Per chiunque segua FromSoftware fin dagli albori è stato davvero incredibile osservare l'esplosione di popolarità dei suoi giochi. Quella che infatti oggi viene vista come "la casa dei soulslike" era infatti in passato uno sviluppatore ancor più eclettico e imprevedibile, capace di buttarsi in una miriade di esperimenti completamente diversi l'uno dall'altro, pur avvicinandosi davvero di rado all'eccellenza.
Certo, è innegabile come ora la situazione del team sia migliorata esponenzialmente, e forse un focus maggiore su progetti di una sola tipologia era proprio l'elemento necessario a portare i suoi sviluppatori a sfornare un capolavoro dietro l'altro; avendo però vissuto l'era "pre-Miyazaki" noi facciamo parte di quella nicchia di videogiocatori che hanno esultato davanti all'annuncio di Armored Core VI: Fires of Rubicon, spinti dalla curiosità di vedere la FromSoftware attuale alle prese con progetti più sperimentali e diversi dalle formule a cui ci ha abituato.
La serie Armored Core, dal canto suo, è una scelta praticamente perfetta per un leggero cambio di rotta: è tra le saghe videoludiche più sottovalutate della storia, nonostante al suo interno vi siano titoli di qualità notevole (svariati dei quali ancora oggi reggono il passare inesorabile degli anni). C'è però un piccolissimo problema, che è anche parte del motivo per cui il marchio non è mai realmente riuscito a diventare di massa o a consolidarsi sul mercato allo stesso livello dei souls: gli Armored Core sono incredibilmente complessi e la loro accessibilità risulta persino più scarsa di quella dei titoli più oscuri di questa amatissima software house.
Consapevoli del fatto che moltissimi giocatori si avvicineranno ad Armored Core VI: Fires of Rubicon da completi neofiti, spinti esclusivamente dalla popolarità di Miyazaki e dei suoi, abbiamo quindi deciso di creare un utile speciale introduttivo, così da chiarire quali sono le caratteristiche di questa curiosa saga, per quale motivo la sua macchinosità è parte integrante dell'esperienza, e cosa è il caso di aspettarsi prima di buttarsi sul prossimo capitolo.
Gli albori: il primo Armored Core
Meglio partire dalle basi, con una spiegazione che per certi versi è anche una piccola lezione di storia. Fin dal principio, infatti, gli Armored Core sono degli action in terza persona incentrati sull'uso di enormi mech personalizzabili, pesanti esoscheletri metallici armati fino ai denti che il giocatore deve gradualmente migliorare per arrivare alla fine di una campagna divisa in missioni. Non è però tanto l'azione il cuore pulsante dell'esperienza, quanto la appena citata personalizzazione: durante il gioco è possibile acquistare parti di ogni tipo per il proprio robottone, che mutano completamente la sua risposta ai comandi e l'efficacia dei suoi attacchi, e alle volte è necessaria una notevole furbizia nell'assemblaggio per rispondere al meglio a certi pericoli. Questo tipo di progressione rappresenta a tutti gli effetti un elemento GDR molto marcato, che non permette di giocare superficialmente (pena una morte rapida e brutale) e ha quasi certamente influenzato anche i souls in buona parte.
Il primissimo Armored Core fu, in particolare, un lavoro sopraffino, specialmente se si considera che uscì per Playstation nel lontano 1997. Se lo si contestualizza al periodo storico era indubbiamente uno dei giochi più brillanti di quell'epoca, per via della sua complessità unica e della varietà di opzioni a disposizione del giocatore. Non bastasse, la sua struttura a missioni non era gestita frettolosamente, bensì inserita in una campagna rispettabilissima con obiettivi estremamente variegati, dove per non soccombere era necessario avanzare con discreta tattica (e parsimonia, viste le munizioni limitate), o si rischiava addirittura di finire indebitati per i danni subiti e le spese sostenute. In più, la difficoltà è sempre stata più o meno comparabile alle esperienze FromSoftware moderne: punitiva e amplificata da un tutorial pressoché inesistente, tanto che l'unico modo per smorzarla era a tutti gli effetti morire ripetutamente; una volta indebitati oltre un certo livello, il proprio alter ego veniva difatti modificato durante una pericolosissima operazione chiamata "Human Plus", e potenziato con alcune abilità capaci di facilitare in modo sensibile gli scontri.
Anche considerando tutte queste peculiarità e le sue notevoli qualità, Armored Core non riuscì a convincere il mercato, ma la motivazione non è da ricercarsi esclusivamente nella scarsa accessibilità del tutto. Il gioco aveva pur sempre un discreto mix di difetti che, come in molte delle produzioni FromSoftware, gli impediva di raggiungere la vera eccellenza. Per rendere al meglio l'impatto del complesso sistema di sviluppo, infatti, il mech e le armi di partenza erano goffi e pesanti, rendendo le battute iniziali della campagna un'esperienza tutto fuorché adrenalinica nonostante l'elevato livello di sfida. Non bastasse, si trattava comunque di uno sparatutto in un'era dove l'uso della seconda levetta analogica non era diffuso, e quindi sia il movimento laterale del mech che lo spostamento verticale della telecamera sfruttavano... i trigger dorsali. Allora era accettabile, certo, ma resta comunque uno schema di controlli sgraziato e scarsamente intuitivo. Infine, nonostante la varietà di obiettivi meritasse il più delle volte dei complimenti, non mancavano di certo le missioni pessime, tra cui battaglie in mappe chiuse disegnate malamente e fastidiose da navigare, e una missione finale con una fase platform talmente irritante e mal calcolata da non esser stata mai più riproposta nella serie.
Difetti a parte, le vendite non furono affatto male, tanto da giustificare la produzione di ben due espansioni indipendenti. Quella più importante per continuare l'analisi del marchio è però Project Phantasma, dato che fu il primo titolo del mix a implementare un elemento strutturale poi ripreso da quasi tutti gli altri giochi: l'arena. Già, perché negli Armored Core il personaggio principale è praticamente sempre un mercenario, ma non è certo l'unico, dunque gli sviluppatori pensarono bene di affiancare alle normali missioni (numerose, ma in media non particolarmente durature) anche degli scontri 1 contro 1 con tanto di classifica interna. Di norma nella serie compaiono sotto forma di simulazioni, utilissime per sperimentare mech appena assemblati o armi nuove, e per guadagnare qualche soldo in più senza il rischio di indebitarsi. Scontri di questo tipo erano per certi versi presenti anche nel primissimo capitolo sotto forma di PVP con split screen, torneremo a breve sull'argomento, perché si tratta di un altro fondamentale delle opere di FromSoftware qui già ampiamente consolidato.
La trilogia: Armored Core 2 e 3, e il PVP online
Il secondo Armored Core principale fu, in realtà, un'evoluzione abbastanza limitata di quanto visto nel primissimo capitolo, nonostante fosse su PS2. La formula era per lo più la stessa, anche se con una maggior varietà di pezzi a disposizione, e gli inevitabili miglioramenti derivanti dall'hardware più potente e dalla maggior esperienza del team. Introdusse ad ogni modo elementi come il surriscaldamento del mech, e varie parti extra che complicarono ulteriormente lo sviluppo del proprio robottone.
Persino in questo caso forse l'importanza maggiore la ha avuta la prima espansione: Another Age, che introduceva il gioco competitivo online (seppur solo in Giappone). Come detto, da questo momento in poi tale elemento sarebbe diventato parte integrante degli Armored Core, ma con un problema fondamentale che non è mai realmente sparito nemmeno negli odierni giochi FromSoftware: prestazioni in rete a dir poco inaffidabili. Nonostante i problemi di latenza, comunque, gli Armored sono giochi spassosi in PVP per un principio molto simile a quanto visto proprio nei Souls, ovvero una quantità smodata di variabili e opzioni a disposizione dei giocatori che permette di sbizzarrirsi.
Armored Core 3, invece, implementò nuove parti chiamate Exceed Orbit; in pratica dei droni fluttuanti capaci di fare fuoco in parallelo alle armi normali. Sono stati poi eliminati nei capitoli più recenti, perché eccessivamente potenti (e potenzialmente dotati di munizioni illimitate). Pure l'Human Plus è sparito qui, per essere sostituito da una parte extra chiamata OP-Intensify ottenibile a campagna finita, che offre abilità comparabili se si completano specifici obiettivi.
La rivoluzione vera, ad ogni modo, arrivò con il capitolo subito successivo chiamato Armored Core Nexus, e il tutto per un motivo tanto semplice quanto ovvio: l'utilizzo della mira con la seconda levetta analogica. Nexus inserì nel sistema una lunga lista di cambiamenti e ribilanciamenti di armi e abilità (tra cui l'eliminazione proprio dell'OP-Intensify), seppur non tutti apprezzatissimi. Forse è per questo motivo, tra i vari giochi successivi, che da molti il picco assoluto viene considerato Armored Core Last Raven. Si trattava infatti un gioco elaboratissimo e più bilanciato rispetto alla media, dotato peraltro di finali multipli diversamente dai predecessori (il primo ne aveva due specifici, ma il terzo e vero finale non si preoccupava delle scelte fatte dall'utente). Curiosamente, Last Raven viene da molti considerato anche il capitolo in assoluto più difficile della saga, tanto che è estremamente sconsigliabile affrontarlo senza importare i propri salvataggi dai capitoli direttamente collegati. E sì, se ve lo state chiedendo, la possibilità di importare mech e armi dagli Armored Core precedenti è presente in quasi tutti i titoli usciti nelle stesse "generazioni", ma dubitiamo dobbiate preoccuparvene in occasione di Armored Core 6, trattandosi del primo gioco del nuovo corso.
L'era Miyazaki: Armored Core 4 e For Answer
Il fatto che i primi giochi della serie diretti da Miyazaki siano stati per certi versi quelli più rivoluzionari - oltre che i primi capeggiati in assoluto dal buon Hidetaka a FromSoftware - era probabilmente già una prova evidente dell'abilità del padre dei souls, eppure, nonostante le loro innumerevoli qualità, i giochi della quarta generazione di Armored Core sono tra i più discussi dai fan. Ci sono due cambiamenti fondamentali alle meccaniche implementati qui: un funzionamento del tutto diverso del sistema di puntamento dei mech e una rivoluzione completa del movimento attraverso l'uso dei cosiddetti "quickboost".
Partiamo dal targeting, anche perché non ne abbiamo ancora discusso nel dettaglio, nonostante sia sempre stato un elemento alquanto peculiare della serie Armored Core. Dovete infatti sapere che in tutti i capitoli precedenti i robottoni a disposizione del giocatore non usano un normale mirino, bensì una sorta di area mobile al centro della telecamera nella quale i nemici vengono puntati automaticamente se alla giusta distanza. La precisione del targeting e la larghezza dell'area dipendono da alcune delle componenti scelte nel mech, prevalentemente la testa e un altro pezzo chiamato FCS (Fire Control System). Ecco, questo sistema alquanto antiquato, ma perfettamente adatto alla filosofia della serie, viene completamente eliminato in Armored Core 4 e For Answer: in questi titoli l'area dedita al targeting non ha delimitazioni e copre tutto lo schermo, eppure il puntamento resta automatico e dipendente dal FCS. Questo significa che, in base alle armi e alla componente scelta, il puntamento è più o meno immediato e distante, e il mix di build scelta e movimento diventano più importanti del semplice riposizionamento della telecamera.
Proprio il movimento, quindi, cambia considerevolmente in Armored Core 4. I quickboost prima citati sono infatti dei turbo istantanei che permettono scatti improvvisi in tutte le direzioni (la cui potenza e velocità, ovviamente, dipende da peso del mech e componenti selezionate), e risultano talmente efficaci da andare quasi del tutto a sostituire l'uso più lento e ragionato del vecchio reattore. La cosa viene poi ulteriormente amplificata in For Answer, in cui i mech leggeri diventano quelli più gettonati, perché in grado di muoversi come dei proiettili in giro per la mappa senza quasi limitazioni, laddove in Armored Core 4 la gestione dell'energia dei generatori rendeva più difficile mantenersi permanentemente in aria.
La discussione parte proprio da qui: da una parte la quarta generazione è la più divertente in assoluto da giocare al giorno d'oggi, e Armored Core For Answer viene da molti considerato il miglior capitolo della saga per via delle sue battaglie spaventosamente frenetiche; il rovescio della medaglia è però un bilanciamento nettamente tarato verso i mech più agili, che rende obsoleti e scarsamente efficienti quelli più pesanti e resistenti. I due lavori del buon Miyazaki, inoltre, complicano ulteriormente le cose in fase di personalizzazione, andando sì a eliminare alcuni dei fattori dei capitoli precedenti, ma aggiungendo al contempo una pletora di statistiche extra, e la Primal Armor: una statistica difensiva extra che smorza i danni ricevuti, e va a sua volta tenuta in considerazione durante la scelta dei pezzi. Se non altro, i suoi mech - chiamati NEXT proprio perché più evoluti e potenti rispetto al resto della serie - possono equipaggiare armi di ogni tipo sulle spalle (in passato quelle più massicce erano limitate soltanto ad alcuni tipi di gambe come le tank o le quadrupedi) e sono tra i più iconici e divertenti da rimaneggiare in assoluto. Ah, altra cosa: potrà sembrarvi incredibile, considerando che Miyazaki di rado cerca di facilitare la vita ai giocatori, ma la quarta generazione è anche l'unica ad avere dei veri e propri tutorial, laddove i vecchi Armored Core si limitavano a buttare il giocatore nel mezzo di missioni di combattimento fin da subito con zero spiegazioni di sorta; non bastasse, For Answer è da molti considerato uno dei più facili da completare in assoluto, nonostante alcune missioni mantengano un livello di sfida abbastanza brutale.
La "firma" dell'autore qui si nota specialmente nella narrativa. Anche For Answer ha infatti finali multipli, tuttavia è un capitolo tendenzialmente più dark rispetto agli altri, e non è cosa da poco se si considera che la serie in generale si svolge in ambientazioni post apocalittiche controllate da megacorporazioni e con ben pochi spiragli di speranza. Tra questi c'è persino una sorta di equivalente concettuale del finale "Shura" poi ripreso in Sekiro: Shadows Die Twice, ma evitiamo di approfondire per evitare grossi spoiler.
Il passo falso e il recupero: Armored Core V e Verdict Day
Mentre For Answer è materia di discussione, ma generalmente resta un capitolo amatissimo della serie, lo stesso non si può dire per Armored Core V, che dai fan storici viene considerato come un secco passo falso e non per i suoi cambiamenti al gameplay. Il gioco è infatti per certi versi un ritorno al passato: i mech sono più piccoli per favorire l'utilizzo degli edifici nelle mappe come coperture, il movimento (pur mantenendo il quick boost e aggiungendo altri sistemi interessanti) risulta più lento e tattico, il targeting ripropone nuovamente un'area centrale per il puntamento, ed è possibile salire di quota quasi solo sfruttando dei salti sulle pareti degli edifici. Insomma mutamenti notevoli, eppure non necessariamente spiacevoli, perché rappresentano un mix molto interessante tra le evoluzioni e la spinta verso l'action di For Answer, e l'oculata gestione del posizionamento dei primi capitoli. Il problema principale? Armored Core V venne creato con il multiplayer in mente e più specificamente con al centro le battaglie a squadre quattro contro quattro, ben più complicate da gestire delle sfide tra singoli mech tipiche del resto della serie.
È anche per questo motivo che la velocità e il volo dei giochi di Miyazaki sono stati eliminati qui: si puntava a un multiplayer più gestibile e ragionato, capace di favorire azioni coordinate di team affiatati. Ricordatevi però di chi stiamo parlando: il team alle spalle della serie è FromSoftware e se c'è una singola cosa per cui questa squadra di talentuosissimi sviluppatori non è nota è... la stabilità dell'online, come avevamo già accennato precedentemente in questo stesso speciale. La community online rimase quindi ben al di sotto delle aspettative di FromSoftware, per ovvie ragioni.
Altra novità inserita un po' malamente? Tre diverse tipologie di danno, che potevano a volte a dover ricominciare una missione da capo perché non equipaggiati a dovere per eliminare certi nemici presenti. Queste forme di danno erano persino implementate abbastanza stupidamente, perché le varie parti del mech avevano resistenze specifiche in base al peso, con non poche complicazioni per le build (già limitate da un numero di componenti inferiore al solito). Se non altro tra le meccaniche aggiuntive c'era anche una "modalità scansione", che, seppur un po' incasinata in termini di interfaccia, era molto utile per capire con chiarezza gli obiettivi di ogni quadro e le caratteristiche dei nemici.
Il focus sul multiplayer portò purtroppo anche a un drastico calo qualitativo dei contenuti, con missioni più lunghe ma ripetitive e scarsamente soddisfacenti, dove la necessità di risorse del mech (normalmente non ci sono modi per rigenerarsi o rifornirsi nei vecchi Armored Core) veniva coperta da punti di rifornimento sparsi per le mappe. Una delusione su tutta la linea insomma, ed è per questo che Verdict Day rappresentò per certi versi il tentativo di FromSoftware di salvare quanto fatto. Tentativo riuscito solo in parte, certo, ma se non altro si trattò ai tempi di un titolo rigenerante per il marchio, capace di mostrare ancora le sue qualità.
Certo, l'interfaccia manteneva grandi problemi di leggibilità, però la campagna stavolta aveva missioni calcolate meglio, un sacco di parti in più per la personalizzazione, una narrativa molto più interessante (quella del V era tra le peggiori, se non la peggiore, della saga), e manteneva le spettacolari "Overed Weapons", ovvero armi potentissime con grossi rischi di utilizzo che, seppur situazionali, erano davvero divertenti da usare. La vera chicca di Verdict Day, comunque, era il sistema UNAC, che permetteva letteralmente di creare dei Core controllati dall'intelligenza artificiale da portare con sé in battaglia: la personalizzazione comportamentale degli UNAC era di una completezza invidiabile, tanto da permettere a chi lo padroneggiava in toto di fare cose assurde e bypassare qualunque difficoltà. Per quanto interessante, ad ogni modo, dubitiamo di rivederlo nel sesto capitolo, perché distoglie notevolmente l'attenzione dal gameplay classico della saga.
A grandi linee, questo è quanto. Ovviamente abbiamo evitato di addentrarci eccessivamente nei singoli sistemi, ma come potete vedere di carne al fuoco ce n'è tanta. Da quanto abbiamo visto, ad ogni modo, Armored Core VI sembra voler mantenere invariate le caratteristiche più affascinanti (e complesse) della saga, adattandola a una visione più moderna e applicandovi quanto imparato da FromSoftware negli ultimi anni. Chissà che non sia la volta buona per far diventare anche questa profondissima serie popolare quanto merita; voi intanto andate a leggere la nostra anteprima esclusiva, accompagnata da una lunga intervista con gli sviluppatori. Ci sono un mare di informazioni sul nuovo titolo in arrivo che fanno ben sperare per il futuro.