Uno dei paradossi più evidenti di tutta la faccenda relativa al blocco dell'acquisizione di Activision Blizzard da parte di Microsoft voluto dalla CMA, l'organo antitrust inglese, è vedere la strana reazione delle tifoserie di Microsoft e Sony, come se fossero parti in causa dell'affare.
Ora, uno dei problemi dell'intera faccenda è che se n'è dibattuto davvero molto male (a giudizio di chi scrive, naturalmente), spesso (anzi, diciamo sempre) senza partire dai documenti, pur esistenti in quantità considerevole, ma solo dalle opinioni di terzi, con queste ultime che frequentemente non nascevano dai documenti di cui sopra, ma da un approccio umorale ai fatti, oppure da una lettura parziale degli stessi, nel senso che si sono scelti degli estratti di comodo, senza contestualizzarli, per cercare di connotare la decisione in un certo modo e far apparire la CMA totalmente incompetente in materia.
Eppure avrebbe dovuto essere chiaro a tutti che discutere di questi argomenti richieda una certa competenza di tipo economico e giuridico, o quantomeno la pazienza di leggersi le più di quattrocento pagine con cui la CMA ha motivato la sua decisione (per una ricostruzione accurata della faccenda vi rimandiamo a un video su Youtube in cui la dottoressa Mara Sanvitale, collega di GameTimers, esamina con precisione le motivazioni della CMA, che ci sembra l'intervento più puntuale possibile sull'argomento, da cui oltretutto abbiamo preso non pochi spunti per questo articolo). Così, ad esempio, si sarebbe evitato di far passare per opinioni della CMA alcune informazioni fornite da editori videoludici stessi o di fraintendere molte delle argomentazioni portate relative al mercato cloud.
Detto questo e comunque la si pensi, non è chiaro perché si sia contestata con tale ferocia la decisione di un organo pubblico inglese, teoricamente posto a tutela del mercato, ergo dell'interesse collettivo, quasi a volerne disconoscere la legittimità, e si siano invece applaudite le reazioni smodate di Microsoft e Activision Blizzard, con tanto di avalli alle minacce portate al governo inglese quasi a godere del tentativo di bullismo istituzionale e come se fosse normale per una multinazionale poter arrivare a ricattare un'intera nazione a fronte di una mancata concessione. Del resto, se certi affari devono passare il vaglio degli organi antitrust è proprio perché vengono considerati di una rilevanza pubblica e sociale tale da dover essere accuratamente vagliati.
Detto questo si può naturalmente essere in disaccordo con quanto stabilito dagli inglesi, ci mancherebbe altro, soltanto bisognerebbe riflettere sul perché una questione così tecnica sia diventata come al solito oggetto di tifo da stadio, invece di aprire riflessioni di natura più ampia sullo stato attuale del mercato, magari cercando di capire le vere motivazioni della decisione.