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A tu per tu con l'anima di Arkane Austin

L'evento dedicato a Prey contava anche delle interviste con alcuni sviluppatori di spicco del team: non ci siamo fatti scappare le loro testimonianze

SPECIALE di Aligi Comandini   —   16/12/2016
Prey
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Durante la nostra gita in Texas negli studi di Arkane non abbiamo solo avuto modo di vedere in azione Prey. L'evento, molto ben organizzato, ci ha infatti permesso di intervistare a lungo alcuni dei membri più importanti del team di sviluppo, che hanno affrontato in nostra compagnia qualunque tema riguardasse il gioco, da quelli tecnici a quelli umani. Abbiamo avuto persino un faccia a faccia con Raphael Colantonio (che peraltro parla italiano in modo abbastanza fluente) il creative director dello studio di Austin, con cui abbiamo discusso anche delle vicissitudini che hanno portato alla creazione del loro ultimo progetto e alla suddivisione degli Arkane originali in due team distaccati. Non riporteremo l'intervista passo dopo passo, per evitare di annoiarvi eccessivamente; nei paragrafi seguenti, però, tratteremo le informazioni più importanti raccolte, riportando le affermazioni più "calde" delle nostre lunghe chiacchierate con gli sviluppatori presenti.

Tre dei principali membri di Arkane Austin ci hanno raccontato lo sviluppo di Prey

Due parole con Colantonio

Avendo per le mani il buon Raphael, cofondatore del nuovo studio e principale responsabile dei nuovi progetti di Arkane, abbiamo deciso di concentrarci sulle vicissitudini che lo hanno portato a creare un team in Texas (non mancando di chiedergli come ha passato gli ultimi anni della sua vita in uno degli stati più "americani" in assoluto). "Oh, wow, la mia vita è cambiata così tanto da quando sono qui, è stato come vivere tre o quattro vite differenti", ci ha risposto, precisando di essere andato in Texas un po' allo sbaraglio e che la scelta di aprire un secondo studio è legata alla volontà di rendere gli Arkane più "internazionali".

A tu per tu con l'anima di Arkane Austin

I problemi principali sono stati quelli legali ed economici, ma una volta superato il muro della burocrazia dare vita a nuovi progetti ha rappresentato da subito una sfida con sé stesso, di cui la compagnia aveva assolutamente bisogno. Alla base dell'esperienza di Colantonio c'è ovviamente un grosso attaccamento ai Looking Glass Studios e ai loro titoli, al punto che i due guru del gaming che hanno contribuito maggiormente alla sua formazione sono Doug Church (che a Looking Glass ha lavorato a lungo) e Richard Garriott; non sorprende pertanto la visione aperta ed elaborata dei videogame congegnati da lui e i suoi colleghi, di cui anche Prey ha goduto moltissimo. "Non avevamo alcun dubbio su ciò che Prey sarebbe stato" ha continuato, "il titolo è partito fin dalla fase concettuale come un progetto capace di offrire grande libertà di scelta e con una certa enfasi sull'esplorazione, con gli unici dubbi che riguardavano la forza degli elementi GDR e il contesto". La nostra principale curiosità, però, riguardava la scelta di andare controcorrente rispetto ad un'industria sempre più tendente alla semplificazione e ai videogame cinematografici a tutti i costi. Fortunatamente abbiamo avuto subito una chiara risposta. "Credo che i giocatori siano molto più preparati di quanto si creda. Penso sia un insulto nei loro confronti pensare di dover per forza istupidire un prodotto perché lo apprezzino. I videogiocatori sono intelligenti, e le vendite di titoli ricchi di profondità negli ultimi anni hanno ampiamente dimostrato che c'è un pubblico nutrito proprio per i giochi che desideriamo creare noi".

Meccaniche e dettagli con Seth Shain

Estremamente interessante è stata anche la discussione con Seth Shain, producer e system designer del gioco (in realtà raddoppiata, visto che la sera prima avevamo parlato con lui sia dei lavori di Arkane che di cucina italiana). Seth si è addentrato, appunto, nei sistemi e nelle parti più tecniche del gioco, precisando ad esempio che il sistema di sviluppo di Prey è basato su Token e non sull'esperienza, ma che ottenere poteri e abilità non è facile, perché i Neuromod necessari allo sviluppo sono oggetti pensati per l'élite della stazione Talos, e quindi non si trovano esattamente in giro a casaccio, ma vanno accuratamente cercati.

A tu per tu con l'anima di Arkane Austin

Anche Prey, dunque, godrà di una certa rigiocabilità legata all'impossibilità di addentrarsi in tutti i rami di sviluppo, e i giocatori saranno spinti a sperimentare con i poteri di campagna in campagna (per la cronaca, i Neuromod sono fabbricabili, ma anche in questo caso i materiali sono rarissimi). Sia le armi che la tuta di Morgan hanno poi dei rami di sviluppo personalizzati: nel primo caso si tratta di modifiche costruibili per le bocche da fuoco, nel secondo di chip che potenziano passivamente difesa e capacità fisiche. Continuando a parlare con Seth, abbiamo inoltre scoperto il funzionamento del sistema morale del gioco, di cui abbiamo già accennato nell'anteprima: in pratica, il titolo conteggia i sopravvissuti, e specialmente alcuni personaggi chiave con cui Morgan interagisce durante la campagna, ma non c'è un complicato sistema di azione/reazione che porta a stravolgimenti nella narrativa di fondo. Se un finale riguarda uno dei comprimari di Morgan, la sua sopravvivenza sarà per ovvie ragioni il catalizzatore per ottenerlo, tutto qui. Il fulcro dell'esperienza ad ogni modo rimane lo sviluppo dell'ecosistema ormai alieno della Talos, in risposta alla crescita di Morgan stesso. La volontà degli sviluppatori era dar vita a nemici con comportamenti unici (l'intelligenza artificiale dei nemici reagisce in modi molto differenti in base alla specie e, nel caso dei Mimic, non sono mancati momenti abbastanza esilaranti dove invece di attaccare ne imitavano la trasformazione quasi giocando con lui) e mantenere elevata la tensione con avversari sempre più imprevedibili, come il già citato Nightmare. "Credo che nessuno abbia esplorato questi elementi quanto stiamo cercando di fare noi", ci ha detto Seth. "Penso che la gente se ne stia rendendo conto, e ci aspettavamo una buona reazione per questo, ma siamo comunque rimasti colpiti dal responso del pubblico durante la prima presentazione, e soprattutto dalla reazione davanti alla trasformazione in tazzina. È quasi diventata iconica per il gioco".

Chiusura con Ricardo Bare

Con Ricardo Bare, designer e in parte responsabile della narrativa nel gioco, abbiamo parlato di buona parte degli aspetti rimanenti, concentrandoci su ciò che ha ispirato il team. Bare ha riconosciuto le influenze horror di Prey, ma ha precisato che non è stato in alcun modo il focus della squadra inserire questo genere di elementi all'interno del prodotto: "System Shock ci ha ispirato e molti lo definiscono un horror game, ma alla base è un gioco fantascientifico. La tensione deriva ad esempio in gran parte da un ottimo design del suono", ha svelato, ribadendo che comunque in Prey non mancano momenti più calmi, esplorativi e meno stressanti.

A tu per tu con l'anima di Arkane Austin

Essendo la Talos una stazione di ricerca, non vi sono molte armi in giro e questo può enfatizzare gli elementi horror, ma in realtà gli Arkane se la sono giocata moltissimo sugli elementi GDR, proprio sfruttando l'avanzata tecnologia del gioco. "Vogliamo far ragionare i giocatori, fargli capire come risolvere i problemi" è stata la frase con cui ha chiuso tale questione. Soddisfatti, siamo passati alla difficoltà, che - ci ha sempre confermato Seth - pare piuttosto alta. Vi sono molte sfide ardue nel gioco e per ora c'è una difficoltà sola, ma le cose potrebbero ancora cambiare durante lo sviluppo. D'altronde Prey è in lavorazione da circa tre anni, ma c'è ancora molto da fare prima di raggiungere un livello qualitativo sufficiente per il team (lo stress è tanto quando si affronta un progetto simile, tuttavia gli Arkane tentano di farlo evitando di creare team enormi e mantenendo una certa coordinazione tra i vari responsabili). Uno degli elementi di cui Ricardo va più fiero peraltro - sempre a voler sottolineare l'importanza dell'esplorazione - è il Roster System, che permette di trovare cosmonauti dispersi per la base (non importa se siano ancora vivi): è un'ulteriore spinta a gironzolare per la base, che poi riporta Morgan ai loro alloggi nella zona residenziale della stazione e nasconde grossi segreti. Insomma, alla base Prey è un prodotto che vanta un intricata fusione di sistemi, meccaniche e influenze artistiche, che già da queste prime dimostrazioni pare avere le carte in regola per essere una nuova hit. Il talento in questa software house non manca; bisogna solo sopportare il nervosismo derivante dall'apertura di un nuovo studio e dalle responsabilità derivanti da un tale progetto.