Con un lungo post la sviluppatrice di giochi educativi Carla Engelbrecht Fisher ha rivelato di essere stata, in passato, vittima delle armi da fuoco. Nonostante i suoi trascorsi la Engelbrech continua a sostenere che il problema non può essere combattuto armando tutti i cittadini.
D'altronde un criminale attacca con un'arma in uno specifico, imprevedibile, momento e per essere pronti a fronteggiare quel momento le vittime dovrebbero vivere con un'arma in mano. Averla in borsetta ed estrarla mentre ci si trova sotto tiro potrebbe risultare molto più rischioso dello stare fermi, senza contare, questo è ovvio, che disseminare la propria vita di armi da fuoco mette a rischio chi ci sta vicino 24 ore su 24 e non quell'aggressore che potrebbe capitarci davanti in un breve e casuale momento di un'intera esistenza. Ovviamente è impossibile ragionare contro l'ossessione del controllo e contro l'incapacità di accettare una parte della tragica casualità della vita, due problemi insiti nella condizione umana, spesso giustificati da quella linea di pensiero più facile, e ancora più sbagliata, che si chiama fatalismo. Eppure il mondo è diviso in questi due emisferi, che preferiscono semplificare tutto per sostenere la propria scelta identitaria ed evitare quanto più possibile di pensare a quella realtà che tutti nascondono dietro a leggi, discussioni politiche, discussioni da bar e religioni.
Carla Engelbrecht Fisher non ci sta e si appella all'umana capacità, quasi mai sfruttata, di distinguere e ragionare. I videogiochi sono differenti e anche uno sparatutto può essere una forma d'arte. Generalizzarli con un generico scaricabarile non è utile. Allo stesso modo è chiaro che molti videogiochi si sono adagiati nella sterile violenza dello sparatutto ripetitivo. Una volta ogni tanto, auspica la sviluppatrice, gli studio potrebbero concentrarsi su titoli di diverso genere, e magari ad elevato impatto sociale, per una questione di varietà e per non foraggiare le opinioni prevenute di una parte dell'umanità. Si tratta di responsabilità personali, tanto del manager quanto del genitore, che si perdono nella generalizzazione. Ovviamente molti uomini, aggiugiamo noi, sanno bene che cosa è la generalizzazione e la sfruttano per avere ragione politicamente, per nascondere altre manovre, per negare le brutture della vita, per guadagnare o, più generalmente, per giustificare il mantenimento della propria condizione, per conservare quello che hanno, proprio come fanno quei politici italiani che tutti criticano senza però essere disposti a mettere a rischio i propri privilegi. Siamo uomini, direbbe qualcuno, e il mondo è fatto così. Ma il fatalismo travestito da pragmatismo, apparentemente capace di congelare il mondo, è invece una di quelle linee di pensiero che facilitano il declino, anche in campo videoludico.
Fonte: Slate