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Fletto i muscoli e sono nel vuoto oscuro

Si delinea pian piano il misterioso Dark Void di Capcom: da progetto di seconda linea a titolo tripla A

PROVATO di Giorgio Melani   —   21/10/2009
Dark Void
Dark Void
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Versione testata: Xbox 360

Se c'è una casa nipponica che ha saputo ben traghettarsi in questa nuova generazione di console, nella quale il Sol Levante sta incontrando non poche difficoltà nel riaffermare la sua posizione di preminenza, è sicuramente Capcom.

Fletto i muscoli e sono nel vuoto oscuro

Mantenendo un giusto bilanciamento tra l'attaccamento alla tradizione e la spinta verso l'innovazione, la casa di Osaka è riuscita a trasportare in maniera quasi indolore certe serie storiche nella next gen, senza intaccarne più di tanto lo spirito originale, al contempo creando nuovi IP ad un ritmo degno di nota. Bisogna apprezzare, in particolare, la devozione allo spirito tipico dell'action game classico che i vari team hanno cercato di mantenere nonostante l'immancabile dispersione causata dalle nuove potenzialità tecniche delle macchine, e la conseguente necessità di inserire quanta più carne possibile al fuoco. Ne derivano prodotti che, al di là degli orpelli grafici e dell'opulenza riposta nelle possibilità d'azione, risultano spesso divertenti da subito, accogliendoci di buon grado nel loro clima giocoso. E' la medesima sensazione di divertimento spensierato che si prova con Dark Void: sarà l'aspetto misto tra Rocketeer e Indiana Jones con influssi fantascientifici, sarà per il buon ritmo che contraddistingue da subito il gameplay, ma c'è qualcosa che spinge a proseguire nel gioco, nonostante alcuni difetti che comunque compaiono, ben visibili, in questa versione di prova. Ci si potrebbe mettere dentro il ricordo nostalgico del buon vecchio Rocket Ranger di Cinemaware, di cui a tratti questa pare una sorta di attualizzazione meno romantica ma indubbiamente più giocabile, ma questa è un'altra storia. Il gioco è stato mostrato a più riprese nei mesi scorsi, ma in questo caso è finalmente possibile avere una visione più chiara della storia che fa da background all'azione, avendo a che fare con i veri e propri primi livelli che dovrebbero rimanere intatti (salvo modifiche marginali) nella versione definitiva. L'impressione che deriva da questa prova è sicuramente buona: nonostante manchi un po' di nerbo e di identità e si riscontrino diverse imperfezioni soprattutto legate al sistema di controllo, la bizzarra storia messa in scena - quantunque appartenente alle frange più ingenue e caciarone della fantascienza - la caratterizzazione generale e ovviamente la presenza del jetpack e tutto quello che ne consegue lo rendono un action game da tenere sicuramente in considerazione.

Una strana storia

L'inizio ci lancia subito in mezzo all'azione: come una sorta di assaggio di quello che verrà in seguito, il prologo del gioco ci vede già armati di jetpack e in volo libero, mentre guglie frastagliate e enormi canyon si aprono sotto al protagonista, durante quella che pare una normale ricognizione. Non si fa in tempo a capire esattamente cosa siamo chiamati a fare che la situazione si complica e il cielo comincia a brulicare di strani dischi volanti che devono ovviamente essere abbattuti. Dopo di che: un passo indietro e si ricomincia per sommi capi. Veniamo allora a scoprire, con il primo capitolo della storia, che il protagonista della vicenda è William Agustus Grey, un normale pilota da trasporto che in un giorno all'apparenza qualunque degli anni 30-40 (ecco la geniale introduzione della tonalità "vintage") ritrova una sua amica di vecchia data, guarda caso bisognosa di un passaggio "volante". Come nel più classico dei fumettoni sci-fi, il loro aereo passa proprio per il Triangolo delle Bermuda, e viene risucchiato all'interno di una dimensione parallela: il Vuoto, o Dark Void. Quella che sembra una lussureggiante giungla normale si tinge subito di mistero quando i due protagonisti incontrano i primi Guardiani, esseri all'apparenza sintetici e decisamente ostili con i quali l'unico dialogo possibile si rivela essere lo scontro a fuoco.

Fletto i muscoli e sono nel vuoto oscuro

La verità si scopre a poco a poco progredendo nel gioco: il luogo in cui William è capitato non è la giungla centro-americana, ma appunto una dimensione parallela dove i Sopravvissuti umani si trovano sottomessi alle superiori forze dei misteriosi Guardiani, dotati di una tecnologia avanzatissima, confinati nel Void ma bramosi di uscirne e conquistare la Terra. Non tutto è perduto e, come la tradizione impone, il protagonista si rivela essere anche il candidato principale ad assumere il ruolo di capo della resistenza dei Sopravvissuti, unico in grado di padroneggiare al meglio la tecnologia aliena e ritorcerla contro agli oppressori. Ad aiutarlo in questo c'è Nikola Tesla, nientemeno il geniale scienziato-inventore che, senza un apparente riscontro storiografico, si ritrova anche lui all'interno del Void, perfettamente a suo agio nel ruolo di ingegnere militare improvvisato. E' proprio lui che, mischiando parti di strumentazioni aliene con tecnologie terrestri tratte dai numerosi relitti che costellano il Void, riesce a confezionare l'armatura-jetpack per William, arma ibrida in grado di trasformare il nostro eroe nel guerriero perfetto.

La Videoanteprima

Uomo di terra, uomo d'aria

La sezione di gioco provata permette di sperimentare entrambe le anime di Dark Void sebbene i primi livelli, anche per esigenze narrative, siano maggiormente concentrati sugli scontri a terra. Se si eccettua la presenza del jetpack (in seguito fondamentale), la dinamica degli scontri ricorda molto - anche troppo - quella di Gears of War, ormai assurto a standard per gli sparatutto in 3D, soprattutto per quanto riguarda il sistema di copertura contestuale. Avvicinandosi a sporgenze, muretti e quant'altro compare l'ormai noto indicatore che ci consiglia di premere il tasto X per accostarsi all'elemento di scenario e usarlo per coprirsi dagli attacchi.

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Il senso di deja-vù permane notando il modo in cui è possibile sparare alla cieca oppure affacciarsi momentaneamente per puntare in maniera precisa il nemico (grilletto sinistro premuto e grilletto destro per fare fuoco), tutto diventa magicamente familiare per chi ha avuto a che fare con Marcus Fenix e compagni, è presente anche la possibilità di passare velocemente da una copertura all'altra quando queste si presentano in posizione ravvicinata. L'introduzione fondamentale di Dark Void, in tutto questo, è rappresentata dalla possibilità di spostamento in verticale: non si tratta solo della capacità di saltare (peraltro con risultati incerti al momento, c'è qualcosa da registrare ancora nel movimento in salto del personaggio) ma anche di aggrapparsi a sporgenze e saltare da una all'altra con l'ausilio dei razzi. Si introduce così la particolare variazione sul tema "copriti e spara" rappresentata dal "vertical cover system", che è sostanzialmente la stessa cosa descritta finora, solo trasferita su un piano verticale. Di tanto in tanto ci troveremo a scalare pareti o lanciarsi già da dirupi e in questi casi si tratterà di fare capolino tra una sporgenza e l'altra a continuare la solita tiritera a suon di pallottole. Il vero elemento diversivo di questo gioco Airtight è però la sua essenza volante, visto che è con il jetpack alla massima potenza che il gameplay, a tutti gli effetti, prende il volo. A quel punto gli scontri a terra diventano solo una parte dell'esperienza ludica, l'esigenza di spinta ed energia che si coglie nelle sezioni in cui si rimane coi piedi piantati sul suolo sembra quasi un elemento voluto, mentre la volontà di potenza che esplode quando i razzi spingono al massimo. In questi casi, l'azione si trasforma in uno sparatutto aereo piuttosto classico, se non fosse per la particolarità di avere a che fare con un uomo volante, e riemerge il background degli sviluppatori, responsabili in precedenza di Crimson Skies. Buono il sistema di controllo in aria, che fa di tutto per rendere quanto più intuitiva possibile la manovra: si coglie un po' la tipica sindrome della caccia al puntino rosso sull'HUD nelle infinite evoluzioni aeree, ma la struttura mista tra cielo e terra funziona a dovere nel mantenere un giusto ritmo di gioco e non scadere nella monotonia.

Curiosità

Al di là delle classiche munizioni, gli unici bonus da raccogliere durante il gioco sono i "punti tecnologia" che vengono rilasciati dai nemici eliminati o si trovano nascosti in particolari aree dei livelli. Questi rappresentano il cardine sul quale è costruita la progressione del personaggio in Dark Void. Non ci sono livelli di esperienza progressivi, ma i punti accumulati possono essere spesi per migliorare le statistiche delle proprie armi, ampliandone le caratteristiche base come la precisione o la capacità di proiettili.

Ancora qualcosa da sistemare

Invece di basarsi sul motore proprietario di Capcom MT Framework, gli Airtight si sono affidati al ben più conosciuto e diffuso Unreal Engine 3, cosa che ha probabilmente fatto guadagnare tempo al team in termini di ottimizzazione, a scapito di una certa omologazione di immagine. C'è da dire che l'ambientazione cerca di discostarsi da prodotti simili e si vede, ma è indubbio che un pout purri di suggestioni si addensi nella mente del giocatore mentre si trova alle prese con una giungla che ricorda qualcosa di Uncharted, un sistema di combattimento che ricorda molto di Gears of War e pure dei nemici robotici che in certi casi si giurerebbe di aver già visto su qualche pianeta di Mass Effect. Ecco, in bilico tra un senso di deja-vu e l'altro, Dark Void fa un po' fatica a trovare una propria identità, sebbene la sintesi di diverse ispirazioni possa definirsi comunque un tratto distintivo di questa produzione Capcom, non necessariamente un difetto. Sul piano grafico si alternano ottime cose ad alcune incertezze probabilmente dovute allo stato ancora non definitivo della versione messa a disposizione: si rilevano vari cali di framerate e qualche problema di collisione tra poligoni, nonché varie imprecisioni del sistema di controllo, soprattutto per quanto riguarda l'implementazione del salto che non sempre porta dove vorremmo. Da rivedere anche alcune animazioni, in particolare quella che caratterizza la corsa della compagna di Will.

Fletto i muscoli e sono nel vuoto oscuro

Si denota anche una strana particolarità con il gioco che pone progressivamente nuovi punti di rotta da seguire per completare i livelli, e spesso basta lanciarsi a capofitto verso di questi tralasciando combattimenti o quant'altro troviamo sulla strada per andare avanti nelle missioni, un problema comune anche a Lost Planet che rende un po' incoerente l'incedere del giocatore per i livelli. Impressionante l'ottima colonna sonora composta da Bear McCreary (Battlestar Galactica) ed eseguita dall'orchestra Hollywood Studio Symphony. Con alcuni aggiustamenti è fuori di dubbio che Dark Void rappresenterà, anche tecnicamente, un titolo di punta per Capcom.

CERTEZZE

  • Ottima la struttura ibrida terra/aria
  • Stuzzicante la caratterizzazione fantascientifica "vintage"
  • Tecnicamente mostra buone cose

DUBBI

  • Un po' troppi deja vu
  • Incertezze da correggere tra grafica e controlli
  • L'essenza single player rende necessaria quantomeno una storia avvincente