Nelle parole dell'autore, Wanted è il frutto di quasi dieci anni di ricerche. Il nome di David Kushner non dovrebbe essere nuovo a coloro che si interessano della cultura del videogame: oltre ad avere alle spalle una lunga carriera di editor per prestigiose riviste tra le quali Wired e Rolling Stone, è autore di Masters of Doom, già edito da Multiplayer.it Edizioni nel 2006, dedicato a Carmack, Romero e alla genesi di id Software. Sebbene si sia sempre interessato di videogiochi a 360 gradi, Kushner ha avuto modo a più riprese di interessarsi al caso Grand Theft Auto, dall'esordio bidimensionale, alle prime accese critiche sulla violenza, sino al boom 3D degli ultimi anni.
Una storia appassionante, resa ancora più unica dai personaggi che vi hanno gravitato attorno, dai fratelli Houser all'avvocato conservatore Jack Thompson. Avendo già a disposizione molto materiale accumulato durante la sua carriera di giornalista, Kushner ha deciso di narrare la vicenda, romanzandola leggermente ma tenendosi sempre fedele all'intento di dare ai lettori una panoramica non solo sugli aneddoti riguardanti la creazione dei singoli capitoli della saga, ma anche riguardo alle ripercussioni sociali, politiche e legali che il brand ha avuto, in particolare negli USA. Ne scaturisce un affascinante spaccato delle profonde contraddizioni che caratterizzano la società americana, come sempre divisa tra un forte attaccamento alla libertà e il bigottismo/conservatorismo che domina in molti Stati. Un intero paese scosso dalla sfrontatezza di due inglesi trapiantati e dal loro folle sogno, ossia raccontare con ironia (di quel genere che può nascere solo da un profondo amore) tutti gli eccessi e le follie degli States e portare i videogiochi allo status di media d'intrattenimento di massa. Un percorso costellato di difficoltà, idiosincrasie, defezioni, acerrimi nemici e straordinari successi economici, che, in ultimo, hanno contribuito a fare del videogioco il fenomeno di massa che oggi tutti condividiamo.
L'autore
David Kushner vive non lontano da Levittown, nel New Jersey. Giornalista di lungo corso, i suoi articoli sono stati pubblicati da testate illustri come il New York Times, Rolling Stone, Wired, IEEE Spectrum, Entertainment Weekly, Salon, Parade, Village Voice. Dal 1994 al 1996 ha collaborato come producer e editor presso il portale Sonic Net, celebre sito dedicato alla musica successivamente acquistato da MTV. È professore associato di giornalismo presso l'Università di New York e autore di diversi libri sull'industria del videogioco, tra i quali il più noto e riconosciuto è senza dubbio Masters of Doom. Wanted è naturalmente il frutto di molti anni di interviste e ricerche, rese ancora più complesse dal mancato supporto di Rockstar Games: tradizionalmente molto riservata, l'azienda non ha partecipato direttamente alla stesura del libro, trasformandola in una sorta di "biografia non autorizzata". Per quanto diversi dipendenti ed ex collaboratori abbiano contribuito rilasciando interviste (alcuni chiedendo di rimanere anonimi per paura di ripercussioni), Kushner ha dovuto lavorare spesso su materiale relativo ad interviste rilasciate in precedenza, anche da Sam e Dan Houser in persona.
L'edizione italiana
Curata da Multiplayer.it Edizioni, l'uscita italiana di Wanted nelle librerie avverrà nel mese di Maggio. Al prezzo di 19,90 euro il libro in formato hard cover sarà disponibile sia presso i rivenditori sia, naturalmente, sullo shop Multiplayer.com, dove potrete godere di uno sconto del 15%.
Due chiacchiere con David Kushner
Per celebrare l'uscita del suo libro in Italia sotto etichetta Multiplayer.it Edizioni, David Kushner ci ha concesso una brevissima intervista, eccola per voi.
Come hai affermato più volte nel libro, Rockstar è una compagnia molto protettiva. Hai incontrato difficoltà nel tuo lavoro di raccolta informazioni?
A dire il vero no, il libro è sostanzialmente una raccolta di informazioni raccolte nel corso di 10 lunghi anni, quindi il materiale non mi è mancato. Sono rimasto in prima linea nell'industria dei videogiochi per tutto quel periodo, dunque tornare indietro e rifare qualche intervista è stato molto divertente. L'attuale team Rockstar si è rifiutato di partecipare al libro, dunque è da considerarsi come "non autorizzato". Fortunatamente avevo già intervistato in passato i co-fondatori e diversi ex-dipendenti. In un certo senso il libro è una biografia del gioco stesso, dunque il mio compito è stato parlare con chiunque vi avesse avuto a che fare nella sua lunga storia.
Nella Nota dell'Autore parli di alcuni episodi molto curiosi, come la tua partita a GTA collegato a degli elettrodi, ma non li sviluppi nella trama del libro. Ti piacerebbe condividerne qualcuno con noi?
Ho raccontato molti di quegli episodi attraverso diverse pubblicazioni sulle riviste, dunque non dovrebbe essere difficile rintracciarli online. Una delle esperienze più divertenti è stato partecipare a una sessione di Dungeons and Dragons in versione carta e penna con uno dei suoi creatori, Gary Gygax. Ero davvero un nerd in Paradiso!
Nell'introduzione parli di un incontro di persona con Jack Thompson, avvocato conservatore e storico detrattore di GTA. Puoi dirci come è andata, considerato anche che Jack viene visto in quasi tutto il libro come un antagonista?
Jack è una persona interessante. Abbiamo viaggiato insieme qualche volta per delle conferenze nei college attraverso l'America e ci siamo trovati bene, perlomeno lontano dai riflettori. Sono rimasto colpito dalla sua passione per alcuni dei miei programmi televisivi preferiti, tra cui Curb Your Enthusiasm e The Ali G Show. Chi l'avrebbe mai detto? Peraltro, pubblicamente io e Jack abbiamo opinioni molto diverse sui videogiochi violenti; io senza dubbio non concordo sul fatto che andrebbero proibiti. Penso che la ragione principale sia lo stacco generazionale, io sono cresciuto giocando con i videogame, Jack non può guardare alle cose con questa prospettiva. Ho cercato di renderlo il più umano possibile nel libro, una persona vera con tutte le sue sfaccettature.
Raccontando la storia di GTA, con Wanted hai narrato anche l'ascesa dei videogiochi, da media di nicchia a forma d'intrattenimento di massa. Come vedi il futuro dell'industria, considerando anche questi ultimi anni di difficoltà economiche e licenziamenti, e l'ascesa dei giochi casual, social e mobile?
Penso che ci troviamo a cavallo della seconda Epoca d'Oro per i videogiochi, se consideriamo la prima come il boom dell'arcade negli anni 70 e 80. Le piattaforme mobile e social hanno reso nuovamente possibile per chiunque creare prodotti di grandissimo successo, proprio come i ragazzi di DooM hanno fatto negli 90 e quelli di DMA con Grand Theft Auto. Ci sarà sempre mercato per titoli blockbuster come GTA, ma adesso c'è anche una grandissima fetta dedicata al casual, a quelle persone che non escono senza uno smartphone con Angry Birds o Temple Run. Penso che l'epoca in cui i videogiochi venivano considerati pericolosi sia finalmente giunta al termine, e che ora si possa parlare di vero intrattenimento di massa.
Con Wanted e Masters of Doom hai raccontato al grande pubblico due meravigliose storie dell'industria del videogioco. Ce ne sono altre da raccontare, a tuo parere? Ce n'è qualcuna in particolare su cui ti piacerebbe lavorare in futuro?
Bé, mai dire mai! Ci vogliono storie davvero eccezionali per sostenere un intero libro. Per me cruciali sono sempre stati i personaggi e i cambiamenti culturali. DooM e GTA condividono proprio questi elementi. Forse un giorno scriverò un altro libro sul mondo dei videogame, ma al momento non ho piani al riguardo. Nel frattempo, continuerò ad occuparmi di videogiochi sulle riviste.
Un estratto dal libro
Per tutti i lettori pubblichiamo in esclusiva un estratto da libro Wanted. La Storia Criminale di Grand Theft Auto. Si tratta dell'intero prologo in versione integrale.
Prologo
Giocatori vs. Detrattori
Obiettivo - Raggiungere Capitol City
Prerequisito - Completare missione "Rockstar"
Condizione di rischio - I federali ti qualificano con il livello
"Wanted", poi sei in arresto!
Fin dove sei disposto ad arrivare per ottenere qualcosa in cui credi?
Un giorno d'inverno, Sam Houser stava andando molto più in là di quanto avesse mai immaginato o temuto, dritto fino a Capitol Hill per rispondere alle domande dell'FBI. A soli trentaquattro anni, il ragazzo aveva raggiunto il sogno di qualsiasi essere umano: passare dal nulla alla realizzazione delle proprie aspirazioni. Solo che questa volta la realtà minacciava di distruggere ogni sua conquista.
Giovane inglese sconclusionato a capo di un vero e proprio impero con sede a New York, Sam aveva sempre coltivato l'immagine del protagonista che era poi diventato. Capelli trasandati. Barba incolta. Occhi celati dietro occhiali da sole in stile aviatore. Rombo della Porsche nero corvino. Edifici torreggianti. Clacson dei taxi. Stazioni radio in scorrimento veloce. Procedeva a tutta velocità verso la meta, mentre il mondo gli scivolava accanto indistinto, come in una scena del videogioco che l'aveva reso ricco, e dunque ricercato: Grand Theft Auto.
GTA, il franchise pubblicato dall'azienda di Sam, Rockstar Games, era tra i videogiochi più venduti e celebri di tutti i tempi. Il solo GTA IV sarebbe entrato nel Guinness dei primati come prodotto di entertainment più proficuo della storia, lasciando dietro la sua scia visionaria perfino campioni d'incassi come i film dei supereroi o l'ultimo libro di Harry Potter. Le copie acquistate superavano ormai i 114 milioni, per un incasso di oltre 3 miliardi di dollari. Quella forza travolgente aveva contribuito a fare dei videogiochi il segmento dell'entertainment con la crescita più impetuosa. Nel 2011, il solo comparto dei giochi avrebbe superato le vendite di musica e gli incassi ai box office cinematografici, combinati.
GTA rivoluzionò tutta un'industria, definì un'intera generazione e ne fece infuriare un'altra, trasformando un prodotto a lungo pensato solo come passatempo per ragazzini in qualcosa di rilevante sul piano culturale, cinicamente divertente e soprattutto libero. Il titolo proiettava il giocatore "al centro del proprio universo criminale", come mi spiegò Sam. D'un tratto, ci si trovava nei panni di un cattivo che si muoveva in città immaginarie, ma meticolosamente ispirate alla vita reale: Miami, Las Vegas, New York e Los Angeles.
Per la folle congrega di inglesi che lo inventò, GTA fu una sorta di lettera d'amore dall'Inghilterra all'America, con tutti i suoi fantastici eccessi: sesso e violenza, soldi e delitti, moda e droga. Come ebbe a dirmi Aaron Garbut, talentuoso art director del gioco , il fine era "far sentire il giocatore protagonista di un folle cartone animato diretto da Martin Scorsese".
In apparenza, i giocatori erano chiamati a completare una serie di missioni per un campionario variegato di boss della mala: eliminare nemici, rubare auto, spacciare droga. Non solo: non dovevano attenersi a nessuna regola. In altre parole, GTA era un mondo aperto tutto da esplorare. Non c'erano record da battere o principesse da salvare. I giocatori potevano anche limitarsi a rubare un autotreno minacciando l'autista con la pistola, alzare al massimo la radio, schiacciare a tavoletta sull'acceleratore e sfogarsi su passanti, lampioni e qualsiasi altra cosa abbastanza sconsiderata da mettersi in mezzo alla strada in quel momento. Il fatto che si potesse anche andare a prostitute e uccidere gli agenti di polizia lo rendeva a un tempo controverso e allettante.
Sul piano personale, GTA aveva fatto del suo creatore una rock star del settore. Sam era un personaggio passionale, creativo ed entusiasta, e Time lo aveva inserito nella classifica delle personalità più influenti del mondo (insieme al presidente Obama, a Oprah Winfrey e al premier britannico Gordon Brown) "per aver dato vita a un autentico arazzo dei tempi moderni, minuzioso come quelli di Balzac o di Dickens". Variety definì GTA "una perfetta macchina sforna-soldi, pressoché priva di rivali in ogni altro settore dell'industria dei media". Il Wall Street Journal ribattezzò Sam "un luminare dell'era dei videogame. Uno stacanovista esigente e riservato, con un temperamento e un patrimonio pari a quelli di un magnate di Hollywood". Un editorialista paragonò invece l'azienda "ai ragazzi sull'isola del Signore delle mosche". Ma le lunghe ore di lavoro contribuivano soprattutto allo scopo ultimo di Sam: prendere questo prodotto diffamato e frainteso, i videogame, e renderlo perfetto, strabiliante. Certo, nessuno aveva previsto che un gioco ispirato alla criminalità potesse risultare davvero illegale. Ecco cos'era che in quella fredda mattinata lo portava a Washington.
Dopo anni di accuse a Grand Theft Auto, presunta fonte di assassinii e violenza, la politica aveva in mano quella che sembrava a tutti gli effetti la prova inconfutabile: un mini-game erotico occultato all'interno del nuovo GTA. La scoperta della sequenza, la cosiddetta "Hot Coffee", era esplosa nell'industria come il più grande scandalo di sempre, il Watergate dei videogiochi. Rockstar ne attribuiva la responsabilità agli hacker. Gli hacker a Rockstar. Politici e associazioni dei genitori chiedevano il divieto di commercializzare GTA.
E adesso tutti i protagonisti della vicenda chiedevano la verità, dai consumatori, che avevano intentato una class action da milioni di dollari,, alla Federal Trade Commission, l'agenzia del governo USA a tutela dei consumatori, che aveva aperto un'inchiesta su Rockstar. Quest'ultima era chiamata a chiarire se avesse o meno nascosto scene pornografiche all'interno di GTA per aumentare i propri introiti. In tal caso, sarebbe stata la fine del videogioco più celebre al mondo. Non a caso l'avvocato Jack Thompson, antagonista di Sam e crociato della morale, ammoniva: "Distruggeremo Rockstar, potete esserne certi".
Ma come si era arrivati a questo punto? La risposta è da cercarsi nella storia di una nuova generazione e del gioco che ne aveva tracciato i contorni. Come disse Marshall McLuhan, sociologo e studioso dei media: "I giochi rivelano molto della natura di un popolo". È difficile comprendere la mentalità di chi è diventato maggiorenne a cavallo del nuovo millennio senza prima conoscere GTA. Grand Theft Auto ha segnato, invero, la singolare adolescenza di un media possente, il suo sforzo di crescere e trovare una propria identità: un tipico frutto dell'era George W. Bush e della lotta per le libertà civili.
Il fatto di aver avuto successo durante uno dei capitoli più mutevoli della storia dei media non era un caso. Incarnava invero le libertà e le paure di quello strano universo che cominciava a farsi strada dall'altra parte degli schermi. GTA sembrava dividere il mondo in giocatori e detrattori: o lo si amava e ci si giocava, oppure no. Per gli appassionati, rubare una macchina nel gioco equivaleva a dire "tocca a noi. È ora di metterci al volante". Per i detrattori, non era altro che l'anticamera della criminalità.
Mentre Sam si accomodava davanti agli inquirenti della FTC, gli tornò in mente l'e-mail inviata a un collega quando si era trovato dinanzi al rischio di mandare a monte l'intero progetto GTA. "Il concetto di una catena di negozi tanto blasonata (ad esempio Walmart) da sentirsi in potere di dirci cosa possiamo inserire o no nel nostro gioco è inaccettabile sotto diversi punti di vista", scriveva. "Si tratta di materiale ludico del tutto accettabile per un adulto (lo è eccome!), pertanto dobbiamo solo continuare su questa strada e far sì che il nostro media sia accettato e rispettato come piattaforma d'intrattenimento mainstream. Abbiamo sempre mirato a varcare i confini: non possiamo fermarci adesso...".