Ritorno alle origini
Gli ingredienti di Operation Flashpoint che fecero letteralmente impazzire una delle comunità online più grandi dell’epoca sono presto elencate: un’area di gioco gigantesca del tutto priva di caricamenti, supporto per decine di giocatori contemporaneamente, tonnellate di armi e di veicoli e un realismo simulativo senza precedenti.
Un realismo e una cura per i dettagli tali da far entrare gli autori del gioco nel mercato dei simulatori per l’addestramento militare, con più di un governo che ha commissionato la propria versione custom di Flashpoint per le proprie forze armate nel corso degli anni.
Un risultato non da poco e un traguardo da cui ripartire nello sviluppo di questo titolo, che andrà direttamente a competere con Operation Flashpoint 2, ovvero il “sequel” in fase di sviluppo presso Codemasters, che ha conservato la proprietà intellettuale del precedente progetto.
Quanto abbiamo visto del gioco durante la nostra breve visita diceva molto su come Bohemia Interactive abbia deciso di rimanere fedele alla vecchia formula, in modo da non deludere i fan e contenere i rischi di uno sviluppo pluriannale come quello che si apprestano a concludere.
Ritorno alle origini
Del resto se è alla simulazione perfetta che si punta, la strada percorribile è comunque una sola e lo stesso livello di maniacale minuziosità del primo capitolo lo si riscontra in ArmA, semplicemente amplificato più volte. Dall’intelligenza arificiale degli NPC a quella di uccelli e insetti, dagli effetti particellari delle armi al caratteristico crepitìo dei proiettili che perforano il muro del suono, fino agli elaborati modelli di guida dei veicoli, il sistema di cambiamento atmosferico in tempo reale, il gioco non lascia nulla al caso.
Ma forse l’elemento più lodevole è l’assoluto rifiuto di scendere a compromessi di gameplay con un panorama videoludico che è ben diverso da quello del 2001. Nessuna semplificazione, nessun HUD a parte un mirino e qualche minimalista indicatore di posizione, ArmA è al 100% un titolo hardcore per appassionati oltre ogni speranza di recupero, disposti a viaggiare per ore lungo una mappa da 400 chilometri quadrati, per poi finire terminati da un singolo proiettile vagante a centinaia di metri dalla linea di fuoco più vicina.
Un titolo dove la localizzazione dei colpi non interessa solo la testa, e dove un colpo in una gamba ti costringe prono e quasi indifeso ad arrancare in cerca di riparo, mentre sopra di te le pallottole fischiano e colpiscono il cemento, generando schiocchi angoscianti che ti lasciano davvero la sensazione di averla scampata per il rotto della cuffia.
Con un’esperienza multiplayer così massiccia e una lunga e articolata campagna in sigolo da giocare sotto molteplici punti di vista, ArmA si prospetta come la sandbox definitiva per quanti saranno catturati dalle sue caratteristiche uniche e le infinite potenzialità di customizzazione.
Non a caso Operation Flashpoint, oltre ad essere un precursore di titoli storici come Battlefield 1942, divenne famoso per l’estrema libertà concessa ad appassionati e sviluppatori amatoriali, in grado di modificare qualunque dettaglio del gioco (al costo di utilizzare tool non esattametne user friendly).
Il risultato fu una quantità immane di modifications, nuove mappe, veicoli ed armi che negli anni ha raggiunto dimensioni da far vacillare la mente, un patrimonio per appassionati che sarà in gran parte aggiornabile e riutilizzabile in questo seguito, che molto ha da condividere in quanto a piattaforma tecnologica (che pure resterà “aperta” al contributo dei fan in ogni sua parte).
E’ infatti chiaro anche ad una prima occhiata come l’engine grafico sia tutt’altro che nuovo di zecca, ma sia piuttosto una evoluzione estremamente potenziata del vecchio sistema. Vaste porzioni, come il motore fisico, quello di illuminazione o il supporto agli shaders delle DirectX9 sono state ovviamente riscritte, ma l’ossatura di base è la medesima e tecnicamente ArmA non si prospetta certo come il titolo tecnicamente più eccitante del panorama PC prossimo futuro.
I modelli 3D in particolare ci sono parsi piuttosto semplici, probabilmente in linea con i prodotti di una manciata di anni fa e sebbene le animazioni in motion capture siano piuttosto varie oltre che ben realizzate, mancano elementi come un modello fisico di tipo “ragdoll” per i corpi umani.
Insomma Armed Assault non è un gioco “moderno” in senso stretto, ma piuttosto un titolo che per sua stessa natura deve scendere a compromessi in modo da rendere possibile, ad esempio, l’incredibile lavoro di streaming che permette di visitare ogni angolo di isole enormi senza l’ombra di un caricamento, consente di ospitare un numero virtualmente illimitato di giocari (a patto di avere un server abbastanza potente) o anche generare in pochi minuti un nuovo scenario di gioco semplicemente recandosi in un punto a caso dell’enorme mappa e popolandolo senza sforzo con decine e decine di unità, ognuna minuziosamente configurabile nell’intelligenza artificiale e nelle sue azioni scriptate.
Il tutto sforzandosi di rendere anche l’aspetto estetico il più accattivante possibile, ricorrendo esclusivamente a tecnologia proprietaria, soluzioni innovative sviluppate internamente come l’originale algoritmo di generazione della vegetazione che ci è stato mostrato.
Considerando lo stato di sviluppo ancora lungi dalla sua conclusione, ci riserviamo dall’esprimere altri giudizi al di fuori di un cauto ottimismo, ma le potenzialità del gioco sono vastissime e Bohemia Interactive ha senz’altro la stoffa e l’esperienza per esprimerle. Ne riparleremo fra qualche mese.
Lavorare alla Ceca
Il nostro tour negli uffici di Bohemia Interactive può essere definito solo tramite la combinazione di due parole: lungo e prolisso.
Marek Španel ci ha infatti guidato per un esaustivo viaggio in ognuno dei reparti del suo prezioso studio di sviluppo, da quello relativo all'Intelligenza Artificiale, ai modellatori 3D, al designer delle missioni a quello delle mappe dove lavora l'italianissimo Enrico che, abbandonato un lavoro da topografo e spostatosi in Repubblica Ceca, realizza i giganteschi tasselli che compongono Sahrani e le altre isole del gioco.
Vi proponiamo a questo proposito un lungo filmato in game dove sono ben visibili diversi veicoli utilizzabili e molta azione di gioco tra assalti armati e tattiche di copertura.
Tornano, tornano sempre!
Operation Flashpoint fu uno di quei titoli che definiscono un genere e lo tramandano ai “posteri” con il loro nome inevitabilmente impresso.
Nel caso del titolo bellico che conferì a Bohemia Interactive notorietà internazionale, ogni sparatutto multiplayer in grado di supportare vaste quantità di giocatori, venne più tardi qualificato come “alla Operation Flashpoint”, e dovette reggere al confronto con l’illustre progenitore che per lunghi anni rimase quasi incontrastato in cima alla vetta che aveva contribuito ad innalzare.
Lasciatisi alle spalle i conflitti con il precedente publisher Codemasters, i ragazzi di Bohemia si accingono a completare, a ormai cinque anni di distanza dal gioco originale, il tanto sospirato seguito, battezzato Armed Assault (ArmA per gli Amici). Gentilmente invitati nei loro uffici a Praga non abbiamo potuto che accettare e andare a vedere di persona.