La minaccia fantasma è stato a lungo il film più criticato di Star Wars, pur essendo quello che forse incarnava maggiormente lo spirito fiabesco della creatura di George Lucas. Col passare del tempo si è riabilitato - più o meno, ecco - ma, se a livello cinematografico si è riguadagnato il rispetto dei fan di Guerre Stellari, Episodio I a noi videogiocatori ha lasciato un'eredità di titoli non esattamente memorabili eppure scolpiti nei ricordi dei più nostalgici che all'epoca, magari, erano adolescenti o poco più: Obi-Wan Adventures, Super Bombad Racing, Starfighter, solo per citarne alcuni...
E Jedi Power Battles, naturalmente. Forse una delle riproposte più imprevedibili, il titolo originariamente sviluppato da Lucasarts è finito nelle mani di Aspyr, che già ha firmato le remaster dei primi quattro Tomb Raider e dei due Star Wars: Battlefront originali. La domanda è sempre la solita: vale la pena tuffarsi nel passato?
Uno spreco di Remaster
E la risposta è un secco no, più che altro perché quel passato oggi ha molto poco da dire. Jedi Power Battles Remaster è la fedelissima riproposta di un gioco PlayStation che non ha mai brillato per le sua qualità, ma che aveva comunque alcune frecce al suo arco da tirare, a cominciare dalla rosa di personaggi giocabili che include, oltre agli inevitabili Obi-Wan Kenobi e Qui-Gon Jinn, anche Jedi del calibro di Mace Windu, Plo Koon e Adi Gallia. Il titolo Lucasarts è un vero e proprio arcade, una sorta di picchiaduro a scorrimento contraddistinto da occasionali - e frustranti - fasi platform, giocabile in solitaria e in compagnia di un altro giocatore, un po' come si faceva una volta in sala giochi.
La Remaster di Aspyr preserva il titolo del 2000 - con le aggiunte relative alle riedizioni successive, come quella Dreamcast con i suoi personaggi e minigiochi extra - nel bene e nel male, senza praticamente alcun aggiustamento al claudicante gameplay originale. Questo significa che le sequenze platform sono frustranti oggi come allora, anche a causa di inquadrature spesso infelici che Aspyr non ha migliorato, e che il sistema di controllo, estremamente farraginoso, rappresenta il principale nemico contro cui combattere mentre affrontiamo droidi B1, mercenari e Gungan nei dieci stage di gioco, ora selezionabili fin dall'inizio e giocabili in qualsiasi ordine.
La rosa di personaggi include fin dall'inizio anche quelli che erano segreti nel titolo originale, per un totale di dieci combattenti giocabili, cui si aggiunge un'altra decina di personaggi extra implementati appositamente per questa versione del gioco, anche se per sbloccarli bisogna prima completare tutti gli stage. I protagonisti non si differenziano solo nelle animazioni e nella resistenza: i Jedi attaccano usando stili di combattimento con la spada laser diversi, mentre gli altri guerrieri sparano con i blaster dalla distanza.
Accumulando punti nei livelli si sbloccano nuove combo, bonus o poteri della Forza che espandono il parco di attacchi disponibili ma è tutta un'illusione: in realtà, per sconfiggere la stragrande maggioranza dei nemici basta riflettere al momento giusto un colpo di blaster con la spada laser o, semplicemente, attaccarli prima che loro colpiscano il nostro personaggio. Sembra un'ovvietà ma il sistema di controllo - relativamente personalizzabile - è così rigido che la maggior parte degli scontri si risolve senza particolare abilità: per assurdo, eseguire le combo lascia i personaggi scoperti ai colpi nemici, quindi nella maggior parte dei casi è meglio usare ripetutamente lo stesso attacco singolo.
Il gameplay, insomma, diventa ripetitivo in fretta, complice anche la scarsa intelligenza artificiale dei nemici, che sono capaci di precipitare da soli nei burroni semplicemente inseguendoci alla cieca mentre saltiamo da una piattaforma all'altra per raccogliere i molti collezionabili che possono aumentare il punteggio o ripristinare la salute perduta. Anche i boss di fine livello lasciano con l'amaro in bocca: il feedback dei nostri attacchi è praticamente inesistente e nella maggior parte dei casi sembra di colpire l'aria mentre cerchiamo di sopravvivere ai loro schemi di attacco. Praticamente gli stage più divertenti sono quelli bonus sotto forma di sparatutto.
Bisogna riconoscere che Jedi Power Battles tenta un approccio diverso dal solito, sfruttando una formula intelligente: mentre rigiocavamo, frustrati, questa Remaster, abbiamo pensato a come sarebbe stato divertente un vero e proprio remake, sviluppato con tutti i crismi e aggiornato agli standard odierni. La riproposta di Aspyr, in questo senso, è abbastanza inutile. Non è divertente da giocare e le sbandierate funzionalità, come i cheat code per sbloccare certi personaggi o il filtro grafico per le teste giganti, sono quasi grottesche.
Almeno è stato fatto un buon lavoro sul fronte tecnico: l'alta risoluzione mette in risalto i dettagli di un comparto grafico comunque antiquato, contraddistinto da un conteggio poligonale decisamente basso e animazioni imprecise.
Il gioco almeno è fluido; su Switch non abbiamo riscontrato il minimo rallentamento e abbiamo potuto apprezzare le musiche rimasterizzate di John Williams, che sono sempre bellissime, intendiamoci, ma Duel of the Fates salva la terribile battaglia finale contro Darth Maul solo fino a un certo punto.
Conclusioni
Nostalgia un tanto al chilo, questo è Star Wars: Jedi Power Battles Remaster. Con tutto il bene che si può volere ai titoli dei primi anni 2000, con la loro inconsapevole ingenuità, il tie-in targato Lucasarts avrebbe avuto bisogno di un remake che mettesse a posto i fondamentali del gameplay invece di una Remaster che ne ripropone le fastidiose imperfezioni fino all'ultimo pixel. Molto semplicemente, non è un videogame divertente da giocare, se non per passare qualche oretta all'insegna dell'amarcord.
PRO
- Le musiche di John Williams
- L'alta risoluzione riqualifica il comparto grafico antiquato
CONTRO
- Gameplay ripetitivo e frustrante come una volta
- Extra sostanzialmente inutili