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Cronache di guerra

Siamo volati in Inghilterra per conoscere le ultime novità su Medal of Honor: Warfighter

PROVATO di Marco Perri   —   14/09/2012
Medal of Honor: Warfighter
Medal of Honor: Warfighter
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La storia ci insegna come le azioni dell'uomo siano cicliche, racchiuse in una spirale che lascia poco spazio all'immaginazione. Un insegnamento difficile da digerire, specialmente quando la protagonista indiscussa della discussione è la guerra. D'invasione o di difesa non ha importanza poiché sono i vincitori a descriverne le gesta. Fortunatamente, se c'è uno strumento tanto caro a chi la storia, invece che viverla, desidera raccontarla, quello è proprio la finzione. Spielberg iniziò così, tanti anni fa, quando molti concetti di vita oggi scontati ancora non esistevano e solo i più anziani sapevano cose volesse dire combattere. Egli mise a frutto la sua esperienza dietro la cinepresa per far vivere in prima persona a ognuno dei giocatori del tempo il suono del campo di battaglia, e fu così che nel 1999 scrisse il primo Medal Of Honor. Ripensandoci, è stato proprio nelle battute iniziali della nostra intervista che un sincero senso di rispetto ha pervaso le parole di Greg Goodrich, Produttore Esecutivo di Medal Of Honor: Warfighter, nell'affermare come "abbia sentito sulle spalle tutta la voglia di fare il migliore dei tributi a Steven Spielberg nel dirigere i lavori del nuovo capitolo del franchise da lui creato".

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Prendere le redini di una saga che nel corso degli anni, tra alti e bassi, ha sempre mantenuto la propria base di utenza e oggi si ritrova a dover fronteggiare una competizione agguerrita è una sfida di certo impegnativa, ma quanto abbiamo visto volando a Londra e provando il titolo direttamente nella sede inglese di Electronic Arts non ha fatto altro che sottolineare la passione espressa dal produttore. E' vero, la versione testata era per Xbox 360, ma Mr Goodrich ci ha chiaramente confermato di come sia soddisfatto del risultato raggiunto su entrambe le console, in quanto "si è cercato durante lo sviluppo di creare una versione console che fosse esattamente quella voluta e che contenesse con assoluta dignità il nucleo del prodotto". Un po' come dire: i mezzi son quelli che sono, ma nonostante tutto rimarrete stupiti.

Una visione globale

Dopo aver visto in altre sedi le meraviglie della versione PC, è con curiosità che ci siamo seduti in una delle tavole rotonde degli uffici EA, decisi a sviscerare ciò che di buono il titolo ha da offrire su console e soprattutto scoprire quali siano le fondamenta sulle quali si basa il prodotto. Il produttore esecutivo ha iniziato subito a spiegare come lui e il suo team siano stati impegnati "nel rendere il franchise più globale, così che più nazioni potessero sentirlo loro poiché Medal of Honor è storicamente legato agli Stati Uniti d'America, con valori come onore, rispetto e fratellanza che definiscono il soldato. Si è sentito il desiderio di allargarsi, creare un titolo per chi in altre parti del mondo ha questa visione di giustizia e libertà". In questo, il multiplayer li ha decisamente aiutati, fornendo loro i mezzi per rendere l'esperienza più internazionale. Ci sono fan in ogni parte del mondo, questo è un dato certo, specialmente considerando come il recente Medal of Honor abbia venduto di più proprio fuori dagli Stati Uniti, ed è comprensibile per gli sviluppatori sentire una responsabilità nei loro confronti, rendendoli partecipi della storia.

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Una visione che li ha portati a unire il desiderio di creare qualcosa di diverso e la volontà di colorare in tanti modi le bandiere delle fazioni a disposizione, riuscendo quindi nell'intento di globalizzare e rivitalizzare la saga. Osservando la soddisfazione di Goodrich mentre mostra a schermo le forze speciali delle rispettive nazioni appare chiaro come il team si sia veramente focalizzato sul differenziare l'offerta di scelta dei soldati. Danger Close Games ha infatti lavorato con centinaia di operatori, tecnici, militari e soldati speciali per riprodurre fedelmente meccaniche e strategie belliche utilizzate, animazioni, fisionomia, vestiti e equipaggiamento a disposizione. Un lavoro certosino, che denota l'impegno nel voler rendere Medal Of Honor: Warfighter un'esperienza internazionale, e non solo per il messaggio che la trama reca con se. Il primo trailer mostrato, grazie a filmati in computer grafica splendidamente realizzati con la sempre più gettonata tecnica del motion capture, sottolinea come le facce della medaglia di questo titolo siano entrambe frutto di uno sviluppo approfondito. Da una parte un comparto multigiocatore che promette senza dubbio alta rigiocabilità, dall'altra una campagna in singolo che regali emozioni e riesca ad appassionare.

Soldati di ieri e oggi

In una generazione sicuramente non povera di sparatutto in prima persona con forte focus su trama e cinematica, Medal Of Honor: Warfighter non si distacca dalla formula, ma la narrazione promessa rivela grande personalità.

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Ci confessa Goodrich "Non è mai facile narrare una storia, è ancora più difficile farlo dal punto di vista di un soldato, essendo rispettosi ma allo stesso tempo ispirati dalle gesta dei soldati con i quali si è collaborato e lavorato. E' sempre una sfida cercare di raccontare in maniera realistica le sensazioni, i drammi e le scelte che si susseguono lungo sui campi di battaglia, ovunque essi siano". Un obiettivo ambizioso, temi molto delicati e il desiderio di dire la propria in un mercato competitivo sono gli ingredienti che vogliono rendere questo prodotto diverso dal resto. Il motore di gioco utilizzato è il Frostbite 2.0, fiore all'occhiello DICE, ed Electronic Arts ha scelto bene di fornire non solo i giusti mezzi per lo sviluppo ma anche, e soprattutto, la competenza. Il produttore esecutivo ci conferma che diversi impiegati DICE si sono trasferiti in California per aiutare Danger Close Games a manipolare secondo le necessità il motore, con tanti altri sviluppatori arrivati da altri team per aiutare ad utilizzare al meglio gli asset, i tool e ricevere nel migliore dei modi l'eredità spirituale di Battlefield 3.

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Sono le sue stesse parole a rivelarci le difficoltà che tra tematiche profonde, voglia di creare gameplay divertente e nuovi strumenti di programmazione sono state incontrate. "Noi siamo impegnati su una storia cinematografica, è vero, ma allo stesso tempo stiamo creando uno sparatutto in prima persona, quindi un gioco d'azione, molto dinamico. Se non crei un bel prodotto che possa attrarre l'interesse delle persone, nessuno si siederà ad ascoltare la tua storia. Vi sono state volte in cui ci siamo impegnati troppo sul creare dell'ottimo gameplay tralasciando degli elementi della trama, altri in cui invece l'attenzione è stata focalizzata sul narrare gli eventi invece che far divertire il giocatore. Non è mai semplice trovare l'equilibrio per portare avanti entrambe le cose". Le parole di Greg Goodrich sono comprensibili: essendo il seguito del Medal Of Honor uscito nel 2010, il team ha sentito propria la necessità di portare avanti la narrazione del brand nel migliore dei modi ma anche renderlo attuale a livello di meccaniche di gioco, senza sconvolgere la struttura conosciuta ed apprezzata ma rinfrescandone il contenuto.

Un fucile tra le mani

Dopo le dovute presentazioni, è finalmente arrivato il momento di sperimentare qualche minuto della campagna di gioco in singolo, pad ben stretto tra i pollici. Mr Goodrich ha tenuto a puntualizzare come la versione mostrata su Xbox 360 derivi da un codice finale ma non ancora ripulito dai bug, quindi di non spaventarsi per qualche compenetrazione di solidi fuori luogo o un po' di tearing a schermo. Il gioco non è ancora entrato in gold e non lo farà prima di qualche settimana, quindi nessun problema a chiudere anche entrambi gli occhi di fronte ad evidenti errori di bella calligrafia. Imperfezioni a parte, ad aprire le danze è una scena di intermezzo realizzata con il motore di gioco, in cui un capo di ribelli orientali scatena la sua ira sul responsabile dei suoi sottoposti per reiterati sbagli di missione proprio quando uno dei nostri cecchini spara il primo colpo.

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Finalmente liberi di scorrazzare per il campo di battaglia è facile notare come il Frostbite 2.0 sia un motore sviluppato con il PC in mente. I limiti di una console di sette anni fa sono evidenti anche a occhi meno esperti ed il risultato finale a schermo, per quanto piacevole e forzatamente lontano da pretese di fotorealismo, fa riflettere ancora una volta sul modo un po' perverso con cui gli alti budget richiesti per lo sviluppo dei titoli AAA abbiano fatto evolvere il mercato, creando molta imparità tra le piattaforme di sviluppo. La mappa di gioco è di buone dimensioni, una sequela di sezioni a binari guidata dalla trama porta a farci largo e superare le ondate di nemici che si frappongono. Il sistema di coperture riprende quanto già visto, con l'apprezzabilissima scivolata in corsa che rende più dinamico e reale lo scatto tra un proiettile e l'altro. Gli ambienti sfruttano le peculiarità del motore DICE, garantendo ottima distruttibilità delle coperture con effetti visivi permanenti su muri e scenari che aggiungono realismo allo scontro e variegate strategie di gameplay. A livello puramente tecnico è naturale non poter pretendere texture e particellari alieni alla capacità tecnica della console e, nonostante i limiti, il motore gestisce con buona disinvoltura la presenza di molteplici personaggi e mezzi a schermo; esplosioni, effetti ambientali e fisica dei liquidi che per quanto impallidiscano di fronte alla versione di riferimento riescono comunque a reggersi con dignità sulle proprie gambe, garantendo un'intensa esperienza di gioco. La sezione finale della demo fa salire su un elicottero, rendendo la vita facile grazie alla presenza di un mitragliatore che senza timidezza scatena quintali di proiettili sui nemici, un modo adottato dal team per mostrare la quantità di massa gestita dal Frostbite unitamente alla possibilità di sfruttare la distruzione e relative esplosioni delle automobili presenti

Respawn a chiamata

Dopo aver sfruttato una breve pausa per riordinare le idee e riposare gli occhi, Greg Goodrich non ha perso tempo ed ha utilizzato ogni minuto a disposizione per schiarire le idee sul multiplayer implementato e mostrare cosa il team ha preparato per chiunque vorrà abbracciare l'online di Medal Of Honor: Warfighter. Partiamo dalle fazioni di Tier 1 disponibili per la scelta: Navy Seals, OGA e SFOD-D dagli Stati Uniti, SARS Australiani, FSK/HJK Norvegesi, JTF-2 Canadesi, SAS Inglesi, GROM Polacchi, UDT Sud-Koreani, SOG Svedesi, ALFA Russi e KSK Tedeschi.

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Tante fazioni per creare una sorta di feeling da competizione sportiva, in cui tanti giocatori nel mondo potranno scegliere ìla propria nazione per combattere. Certo, un discorso del genere penalizza tutti gli stati non presenti nella lista, ma sarebbe immorale (ed impossibile) chiedere di più a un team che ha impiegato buona parte dello sviluppo nella caratterizzazione di ogni combattente e nel rendere varie le situazioni di gioco. Diversificare l'offerta ludica è stato uno dei focus del multiplayer, con varie modalità annunciate fino ad ora: Sector Control, Deathmatch, Hotspot e Home Run, tutte distinte per obiettivi, intenti e gestione delle strategie, ed altre da annunciare. Come se non bastasse, a disposizione vi sono sei classi, si potrà spaziare dal cecchino all'assaltatore al demolitore e così via. Diverse classi, fazioni, moltissimi modi per combinare le variabili e garantire così al gioco tanta varietà. Abbiamo avuto il piacere di sperimentare due sessioni di gioco nella modalità Hotspot: il fulcro del gameplay altro non è che far scontrare i due team rivali, uno impegnato a assaltare e far esplodere gli obiettivi casuali assegnati lungo la partita, l'altro a difenderli ed impedire che il detonatore, se piazzato, concluda la corsa del suo timer. Chi al meglio dei cinque avrà alla fine del tempo a disposizione soddisfatto più requisiti, vince la partita. La feature più interessante è senza dubbio il Fire Team: le squadre sono divise in gruppi da due soldati, in partita ogni personaggio potrà vedere in quale parte della mappa il proprio compagno è ubicato. Nel malaugurato ma molto probabile caso in cui si viene uccisi si potrà scegliere se comparire alle spalle del compagno (a meno che non sia impegnato in uno scontro a fuoco, in quel caso il contatore di respawn non descresce) oppure nel campo base, che può essere la base da difendere nel caso si sia nel team di difesa oppure un punto casuale lontano dall'azione se si è nella squadra di offesa.

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Bisogna dirlo, l'idea dietro il Fire Team è vincente e ben strutturata. Nonostante nelle nostre sessioni il compagno di squadra fosse sempre un ragazzo sconosciuto, il fatto che la nostra vita (ed il nostro gioco) dipendesse dalle azioni del camerata, e viceversa, ha contribuito a creare un palpabile legame di mutua sopravvivenza che ha aggiunto differenti sensazioni ad altre già sperimentate. Il respawn rapido, la possibilità di ricaricare salute e munizioni riavvicinandosi al compagno dopo essere stati sconfitti, la strategia di scegliere se buttarsi come lupi solitari in facili scontri o attendere l'arrivo del commilitone per tentare l'affondo in coppia sono tutti fattori che donano dinamicità e frenesia, ravvivando una base di gameplay ormai vista in tantissime salse e difficile da rinnovare. Plauso obbligatorio allo sforzo morale e ludico di Danger Close Games, in fondo è stato proprio Mr Goodrich a dichiarare come "il Fire Team è una caratteristica che mi rende particolarmente orgoglioso. Il multiplayer cooperativo è qualcosa che generalmente non trovi in un gioco, e quando abbiamo mostrato il nostro concetto di cooperativo ad altri amici nell'industria sono rimasti molto ben impressionati. Pollice alto!" A scanso di ogni equivoco o sospetto, insomma. Con una data di uscita confermata per fine ottobre 2012, Medal Of Honor: Warfighter porta con sé promesse e speranze di poter prendere parte a una trama che sia realistica e basata su esperienze di guerra raccontate dai soldati. Un viaggio che non si vuole avventurare tra una fantapolitica troppo spinta ma che invece pone l'accento sulle sensazioni, i sogni, gli affetti e le paure di chi ogni giorno parte per il fronte. In un mercato dove sono la spettacolarità e l'azione esplosiva a premere continuamente l'acceleratore, è confortante vedere che ogni tanto qualcuno vuole fermarsi un attimo e farci riflettere in un modo tutto diverso su chi siano questi uomini e cosa voglia dire essere tempestati di proiettili con i propri cari lontani, il tutto rinforzato da un comparto multigiocatore ottimamente strutturato. La guerra è sempre la stessa, ma si può dire lo stesso dei suoi protagonisti?

CERTEZZE

  • Storia realistica e curata
  • Online ben strutturato
  • Fire Team innovativo

DUBBI

  • Su console si sente il peso degli anni
  • Tutto molto lineare e story driven
  • Alcune situazioni inflazionate nella Campagna