Era il 1 ottobre del 2007 quando Microsoft e Bungie annunciarono al mondo il raggiungimento di un accordo di separazione consensuale, sette anni dopo l'istante di quell'acquisizione che contribuì in maniera determinante a tracciare il destino fra le stelle di Xbox 360. L'accordo siglato fra le parti prevedeva che la casa di Bellevue continuasse ad occuparsi ancora per qualche tempo del franchise di Halo, il protagonista assoluto dell'antico matrimonio i cui diritti di pubblicazione sarebbero rimasti saldamente stretti nelle mani del colosso di Redmond, intenzionato continuare a far brillare il suo gioiello della corona.
Fin dal momento della separazione, mentre Bungie si stava occupando di produrre Halo 3: ODST e Halo: Reach, la general manager di Xbox Bonnie Ross non aveva mai cessato di esplorare diverse possibilità per espandere un franchise che sarebbe stato impossibile abbandonare alla deriva: fra il 2000 e il 2014 l'universo fiorito attorno al Master Chief aveva infatti prodotto oltre $4.6 miliardi di ricavi, finendo per essere considerato dallo stesso CEO di Microsoft Satya Nadella come una sorta di indice capace di incapsulare il successo del marchio Xbox. Per intenderci, erano gli anni della pubblicazione del romanzo The Fall of Reach, il periodo in cui era in discussione la produzione di un film dedicato alla saga e diretto nientemeno che da Peter Jackson, nonché la scrittura di una serie per Showtime scaturita dalla leggendaria penna di Steven Spielberg.
Qualche anno più tardi alcune testate avrebbero titolato "Can the woman behind Halo save Xbox", calcando ulteriormente la mano sul rapporto simbiotico percepito dal pubblico di massa fra l'epopea di sparatutto sci-fi e la stessa sopravvivenza della console da salotto. Ben conscia dell'importanza del marchio, Ross aveva scartato l'ipotesi di affidarsi a studi di sviluppo esterni per garantire il proseguo del franchise, scegliendo invece di rischiare tutto presentando un pitch all'allora capo dei Microsoft Game Studios Shane Kim: fu così che nacque ufficialmente 343 Industries, un nuovo studio interno che s'imbarcò in un difficilissimo passaggio di testimone, lavorando a stretto contatto con i partenti di Bungie per assimilare l'immensa bibbia di contenuti partoriti negli anni dagli artisti di Bellevue.
In seguito emerse che Bungie si era offerta di continuare a collaborare con Microsoft ponendo come condizione critica il mantenimento la proprietà della nuova IP in sviluppo, ovvero Destiny, e la possibilità di pubblicarla su altre piattaforme, fattori che portarono alla chiusura delle trattative. Lo scisma definitivo ebbe luogo il 31 marzo del 2012, poco dopo la pubblicazione di Halo: Reach, e da quell'istante in avanti 343 Industries - che si era appena fatta le ossa su Halo: Combat Evolved Anniversary - assunse completo controllo creativo sul domani del brand. Ma oggi l'avventura di 343 Industries è giunta al tramonto: il futuro di Halo è tutto degli Halo Studios, di Project Foundry e dei diversi giochi in sviluppo sotto la supervisione di Pierre Hintze.
L'era di 343 Industries
Lo studio voluto da Bonnie Ross aveva cominciato a muoversi fin dal 2009, confezionando il progetto che sarebbe cresciuto fino a trasformarsi in Halo 4 anche grazie al supporto di Frank O'Connor, ex content manager di Bungie che aiutò nella redazione della "bibbia di Halo" prima di fare definitivamente il salto della barricata. La compagnia avrebbe dovuto erigere da zero un team che sarebbe lievitato fino ad accogliere 350 membri in totale, tentando di costruire una cultura aziendale e soprattutto di barcamenarsi nell'immenso universo della serie, trovando infine la quadra nei romanzi della Saga dei Precursori e la Trilogia Kilo-Five.
La più grande differenza rispetto al passato, infatti, fu che lo studio espresse immediatamente l'intenzione di realizzare una serie intera anziché un capitolo autosufficiente, quella che internamente prese il nome di "Reclaimer Trilogy". Addirittura all'E3 del 2013, l'anno successivo al lancio ufficiale di Halo 4, l'allora vice presidente dei Microsoft Studios Phil Spencer dichiarò che non si sarebbe trattato neppure di una semplice trilogia, ma di una Reclaimer Saga destinata a proseguire per un decennio, a partire proprio dalla prima pietra poggiata dal sequel diretto Halo 5: Guardians.
È estremamente difficile, oggi, valutare in maniera concreta questa coppia di titoli: accolti con calore dalla stampa internazionale, si dovettero tuttavia confrontare con una serie di critiche solitamente distanti dalle sponde del franchise. Il primo, grande problema risedette nella lenta e costante evaporazione della base installata multigiocatore, che portò al fallimento silenzioso delle grandi ambizioni nell'apparato competitivo nonché a un drastico calo dell'interesse generale almeno in parte radicato nell'emersione di nuovi contendenti al trono degli sparatutto in prima persona.
A sorprendere, d'altro canto, furono le pesanti critiche mosse alla componente narrativa e alla resa delle rispettive campagne, la cui ricezione conobbe un vero e proprio tracollo con Halo 5: Guardians, di gran lunga il capitolo peggio valutato dal pubblico. Ancora oggi non esistono dati certi riguardo i risultati finanziari del franchise durante l'era 343 Industries: l'analista Michael Patcher ha affermato che le vendite del quinto capitolo, stando a Microsoft, sarebbero in linea con il passato del franchise (si stima che in totale ammontino a 6.6 milioni) mentre Frank O'Connor annunciò pubblicamente il traguardo dei 5 milioni di copie piazzate dal quinto episodio. La difficoltà nella valutazione dipende prevalentemente dall'atteggiamento positivista di Microsoft, che in pieno stile americano è sempre stata determinata a far sempre buon visto a gioco incerto, mantenendo i numeri secretati e mostrando la propria reale posizione solo attraverso i fatti.
La parentesi di Halo 5, lo Slipstream Engine e le conseguenze
Il progetto successivo fu ideato allo scopo di stravolgere il destino del franchise, anche e soprattutto in ragione del fatto che avrebbe dovuto essere il portabandiera del lancio di Xbox Series X|S. Tuttavia, contrariamente alle aspettative, dovette confrontarsi con una serie di inciampi addirittura antecedenti al lancio ufficiale: il video di presentazione della campagna mandato in onda il 23 luglio del 2020 fu infatti sommerso di critiche provenienti soprattutto dalle voci specializzate nell'analisi tecnologica, ma la cattiva ricezione si estese rapidamente alle sponde del pubblico, che trasformò il Brute "Craig" - uno sfortunato nemico protagonista di un primo piano - in una sorta di comico emblema dello stato del titolo.
Nel pieno delle operazioni di damage control, il 27 agosto successivo 343 Industries annunciò in pompa magna il ritorno di Joseph Staten, storico creativo di casa Bungie che fu inizialmente introdotto come supervisore della campagna ma che finì per sorgere rapidamente al ruolo di Creative Lead. Fu proprio Staten a convincere Microsoft a rinviare l'opera di un anno per consegnare agli appassionati un'esperienza soddisfacente, pagando il caro prezzo di bucare la finestra di lancio delle nuove console. Gli stravolgimenti continuarono fino al mese di ottobre, quando il capo dello studio Chris Lee lasciò definitivamente la compagnia.
Durante la genesi di Halo Infinite sono emersi diversi report che raccontavano un progetto estremamente difficile da gestire - quello che generò più scalpore fu senza dubbio quello di Bloomberg - anche in ragion dello sviluppo interno dello Slipspace Engine, il motore di gioco proprietario che si dice abbia sottratto fondi molto consistenti dalle casse della compagnia. Insomma, il sesto capitolo della serie principale è stato senza dubbio un progetto complesso e carico di controversie, come per esempio quella che vide il costante rimando della modalità cooperativa a schermo condiviso che, nonostante la grande pubblicità, finì per essere definitivamente cancellata nel settembre del 2022.
Anche in questo caso è estremamente difficile analizzare ciò che accadde in seguito al lancio: se da una parte, nel 2022, Microsoft ha annunciato che Halo Infinite ha raggiunto quota 22 milioni di giocatori - numeri che appartengono ai grandi successi - dall'altra l'idea originale del progetto destinato a durare per dieci anni si può dire ormai completamente sfumata. Inoltre, il 12 settembre del 2022 Bonnie Ross ha lasciato la posizione di Studio Head di 343 Industries, cedendo tutti i suoi compiti a una sorta di triumvirato composto da Pierre Hintze, Bryan Koski ed Elizabeth Van Wyck. Da quell'istante in avanti, lo studio è stato pesantemente investito dalle ondate di licenziamenti che hanno travolto Microsoft e l'intero settore tecnologico.
Halo Studios, Unreal Engine 5, Project Foundry e il futuro
"Guardando alla serie di Halo si possono individuare due capitoli ben distinti: il primo è quello di Bungie, il secondo è quello di 343 Industries. Ora è arrivato il momento di smettere di migliorare l'efficienza dello sviluppo e di cambiare la ricetta con cui realizziamo giochi di Halo. Oggi inizia un nuovo capitolo". Sono state queste le parole scelte dal nuovo Studio Head Pierre Hintze per introdurre Halo Studios, rebranding di 343 Industries che si è presentato al mondo alla vigilia delle finali del campionato mondiale di Halo. E ha scelto di introdursi, fra le altre cose, assieme a una grande, grandissima novità: il neonato Slipstream Engine andrà in pensione molto anticipata per fare spazio all'Unreal Engine 5.
L'art director Chris Matthews ha affermato che "con tutto il rispetto, alcune componenti dello Slipstream Engine erano vecchie di 25 anni", sottolineando come il motore di Epic offra alcuni strumenti che in passato avrebbero richiesto una mole esagerata di tempo e di risorse per essere sviluppati internamente. Il che, come ricordato dagli altri team lead, rende molto più agile il processo di assunzione di nuovi sviluppatori che siano già formati nell'ecosistema, cosa che al momento rappresenta la priorità numero uno dello studio. Non si tratta, tuttavia, di una scelta dettata solamente da esigenze pratiche, come sottolineato da Elizabeth Van Wyck: "Il modo in cui abbiamo realizzato i giochi di Halo in passato non funziona necessariamente bene per le idee che abbiamo riguardo il futuro: bisogna aiutare il team a realizzare giochi anziché impegnarlo a sviluppare strumenti".
Van Wyck ha tenuto ad aggiungere che: "Non si tratta semplicemente una questione di sviluppo, ma anche e soprattutto di aggiornamenti, della capacità di portare nuovi contenuti ai giocatori e adattarci alle loro esigenze". Il che è perfettamente in linea con quanto dichiarato da Hintze, fermamente convinto che i giocatori moderni abbiano sempre più fame di nuovi contenuti da divorare rapidamente. Proprio questa sembra una delle chiavi di volta di questo grande cambiamento, indice di un mutamento nella struttura stessa del franchise di Halo. Infinite, infatti, non è mai davvero riuscito a consegnare agli appassionati l'esperienza "senza fine" che era stata promessa fin dal momento dell'annuncio.
Tutto ciò che è stato mostrato nel video diario New Dawn è parte di "Project Foundry", che a detta degli autori non è da intendere né come una tech demo né come un ambiente di sviluppo, bensì un riflesso reale di quello che potrebbe essere il prossimo capitolo di Halo, oltre che una sorta di terreno di addestramento per l'intero team. "Siamo molto attenti a non rendere Foundry una tech demo, ma una serie di contenuti concreti in cui crediamo e che potranno tranquillamente far parte dei capitoli futuri", ha continuato Hintze, confermando che l'intento è quello di traslare gran parte del materiale prodotto su Foundry nei futuri giochi della compagnia, compresi i tre biomi - uno ispirato alla superficie di un Halo, uno coperto di spore dei Flood e una regione ghiacciata - protagonisti dello showcase.
A ridosso dell'annuncio non sono mancate parole di apprezzamento da parte di diversi funzionari di Epic Games, così come una leggera staffilata da Digital Foundry, che sostiene che il cambio di motore possa aiutare molto nell'ambito dello sviluppo di Halo su PlayStation 5. La notizia più importante, tuttavia, risiede nella conferma ufficiale che attualmente ci siano più progetti di Halo in sviluppo: "In passato abbiamo posto un focus sproporzionato nel tentativo di creare le condizioni ideali per il successo di Halo Infinite, mentre adesso possiamo finalmente mettere la concentrazione richiesta nello sviluppo di più esperienze dotate del livello di qualità più alto possibile", ha concluso Hintze.
La pietra angolare dell'intera presentazione risiede però nella chiosa di Van Wyck: "Alla fine, se realizziamo i giochi che gli appassionati vogliono giocare, avremo sicuramente successo", il che è estremamente facile a dirsi, ma molto più difficile a farsi, specialmente a seguito di un periodo di dieci anni nel quale la serie è lentamente sfumata fino a trasformarsi nello spettro di ciò che era. Gli Halo Studios, il cambio in favore dell'Unreal Engine 5 e l'assaggio di Project Foundry rappresentano le fondamenta su cui si tenterà di costruire il futuro della saga, ma la differenza fra un semplice rebranding e un vero rinascimento passa da una cosa e una soltanto: la pubblicazione di un grande videogioco. E di grandi videogiochi, se è vero che le fondamenta vere e proprie stanno prendendo forma in queste ore, non se ne vedranno per un bel po' di tempo.