Vent'anni fa, in questo periodo, usciva uno dei titoli che avrebbe cambiato la storia dei videogame d'avventura e, grazie alla sua protagonista Lara Croft, perfino il modo stesso con cui i videogiochi venivano visti "dall'esterno", sdoganandoli dal loro ruolo di prodotti di intrattenimento riservati a un pubblico di nicchia. Per celebrare degnamente il ventennale della sua pubblicazione, già festeggiato con una recente uscita, e in generale della serie che ne ha preso il nome, abbiamo pensato di raccontarvi la storia, le curiosità e gli aneddoti sulla genesi del capostipite e della sua protagonista, in uno speciale che vuole essere un semplice omaggio a una delle saghe più amate di tutti i tempi e alla sua indiscussa eroina.
Festeggiamo insieme i 20 anni di una delle serie più amate dal pubblico: Tomb Raider!
Da Rick Dangerous a un’archeologa con l’airbag
Tomb Raider nacque dal genio creativo di Andy Green, Jeremy Heath-Smith e Simon Phipps, leader del team di sviluppo britannico Core Design, nato nel 1988 da una costola di Gremlin Graphics, e quello artistico di Paul Douglas e del disegnatore Toby Gard. Nel 1993 Core Design guardava con un certo interesse alle console a 32-bit, dal SEGA Saturn, di cui si procurarono il kit di sviluppo, alla futura PlayStation di Sony. Per il team di sviluppo, infatti, le nuove e più performanti piattaforme potevano fornirgli l'occasione per poter avviare dei progetti qualitativamente importanti. Uno di questi era un'avventura dalle ambientazioni esotiche e dalla grafica 3D caratterizzata da un ritmo di gioco lento e ragionato. Quasi un film interattivo, in cui buona parte del gameplay sarebbe stato basato sulla risoluzione di enigmi.
Già qualche anno prima, nel 1989, il team di sviluppo aveva mostrato un certo interesse per le storie ambientate nella giungla con il platform Rick Dangerous, rilasciato su Amiga, Atari ST, Amstrad CPC, ZX Spectrum, Commodore 64 e computer con sistema DOS. Protagonista di quel gioco a piattaforme era un agente britannico dal look simile a quello di Indiana Jones, impegnato a sopravvivere nel bel mezzo della foresta amazzonica. Fra trappole da evitare, enigmi da risolvere e oggetti da scoprire, il giocatore doveva controllare il simpatico Rick lungo percorsi predefiniti, facendosi largo a colpi di pistola e di esplosivo fino alla fine dei livelli. Le ambientazioni e alcuni elementi del gioco denotavano già allora, come detto, il particolare interesse di Core Design verso quelle tematiche che sarebbero state sviluppate negli anni a venire, e che avrebbero costituito la base del ben più ambizioso progetto a cui il team avrebbe mai lavorato, vale a dire Tomb Raider. E qui torniamo al 1993, al SEGA Saturn e alla PlayStation di Sony. Stabilito il titolo e le ambientazioni del nuovo progetto, bisognava occuparsi del design del protagonista.
Il compito di dargli un volto venne affidato a Paul Douglas e al disegnatore Toby Gard, il quale si mise subito al lavoro. L'artista pensò inizialmente di dar vita a un avventuriero armato di pistola e di frusta, ma dopo mesi di disegni preparatori decise che a dispetto dei cliché del tempo, l'eroe del nuovo videogioco di Core Design sarebbe stato una donna. Una vera e propria svolta epocale dato che fino ad allora la figura femminile era vista nei videogiochi come una presenza di contorno, relegata quasi sempre al ruolo di vittima. Iniziarono così una lunga serie di bozzetti che portarono all'elaborazione iniziale di Laura Cruz, una ragazza sudamericana dal carattere spigoloso e armata di due pistole, ispirata alla protagonista del fumetto Tank Girl, e alla cantante hip hop Neneh Cherry. Questa idea venne però ben presto abbandonata, in quanto la software house riteneva che il personaggio avrebbe esercitato poco appeal sul pubblico europeo e statunitense. Inoltre secondo i membri del team, la ragazza male si adattava al concept di un titolo che avrebbe concesso poco spazio agli scontri e alla violenza. Prima di ottenere l'aspetto definitivo della protagonista, seguirono un'ulteriore serie di design molto particolari: per definire meglio l'eroina venne scritta la sua storia personale, le venne attribuito il ruolo di una ricca ereditiera inglese col pallino dell'archeologia e cambiato il nome in Lara Croft, cognome trovato spulciando l'elenco telefonico della cittadina di Derby. Poi venne ideata la sua famigerata casa, ispirata al frontespizio degli uffici dell'azienda stessa, e le furono donate un corpo sinuoso e snello e una capigliatura castana raccolta in un codino, anche se per ragioni tecniche questi non venne poi usato nel modello poligonale dell'eroina. Infine Lara passò da una terza a una sesta abbondante di reggiseno, un po' per scherzo, un po' per caso: pare infatti che mentre scherzava coi colleghi durante una sessione di disegno, a Toby Gard scivolò un dito sulla rotella del mouse che fece involontariamente aumentare il seno del personaggio del centocinquanta percento. Fra le risate generali, la cosa piacque e gli sviluppatori decisero di lasciare tutto così. Al resto pensarono poi la doppiatrice Shelley Blond, che le diede la voce, e gli animatori che resero i suoi movimenti fluidi e aggraziati, almeno per l'epoca.
La nascita di una leggenda: Lara Croft
Fu così, che dopo diciotto mesi effettivi di sviluppo, il 25 ottobre del 1996 Tomb Raider debuttò su Saturn: ironicamente, quello fu anche il primo e ultimo titolo della serie per la console di SEGA. La prima avventura di Lara, che la vedeva impegnata tra dinosauri in Perù e piramidi atlantidee, fu un successo strepitoso che scalzò Super Mario 64 dalle classifiche di vendita delle ultime sei settimane. Quando il mese successivo uscì anche su PlayStation e PC per il titolo fu il definitivo trionfo. Tomb Raider era un gioco innovativo sotto ogni aspetto, un'avventura diversa dal solito fatta di salti, arrampicate, puzzle ambientali e pochi nemici, e il sex appeal di Lara conquistò da subito tutti.
Core Design aveva dato vita a un autentico fenomeno di costume, qualcosa che trascendeva i videogiochi. Anche i media si accorsero di lei e da eroina videoludica divenne in poco tempo un'icona pop che da quel momento in poi sarebbe apparsa praticamente ovunque. Dalle pagine di riviste di alto livello come il Financial Times o The Face fino alle televisioni, la sua presenza era costante: nella pubblicità della Visa, protagonista la bella attrice Sofia Vergara, sui francobolli francesi, sui fumetti, nei concerti degli U2 e perfino nelle canzoni. Da allora di acqua sotto ai ponti ne è passata tanta, e l serie ha vissuto periodi di alti e bassi, rischiando in certi periodi perfino la cancellazione definitiva,almeno fino a quando il franchise non finì in mano a Square Enix, che nel 2009 per 84,3 milioni di Sterline acquistò l'azienda e il brand, con la decisa volontà di rinnovarla. Cosa che portò alla drastica decisione di rifare tutto da zero. Lara Croft non era più il fenomeno globale degli anni '90, e la serie sembrava troppo ferma su sé stessa. Crystal Dynamics ebbe quindi il coraggio di ripartire dalle fondamenta, stravolgendo quasi completamente il concept originale con l'idea di creare un prodotto decisamente più maturo e realistico sia nel gameplay che nella trama e nel design del protagonista. Ma cambiare quest'ultimo avrebbe implicato una totale revisione di quelle meccaniche che ormai caratterizzavano personaggio e videogioco. Una delle sfide più difficili del team divenne di conseguenza quella di modificare radicalmente il gameplay in funzione della sua eroina, che non avrebbe avuto più nulla a che vedere col personaggio stereotipato di un tempo. Conseguentemente alla "nuova" Lara, più umana e inesperta, che doveva imparare a cavarsela in situazioni limite, il titolo perse molta della componente puzzle/esplorativa dei precedenti capitoli, guadagnandone in termini di struttura narrativa sulla moda lanciata dalla serie Uncharted. Abbandonata una prima versione del gioco decisamente fantasy conosciuta col nome di Ascension, lo sviluppatore optò per un'avventura che avrebbe offerto invece un'esperienza di gioco intensa, drammatica e appassionante, ambientata su un'isola misteriosa con sullo sfondo una trama che si sviluppava attorno al mistero dell'impero Yamatai, al mito della regina Himiko e con una strizzatina d'occhio alla serie tv Lost. Una scelta coraggiosa, che premiò gli sviluppatori che col nuovo Tomb Raider raccolsero consensi a livello di critica e, col tempo, anche di pubblico, convincendo nei mesi a seguire Square Enix a finanziarne un seguito che proprio recentemente abbiamo rivisto nei negozi nella sua incarnazione per PlayStation 4, Rise of the Tomb Raider. A conferma che il Fenomeno Lara Croft è tornato, seppur ormai in una nuova veste e per certi versi in maniera meno dirompente che in passato, ma più viva che mai. Fra alti e bassi ha saputo accompagnarci per vent'anni fino ai giorni nostri, e siamo certi che la parola fine sulla sua storia è ancora lontana dall'essere scritta.