Molti videogiocatori non hanno (o non hanno più) a disposizione il tempo per iniziare un'avventura che li accompagnerà per decine di ore della loro vita. Alcuni nemmeno vogliono farlo, in realtà, e preferiscono esperienze più "compresse" e intense, che gli lascino qualcosa senza chiedergli continui ritorni. Capitano anche dei periodi refrattari in cui si vuole inframezzare un'esperienza più lunga con una più veloce, per riposarsi prima di una nuova maratona videoludica. Insomma, qualsiasi sia il motivo per farlo, ogni tanto è lecito e in un certo senso anche giusto dedicarsi a titoli più brevi. Scopriamone quindi dieci che si possono finire in una sola giornata offrendo comunque storie memorabili, visioni estetiche particolari o entrambe. Il criterio per selezionarli è stato molto semplice: sono tutti videogiochi terminabili in meno di sei ore. Qualcuno potrà obiettare che una giornata prevede molte più ore di veglia e che volendo è possibile terminare anche titoli che durino di più, complessivamente. Lo sappiamo, ma diciamo che abbiamo scelto di favorire un approccio meno stressante alla questione. Abbiamo cioè evitato i casi in cui sia richiesto un impegno che non tutti possono permettersi (un'intera giornata passata a giocare). Ma bando alle ciance e iniziamo.
Scopriamo dieci giochi brevi e intensi da finire in una sola giornata
Brothers: A Tale of Two Sons
Succede a volte di incappare in videogiochi capaci di esprimere sentimenti fortissimi attraverso i soli mezzi espressivi offerti dal medium videoludico. Brothers: A Tale of Two Sons è uno di questi. Quello di Starbreeze Studios è un titolo apparentemente molto semplice e ben definito dal punto di vista delle sue meccaniche: un'avventura in cui si guidano due fratelli con caratteristiche diverse lungo una serie di scenari con dei puzzle da risolvere. Presto però si capisce che c'è qualcosa di più e, dopo lo sconvolgente finale, si finisce per rileggere l'intera esperienza in modo differente. Ci troviamo di fronte a un titolo importante per ciò che è e per come racconta la sua storia, senza alcun fronzolo e senza enfasi. Perché spesso le favole hanno risvolti amari e non finiscono come speravamo. Possiamo rifiutarle anche se sono la cosa più vicina alla vita di cui possiamo fruire.
Dear Esther
In Dear Esther, il primo titolo di The Chinese Room, il giocatore attraversa un'isola visitandone tutti i luoghi più caratteristici. Ogni tanto parla rivolgendosi a una certa Esther, come se le stesse scrivendo delle lettere. Gli argomenti che tratta sono diversi, apparentemente slegati tra loro, ma in realtà unendoli vanno a formare e sostenere un discorso più ampio che, legato all'ambientazione, porterà a comprendere la folle disperazione in cui è immerso il protagonista, abitante di un luogo che diventa sempre più l'allegoria della sua angoscia e in cui l'unica flebile speranza si trasformerà in un gesto estremo. Dear Esther è un titolo importante per molti motivi. Uno di questi è la dimostrazione di quanto sia difficile realizzare un walking simulator che funzioni davvero. Apparentemente si tratta di un genere molto scontato dal punto di vista realizzativo, ma nella pratica è fin troppo facile finire per riempirlo con la propria banalità, che viene messa ancora più a nudo dalla mancanza dal supporto delle meccaniche ludiche. Dear Esther riesce a evitare compromessi e soluzioni facili dal punto di vista artistico. Anche per questo è un capolavoro.
Her Story
Her Story è un titolo narrativo in cui il giocatore deve ricostruire la storia della protagonista, Hannah, guardando i video di tre settimane d'interrogatori che la donna ha subito dalla polizia. Partendo da un primo filmato, il giocatore dovrà osservarlo attentamente ricavandone delle parole chiave da cercare nell'archivio a sua disposizione, per far venire alla luce altri video. In totale ci sono 271 frammenti, alcuni più rilevanti per capire cosa è successo, altri più legati alla personalità della donna, altri ancora quasi un racconto nel racconto. Il risultato è una specie di narrazione cubista, in cui spetta al giocatore mettere insieme i pezzi e dare un senso compiuto al tutto, andando oltre le apparenze. Her Story riesce a coinvolgere con la sua struttura aperta e con la libertà interpretativa che lascia per tutta l'investigazione. Non bisogna farsi ingannare dalle sue semplici meccaniche di gioco, perché nasconde molto di più di ciò che si vede.
Journey
Journey è una rappresentazione del viaggio inteso come ricerca di sé. Gli sviluppatori non danno mai indicazioni precise al giocatore su ciò che deve fare, lasciando che sia lo scenario a suggerire la meta da raggiungere. Sulla strada si possono incontrare altri viaggiatori umani, con cui non si può parlare direttamente, ma con cui si stabilisce una forma di comunicazione silenziosa, quasi poetica, che è condivisione della strada fatta e sentimento della presenza dell'altro. Le parole umane avrebbero rovinato tutto. Journey offre anche dei puzzle ambientali: niente di troppo impegnativo o che possa bloccare qualcuno, ma utili per vivificare lo sforzo di questo viaggio dei viaggi, che ci coinvolge in una solitudine cosmica immane, conducendoci per mano alla scoperta di un sublime videoludico di sconvolgente e indefinibile bellezza.
Monument Valley
Monument Valley è ricerca estetica pura. Ispirandosi alle geometrie impossibili di Escher, lo sviluppatore Ustwo ha realizzato un titolo mobile importante per la sua ricchezza visiva e per la capacità di rielaborare la materia pittorica trasformandola in materia videoludica, dandogli così un senso diverso, che va oltre la fascinazione epidermica. Monument Valley non è solo un puzzle game, ma è un gioco che rilegge lo spazio virtuale piegandolo all'impossibile, creando cioè una visione del bello, inteso nella sua accezione più ampia, dentro un tessuto solo apparentemente canonico. È anche un titolo emozionante, capace di raccontare la storia della decadenza di un regno senza confini certi attraverso l'uso di pochi elementi padroneggiati alla perfezione. Insomma, quello di Ustwo è il titolo perfetto per chi è alla ricerca di un'esperienza profonda, ma poco impegnativa, che lo accompagni per una giornata di gioco e poi per tutta la vita.
Papo & Yo
Papo & Yo è uno dei pochi videogiochi a essere riuscito ad affrontare un problema importante come l'alcolismo senza scadere nel banale tentativo di catechizzare il giocatore e senza ricorrere ai cliché più abusati. Guidare il protagonista di piattaforma in piattaforma, facendogli prendere coscienza della verità, mentre collabora e si scontra con un mostro che è tale fuori e dentro, si rivela un'esperienza emozionante e sfaccettata, che riesce a far dimenticare alcune ingenuità realizzative che caratterizzano il gioco. Anche lo scenario, davvero originale, con delle deviazioni artistiche sempre più marcate mano a mano che la storia prende corpo, aiuta a immergersi nel dolore di quello che si rivelerà essere un trapasso inevitabile, l'unico modo per superare uno di quei traumi che può distruggere un'esistenza.
Prune
Prune è lentezza e amore per la forma. È una rappresentazione riuscitissima dell'arte orientale del bonsai che, nella sua essenzialità, denota un profondo amore per la natura e per l'acerrima lotta che le piante sostengono per arrivare alla luce. Si tratta di un titolo rilassante ma a suo modo riflessivo, in cui il contemporaneo si fonde con l'universale. Il giocatore deve piantare e far crescere fino alla fioritura degli alberi, potandoli con cura in modo da lasciare che la loro linfa vitale scorra nei rami più tesi verso il Sole. Le difficoltà possono essere diverse, da spazi troppo stretti per la pianta, al vento che distorce il tronco, ad ostacoli che se toccati finiscono per seccare l'intero albero. Nei livelli avanzati le cose si complicano, ma sempre in modo graduale e ragionato, così da permettere al giocatore di procedere senza fatica.
The Beginner’s Guide
Torna l'autore di The Stanley Parable, Davey Wreden, con un titolo che ha fatto molto parlare di sé per i suoi contenuti (ogni tanto capita, fortunatamente). The Beginner's Guide ha come protagonista Wreden stesso che racconta al fruitore l'opera di un altro sviluppatore, un certo Coda, attraverso i suoi videogiochi. Presto però il racconto diventa qualcos'altro e si inizia a comprendere il vero obiettivo di Wreden: la negoziazione con il successo, che lo ha gettato in uno stato di profonda alienazione. The Beginner's Guide è un'analisi lucida e spietata del processo di messa in gioco, utile per capire il senso attribuibile ad alcuni elementi di gameplay e per tracciare un'evoluzione nella funzione di certi aspetti del nostro mondo che tendiamo a sottovalutare. È anche un videogioco terribilmente umano, in cui il suo autore si mette a nudo avviando un dialogo sincero con il suo pubblico, che non manca di analizzare e criticare. Insomma, siamo di fronte a uno di quei titoli fondamentali per chi gradisce un approccio più artistico e meditato al medium videoludico. Un'esperienza unica.
The Swapper
The Swapper è stato definito un platform puzzle game esistenzialista per la sua capacità di dare una dimensione narrativa ai puzzle che offre e per i temi che affronta. Non per niente gli autori si sono poi dedicati alla scrittura, insieme a Croteam, di The Talos Principle, uno dei capolavori del genere. Ambientato nello spazio, The Swapper dà al giocatore due apparecchi, intorno ai quali sono costruiti tutti i suoi enigmi: un clonatore da polso e lo Swapper. Il primo serve per generare un massimo di quattro cloni del protagonista, da usare in vari modi, mentre il secondo permette di trasferirne l'anima in uno dei cloni. Ne risulta un gameplay basato sul ragionamento in cui bisogna capire come sfruttare i poteri a disposizione. Ad esempio vogliamo raggiungere una sporgenza troppo distante? Basta crearci un clone, trasferirci l'anima e il gioco è fatto. Sembra tutto davvero molto semplice (in realtà più si va avanti e più la vita si complica), ma siamo sicuri di non perdere qualcosa di noi stessi tra un trasferimento e l'altro? Qualcosa che ci definisce in quanto individui?
The Vanishing of Ethan Carter
The Vanishing of Ethan Carter ha un modo moderno di intendere l'avventura. Il giocatore non è chiamato solo a risolvere enigmi, ma anche a ricostruire il tessuto narrativo che è vincolato alle sue scoperte. Il risultato è interessante quanto ambiguo e lascia intravedere grandi possibilità, che si concretizzano in un accavallarsi di situazioni che conducono a un finale inatteso quanto drammatico. Nei panni di un investigatore privato dobbiamo indagare sugli strani eventi che ruotano intorno alla scomparsa di Ethan Carter, in un piccolo mondo aperto estremamente dettagliato, che sembra uscire da un romanzo di Stephen King, dove natura e mistero si fondono inesorabilmente. Degno di menzione il sistema di ricostruzione dei crimini, che avviene attraverso dei flashback spirituali, ossia riordinando le tracce dei ricordi lasciati nell'ambiente di gioco. The Vanishing of Ethan Carter non è perfetto, ma è migliore di molti titoli perfetti.