Stimolati dal venticinquesimo anniversario di Bioware ci troviamo a ripercorrere la storia di un nome che tra alti e bassi ha segnato una parte della storia di PC e console, almeno nel caso dei giochi di ruolo. Va detto che il team fondato il primo febbraio del 1995 da Greg Zeschuk, Ray Muzyka e Augustin Yip si è misurato con altri generi, inaugurando i lavori con un simulatore di mech, ma sono Baldur's Gate, Neverwinter Nights, Mass Effect e Dragon Age ad averne definito l'identità, consegnandola alla storia. Ed è una storia che potrebbe presto tornare alla luce in nuove forme, vista la promessa di Bioware di un anno di celebrazioni che speriamo includa giochi gratuiti, riedizioni e soprattutto qualche buona novella sul futuro di una software house che, pur grande, di recente ha mostrato il fianco a più di una critica.
Gli inizi e il boom di Baldur's Gate
Prima di parlare dubbi e problematiche è giusto celebrare il gran lavoro fatto da Bioware, considerata tra le grandi protagoniste della storia dei giochi di ruolo su PC e console. Ma i primi passi nel videogioco di Muzyka e soci sono stati quelli metallici dei robottoni di Shattered Steel, un simulatore di mecha solido che, pubblicato nell'ottobre del 1996, si è fatto notare anche per la colonna sonora. Si è però scontrato, uscendo in quel periodo, con il più complesso e più conosciuto Mechwarrior 2: Mercenaries, soffrendo tra l'altro a causa di qualche problema avuto con la demo. Eppure ha fatto registrare vendite discrete, sigillando una partnership tra Interplay e Bioware che avrebbe plasmato il futuro della software house e di parte del mondo dei giochi di ruolo, portando un team dalle ottime capacità tecniche a collaborare con calibri come Brian Fargo, Feargus Urquhart e Chris Avellone. Questo era infatti l'arsenale umano di Interplay, altrimenti nota come Black Isle, che sarebbe stata vitale per la nascita di Baldur's Gate e per il futuro di chi lo ha portato alla luce, a partire dall'intuizione di combinare la licenza di Dungeons & Dragons appena acquista Interplay con l'Infinity Engine di Bioware.
Per qualcuno la paternità di Baldur's Gate, araldo della pausa tattica, è da attribuire a Ray Muzyka, appassionato del gioco di ruolo cartaceo della Wizard of the Coast, mentre qualcuno dice invece che l'idea sia venuta a Feargus Urquhart durante un brainstorming, ma quale che sia la verità quel primo passo, costato l'esistenza al progetto Battleground: Infinity, ha portato a vendite per 2.2 milioni di copie che su PC, all'epoca, erano un'enormità. Certo, per arrivarci ci sono voluti circa 4 anni ma le vendite iniziali sono state sufficienti a giustificare un secondo capitolo, consacrazione digitale dei Forgotten Realms e di un team capace di regalarci non solo titoli di grande respiro, ma personaggi complessi spesso protagonisti di vicende secondarie di grande spessore. Proprio questo, tra l'altro, è il pilastro di successi come Mass Effect e Dragon Age, storie in buona parte corali e capaci di ampliare i confini del mondo di gioco ben al di la delle possibilità del motore grafico. Ma di questo parleremo dopo. Tra i due Baldur's Gate infatti, Bioware ha voluto dimostrare di saperci fare anche con gli action game, prendendosi la responsabilità di sviluppare il seguito di MDK, venduto da Dave Perry a Interplay con tutto il pacchetto Shiny Entertainment. Ed è riuscita nel difficile compito, con risultati eccellenti, per tornare comunque ai Forgotten Realms di Dungeons & Dragons, prima con Baldur's Gate 2 e poi, maturato il 3D, con Neverwinter Nights.
Le collaborazioni con Infogrames, LucasArts e Microsoft
Durante lo sviluppo di Neverwinter Nights, Interplay ha iniziato a piegarsi sotto ai problemi economici che l'avrebbero portata alla chiusura definitiva del 2003, costringendo Bioware a rivolgersi a Infogrames, già orfana di Bruno Bonnell e in procinto di diventare Atari SA, per pubblicare un titolo completo ma anche un sistema per creare in tempo reale avventure e piccoli universi MMO, alcuni ancora attivi, basati sull'apprezzata terza edizione di D&D. Una buona dimostrazione di indipendenza, quindi, sebbene la software house non abbia mai perso il suo legame con in ragazzi di Black Isle che in seguito, fondata Obsidian, avrebbero sviluppato Neverwinter Nights 2, aggiornando l'Aurora Engine proprio grazie alla collaborazione di una Bioware pur reduce da altri due successi di peso. Nel 2003 si è infatti legata a LucasArts per Knights of the Old Republic, altro colpaccio da ricordare sia come primo videogioco di ruolo dedicato a Star Wars, sia come titolo in grado di regalarci una storia nuova eppure antica trattando con i guanti un universo che proprio in quegli anni è stato scosso, sul grande schermo, dai midichlorian e da altre trovate ben poco interessanti. Niente a che vedere, insomma, con le idee un titolo che ha dato vita a un seguito altrettanto importante, figlio di una seconda staffetta d'eccezione che ha visto il testimone passare ancora una volta a Obsidian.
Nel 2005 è arrivato il momento di Jade Empire, pubblicato come esclusiva temporale per Xbox con il sostegno di una Microsoft che ha contribuito a creare un'antica e mistica Cina incredibilmente coinvolgente. Qualcuno ha criticato la semplicità del sistema di combattimento, tutto in tempo reale e ben diverso dal battle system a turni ibrido di Knights of the Old Republic, ma pochi hanno resistito al fascino di un titolo massiccio, potente e interamente doppiato da calibri come John Cleese e Nathan Fillion per tutte le 320.000 parole di dialogo, compreso il linguaggio inventato Thou Fan. Ma parte di questo enorme lavoro è andato sprecato a causa della decisione di lanciare il titolo su una Xbox ormai vicina alla pensione e limitata da una fanbase entusiasta ma non certo enorme. Ben diversa da quella che avrebbe avuto su Xbox 360, non a caso chiamata in causa qualche anno dopo da Greg Zeschuk parlando di un titolo che avrebbe meritato più delle 500 mila copie vendute tra l'aprile del 2005 e l'ottobre del 2007. Ed è probabile che, pur divenuto ormai guru della birra, l'ex general manager di Bioware abbia ragione da vendere, visto quanto sarebbe accaduto il mese successivo.
La nascita di Mass Effect e l'acquisizione da parte di Electronic Arts
Il debutto di Bioware su Xbox 360 c'era avrebbe reso ancora più celebre il nome della software house, regalando alla seconda console Microsoft, con l'ultimo titolo sviluppato prima dell'acquisizione da parte di Electronic Arts, un'esclusiva di peso assoluto. Pochi hanno dimenticato Shepard, il Mako, la Normandy, la grafica d'impatto e altri simboli di una delle serie di giochi di ruolo più apprezzate di sempre, summa delle promesse di una Bioware che ci ha trascinato per l'universo dietro a misteri archeospaziali, piante genetiche ed epurazioni, collegando ogni titolo al successivo in un'unica epopea intergalattica piena di scelte, anche dolorose, da compiere. In buona parte, tra l'altro, dedicata a compagni di spessore, costole di un'esperienza capace di dare un senso di libertà unico, in parte grazie agli elementi dinamici e all'esplorazione, in parte grazie a un'efficace illusione che ci porta, passando per il pur valido ma meno ambizioso Sonic Chronicles, al sorprendente Dragon Age: Origins, dimostrazione di come gioco di ruolo classico, scelte alla Mass Effect e un respiro ancora più ampio possano andare d'accordo.
Difficile invece far accettare le semplificazioni di Mass Effect 2 ai puristi, almeno sulle prime, visto che parliamo di un titolo comunque sontuoso e ancor più spettacolare del precedente. Perso il Mako, altro taglio che ha creato un po' di scontento, a fare la parte del leone è stato l'equipaggio ancora più vivo, ricco e difficile da gestire, perno della sorprendente missione finale di un capolavoro dalle atmosfere meno intime e misteriose del primo eppure più travolgenti e dolorose. Abbastanza per calmare i dubbi circa l'acquisizione di EA, confermando la voglia di evolversi, in una direzione o nell'altra, di che in quel momento è arrivata a contare diversi studi, uno dei quali impegnato sul massiccio MMO The Old Republic. A fine 2011 abbiamo infatti assistito al ritorno di EA a Jedi e Sith, con un titolo che molti avrebbero scambiato volentieri con un nuovo Knights of the Old Republic, ma che comunque ci ha regalato un bel pezzo di Star Wars in versione online di massa, pur soffrendo di problemi tecnici e politiche iniziali che hanno suscitato qualche nuova polemica.
Un periodo tumultuoso e un futuro incerto
Fino al 2012 Bioware ha affrontato tutti i problemi a testa alta, ma qualcosa si è incrinato con Dragon Age II, un titolo non privo di scene di intermezzo di impatto, di personaggi di spessore e di alcune quest memorabili, ma segnato da passi indietro rispetto al passato e dal riciclaggio sfrenato degli asset, particolarmente evidente nei dungeon, che ha fatto tremare i fan della compagnia, esacerbando le reazioni del pubblico che si è scontrato con una critica meno punitiva. Poi è arrivato Mass Effect 3 e sulle prime si sono tranquillizzati quasi tutti, vista la qualità elevata. Chiusure struggenti, scelte in quantità e una seconda parte rutilante, seppur in alcuni frangenti un po' frettolosa, hanno conquistato la stragrande maggioranza dei giocatori, sbriciolandosi però sullo scoglio di un finale ritenuto troppo criptico e tirato via, fino all'incongruenza. Abbastanza per scatenare un putiferio che nel 2012, ovvero un anno dopo, avrebbe portato all'abbandono di Ray Muzyka e Greg Zeschuk, innesco per una vera e propria un'emorragia di talenti. Ma questo non ha impedito alla software house di sviluppare un'Extended Cut con cui ottenere il perdono dei fan che è arrivato in via quasi definitiva con Dragon Age: Inquistion, nel 2014.
Nonostante le dimostrazioni di forza, Bioware si è comunque trovata a dover affrontare diversi problemi gestionali che hanno portato a varie cancellazioni e alla chiusura sia di BioWar Mythic che del Team Victory, rispettivamente responsabili di Warhammer Online: Wrath of Heroes e di Command & Conquer: Generals 2. Ma la delusione più grande è arrivata nel 2015 con Shadow Realms, accantonato per destinare risorse a quel Mass Effect: Andromeda che al lancio, pur risultando un titolo enorme e dalla base solida dopo le dovute patch, avrebbe causato un altro terremoto. Abbastanza da far tornare Casey Hudson tra le fila di Bioware nelle vesti di general manager, giusto in tempo per occuparsi di Anthem che si è presentato al mondo con enormi promesse, quasi tutte disattese. Sia chiaro, nonostante il downgrade parliamo di un titolo massiccio e dal sistema di movimento niente male, vanificato però da pochi nemici, poche missioni e pochi stimoli. Un vero limbo da cui Ben Irving è scappato a gambe levate e che è probabilmente responsabile dell'omissione di Bioware dal resoconto trimestrale di Electronic Arts. Eppure ci auguriamo che tutto si risolva al meglio con il massiccio rework appena confermato ufficialmente dagli sviluppatori, mentre aspettiamo con trepidazione Dragon Age: The Dread Wolf Rises, un gioco di ruolo che non è esente da problemi, visto l'abbandono ad agosto del lead producer Fernando Melo, ma che riportando Bioware nel suo terreno d'elezione potrebbe tramutarsi in un nuovo atto di redenzione.