Prey è senza dubbio uno dei titoli più interessanti di quest'anno, ed è tutto dire se si considera la qualità estrema dei giochi usciti già all'inizio del 2017. Il nuovo lavoro di Arkane Studios è stato peraltro già presentato più volte a giornalisti e non, a dimostrazione di una certa sicurezza da parte del publisher, Bethesda, e del team di sviluppo. Il background del gioco non lo abbiamo tuttavia ancora analizzato a fondo, nonostante sia chiaramente molto complesso e affascinante (ai testi, oltre ai migliori scrittori di Arkane, c'è pur sempre un certo Chris Avellone). L'occasione per farlo, almeno in parte, ce l'ha regalata oggi un documento chiamato "Diario di Morgan", una serie di schizzi degli sviluppatori che delineano alcuni elementi del gioco, fingendo si tratti di opinioni e appunti del suo misterioso protagonista. Non c'è una marea di materiale su cui lavorare, ovviamente, eppure tra le pagine del diario (che non possiamo pubblicare in toto, ma di cui abbiamo modo di mostrare qualche immagine) non mancano le informazioni interessanti, che allargano in modo curioso sia la visione d'insieme del gioco che l'approccio alla storia degli Arkane e dei loro sceneggiatori. Ecco cosa abbiamo scoperto.
Abbiamo letto il diario di Morgan, scoprendo interessanti nozioni sul nuovo titolo di Arkane
Una mente attenta
Nel diario da noi osservato è importante notare una evidente volontà di mescolare lo stile Art Decò - che contraddistingue la Talos e i suoi interni - a una spiccata spinta "hard sci-fi", con cui si intende l'uso di fantascienza semi-realistica con alla base della ricerca scientifica reale, riadattata in forme impossibili per le scoperte attuali.
Il mondo di Prey in parole povere fonde il classicismo architettonico e stilistico all'incredibile, come faceva BioShock, ma le sue basi tecnologiche - oltre ad essere sensibilmente più avanzate - sono costruite attorno a studi più dettagliati da parte degli sviluppatori, che spaziano tra psicologia e neuroscienza. Partendo dai fondamentali, dopotutto, Prey vi mette nei panni di un poveraccio disperso in una stazione spaziale; eppure è ovvio che Morgan nasconda abilità ben al di là di quelle di un comune essere umano, ricollegabili agli alieni che infestano le mappe di gioco (e certi suoi appunti scoordinati dimostrano che gli esperimenti a cui è stato sottoposto lo hanno lasciato con enormi vuoti di memoria e la patologica incapacità di tenere traccia del tempo che passa). Da alcune pagine scopriamo poi che proprio queste mostruosità extraterrestri, i Typhon, non hanno neuroni specchio (non imitano gesti e comportamenti altrui in base all'osservazione dunque, forse anche in virtù della loro forma inconsistente, memore di una massa d'inchiostro tridimensionale), che il cosiddetto "Mimic" sembra essere la forma base da cui ogni altro Typhon proviene, e che i loro poteri potrebbero avere le più svariate origini. Pensate che per il Mimic si teorizza infatti sia la capacità di riconfigurare i propri atomi e molecole mantenendo in qualche modo una coscienza, sia la proiezione di un campo allucinogeno, per chiudere con una teoria multidimensionale che implica la sostituzione del Mimic con un oggetto in un'altra dimensione, mentre la sua forma rimane connessa alla realtà tramite Ponte di Einstein-Rosen. Chiaro che gli autori non ci sono andati leggeri, e abbiano comunque ben in mente quale sia la natura dei poteri dei Mimic e degli altri alieni, perché nel gioco tali abilità risultano apprendibili grazie allo Psicoscopio, un'altro interessante strumento per cui Arkane ha fatto il passo successivo e sviluppato un modello scientifico a dir poco approfondito.
Una mente aliena
Se avete visionato qualche artwork di Prey lo Psicoscopio probabilmente già sapete che forma abbia. È uno strambo elmo con camera circolare sulla fronte, che proietta linee di luce in base a ciò che riesce a scansionare. Il motivo per cui è uno strumento centrale in Prey è la sua capacità di scansionare le mappe neurali dei Typhon, assicurando a Morgan di adattarle ai Neuromods, i modificatori neurali che nel gioco gli permettono di acquisire nuovi poteri.
Persino il concetto di Neuromod si ricollega alla "hard sci-fi" suddetta, e il macchinario che li utilizza modifica le caratteristiche dei neuroni sensibili alla luce con un misto di laser e di materiale genetico sintetico che li rende più malleabili, garantendo la creazione di connessioni anche non umane. Pare pur sempre che le cellule aliene, con un procedimento complesso, possano fondersi con quelle umane creando degli ibridi, una caratteristica che potrebbe essere il fondamento delle capacità di Morgan, ma con Avellone nel team ogni cosa è possibile. D'altronde molti dei fondamentali del gioco sembrano essere costruiti attorno al Panpsichismo, quella concezione della realtà che vede la presenza di vita e capacità psichiche in tutti gli elementi dell'esistenza, e che ben si sposa con gli informi Typhon e la loro incredibile velocità di adattamento. Indubbiamente, si tratta di un background affascinante, che differisce non poco dai lavori di Levine spingendo l'acceleratore sull'aspetto fantascientifico, garantisce svariati livelli di lettura. Per quanto ci riguarda, risulta sicuramente impressionante la cura riposta dagli Arkane in ogni dettaglio al di là dell'artistico: dalla composizione chimica della schiuma della Gloo Gun e il fatto che sia vitrofobica (non si attacca al vetro, una caratteristica che sarà sicuramente importante nel gioco), alla composizione interna dei comunicatori Transcribe, nulla è lasciato al caso in Prey. Se il livello di dettaglio è tale per le minuzie, non osiamo immaginare su larga scala cosa il team e i suoi sceneggiatori possano aver creato. Insomma, lo ripetiamo: Prey promette benone. Non vediamo l'ora che arrivi maggio.