La GDC non è fatta solo di annunci e titoli completamente inediti, anzi, ma soprattutto di parecchie conferenze che approfondiscono aspetti legati a titoli già disponibili o in arrivo, permettendo di avere un punto di vista differente sullo sviluppo. Forse sono meno interessanti per chi segue da casa, molto di più per gli addetti ai lavori e i giornalisti presenti sul posto.
Tra le tante alle quali abbiamo assistito, una particolarmente riuscita è stata quella dedicata a Diablo III: Reaper of Souls, incentrata sul processo creativo e "filosofico" che ha portato Blizzard a modificare alcune fondamenta del titolo originale a beneficio dell'espansione, riguadagnando la fiducia dei fan. A raccontare tale processo ci ha pensato Josh Mosqueira, game director, che ha affermato come all'interno del venerabile studio californiano i feedback dei giocatori si sono rivelati importantissimi. E proprio a causa di questi l'uscita dell'espansione, inizialmente prevista per novembre 2013, è stata posticipata di qualche mese: ebbene si, contrariamente al credo popolare, anche in Blizzard esistono le scadenze. Le fondamenta principali della saga di Diablo possono essere riassunte in tre elementi cardine: il fantasy e la battaglia epica contro le forze del male, con la promessa di un loot epico. Senza dimenticare un end-game interessante per tutti, con sempre qualcosa da fare e un online focalizzato sulla cooperazione, la community e gli aspetti social. Purtroppo però l'arrivo di Diablo III non si è manifestato nella maniera sperata, e in tal senso abbiamo apprezzato la schiettezza di Mosqueira nel raccontare quanto accaduto e fare mea culpa.
Di come Blizzard abbia fatto mea culpa e ribaltato come un calzino la sua adorata saga di Diablo
La strada verso la redenzione
Dopo dieci anni dal secondo capitolo il livello di attesa da parte dei giocatori era diventato incredibile, e l'arrivo nei negozi di Diablo III è stato un successo sotto diversi punti di vista: 6.6 milioni di copie vendute (un numero caro agli sviluppatori), tanti fan agli eventi di lancio e recensioni positive da parte della stampa, con una media voti pari ad 88 su 100. Di contro però l'inferno con i server, letteralmente esplosi per giorni nonostante Blizzard fosse a conoscenza dell'attesa attorno al gioco, ed un feedback generale a dir poco pessimo, che ha portato ad un bel 3.9 su Metacritic da parte degli utenti. Quali sono le motivazioni principali di questa votazione a dir poco mediocre? Oltre alla questione connettività Diablo era troppo difficile da affrontare e al contempo poco divertente, il bottino era estremamente parco in termini di oggetti leggendari e non era chiara la distinzione tra equipaggiamento di rarità differente. Come ulteriore aggravante non di rado poteva capitare di ottenere oggetti di altre classi invece che la propria.
Lo stesso Mosqueira ha raccontato l'esempio personale di aver ricevuto il primo leggendario dopo parecchie ore di gioco, un arco non utilizzabile dal Barbaro che aveva scelto: proprio relativamente a questa classe sono famosi alcuni video che mostrano i giocatori rompere le anfore anziché combattere i nemici, perché più facili e profittevoli in termini di bottini. A rincarare la dose ci ha pensato la Casa d'Aste, ribattezzata dallo stesso Mosqueira come una versione medievale di Ebay, che ha portato la gente a dedicarsi di più al farming e alla vendita che al divertimento vero e proprio. Insomma un mix di criticità che ha generato un feedback negativo ed una notevole depressione all'interno del team di sviluppo, nonostante le vendite eccellenti del gioco. A questo punto, aggiungiamo noi, il talento di un grande sviluppatore come Blizzard è venuto alla luce, ripercorrendo tutti gli errori commessi a partire dal lancio della beta, che per Diablo III sembrava essere più una demo per via della lunghezza e la limitazione di poter raggiungere il livello 12 al massimo. Quella di Reaper of Souls è stata decisamente migliore ed estensiva, e anche i server al lancio sono riusciti a reggere senza troppi patemi la mole impressionante di giocatori presenti. Josh Mosqueira ha sottolineato il ruolo molto importante rivestito dal lancio console del titolo originale, che ha permesso al team di sviluppo di ampliare gli orizzonti, dialogare con un sistema di controllo completamente differente, che poi si è rivelato efficace, e sperimentare tutta una serie di perfezionamenti, adattamenti al sistema di difficoltà e di combattimento che si sono rivelati cruciali anche per sviluppare l'espansione. Da queste premesse si sono materializzati i due capisaldi che ne hanno determinato il successo, con il primo rappresentato dal cosiddetto Bottino 2.0. Gli sviluppatori hanno infatti rivisto del tutto sia la quantità che la qualità del drop, riducendo la prima e aumentando la seconda e bilanciando in aggiunta la componente di casualità, per non incorrere (troppo) in oggetti inutili per la propria classe. D'altronde un gioco come Diablo si basa proprio sul piacere da parte dei giocatori di tornare a giocare per ottenere un equipaggiamento migliore, fino ad esaltarsi in seguito all'aver trovato un oggetto leggendario.
Tali oggetti definiscono il proprio equipaggiamento e incoraggiano la diversificazione, e Blizzard di concerto ha migliorato anche l'interfaccia per rendere più chiara la distinzione in base alla rarità ed i perk di ogni singolo oggetto presente all'interno del gioco. La modalità avventura con le taglie e i varchi ha finalmente garantito un end game interessante e duraturo; la ciliegina sulla torta, in realtà estremamente importante e meno sofferta di quanto si possa pensare, è stata la chiusura definitiva e inappellabile della casa d'aste, che ha permesso allo sviluppatore di preservare l'integrità del gioco e la volontà degli utenti di divertirsi anziché passare il tempo a fare shopping o vendere il risultato del proprio farming. Quello che è accaduto quindi è stato un piccolo capolavoro, un inversione di tendenza che ha portato Diablo III: Reaper of Souls a diventare quello che sarebbe dovuto essere il titolo originale, adorato dai suoi giocatori, compreso il sottoscritto, e in grado di perseguire i tre pilasti dei quali abbiamo parlato ad inizio articolo. Se vogliamo, un esempio da seguire da parte di tanti altri sviluppatori, che ci porta naturalmente a scagliare una frecciatina ad esempio verso Bungie ed il suo Destiny, allo scopo di non buttare alle ortiche l'ottima base presente già oggi.