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Tom Clancy's Rainbow Six: Siege, la recensione dell'antiterrorismo secondo Ubisoft

Riuscirà Tom Clancy's Rainbow Six: Siege a far breccia nei vostri cuori?

RECENSIONE di La Redazione   —   02/12/2015
Tom Clancy's Rainbow Six: Siege
Tom Clancy's Rainbow Six: Siege
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Un paio di anni fa durante la Gamescom potemmo provare a sorpresa una nuova incarnazione di Rainbow Six che prometteva faville. Distruzione pressoché totale di muri, soffitti e porte, la possibilità di giocare sia nelle vesti dei corpi speciali che in quelle dei terroristi, con una interessante meccanica di gioco basata su trappole, barricate e irruzioni. Nel corso degli anni alcuni video ci hanno mostrato i progressi di Rainbow Six: Siege facendoci ben sperare sulla sua riuscita. Da troppo tempo infatti la saga mancava all'appello e di potenziale in quello che avevamo visto ce n'era parecchio. Poi è uscita la notizia che il gioco non avrebbe avuto una modalità single player vera e propria e la cosa non ci è piaciuta per niente, tuttavia restavamo fiduciosi, c'erano comunque ampi margini per renderlo un gioco divertente in multiplayer. Poi siamo andati a Londra a provare la versione definitiva del gioco per tre giorni e purtroppo i nostri sospetti si sono rivelati fondati. Guardate bene il video qua sotto e poi dimenticatelo, perché Rainbow Six: Siege non è così.

Esplosioni, flashbang e terroristi, arriva Rainbow Six: Siege!

Fuoco amico

Non sappiamo come mai, ma pare proprio che Ubisoft abbia qualche problema nell'adattare la visione delle proprie idee alle limitazioni dell'attuale hardware disponibile per next gen. Non è infatti la prima volta che filmati preliminari di un gioco sono diversi dal risultato finale o che i bug danneggiano l'esperienza. Era successo con Watch Dogs, è successo con Assassin's Creed: Unity e Rainbow Six: Siege non è da meno.

Tom Clancy's Rainbow Six: Siege, la recensione dell'antiterrorismo secondo Ubisoft

Rispetto a ciò che avevamo ammirato nei video e nelle anteprime di un po' di tempo fa, il gioco che abbiamo provato la settimana scorsa mostra una grafica scialba, con texture di livello medio-basso, motore fisico non esaltante, effetti di luce elementari, molti meno detriti e modelli di ostaggi e operativi abbastanza semplici. Il downgrade non ha impoverito solo l'aspetto visivo del gioco, ma anche le sue meccaniche base. Adesso è possibile fare breccia solo su determinate pareti e alcune zone ben precise del pavimento, fortunatamente è ancora possibile sparare attraverso la maggior parte dei muri e il cosiddetto "gunplay" è ampiamente soddisfacente, ma per il resto siamo di fronte a un gioco decisamente scarno e funestato da qualche bug di troppo. Tanto per fare un esempio, ci è capitato troppo spesso di attivare una trappola laser che si trovava al di là di una barricata, solo perché il nostro ginocchio ha superato magicamente la parete mentre ci abbassavamo. Questo drastico ridimensionamento ha influenzato anche i contenuti del gioco che dopo la partenza di una campagna single player si divide in due tronconi: PvE e PvP, che a loro volta sono funestati da alcuni difetti abbastanza evidenti che si potevano tranquillamente evitare guardando alle passate edizioni di Rainbow Six.

Caccia al terrore

Il PvE è a sua volta diviso in due sezioni: Simulazioni e Caccia ai Terroristi. Il primo è una sorta di tutorial in cui dovremo affrontare vari scenari con ambientazioni e abilità differenti che ci introdurrà alle mappe e agli operativi che potremo sbloccare accumulando punti esperienza. Le simulazioni hanno tre livelli di difficoltà: medio, difficile e realistico e ci porteranno a liberare ostaggi, disinnescare bombe o, semplicemente, eliminare ogni terrorista nell'edificio.

Tom Clancy's Rainbow Six: Siege, la recensione dell'antiterrorismo secondo Ubisoft
Tom Clancy's Rainbow Six: Siege, la recensione dell'antiterrorismo secondo Ubisoft

Purtroppo questa parte del gioco si rivela abbastanza frustrante e poco stimolante per una serie di motivi ben precisi: i terroristi sono sempre nella stessa posizione, quindi una volta morti un paio di volte dopo si tratta solo di mirare sempre nello stesso punto. L'intelligenza artificiale delle minacce passa dal "non mi rendo conto che sei al mio fianco" al "ti sparo al di là di un muro anche se non avevo idea che tu fossi qui", poi ci sono alcune scelte di game design prive di ogni senso. Ipotizziamo ad esempio di aver piazzato una pallottola in testa a ogni terrorista e di essere pronti per neutralizzare la bomba, a quel punto da attaccanti diventeremo difensori e proteggere il dispositivo di disinnesco da orde di nemici che irromperanno da ogni lato. Sorvolando sul fatto che spesso procedono in fila, quindi basterà trovare l'angolo giusto per ucciderli tutti, che senso ha? Perché in un edificio isolato possono comparire dal nulla dei terroristi? Che esperienza tattica dovrebbe darci questa situazione? Altro caso interessante è quello della liberazione degli ostaggi: una volta preso in custodia il civile verremo attaccati da nuovi terroristi misteriosamente comparsi nella zona, alcuni saranno persino accanto alle auto della polizia o ad attenderci accanto all'elicottero di estrazione! Perché creare un gioco sul terrorismo se poi si decide deliberatamente di ignorarne le basi in nome di non si sa bene quale principio? Sono passati dodici anni da Rainbow Six: Raven Shield, eppure bastava copiare il sistema di waypont e di comandi ai compagni di squadra gestiti dall'intelligenza artificiale per dare ai giocatori un'esperienza "antiterroristica" più soddisfacente. Per quanto riguarda invece la caccia al terrorista, la situazione è decisamente migliore. Qua bastano quattro amici per far venire fuori tutto il vero spirito di Rainbow Six, con tutta la fase preparatoria, la ricerca dei terroristi utilizzando i droni, la comunicazione continua con i compagni per coprirsi a vicenda e quel picco di adrenalina che precede l'esplosione di una carica da breccia, il lancio delle flashbang e lo scontro a fuoco. In questi momenti il gioco riesce a farci dimenticare la generale povertà tecnica per diventare un momento di puro divertimento, fatto di assalti pianificati alla perfezioni, raffiche fortunate che bucano il muro nel punto giusto e porte sfondate a colpi di martello.

Un'altra volta nella breccia

Avere un gruppo di amici giova drasticamente anche nel caso del gioco in PvP, che altrimenti si rivela una delle esperienze multiplayer più frustranti di sempre, a causa della natura stessa del gioco. Ogni round si divide in due turni, attacco e difesa e ogni mappa viene ripetuta almeno due volte. La prima dovremo difendere una bomba, una determinata zona o un ostaggio e la seconda dovremo pianificare un attacco o viceversa. All'inizio del turno la squadra in attacco ha 45 secondi per individuare i difensori utilizzando dei piccoli droni, evitando che quest'ultimi siano scoperti e distrutti.

Tom Clancy's Rainbow Six: Siege, la recensione dell'antiterrorismo secondo Ubisoft
Tom Clancy's Rainbow Six: Siege, la recensione dell'antiterrorismo secondo Ubisoft

Nello stesso lasso di tempo i difensori devono posizionare trappole, rinforzare muri e barricare porte, cercando di creare dei percorsi obbligati da presidiare armi in pugno. Entrambi questi aspetti si basano più che sulla bravura personale sulla comunicazione tra i vari componenti del team: "io guardo quella porta sapendo che tu alle mie spalle stai tenendo d'occhio la finestra e che più in basso un nostro compare ha posizionato una mitragliatrice pesante". Oppure "Al mio tre faccio saltare la porta, tu tiri una flashbang e tu entri dall'altra porta e spariamo a tutto quello che si muove". I match sono un misto di tensione, ansia, strategia e capacità nel muoversi tatticamente, mostrando il minimo indispensabile al nemico, perché nel mondo di Rainbow Six vince quasi sempre chi spara per primo. Volendo, chi muore può comune essere d'aiuto usando le telecamere di sorveglianza in difesa o i droni rimasti intatti in attacco, fornendo informazioni preziose ai sopravvissuti. Forse è una buona idea per non annoiare i giocatori, tuttavia così facendo si sbilancia drammaticamente il gioco, perché non ha senso che un morto possa aiutare i propri compagni. Un'altra discutibile scelta di game design riguarda è la presenza di uno strano effetto rossastro che si presenta quando un terrorista cerca di guardare fuori dalla finestra o uscire, durante la fase preliminare. Siamo sicuri che si potevano pensare soluzioni di game design più eleganti di un muro invisibile. Purtroppo un altro aspetto da rivedere riguarda la rotazione delle mappe. Volendo è possibile creare partite personalizzate per giocare solo in determinate modalità, ma in multiplayer potremmo solo decidere di escludere un certo tipo di gioco e dichiarare quale mappa preferiamo, sarà poi il matchmaking a decidere quale scenario caricare in base alle preferenze di tutti e dieci i giocatori coinvolti. Ovviamente, quanto di buono abbiamo rilevato nel multiplayer e nella caccia ai terroristi sparisce quasi del tutto se non si gioca con degli amici, il che rende Rainbow Six: Siege uno dei giochi meno adatti per chi ama giocare da solo, ancora meno adatto di Evolve. Questo perché non esiste una semplice modalità team deathmatch accessibile e priva di risvolti tattici. Il paradosso è che, anche se c'è sempre un obiettivo ben preciso, nella maggior parte delle partite che abbiamo giocato lo scontro si è risolto ignorandolo e facendo semplicemente fuori tutti i giocatori avversari, quindi volendo si poteva tranquillamente implementare una modalità più "casual". La speranza è che i DLC gratuiti sblocchino non solo nuove mappe, ma qualche modalità aggiuntiva, perché ce n'è senza dubbio un gran bisogno.

Politically Correct

Data la delicata situazione internazionale, parlare di terroristi, ostaggi e kamikaze non è particolarmente facile. Non è un caso se in giro il gioco non è molto pubblicizzato e se i terroristi del gioco sono stati creati per essere il più neutri possibile. Tutti indossano una specie di maschera bianca e parlano un accento inglese con lievi sfumature americane e sono abbastanza indistinguibili tra di loro. Unica eccezione è il kamikaze, vestito con una tuta biologica corazzata che impone di colpirlo solo alla testa e che viene annunciato da un inquietante respiro in stile Darth Vader. Il bisogno di schivare nella maniera più assoluta i recenti fatti di cronaca ha probabilmente portato alla decisione utilizzare i corpi speciali nel PvP sia per quanto riguarda gli attaccanti che i difensori, per quanto assurdo possa sembrare vedere dei SAS difendere un ordigno esplosivo.

Tom Clancy's Rainbow Six: Siege, la recensione dell'antiterrorismo secondo Ubisoft

In totale sono presenti venti operativi differenti, divisi per quattro corpi speciali, dieci per l'attacco e dieci per la difesa e che possono essere sbloccati spendendo un numero sempre più alto di punti esperienza. Nel caso gli operativi che abbiamo già sbloccato fossero stati già presi da altri giocatori potremo vestire i panni di una recluta senza particolari abilità e dotata di un equipaggiamento standard. Per quanto riguarda i vari ruoli a disposizione, alcuni si rivelano più utili di altri. Ad esempio, vista la natura abbastanza ravvicinata degli scontri, il cecchino non avrà un largo impiego e lo stesso si può dire del poliziotto dotato di sensori per gli impulsi elettrici, utile giusto quando si cacciano terroristi nel PvE, mentre il russo Tachanka può schierare una mitragliatrice a postazione fissa già molto usata nei server. Tuttavia, il lato più fastidioso degli operativi non è il loro scarso bilanciamento, ma il fatto che siano soggetti a limitazioni di equipaggiamento. Se un agente porta con sé uno scudo balistico è giusto che spari solo con armi di piccolo calibro, ma perché impedire agli altri di utilizzare il loro fucile preferito o costringerli a usare solo flashbang? La personalizzazione delle armi è inoltre decisamente ridotta e si limita nella maggior parte dei casi al mirino, al silenziatore e a skin differenti. Purtroppo mancano del tutto visori termici e notturni, anche se uno degli operativi ha sensore che rileva i battiti del cuore al di là di un muro, una mancanza francamente inspiegabile e che avrebbe spalancato scenari tattici ancora più interessanti. Per quanto riguarda le mappe sono dieci e vanno dall'Air Force One (una delle più riuscite) al campo di addestramento SAS di Hereford, passando per ambasciate, porti e abitazioni civili.

Conclusioni

Versione testata PlayStation 4
Multiplayer.it
7.0
Lettori (346)
8.0
Il tuo voto

Avrete capito che Rainbow Six: Siege è senza dubbio un prodotto con del potenziale che è andato sprecato per alcune sfortunate scelte di game design e una realizzazione tecnica ben al di sotto delle aspettative. La sua spiccata vocazione tattica lo rende un gioco adatto solo a chi può giocare in gruppo. Se non avete altri quattro amici sarà come giocare a calcetto con degli sconosciuti bendati che parlano sanscrito.

PRO

  • In cooperativa è veramente divertente
  • Buona fisica delle armi e gunplay soddisfacente
  • Si può far saltare per aria quasi tutto...

CONTRO

  • ... ma non tutto come speravamo
  • Intelligenza artificiale o troppo stupida o troppo brava
  • Poche modalità
  • Tecnicamente povero e con diversi bug
  • Giocato da soli ha pochissimo senso