghi per aiutarti.
Ma è possibile affrontare direttamente la missione principale, o bisogna per forza passare da quelle preparatorie?
Sì, devi giocare le missioni preparatorie per poter affrontare una di quelle rapine. Però va sottolineato che anche le missioni preparatorie sono rapine a tutti gli effetti. È lo stesso tipo di esperienza, ma spesso sono più brevi, quasi degli snack. La rapina principale, invece, è qualcosa che richiede più tempo, magari un'ora e mezza.
Come dicevi prima, per chi ha solo mezz'ora e vuole fare una partita veloce, può optare per le missioni snack.
Esatto, sono più brevi e si possono giocare durante la pausa pranzo o momenti simili. La rapina principale, invece, la mettiamo un po' su un piedistallo. Richiede più tempo e sforzo, quindi nella mente del giocatore speriamo diventi qualcosa di speciale, come: "Ok, giochiamo quella il sabato sera, ma prima dobbiamo fare le missioni preparatorie mercoledì e giovedì per essere pronti".
Nella mente della vittima
La caratteristica che troviamo affascinante è la possibilità di entrare nella mente delle persone per rubare dati e informazioni. Un po' come nel film Inception. Puoi parlarci di queste sezioni? Immaginiamo siano molto oniriche.
Sì, sono come un mix tra i ricordi di qualcuno e una sorta di sistema di sicurezza neurale, iniettato nel loro cervello. Quindi ci sono frammenti di realtà, e si possono sentire echi di ricordi che hanno vissuto. Stiamo usando questo aspetto per offrire, a chi è interessato, la possibilità di scoprire di più sulla persona in cui si trovano. Si può approfondire la storia personale e conoscere qualche dettaglio in più attraverso una narrazione indiretta.
Ma, parlando di gameplay, quello che è interessante è che questi sistemi di sicurezza possono essere molto diversi dal gioco principale. Ne abbiamo mostrato uno alla fine del trailer, che è praticamente un platform. Devi trovare il modo di attraversare l'area, senza nemici che ti sparano addosso o altro. Ma possiamo fare di tutto, davvero. Stiamo utilizzando il contesto fantascientifico proprio perché ci permette di non essere legati alla realtà. Ci consente di esplorare concetti interessanti, come entrare nella mente di qualcuno e immaginare cosa potrebbe significare.
E poi ci sono i gadget, le armi e i tipi di nemici. Non devono necessariamente essere umani. Potrebbero essere robot, magari piccoli robot che si arrampicano sulle pareti o sui soffitti. E possiamo avere gadget futuristici, come... beh, i droni ormai non sono più futuristici, ma possiamo inventare qualsiasi cosa pensiamo possa aggiungere brio al gameplay.
È il vantaggio di ambientare la storia in un contesto di fantasia!
Esattamente. È una sorta di fantasia. Mentre se facessi un gioco ambientato nel presente, sarebbe un compromesso. Del tipo: "Sappiamo che questo non esiste nel mondo reale adesso, ma devi accettarlo perché è un videogioco". Possiamo persino integrare l'HUD, che traccia le tue statistiche e tutto il resto, come parte del mondo di gioco. Ogni volta che c'è un'interfaccia simile in un gioco ambientato nel presente o in un'epoca passata, come per esempio un gioco di pirati del 1800, sembra troppo strano. È qualcosa che accetti come giocatore perché sai che è un videogioco, ma non ha un impatto positivo sulla tua esperienza, perché ti ricorda costantemente che sei in una simulazione virtuale. Quindi ci piace questa cosa della fantascienza: apre un mondo di creatività in cui possiamo dire che tutto fa parte del mondo che stai esplorando.
Un'ultima domanda: c'è una funzione che non vedi l'ora che il pubblico provi? Qualcosa che pensi farà dire ai giocatori: "Wow, è fantastico"?
Abbiamo delle idee ambiziose che spero trovino posto nel gioco, ma ... Se non siamo sicuri che finiranno nel gioco, non voglio fare promesse e poi deludere nessuno. Ma lasciate che vi dica una cosa: non ci manca di certo la creatività. Abbiamo gettato delle basi davvero solide con questo gioco, con il concept della fantascienza, le rapine, Midway City, e il modo in cui tutto funziona in questo posto. Questo ci permette di introdurre nemici incredibili, gadget, armi e scenari legati alle rapine. È un terreno fertile per raccontare grandi storie e mettere i giocatori in scenari interessanti. Non posso menzionare nulla di specifico, ma ci sono tante cose che non vediamo l'ora di mostrare.