Un po' di storia
Line of Sight: Vietnam prende spunto dal genere più orientato verso la pura azione e ci permette di calarci nei panni degli agguerritissimi membri dei “berretti verdi” che presero parte alle prime spedizioni in Vietnam, alla fine degli anni sessanta. Presumo che la storia bene o male la conosciate tutti, e a chi fra voi magari non vanta di tanta nozionistica storica basti sapere che quello del Vietnam verrà ricordato dagli USA come il più gigantesco e doloroso flop bellico della storia recente. Migliaia di ragazzi Americani, in seguito ad una massiccia campagna di arruolamento, vennero trasportati nelle giungle tropicali del Vietnam del nord , per contrastare il pericoloso alleato dell’ex URSS. Era la guerra del capitalismo contro il comunismo ed idealmente la guerra di tutta la filosofia occidentale contro quella sovietica. Se la Seconda Guerra Mondiale fu per molti sensi una rivoluzione in materia di conflitti fra nazioni, sia per gli armamenti impiegati, sia per le modalità di attacco (vedi bombardamenti su città e via discorrendo) , quella del Vietnam fu la rivoluzione della guerra come evento mediatico. L’introduzione di nuove macchine da guerra porto però una serie di innumerevoli novità sul campo di battaglia. Prima novità, sopra tutte, fu la costituzione dei primi stormi di elicotteri che ben presto diventarono protagonisti assoluti del conflitto. La ricerca militare non si concentrò unicamente sulle migliorie apportate alla dotazione dei soldati semplice, ma inizio una vera evoluzione in materia di armamenti speciali dedicati allo sviluppo di corpi ristretti e selezionati destinati ad azioni sul campo delicate e spesso troppo difficili per essere portate a termine dal primo arrivato. E’ proprio in questo scenario di un conflitto fatto non solo di plotoni in ricognizione, ma anche di professionisti della guerra, feroci incroci tra lo Stallone di Rambo e la furia ceca di Schwarzenegger in Commando (guarda caso entrambi i protagonisti dei film citati erano proprio veterani del Vietnam) , che apre il sipario LOS: Vietnam.
A colpo d'occhio
Voglio ora dedicare qualche riga alla prima impressione provata durante i primi minuti di gioco. L’azione si apre su uno scorcio di giungla avvolto da una quanto mai spettrale foschia. La mappa (alla quale posso accedere in qualsiasi momento), alquanto sterile e priva di punti di riferimento notevoli, mi fa capire subito quanto la mia situazione sia disperata. Il pericolo è imminente e da lontano sento già i lamenti dei miei nemici che attirati dallo scoppio dell’elicottero che mi ha trasportato fino a lì stanno cercando eventuali sopravvissuti. Cautamente mi accovaccio fino a toccare la terra con le ginocchia. Inizio subito una veloce ricognizione nei dintorni col doppio scopo di orientare la mappa e cercare qualche oggetto utile sopravvissuto allo schianto della cavalletta di acciaio. Il respiro affannoso del mio alter ego virtuale contribuisce ad aumentare l’ovvio stato di ansia che già mi pervade. D’un tratto, salito sulla cima della riva della gola nella quale, ahimè, mi trovavo, sbuco da un cespuglio e mi ritrovo a due passi dalla testa di un Vietcong, tutto intento a frugare fra le fronde in cerca, magari, di qualche brandello di carne che provi il mio decesso. Non esito, parte un sonoro colpo dalla canna del mio fucile, il soldato cade a terra esanime, quando, tentando di recuperare le preziose armi e munizioni che il bastardo ha lasciato al suolo vengo accolto da una festosa raffica RPD: sono proprio nei guai… Questo è in poche parole quello che vi aspetta all’interno della giungla. Uno scenario mozzafiato fatto di azione e pazienza. Hide & Seek è la parola chiave per sopravvivere in questo inferno.
Caratteristiche tecniche
Ok, ma che ne è della realizzazione? Quali sono, in termine di paragone con i titoli più blasonati, le innovazioni apportate al genere, e soprattutto su quali punti fa forza un titolo che in fin dei conti vanta talmente tanti concorrenti da poter sembrare solo uno clone abile di sfruttare il solito effetto onda prodotto dalle colonne portanti del genere? Partiamo dall’analisi tecnica del prodotto. nFusion Interactive tiene a precisare che il motore grafico utilizzato non è un clone di qualche engine più noto; spesso avviene infatti che le software house paghino i diritti per lo sfruttamento di motori grafici particolarmente validi, traendone il doppio vantaggio di avvalorarsi di una tecnologia già consolidata e di non dover sprecare tempo prezioso nella stesura, completa, di un codice così complesso. A riguardo però la casa non rilascia particolari informazioni e dettagli tecnici che ne possano permettere un’analisi approfondita; tutto quel che possiamo confermare è che il motore, non presentando certamente prestazioni da capogiro vanta una comunque eccellente capacità di riprodurre ambienti complessi come quelli di una folta giungla tropicale, che costituiscono il grosso dell’ambientazione di questo titolo. Passando all’ambito audio, LOS:Vietnam non tradisce affatto le aspettative e fornisce niente di più e niente di meno di quello che serve a creare la giusta atmosfera da panico che deve essere ricreata in uno scenario del genere. Peccato che, per quanto sia realistico il rumore dei passi che si avvicinano e del fruscio delle liane a volte la direzione del suono non sia tanto precisa da fornirci il giusto aiuto in termini di individuazione della fonte di rumore, aspetto per altro fondamentale in un gioco in cui le azioni di gioco molto spesso sono ridotte a pazienti attese in silenzio affinché il nemico possa essere preso alla sprovvista.
Opportunità di gioco
La struttura del gioco prende spunto per moltissimi versi dai più noti titoli del genere. Ci verrà affidato il controllo di un agguerritissimo manipolo di eroi di guerra, con l’unico scopo di portare a termine la missione e fare in modo che nessun compagno tiri le cuoia sotto il fuoco nemico. Il controllo che avremo sui singoli componenti del plotone avverrà sempre in prima persona, ma sarà possibile (e indispensabile) passare da un uomo all’altro con estrema facilità. Ciò nonostante, se l’azione richiedesse il controllo e la coordinazione di più personaggi contemporaneamente, una serie di semplici ordini da impartire alla truppa ci verranno incontro, aiutandoci così a superare il pericolo con lo sforzo combinato dell’intera squadra. Mentre il nostro sguardo attento è concentrato sui movimenti del personaggio selezionato l’AI dei soldati alleati gestisce le azioni pericolose con sufficiente maestria, scegliendo ad esempio l’arma più appropriata per l’occasione, accantonando magari quella che noi avevamo designato qualche minuto prima. Questo sistema ovviamente non esclude inconvenienti dell’ultima ora in quanto gli uomini tenderanno sempre a seguire gli ordini impartiti dal comandante in materia di tattica da usare, nonostante questa possa rivelarsi anche poco saggia (o decisamente stupida!). Una nota d’obbligo va dedicata alla versatilità della difficoltà di gioco che, attraverso semplici impostazioni da menu, può passare dalla più severe simulazione al gioco puramente arcade dove il personaggio può rimanere in vita nonostante i colpi ricevuti superino di gran lungo il limite di reale resistenza umana al livello di piombo nel sangue. Ineccepibile il multiplayer, che se la cavo con le più classiche delle modalità Deathmatch, Cooperative (Team Deathmatch), Capture the Flag; l’unica novità in questo senso risiede nel “Mission Mode” che vedrà due squadre avversarie fronteggiarsi in uno scontro fra guastatori intenti a mettere i bastoni fra le ruote alla concorrenza impegnata nel portare a termine la missione assegnatagli.
Tirando le somme
Nonostante si tratti di un titolo valido sotto numerosi punti di vista LOS: Vietnam ha dei notevoli punti deboli, che vedrò di elencarvi brevemente. Per prima cosa lo stato attuale delle cose difficilmente permette che un gioco che voglia imporsi sul mercato in un genere già così denso di concorrenza possa permettersi il lusso di non lasciare che il giocatore possa impossessarsi di veicoli per i propri scopi. Questi ultimi al massimo fanno qualche comparsata nel gioco come semplice oggetti di scena. Inoltre non è possibile controllare più di due soldati alla volta, il che è pressoché inaccettabile dato che persino Deadly Dozen permetteva il controllo di squadre composte da quattro personaggi. Potremo citare in qualche modo anche la monotonia del paesaggio, ma trattandosi di un gioco ambientato nel cuore del Vietnam difficilmente sarebbe stato possibile mostrare qualcosa di diverso dalla giungla. Nonostante questo, ad esempio, non avrebbe guastato qualche azione ambientata in città, ricreando magari scenari simili a quelli proposti da film come Full Metal Jacket (tra parentesi, un must ed un saggio di riflessione sugli orrori della guerra e di tutto ciò che vi ruota attorno). Ma almeno sarà possibile (per chi ne avrà la voglia e il tempo) creare i propri scenari con l’apposito editor, anche se non sarà possibile il modding sfrenato (leggi niente armi nuove ne sostanziali modifiche all’AI del gioco). Per finire l’ultima nota dolente va all’AI dei nemici che produce a volte situazioni al limite fra il bizzarro e l’assurdo. Per essere più precisi, vi pare possibile che un assatanato lurido sporco miserabile e armato fino ai denti Vietcong non si accorga della nostra presenza dopo che abbiamo appena freddato il suo compagno a due passi da lui e nonostante ci troviamo a dieci centimetri dal suo muso? La risposta è no, ovviamente; no, non è possibile, eppure a me è successo, e più di una volta! Speriamo che la patch (e qui si tratta proprio di una toppa, lo scampolo di codice messo lì per tappare la falla), già annunciata, che ha porterà il gioco dalla versione 1.1 alla 1.3, ponga fine a questa magagna. Concluderei dicendo che, nonostante LOS: Vietnam sia in grado di offrire piacevoli momenti di gioco, attraverso le sue lunghe 12 missioni e la fonte di eterna giovinezza che è per ogni gioco il multiplayer, questo titolo non lascia particolarmente il segno e se la cava con un giudizio senza infamia, ma soprattutto senza lode.
- Pro:
- 12 lunghe missioni
- interesante la modalità multiplayer "mission mode"
- notevole la tensione prodotta da alcune situazioni di gioco
- motore grafico sviluppato "in-house" niente male
- Contro:
- poco originale
- non esistono veicoli utilizzabili
- è possibile utilizzare solo team di due personaggi
nFusion Interactive: il pallino per la guerra
nFusion Interactive torna alla carica con un nuovo titolo, seguito ideale di Deadly Dozen e Deadly Dozen Pacific Theatre. E’ dunque ormai certo che il pallino di questa software house sia il “tactical shooter”, genere che in questo preciso caso si presta con estrema facilità alla trasposizione in videogame di un evento come quello della guerra nel Vietnam. Il genere dello Stealth FPS, riscuote da qualche anno grande successo presso il grande pubblico. Pur essendo un tipo di gioco piuttosto snervante e alquanto impegnativo, non ha mancato di attirare centinaia di migliaia di proseliti. Stiamo parlando di First Person Shooter ambientati per lo più in scenari di guerra dove la prerogativa fondamentale di ogni azione è quella di nascondersi molto bene e colpire con efficacia (e quale scenario è più adatto del Vietnam, con le sue foreste pluviali dense di liane e nodosi alberi). Possiamo contare numerosi titoli, fieri esponenti del genere, che da anni dominano gli scaffali dei più frequentati store di videogames. In una miscela esplosiva di azione in prima persona, strategia e tensione abbiamo incontrato lungo il nostro cammino titoli quali Hidden & Dangerous, Medal of Honor, Battlefield. Tutti questi titoli sono legati tra loro dal comune tema della guerra e dalla simulazione di tutto ciò che circonda il panorama bellico. Dallo stesso filone proviene un genere parallelo, che dedica maggiore spazio alla strategia di missione e alla pianificazione accurata dei piani di attacco; tanto per citarne uno (o meglio un’intera, fortunatissima saga) porterei il nome di Rainbow Six (ispirato dall’omonima serie di romanzi firmati da Tom Clancy), un FPS estremamente tatico alla SWAT nel quale il giocatore controlla la più famosa squadra antiterroristica del pianeta (peccato che esista solo nella fantasia dell’autore); ma questa è un’altra storia.