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Okami: il videogioco cult che in pochi finiscono

L'annuncio del sequel di Okami ha ringalluzzito molti fan del gioco originale, da sempre percepito come una perla fin troppo ignorata. Ma perché questo gioco di culto dalla straordinaria direzione artistica non ha avuto il successo meritato? E in cosa possiamo sperare per il seguito?

SPECIALE di Aligi Comandini   —   21/01/2025
Okami è un gioco splendido, ma non è stato un successo. Perché?
Okami HD
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I The Game Awards di quest'anno sono stati una discreta bomba nucleare: da anni non si vedevano annunci di tale potenza e specialmente così proiettati nel futuro. In un mercato apparentemente sempre più concentrato sul breve periodo, quindi, i TGA per una volta hanno fatto sognare con presentazioni di titoli importantissimi previsti chissà quando. Eppure, anche con di mezzo un The Witcher 4, il trailer di un nuovo gioco di Ueda, un Onimusha ormai da tempo scomparso, e tutta una serie di altre chicche straordinarie, uno degli annunci capaci di far maggiormente parlare di se è stato quello del sequel di Okami.

Davvero curioso. Specialmente se si considera che Okami, all'epoca, fu tutt'altro che un successo: osannato dalla critica per la sua straordinaria direzione artistica, risultò comunque un discreto flop in termini di vendite, e persino le sue remaster recenti sono solo in parte riuscite a invertire la tendenza, nonostante abbiano se non altro aumentato la diffusione e notorietà di questo peculiare titolo di Clover.

Ma perché un'opera così poco giocata e scarsamente nota tra il grosso dei videogiocatori fa sognare così tanta gente? E come mai, nonostante molti la ritengano un cult, solo una piccola fetta di utenti la ha effettivamente finita e amata fino in fondo? Beh, oggi cercheremo di darvi qualche dritta a riguardo, e di capire insieme a voi perché il sequel di Okami potrebbe, con il giusto allineamento dei pianeti, effettivamente risultare un capolavoro.

Per fare un grande gioco ci vuole un grande pennello

È un ovvietà ormai, ma quando parlavamo di straordinaria direzione artistica non stavamo esagerando: Okami viene ancora oggi principalmente osannato proprio per questo aspetto, nato da un formidabile team di artisti tra cui Sawaki Takeyasu, la ben nota Ikumi Nakamura e svariati altri eccezionali talenti. L'idea iniziale era di creare un gioco dall'aspetto semi-realistico, ma il fatto che sia stata abbandonata è forse la cosa migliore che potesse accadere, perché il look di Okami è considerato a ragione "immortale"; il gioco non invecchia mai e ha un'estetica a metà tra l'ukyio-e (la stampa artistica giapponese) e il sumi-e raggiunta attraverso un brillante uso degli shader e dei contorni.

L'estetica di Okami resta straordinaria ancora oggi. Ma chissà cosa potrebbe accadere, con un cambio stilistico più vicino al sumi-e, e un maggior realismo
L'estetica di Okami resta straordinaria ancora oggi. Ma chissà cosa potrebbe accadere, con un cambio stilistico più vicino al sumi-e, e un maggior realismo

Non crediamo sia il caso di addentrarci ancora una volta in questo aspetto: se ne è parlato all'infinito ed è sotto gli occhi di tutti quanto sia eccelso; è però sensato ritirarlo in ballo per fare qualche previsione sull'eventuale seguito. Il trailer mostrato ai TGA è infatti solo un concept, ma potrebbe indicare già ora la volontà degli sviluppatori di puntare verso quel look più realistico abbandonato in principio; non si tratterebbe però di un comparto tecnico simile a quello dei titoli normali, dato che l'impressione è uno spostamento dell'equilibrio estetico proprio verso il sumi-e, una pittura a inchiostro dallo stile immediatamente riconoscibile. In pratica, un'estetica capace di imitare il look di un dettagliato dipinto a inchiostro in movimento... non certo facile da applicare in 3D, ma forse più facile da raggiungere con l'aiuto di Capcom, dato che il team giapponese ha già sperimentato con queste possibilità in passato (fin da Street Fighter 4, in verità). Certo, qui subentra il primo dubbio, dato che il nuovo team Clover fondato da Hideki Kamiya, l'originale director del gioco, non ha più tutti quegli artisti su cui fare affidamento, tuttavia è fin troppo presto per farsi delle aspettative. Se il colpo gli riuscisse, l'estetica del sequel potrebbe essere iconica quanto quella del primo gioco, e non dubitiamo che il nuovo team lo ritenga già un aspetto fondamentale.

Ma torniamo al gioco originale e soprattutto alle sue caratteristiche, perché non è solo il valore artistico ad aver reso Okami un classico per tanti. Eppure quando ci si addentra nel suo gameplay e nella sua struttura, magari provandolo per la prima volta, saltano all'occhio varie cose di cui è il caso di parlare, e non tutte sono impeccabili...

Un lupo che si morde la coda

Okami, alla base, è un titolo che deve moltissimo agli Zelda: si tratta di un action adventure con una simile gestione dell'esplorazione e una progressione che va di pari passo ai capolavori di Nintendo, per via dello sblocco graduale di abilità, spesso direttamente collegate a mappe e dungeon presenti nel gioco.

Okami, alla base, è un gioco fortemente ispirato ai The Legend of Zelda. Ha però delle peculiarità notevoli in termini di gameplay, che lo rendono particolarmente originale
Okami, alla base, è un gioco fortemente ispirato ai The Legend of Zelda. Ha però delle peculiarità notevoli in termini di gameplay, che lo rendono particolarmente originale

Imitare giochi di quel valore è normalmente già a dir poco complicato, eppure l'opera di Kamiya e di Clover Studio ci riusciva dannatamente bene. Okami infatti è un gioco che, pur riutilizzando canoni e strutture degli Zelda, si è sempre distinto grazie a una serie di caratteristiche spiccatamente riconducibili all'estro dei suoi creatori, primo fra tutti proprio il director Hideki Kamiya. Il gioco, ad esempio, enfatizza il sistema di combattimento e, pur mantenendolo piuttosto semplice e intuitivo, offre gradualmente un discreto numero di armi con attacchi e caratteristiche diverse in base al fatto di venir equipaggiate come primaria o secondaria. Non solo, le battaglie sono veloci e piuttosto frenetiche, contano una notevole varietà di avversari, e non manca qualche tecnicismo per chi non vuole semplicemente limitarsi a premere furiosamente i tasti.

L'elemento davvero unico di Okami non è però questo, bensì l'utilizzo del pennello: in pratica durante l'avventura è possibile fermare momentaneamente l'azione e mettersi a disegnare; avanzando nella campagna varie composizioni eseguite col pennello offrono molteplici effetti e questi influenzano sia gli scontri che l'esplorazione delle mappe, dato che sono a tratti indispensabili per la risoluzione di puzzle o l'avanzamento. E la varietà è davvero tanta, poiché Amaterasu, la dea-lupo protagonista, ha poteri che vanno dalla possibilità di far sorgere il sole, alla creazione di piattaforme sull'acqua, passando per liane elastiche, esplosivi, e una miriade di altre chicche. Non bastasse, buona parte di queste abilità sono pure utilizzabili durante il combattimento e danno forma a strategie davvero interessanti, dove è possibile riposizionare o prevedere i movimenti nemici per farli esplodere con bombe o dargli rapidamente fuoco. È, insomma, un gameplay di gran qualità, più ricco e variegato rispetto alla maggior parte degli emuli delle avventure di link, e in cui si vede nettamente l'impronta degli sviluppatori.

Il gameplay di Okami è più profondo di quanto possa sembrare a una prima occhiata e il mix di combinazioni col pennello e meccaniche lo rende ancora oggi davvero unico
Il gameplay di Okami è più profondo di quanto possa sembrare a una prima occhiata e il mix di combinazioni col pennello e meccaniche lo rende ancora oggi davvero unico

Qual è dunque l'inghippo? Cosa può portare un gioco di questo livello ad essere difficile da completare o da apprezzare da subito. Beh, Okami ha una mancanza molto specifica e si tratta in realtà di un problema misto di ritmo e di tendenza a togliere il controllo al giocatore.

Ululando agli anni 90

Okami, dopotutto, è estremamente influenzato da una visione del gaming molto "anni 90", che risulta alquanto positiva per come sono state gestite le sue meccaniche, come detto, ma non altrettanto per quanto riguarda la sua struttura. Il prologo è, ad esempio, tra i peggio gestiti mai visti nel genere: un mappazzone di informazioni della durata di 20 minuti, che toglie costantemente il controllo al giocatore per introdurgli mondo e meccaniche fondamentali. Il problema è che questa tendenza allo spiegone non si ferma qui: Issun, il principale comprimario di Amaterasu, parla costantemente e ha la spiacevole tendenza a darvi la soluzione degli enigmi ogni volta che è necessario usare un nuovo potere per risolverli. Questa frequente propensione a spezzare l'azione, unita all'uso eccessivo dei "consigli", porta l'inizio ad essere difficile da digerire per molti e il gioco a venir ritenuto un po' troppo semplice da altri. Un vero peccato, perché quando Okami lascia il giocatore libero di sperimentare e fare ciò che vuole, è davvero una bomba.

Issun, ti si vuole bene, però stare un po' più zitto non avrebbe fatto male
Issun, ti si vuole bene, però stare un po' più zitto non avrebbe fatto male

Questa visione generale un po' retrograda influenza anche altri fattori: vi sono boss ripetuti non proprio brillantissimi (altro peccato, dato che ce ne sono alcuni molto belli), molti dialoghi e scene d'intermezzo non sono velocizzabili o tagliabili (la cosa è migliorata nell'edizione HD, ma non di molto) e, non bastasse, il gioco ha una dualità abbastanza assurda legata alla storia. Infatti, da una parte la trama ha più di un colpo di scena e momenti forti che ne migliorano significativamente le tenui basi iniziali, ma dall'altra... beh, la ha firma di Kamiya, che non è esattamente talentuoso alla macchina da scrivere quanto lo è alla direzione di un action. Alcuni momenti ricchi di pathos dunque perdono velocemente di peso, molti elementi della trama sono un po' raffazzonati e c'è una costante tendenza all'umorismo un po' becero qua e là, anche se spesso quest'ultima cosa funziona alla grande.

Sono tutti limiti abbastanza significativi, che aggiunti a una campagna che "finge" di concludersi più volte, ma continua in realtà molto a lungo hanno reso difficile apprezzare davvero a fondo il gioco per svariati utenti. Si tratta anche di criticità che, si spera un po' con l'aiuto di Capcom e un po' semplicemente con l'esperienza, Kamiya e i suoi smorzeranno notevolmente nel seguito, se possibile con una fase iniziale più godibile e un po' più di fiducia nei giocatori. Anche perché gli elementi di gameplay legati al pennello erano realmente evoluti al momento dell'uscita del primo Okami e con le evoluzioni tecnologiche odierne, il supporto di uno dei migliori team in circolazione, e anni di idee in testa al director da portare a compimento, le possibilità sono seriamente infinite. Basta solo che Issun la smetta di interrompere ogni nostra azione. Si potrebbe anche discutere di quanto appetibile sia agli occhi dei giocatori vestire i panni di un lupo, dato che è un elemento che indubbiamente ha influenzato il successo commerciale del gioco, ma per quanto ci riguarda lo abbiamo sempre trovato un elemento unico e affascinante della creatura di Clover Studio.

Vogliamo crederci? Sì. Il primo gioco era comunque assolutamente brillante, e se le cose andranno come devono potremmo avere per le mani un vero classico con il sequel. Ci sarà solo da aspettare un bel po'
Vogliamo crederci? Sì. Il primo gioco era comunque assolutamente brillante, e se le cose andranno come devono potremmo avere per le mani un vero classico con il sequel. Ci sarà solo da aspettare un bel po'

Certo, siamo solo agli inizi: il nuovo team Clovers si sta ancora formando e ci vorranno anni perché una base concreta di quanto annunciato prenda forma. Anche con tutti i limiti che hanno relegato Okami a "cult di nicchia", però, siamo davanti a un progetto chiaramente desiderato con forza da chi ha dato vita all'originale, con enorme potenziale e creatività alla base e capace di far sognare. Speriamo sia tutto ciò che merita di essere, stavolta.