Seconda parte del nostro speciale sulle serie famose. O, meglio, su quello che non funziona delle suddette. Abbiamo ripescato dalla nostra memoria storica alcuni brand, naturalmente molto conosciuti, dai quali abbiamo estratto i giochi meno riusciti. Qualora voleste recuperare la prima parte, non dovrete far altro che cliccare qui. Siete d'accordo con noi? E ora sotto con la graffiante disanima, ma non dimenticatevi di darci il vostro parere.
Qual è stato il peggior Need for Speed? Esiste uno Zelda meno riuscito? Scopriamolo insieme...
Prince of Persia (2008)
A poter esondare dal genere videoludico sicuramente avremmo inserito volentieri il film, reo di aver violentato la memoria di una serie che non meritava questa fine. Nel 2008 però, sotto la voce "reboot" e per questo privo di sottotitolo, ecco il ritorno del guerriero iraniano, che prova a conquistare il cuore delle giovani generazioni. Alla prova dei fatti non si può semplificare questo lavoro come brutto, anzi, l'idea di un cell shading color pastello e con un retrogusto onirico è piacevole. Peccato aver incontrato una trama che non decolla, in nessuna circostanza, molto backtracking e una esagerata ripetitività di situazioni e nemici. Anche sotto il profilo platform non brillava, ma l'artiglio e i potenziamenti hanno regalato qualche gioia. Elika è stata un'introduzione interessante, impedendoci di morire virtualmente ma non dalla noia... Ora il brand ha pagato pegno con un isolamento forzato dai nostri schermi e lo vorremmo di nuovo in forma. Magari per una sorpresa all'E3 2015?
Medal of Honor: Warfighter
La corsa per tentare di arrestare l'immenso potere di Call of Duty era ancora in pieno fermento. Electronic Arts aveva ben due cartucce da sparare tra le fila dei suoi brand guerrafondai. Battlefield, legato ad una tipologia di sparatutto più tattica e riflessiva. E Medal of Honor, più orientato all'azione. Warfighter fece l'errore di non riuscire ad essere un degno concorrente della produzione Activision, a cui faceva piuttosto esplicitamente riferimento. Non è stato in grado di legare il giocatore ai personaggi, slegando le ambientazioni dalla trama e relegando l'esperienza multiplayer ad un compitino con poca sostanza. I nemici saltavano fuori volendosi far uccidere, la linearità della trama era così telefonata da portare alla noia in poco tempo... insomma, una "guerra" da dimenticare.
Need for Speed: Pro Street
Anche in questo caso ci troviamo con un patetico tentativo di traslare una serie videoludica al cinema, dimenticandosi che Fast and Furious c'era già riuscito in modo involontario. Tra i giochi più brutti del ventaglio di titoli che hanno tentato l'impresa, è difficile non citare Pro Street. Fu il risultato di uno studio su un nuovo motore grafico, che come sempre si fece attendere e fu poi assemblato di getto, impacchettato e buttato sul mercato. Non aveva difetti specifici - anche se non fu mai un mostro in fatto di ottimizzazione hardware - ma non riusciva ad eccellere in nulla. Una mancanza imperdonabile fu l'assenza di senso di velocità, soprattutto considerando come ci aveva abituati bene Underground. Perdeva mordente rispetto ad altri capitolo anche per il fatto che erano eventi "legali", senza la polizia alle calcagna.
Final Fantasy XIII: Lightning Returns
La saga di Fabula Nova Crystallis si arricchisce di un nuovo capitolo. Il mondo di gioco è sicuramente molto vasto e interessante da esplorare, così come la storia che fa da sottofondo alle vicende riesce a destare l'attenzione di chi stringe il pad e fissa il monitor. Il sistema di combattimento gode di alcuni miglioramenti, ma è certo che la coraggiosa scelta di una deriva più action non è piaciuta a tutti e purtroppo non è questo il difetto peggiore. Sì, la protagonista è proprio la ragazza che condivide il doppiatore di Solid Snake e che per la terza volta torna sugli schermi con uno dei più controversi capitoli di tutta la saga. L'enorme investimento per il motore grafico doveva avere un riscontro che permettesse a Final Fantasy XIII di vedere la luce in più episodi, operazione simile a quanto era avvenuto con il decimo episodio, ma qui in realtà ci troviamo una corda che è stata tirata ben oltre la sua possibilità di tensione. Le quest sono di una banalità disarmante per la maggior parte dei casi e quel maledetto conto alla rovescia, che segna il tempo rimasto prima dell'Apocalisse, evoca un orologio a cucù più che una spada di Damocle che oscilla sopra la testa del giocatore.
The Legend of Zelda 2: Adventures of Link
Con The Legend of Zelda stiamo camminando sui carboni ardenti. Abbiamo trovato davvero con grande fatica quello che è il capitolo più zoppicante di sempre. The Legend of Zelda 2 si dimostrò una variante coraggiosa, con un cambio di prospettiva che però non soddisfò tutti i palati. Ma non fu quello il problema. The Legend of Zelda non può essere un prodotto di facile consumo, ma in questo frangente siamo a un caso limite, soprattutto nel momento in cui la morte porta necessariamente a dover ricominciare tutto dall'inizio dell'avventura! La gente poi adora ancora oggi scervellarsi con i puzzle, talvolta ostici, in alcuni casi anche troppo, mentre in questa versione avevamo a che fare per la maggior parte del tempo con i nemici armati fino ai denti che volevano il nostro scalpo. Non fu un gioco brutto in senso assoluto, tanto che per molti è ancora oggetto di venerazione, ma a noi fa piacere che l'evoluzione della serie sia stata costruita su meccaniche diverse e più piacevoli, attingendo da alcuni elementi dell'originale.
New Super Mario Bros. 2
La versione per Wii U non aveva dimostrato di brillare di luce propria, ma quella per Nintendo 3DS forse fu ancora peggio. Certo non sono mai mancate le varianti nelle location tematiche, la raccolta delle monete, che qui fu portata all'esasperazione, e i pilastri immancabili in ogni produzione Nintendo basata sui fratelli idraulici. La scelta però, molto opinabile, di abbassare la difficoltà a livello esagerato portò a creare un titolo bello, divertente, colorato ma che si potrebbe riassumere con: "non c'è genio, non ci sono intuizioni e non c'è originalità", come scrisse il nostro Alessandro Bacchetta in fase di recensione.
Mario Kart Wii
Certo se oggi qualcuno di voi prendesse in mano per la prima volta un pad, infilasse la cartuccia di Mario Kart nel Super Nintendo e provasse a fare un giro, quasi sicuramente troverebbe maggiore frustrazione che in un'intera sessione in un gioco della serie Souls. Quel gameplay, ai tempi, funzionava alla grande anche se richiedeva dedizione. Al contrario una delle peggiori incarnazioni fu la versione per Nintendo Wii, perché la regola d'oro, per ogni generazione, è innovare la formula e non solo la grafica. Si potrebbe comunque evidenziare il fattore estetico, ovvero quello meno importante, per segnalare come questa produzione sia stata la più sciatta e con meno "carattere" della serie. Anche l'intelligenza artificiale non si è mai dimostrata all'altezza, senza contare le poche piste realmente degne di nota. Le moto aggiungono verve al ventaglio di possibilità, ma con il drift automatico ci siamo abituati troppo bene.
Grand Theft Auto 4
Ne abbiamo parlato recentemente, citando i DLC di questa versione, e ne è emerso un dibattito comunque interessante a sua difesa all'interno dei commenti. Citeremo comunque di seguito il perché questo titolo, che è una gemma nel panorama videoludico mondiale, rispetto ai suoi predecessori e al seguito risulti meno piacevole. La ripetitività nelle missioni, fattore imprescindibile in un gioco di questo tipo, qui tocca livelli piuttosto alti di banalità. Una grande mappa cittadina, certo, ma meno interessante e "ricca" rispetto a quelle del quinto episodio o di San Andreas. Anche lo stile generale è sottotono, non raggiungendo la raffinata decadenza di un patinatissimo Vice City, il clima solare di San Andreas o le zone esotiche, montane e cittadine dell'ultimo uscito. Se poi ciò non bastasse, non si può che aggiungere che fare la conoscenza di Niko Bellic, tra tutti gli altri anti-eroi, non sia stata un'esperienza al top.
Devil May Cry 2
Qualche volta vagliare il titolo più brutto di una serie può essere semplice, come in questo caso. Il capitolo da dimenticare è il numero due. Odiato da tutti, forse anche dagli stessi sviluppatori, ha dimostrato di essere un vero incubo poligonale. Cattiveria a parte, in realtà la rabbia si scatenò più per il contrasto netto con il predecessore, che all'esatto opposto fu un capolavoro senza tempo, con alcune combo artistiche e tanta varietà, oltre ad una trama epica. La fretta di sfornarne un altro fece inciampare Capcom su una grafica approssimativa, una cura per i livelli che andava scemando proseguendo attraverso la storia, nemici dimenticabili e una longevità prossima allo zero... insomma non ne combinarono una giusta.
Tomb Raider: The Angel of Darkness
Un titolo che ha fatto molto discutere, forse in assoluto la più grande attesa di sempre (fino a quel momento), preceduto da un hype smisurato. È certo che le ultime produzioni su PlayStation, quella originale, a cadenza annuale avessero poco a che fare con i primissimi, splendidi capitoli, ma qui si è toccato il fondo del barile, andando a minare in modo definitivo l'amore per un brand che era già in declino. Lara Croft apparve sicuramente più ricca di poligoni, ma non c'era molto altro per cui gioire nonostante alcune missioni non furono totalmente da buttare. Il risultato fu uno script di fondo non chiarissimo, frutto di numerosi arrangiamenti, ma soprattutto una marea di bug e problemi.