Chi non gioca in compagnia è un ladro o una spia
Confesso di aver sorriso qualche tempo fa, alle dichiarazioni di esperti e operatori del settore convinti che il futuro del gioco fosse online: pensavo che ben pochi di noi sarebbero disposti a sborsare soldi ogni mese dopo l'acquisto di un software e fare la felicità dei gestori telefonici, visti lo sviluppo galoppante della pirateria e la natura volubile del mercato! Il mio scetticismo, come immagino quello di molti altri, era dovuto soprattutto ai costi di realizzazione e gestione di questi giochi, ammortizzabili solo con una base d'utenza considerevole: dopo il pionieristico Ultima Online, i titoli espressamente destinati alla rete che hanno raggiunto un vero successo commerciale si contano sulle dita di una mano. Ciononostante, l'industria videoludica non ha mai smesso di crederci, sperando che un giorno gli introiti dell'online gaming arrivino addirittura a superare quelli della vendita di giochi tradizionali su CD e DVD! Gli operatori europei sembrano essersi ingolositi all'idea e si stanno dando da fare per importare i titoli statunitensi di maggior successo o quelli a basso costo sviluppati in Oriente, come il coreano The Myth of Soma appena lanciato anche in Italia.
Insomma, vuoi per la modesta connessione di cui dispongo a casa e vuoi per questioni di tempo, io non sono mai stata un'assidua giocatrice online e, pur avendo imparato ad apprezzare i giochi di ruolo negli ultimi anni, non mi sono mai avventurata in un MMORPG (Massively Multiplayer Online Role-Playing Game). D'altro canto, è proprio per questo che ho pensato di essere la persona giusta per affrontare l'argomento in modo obiettivo: spinta dall'entusiasmo per la scoperta che questo universo parallelo al gioco tradizionale fosse di gran lunga più complesso di quanto credessi e affascinata dalle sue potenziali applicazioni future, mi sono imbarcata in un'analisi dei fenomeni sociali e commerciali sviluppatisi nell'ambito dei MMOG (Massively Multiplayer Online Game). Il mio intento è offrire una lettura che possano apprezzare tanto gli appassionati di giochi multiplayer online quanto i profani, ai quali è prevalentemente dedicata questa prima parte introduttiva, che include una breve panoramica sulle origini del gioco in rete e qualche accenno essenziale per comprenderne lo stato attuale.
Chi non gioca in compagnia è un ladro o una spia
In Italia, un bilancio come quello che mi appresto a fare sarebbe prematuro e lo lascerei comunque a chi conosce meglio il panorama nostrano: qui l'accesso Internet ad alta velocità non è ancora prerogativa di tutti, nonostante siano già parecchi i nostri connazionali attivi sui server di gioco, e la penetrazione e localizzazione dei MMORPG sono solo agli inizi. I primi esperimenti nel Bel Paese sono stati La Quarta Profezia e The Legend of Mir: the three heroes, rispettivamente ad opera di CTONet e Digital Bros, che finora stanno riscuotendo un discreto successo. Sono già più di 15.000 i giocatori che popolano mondi persistenti italiani, ma l'online gaming raggiungerà anche qui le proporzioni che ha in altri paesi del mondo e vedremo mai gli estremi cui sono giunti alcuni giocatori d'oltreoceano? Si dice sempre che in America sia tutto più grande e in effetti lo è anche la diffusione stessa dei computer, però si può dire altrettanto dei fenomeni e dei problemi ad essa correlati. Molti di questi sono stati appena accennati nel nostro paese finora, se non del tutto ignorati da chiunque non rientri nella cerchia relativamente ristretta di appassionati: è per questo che ho preso in considerazione soprattutto fonti straniere, per scoprire l'impatto del fenomeno non solo negli Stati Uniti ma anche nel resto del mondo.
Genealogia del multiplayer
Al contrario di quanto sostengono i detrattori di questa controversa forma d'intrattenimento, il videogioco può essere un efficace strumento d'interazione sociale. Al di là degli studi più o meno scientifici svolti in quest'ambito (di cui parleremo meglio più avanti), lo dimostrano i fatti: tra gli ingredienti che hanno contribuito al suo successo figura anche l'elemento della sfida e la maggior parte dei giocatori ama misurarsi con altri avversari umani, oltre che contro una macchina. L'idea della modalità multiplayer, infatti, ha origini molto remote: il primo titolo a due giocatori fu il mitico SpaceWar, ideato da Steve Russell e perfezionato da Rick Blomme nel lontano 1969. Sempre negli anni '60 venne sviluppata la prima rete che avrebbe poi consentito il gioco in linea: il network PLATO (Programmed Logic for Automatic Teaching Operations) fu creato dal professor Chalmers Sherwin presso l'Università dell'Illinois, passando alla storia come il precursore di ARPAnet e dell'odierno Internet. Tra il 1970 e il 1977, erano già disponibili diversi titoli multigiocatore: oltre a SpaceWar, esisteva un gioco ispirato a Star Trek, uno in stile D&D intitolato Avatar, il simulatore di volo Airflight e il popolare Empire, che poteva supportare 32 giocatori simultanei su PLATO. Questa rete è arrivata ad accogliere contemporaneamente un massimo di 1000 utenti e c'è da rabbrividire al pensiero che oggi i server di EverQuest riescano a gestire la cifra astronomica di 80.000 giocatori al giorno!
Genealogia del multiplayer
La possibilità di scontri in rete, con avversari in carne e ossa ma in un'arena virtuale, ha contribuito enormemente al successo di Quake, con cui id Software nel 1996 inaugurò questa nuova tendenza, seguita poi da altri FPS (First Person Shooter), o sparatutto in visuale soggettiva, titoli strategici e simulazioni di varia natura. Molti di questi giochi ormai offrono una modalità multiplayer gratuita. Tuttavia, l'online gaming è diventato il fenomeno di massa che conosciamo oggi soprattutto grazie a quelli che per l'appunto vengono denominati MMORPG (Massively Multiplayer Online Role-Playing Game) e che ogni giorno riescono a coinvolgere milioni di utenti in tutto il mondo. In genere, questi giochi di ruolo online sono fruibili tramite un abbonamento mensile, che si aggira in media intorno ai 10 euro, e meritano un discorso a parte.
C'era una volta Dungeons & Dragons...
Il videogioco di ruolo come lo intendiamo oggi può essere considerato una rivisitazione tecnologica dell'ormai celeberrimo Dungeons & Dragons, creato negli anni '70 da TSR, poi acquisito da Wizards of the Coast e divenuto un vero e proprio fenomeno culturale negli USA, tuttora ritenuto da alcuni l'incarnazione più genuina dello spirito RPG e accusato da altri d'istigare i giovani alla violenza o di essere addirittura uno strumento di culto satanico. Insomma, prima ancora che i videogame diventassero oggetto di accese polemiche per via della loro presunta natura violenta e che venissero ricondotti a spiacevoli fatti di cronaca, uno dei loro antenati era già riuscito a scatenare le ire di psicologi, sociologi, religiosi e associazioni di genitori. D&D è nato come gioco di società, ma si discosta radicalmente dal tradizionale gioco da tavolo: non prevede né l'ausilio di un tabellone né particolari stimoli visivi e, pur essendo disciplinato da regole ferree e continuamente aggiornate, affida quasi tutto alla fantasia dei giocatori, che si calano nel ruolo di maghi, guerrieri, elfi e altre creature fantastiche, per vivere avventure in compagnia di altri appassionati e immaginare mondi ispirati all'affascinante universo fantasy descritto da Tolkien.
C'era una volta Dungeons & Dragons...
Quei mondi immaginari adesso hanno una veste grafica tridimensionale ed è il computer a elaborare i calcoli per i combattimenti e a gestire gli eventi principali che fanno da contorno ad essi: il PC ha cambiato per sempre la forma del gioco di ruolo ma non necessariamente la sua sostanza, anche se non tutti concordano su questo punto. Mentre venti anni fa gli appassionati si riunivano per ore intorno a un tavolo, lanciando dadi colorati e discutendo sul regolamento, ora siedono per lo più davanti allo schermo del proprio PC e interagiscono con giocatori che abitano all'altro capo del mondo. Le avventure sono preconfezionate dalle software house ma lasciano ancora libero sfogo alla fantasia, si stringono amicizie online e si trasferiscono le discussioni più accese su forum Web dedicati o in chat, tuttavia lo spirito degli RPG è rimasto in larga misura immutato e continua a trarre la propria linfa vitale da D&D e dagli archetipi del fantasy in generale.
La Rete ha concesso a questi ambienti virtuali di esistere per ventiquattro ore al giorno, sette giorni su sette - ovvero di essere "persistenti" - e di accogliere migliaia di giocatori contemporaneamente. Tuttavia, la transizione dall'originaria veste cartacea dei giochi di ruolo P&P (Pen and Paper) a quella digitale non è stata improvvisa ma piuttosto graduale: la natura sociale del gioco ha stimolato innanzitutto la nascita di comunità online, in cui appassionati di ogni parte del mondo si riunivano per condividere avventure fantastiche, assumendo l'identità di personaggi virtuali o avatar. Si trattava dei MUD (Multi-User Dungeon), che hanno rappresentato la prima reincarnazione del gioco di ruolo in Internet ma che erano ancora in forma testuale e non grafica.
C'era una volta Dungeons & Dragons...
Come si è detto, l'avvento di RPG per computer (cRPG) e MMORPG non è stato accolto sempre favorevolmente dallo zoccolo duro dei fan di D&D: molti non li ritengono ancora all'altezza della loro controparte P&P, puntando il dito contro i limiti dell'intelligenza artificiale e della rappresentazione grafica standardizzata dei videogame o l'impossibilità di personalizzare completamente la trama, criticano inoltre l'anonimità di Internet, che comporta la mancanza di contatto umano diretto e conseguentemente il rischio di subire comportamenti scorretti da parte di altri giocatori, e in sintesi continuano a preferire le sessioni di gioco tradizionali. A detta dei molti appassionati convertitisi entusiasticamente all'uso del PC, invece, il gioco online offre esperienze uniche, difficilmente riproducibili nella dimensione P&P: permette innanzitutto di misurarsi e collaborare con migliaia di altri giocatori in qualunque momento e in qualunque luogo, ovviando ai problemi di tempo e distanza che si rivelano fatali per la longevità e l'integrità delle comunità offline. Neppure gli integralisti del P&P negano di ricorrere alla preziosa risorsa di Internet qualche volta, se non altro per individuare giocatori compatibili alle proprie esigenze da sfidare poi faccia a faccia. Non solo la Rete favorisce contatti tra persone che condividono l'amore per il gioco di ruolo, ma non ne pregiudica affatto la qualità dei rapporti umani, anzi, nell'ultima parte di questo speciale vedremo in quanti e quali modi può addirittura arricchirli.
Vade retro, D&D!
"Chi pensa che Dungeons & Dragons sia solo un gioco si sbaglia": è ciò che sostengono tuttora affermati psicologi e autorità religiose statunitensi, che ne denunciano la violenza e i contenuti profondamente anticristiani. Contro il gioco di ruolo si è scatenata una vera e propria crociata: sono sorte organizzazioni votate a combatterne la diffusione e molte associazioni cristiane l'hanno addirittura messo all'indice! Negli anni '80 iniziò a essere considerato la causa scatenante di comportamenti aggressivi nei giovani, nonché omicidi e suicidi. Non era insolito imbattersi in articoli come questo, tratto dall'Australian Federation for Decency Journal, di cui fornirò un estratto tradotto:
(1981) diciassettenne si spara, invocando demoni di D&D;
(1982) sedicenne si spara, dopo che al suo personaggio viene inflitta una maledizione;
(1983) diciottenne ossessionato dal gioco di ruolo s'impicca;
(1984) omicidio/suicidio di dodicenne e sedicenne (nel rapporto della polizia si legge: "Non c'è dubbio che D&D sia costato loro la vita").
D&D è il nesso tra questi e altri casi documentati. Uno studente commenta: "Il gioco ti premia se rubi e uccidi". D&D prevede anche vari tipi di attacchi e avvelenamenti, armi medioevali, incantesimi, maledizioni e un gran numero di mostri tratti direttamente dalla demonologia.
Queste sono argomentazioni dolorosamente familiari anche ai videogiocatori, ma nel caso di D&D la polemica è arrivata a rasentare il delirio: molte associazioni cristiane d'America condannano apertamente l'universo fantasy, che a loro avviso incita al politeismo o al paganesimo, oltre che a occultismo e stregoneria, dando una visione del mondo contraria ai precetti cristiani. La risposta che un teologo del South Dakota fornisce su un forum online nel 1999 a una donna turbata, perché il marito non trova nulla di male in D&D, parla da sola:
"Musica, TV, arte e libri sono strumenti di cui Satana si avvale per manipolare la nostra immaginazione inducendoci al peccato, ma quale via migliore del gioco di ruolo? Non possiamo illuderci d'introdurre violenza, morte e magia nera nelle nostre menti senza esserne condizionati. La Bibbia c'insegna a non lasciarci deviare da pensieri impuri, che potrebbero ripercuotersi sul nostro comportamento e quindi sulla nostra anima. [...] In questo gioco s'impersonano ladri, stregoni e assassini, in mondi impregnati non solo di violenza ma di occultismo, idolatria e immortalità. [...] Ci sono veri incantesimi utilizzati da veri satanisti e vere streghe: divinazione, proiezione astrale, necromanzia, invocazioni... tutto questo è categoricamente condannato da Dio. Elliot Miller ci avverte: per quanto chiara sia la distinzione tra realtà e fantasia nelle menti dei giocatori, non abbiamo garanzie che il mondo degli spiriti non risponda a queste invocazioni. Io stesso ho partecipato a una finta seduta spiritica da giovane e me ne sono pentito [...]. Le diranno che è 'solo un gioco', parole ispirate direttamente da Satana: sì, è un gioco che ci porterà all'inferno! Nessun Cristiano dovrebbe tenerlo in casa: per quanto riguarda suo marito, la riluttanza a rinunciare a tutto il materiale di D&D e bruciarlo, a mio avviso, mostra il suo attaccamento al gioco. Deve esserne liberato e purificato." John-Paul Ignatius
I MMORPG danno i numeri
Il capostipite dei MMORPG fu il misconosciuto Meridian 59, risalente al 1996 e sviluppato da Archetype, ma il primo successo commerciale è stato Ultima Online, creazione del geniale Richard Garriott, che dal 1997 a oggi ha conquistato oltre 250.000 utenti. Il più popolare e controverso è senz'altro EverQuest, sviluppato dalla sussidiaria di Sony Online Verant Interactive e lanciato nel 1999. Ha ormai raggiunto la soglia dei 500.000 account e nel suo complesso universo persistente, Norrath, interagiscono ogni giorno oltre 50.000 persone da più di 120 paesi diversi, che guidano i loro avatar in mondi virtuali alimentati da ben 40 server dedicati, ognuno dei quali può accogliere contemporaneamente fino a 2000 giocatori. Coetaneo di EverQuest è Asheron's Call, targato Microsoft e considerato il terzo titolo nella "trinità" dei giochi di ruolo online (completata appunto da EQ e UO).
I MMORPG danno i numeri
Il più grande MMORPG in assoluto per numero di utenti è Lineage, con oltre 4 milioni di account attivi per lo più in Corea e in altri paesi asiatici. Al contrario di quanto si possa pensare, infatti, il mercato del gioco di ruolo online attualmente guarda proprio all'Oriente come modello di sviluppo e non all'America: paesi quali Corea e Giappone vantano cifre inarrivabili per qualunque stato americano o europeo. Basti pensare a un altro titolo orientale di grande successo, Ragnarok Online di Gravity, che ha eclissato i 450.000 utenti che in tre anni hanno fatto di EverQuest un caso limite negli USA, aggiudicandosene ben 600.000 nella metà del tempo. NCSoft, la società coreana alla quale fa capo Lineage e per cui attualmente lavora lo stesso Garriott, ha dichiarato un margine di profitto del 22% per il 2003, un risultato che al momento invidierebbe qualunque azienda del settore tecnologico. NCSoft si è appena affacciata sul mercato cinese con inatteso successo: su questo terreno vasto e fertile, in un solo trimestre, Lineage ha guadagnato più di 300.000 giocatori.
I MMORPG danno i numeri
Secondo un'indagine svolta dall'Interactive Institute svedese nell'aprile del 2003, attualmente esistono 51 MMOG e altri 120 in via di sviluppo. Partendo dai risultati di questo censimento e concentrandosi soprattutto su quelli relativi ai MMORPG, gli esperti di Game Research hanno individuato e analizzato gli elementi che ne caratterizzano la meccanica di gioco, constatando che la maggior parte si rifà agli standard imposti dai capostipiti del genere (Ultima Online, EverQuest e Asheron's Call): condividono tutti una vasta ambientazione 3D, una trama legata alla storia del mondo virtuale che li ospita, un sistema di comunicazione tra giocatori, classi di personaggi, set di abilità, un complesso sistema di combattimento e uso della magia, armi e artefatti, scambi commerciali nell'ambiente di gioco, abitazioni o aree private destinate ai giocatori, quest o missioni, una forma di ordinamento sociale ispirata a quella del mondo reale e NPC (Non-Playing Character, personaggi e mostri controllati dall'IA). La tematica più ricorrente è quella fantasy (il 41% dei MMORPG attuali è basato appunto su un mondo fantasy) ma non è rara neppure l'ambientazione fantascientifica o post-apocalittica (32%); alcuni presentano mondi originali (15%), altri ancora sono d'ispirazione storica (6%) o in stile anime (6%).
L'evoluzione della specie
Lo studio svedese di cui sopra ha messo in evidenza anche le principali tendenze nello sviluppo dei MMORPG del futuro (114 dei 120 MMOG attualmente in cantiere): il 15% dei team di sviluppo all'opera preferisce attenersi rigorosamente ai canoni del genere, mentre altri stanno sperimentando nuove dinamiche di gioco che rendano i mondi virtuali sempre più realistici. Si mira innanzitutto a riprodurre complesse strutture politiche, economiche e sociali, garantendo al tempo stesso la massima libertà al giocatore. Sembrano promettenti anche gli sforzi volti ad aumentare l'interazione degli utenti con l'ambiente virtuale e le loro capacità di modificarlo. Si tende inoltre a una maggiore caratterizzazione dei personaggi, con più classi e più abilità da combinare a proprio piacimento, e a uno sviluppo più coerente degli NPC. Altra idea molto gettonata è quella d'implementare sistemi di assegnazione delle quest più dinamici e un impianto narrativo che preveda una maggiore influenza degli utenti sulla trama. Particolare attenzione sarà dedicata infine al perfezionamento di adeguati canali di comunicazione in tempo reale tra i giocatori, canali vocali oltre che testuali. La cosa più difficile sarà coniugare tutte queste innovazioni con l'esigenza di creare mondi di gioco al tempo stesso autonomi e dipendenti dalle azioni dei giocatori, come dei piccoli ecosistemi.
Spesso e volentieri, l'opinione pubblica ha considerato quello del gioco online un fenomeno infantile e superficiale, limitato a una ristretta cerchia di fanatici, ma le più recenti statistiche pubblicate dalla società di ricerche IPSOS dimostrano che non solo il numero degli appassionati cresce a ritmo esponenziale ma crescono anche le fasce d'età interessate: quest'anno, su un campione di 1350 famiglie americane con un PC o una console in casa, il 37% si dedicherà al gioco online, contro il 18% del 1999; inoltre, risulta che il 41% dei giocatori abbia un'età superiore ai 37 anni e che solo il 30% sia costituito da minorenni, mentre il resto ha un'età compresa tra i 18 e i 36 anni. Questi sono senz'altro dati che attirano l'attenzione e sintomi evidenti del fatto che i MMOG siano in costante evoluzione.
L'evoluzione della specie
Questa evoluzione comporta non solo cambiamenti di direzione ma anche ibridazioni: sta diventando sempre più arduo tracciare chiare linee di demarcazione tra un genere e l'altro. Aumentano i giochi strategici d'ispirazione fantasy e si fanno avanti arditi incroci tra FPS, RPG e simulazioni. Anche nell'ambito degli stessi MMORPG, il genere fantasy sta progressivamente lasciando spazio a nuovi esperimenti di realtà virtuali, che spesso inquinano l'eredità di D&D e che i più tradizionalisti faticano a riconoscere come veri e propri giochi di ruolo: è ciò che è avvenuto l'anno scorso dopo la rivoluzione introdotta da Electronic Arts con "The Sims Online", il primo titolo a proporre un mondo online persistente che mette in scena la vita di tutti i giorni. Questa riproduzione della realtà e delle sue dinamiche sociali - tanto fedele da risultare noiosa per alcuni - sembra aver risvegliato l'interesse generale per il gioco online, dimostrandone finalmente le potenzialità e attirando nuove fasce di pubblico, finora rimaste indifferenti a maghi, elfi e spadoni.
Senza luce, non c'è ombra
Abbiamo ricapitolato brevemente come nasce e si sviluppa il gioco online, ma in questo speciale non parleremo solo della sua dimensione propriamente ludica. Il fenomeno dei MMOG deve la sua complessità e le sue contraddizioni al fatto che non solo rappresenta l'ultima frontiera del divertimento elettronico ma anche un diretto derivato della rivoluzione di Internet: oltre ad aver ereditato tare che stigmatizzano i videogiochi da sempre (come l'annoso problema della loro natura violenta), l'online gaming si ritrova a fronteggiare nuove problematiche poste dalla rete stessa. E mentre psicologi, sociologi, religiosi e genitori scandalizzati li accusano di causare un impoverimento dei rapporti umani, comportamenti asociali e forme di dipendenza dal gioco o dalla rete, appassionati e sostenitori di MMOG ne rivalutano ogni giorno l'impatto sociale e culturale, ne rivendicano il valore artistico, scoprono nuove applicazioni pratiche, didattiche e addirittura terapeutiche. Sono proprio questi gli aspetti che prenderemo in esame nei prossimi numeri dello speciale, dedicati alle argomentazioni che mettono rispettivamente in luce o in ombra il gioco online.
Senza luce, non c'è ombra
E' difficile trattare queste problematiche senza incorrere in accese polemiche, perché da un lato i videogiocatori tendono ad assumere atteggiamenti insofferenti e difensivi, mentre dall'altro critici e opinione pubblica tendono a considerare solo gli aspetti più estremi e negativi del fenomeno, che vengono abitualmente sensazionalizzati dai media. Uno dei problemi più scottanti è che chi alimenta le polemiche contro i videogiochi difficilmente lo fa con dati attendibili alla mano, malgrado sia tutto uno "studi hanno dimostrato che..." o "gli esperti sostengono che..." – sì, ma quali studi e quali esperti? La verità è che in questo campo esistono ben pochi studi condotti con metodologia rigorosa e da persone qualificate, anche se la situazione sta lentamente cambiando e sempre più esperti cominciano a interessarsi a questi fenomeni, tanto che hanno preso forma nuove discipline come la "cyber-psicologia". Per fornire un quadro il più possibile completo, ho scandagliato la rete con i migliori motori di ricerca per reperire tutte le statistiche e gli studi ufficialmente pubblicati o relazionati sul Web, ho selezionato articoli online e cartacei riportando gli interventi dei più autorevoli esperti internazionali riguardo controversie o fatti di cronaca e ho visitato i siti delle più note organizzazioni che si battono per e contro i videogiochi.
Siccome rientro nella categoria di persone che preferiscono dare e avere prima le cattive notizie e poi quelle buone, vi do appuntamento alla seconda parte di questo speciale per scoprire insieme quali sono le "ombre" che incombono sul gioco online...
BIBLIOGRAFIA E RISORSE DI APPROFONDIMENTO:
- D&D Tech News
- Wired News
- The Dude Magazine
- Canadian press online
- Adrenaline Vault
- GameSpy
- La Stampa Web
- High Score: punto informatico
- Game Research
- MMORPG Italia
- Blizzard's Battle Net
- "Apocalittici e integrati" Umberto Eco (1964 - Bompiani, Milano)
Chi non gioca in compagnia è un ladro o una spia
L'idea all'origine di questo speciale è scaturita dall'analisi di una serie di episodi di cronaca che impongono una riflessione sullo sviluppo e il significato di un fenomeno che negli ultimi tempi sta facendo molto parlare di sé, il cosiddetto "online gaming": nello stesso anno, il 2001, i giocatori di EverQuest dimostrano l'entità e la coesione della propria comunità online organizzando manifestazioni di solidarietà per le vittime dell'11 settembre - molti dichiarano di essere riusciti a superare il trauma proprio rifugiandosi nel mondo fantastico del titolo in questione – e, solo qualche mese più tardi, un ragazzo del Wisconsin si toglie la vita davanti al PC, dopo averci giocato per diverse ore ininterrottamente. Non ho potuto fare a meno di pensare che, tra questi due estremi, ci sia tutto un mondo di appassionati che vivono il loro hobby di gioco con sano trasporto ed entusiasmo. L'eco di avvenimenti come questi, che i media hanno fatto rimbalzare anche al di fuori della comunità videoludica, e i crescenti dibattiti tra esperti e oppositori, che riaprono ferite di lunga data nel tessuto dell'intrattenimento digitale e che avevo seguito solo distrattamente, mi hanno invogliata a saperne di più e ho scoperto così una realtà che quasi ignoravo. Evidentemente, non mi ero resa conto della portata di questo fenomeno e, indubbiamente, non ero neanche l'unica.