La vecchia guardia
Se cercassimo differenze evidenti fra le avventure grafiche tradizionali e quelle di nuova generazione non potremo non notare come queste ultime siano diventate nettamente più semplici rispetto a come erano le prime. Questo discorso da vecchio barboso ha un senso se consideriamo la storia del genere: derivato dalle avventure testuali (quelle che ora vengono chiamate “Interactive Fiction”) questo cerca da subito di catturarne l’utenza rendendo meno traumatico il passaggio da un’interfaccia completamente testuale (il cosiddetto “parser”) a una essenzialmente grafica. Le prime avventure grafiche erano in tal senso molto macchinose ma nello stesso tempo permettevano molte possibilità al giocatore (“Zak McKranken” e “Maniac Mansion” sono ancora imbattute da questo punto di vista… e stavano su un paio di floppy). Come si sa con l’accrescersi delle possibilità tecniche si sono andati riducendo tutti i vari elementi che regalavano al genere una certa complessità. La diminuzione delle possibilità di interazione ha costretto all’introduzione massiccia dei puzzle meccanici per poter permettere alle avventure di rimanere installate più di qualche giorno sugli harddisk degli acquirenti. La superficializzazione delle interfacce e l’introduzione massiccia del 3D in altri generi ha reso le avventure grafiche improvvisamente “obsolete” dal punto di vista tecnologico e contenutistico. L’obsolescenza ha portato alla morte commerciale. Almeno in apparenza.
Ritorno al centro di un genere
“Viaggio al Centro della Terra” appare fin da subito un’avventura strana. Il gioco, sin dai primi momenti, sembra che voglia dire qualcosa di differente rispetto agli altri titoli del genere. Vestiremo i panni di Ariane, una giornalista impegnata nella redazione di un servizio per una rivista scientifica, che si schianta in un luogo piuttosto remoto dell’Islanda con il suo elicottero. Ben presto la disavventura si trasformerà nella possibilità della sua vita mettendola in contatto con una strana civiltà sconosciuta e con la verità sul racconto del professor Hardwigg, definito un falso da tutta la comunità scientifica (è il protagonista del romanzo di Jules Verne da cui il titolo dei Frogwares prende ispirazione).
Per controllare Ariane avremo a disposizione un’interfaccia grafica molto classica composta da pochi elementi: immancabile l’inventario (posizionato in basso) mentre rappresenta una piacevole aggiunta, seppur non originalissima, la presenza di un computer portatile in basso a sinistra, con cui spedire e ricevere mail, raccogliere informazioni su vari argomenti che emergeranno nel corso del gioco e catalogare i documenti rinvenuti nelle varie locazioni. Volendo potremo usarlo anche come browser per rivedere le foto che potremo fare agli scenari più esotici con la macchinetta fotografica in dotazione (Ariane è comunque una giornalista e deve fare il suo servizio).
Il gioco, sin dai primi momenti, sembra che voglia dire qualcosa di differente rispetto agli altri titoli del genere.
Ritorno al centro di un genere
Per quanto riguarda il resto, il sistema di controllo è quello classico dei punta e clicca con il cursore che cambia forma quando si trova su di un hot spot adattandosi alle diverse necessità. La visuale è generalmente in terza persona anche se, in alcune situazioni in cui è richiesta una visione più dettagliata, si passerà alla prima persona. È proprio nella prima locazione in soggettiva che emerge la volontà degli sviluppatori di riproporre un elemento che sembrava ormai perduto nelle avventure: la complessità.
Commento finale
Dal punto di vista grafico “Viaggio al Centro della Terra” regala alcuni scenari molto belli intervallati però con altri purtroppo sottotono. Ovviamente si nota una certa cura delle locazioni più esotiche con la ricerca di una suggestione che riesce ad emergere solo a tratti. Non c’è da lamentarsi anche bisogna aspettarsi miracoli (“Syberia” da questo punto di vista rimane imbattuto). Nel complesso, concludendo, ci troviamo di fronte ad un’avventura adatta ad un pubblico di giocatori scaltro e che abbia molto tempo da dedicare al gioco.
Questa caratteristica, la complessità, è al tempo stesso il punto di forza e di debolezza di "Viaggio al centro della terra". Probabilmente, se siete amanti delle vecchie avventure grafiche e rimpiangete i tempi in cui passavate settimane sopra un enigma, questo è il gioco che fa per voi. Tutti gli altri sappiano a cosa vanno incontro e decidano di conseguenza.
Pregi
Buona storia
Ottimi alcuni enigmi
Begli scenari
Difetti
Tremendamente difficile
Punti di passaggio a volte introvabili
Sonoro sottotono
Un mare di oggetti e puzzle
“Viaggio al Centro della Terra” è un gioco non di facile impatto. Come dicevo sopra fin dall’inizio avremo a che fare con moltissimi oggetti e con alcuni enigmi piuttosto ostici. Mettiamoci pure che non ci verranno date che poche indicazioni per risolverli e la situazione dovrebbe apparire chiara. Spesso ci si trova con l’inventario straripante di oggetti di cui non si capisce l’utilizzo. Se questo potrebbe essere visto come un difetto da tutti quelli che non vogliono passare troppo tempo su di un singolo puzzle, è pur vero però che molti potrebbero trovare gradevole la maggiore sfida che ne deriva rispetto alla media odierna. La dislocazione dei puzzle inoltre non aiuta i meno esperti: non si capisce bene l’ordine in cui affrontarli e spesso non si capisce come superarli. Il difetto appare evidente soprattutto in scenari come quello della città in cui ci sono decine di luoghi visitabili con altrettanti puzzle da risolvere. Spesso ci si trova ad usare oggetti a caso per cercare di ottenere qualche risultato utile. La possibilità di combinare oggetti e di usarne alcuni in modo autonomo, tramite un apposito menù che appare passandoci sopra con il puntatore, può far accrescere ulteriormente il senso di frustrazione. Mettiamoci anche che alcuni oggetti sono piccoli e si vedono con una certa difficoltà (nella miniera quasi all’inizio del gioco ho trovato lo scalpello per puro caso tanto era piccolo).
Altro problema riscontrato nel gioco è una certa difficoltà nel capire dove bisogna andare. Spesso gli hot spot utili per muoversi da una locazione ad un'altra sono “nascosti” ed è difficile trovarli in modo veloce. Così si passa molto tempo a muovere il mouse in modo forsennato cercando di far apparire il cursore con i piedini (quello che indica la possibilità di cambiare locazione). Alcune volte è addirittura il design dello scenario ad ingannare, con strade disegnate che non sono percorribili o con porte in cui si pensa di dover entrare ma che sono in realtà inaccessibili. Peccato.