Il rapporto di IIDEA ci dà ogni anno un'istantanea dell'industria dei videogiochi italiana. Un'industria dai numeri molto floridi: superiamo, infatti, il miliardo di euro di fatturato. Gran parte di questi soldi, però, non resta all'interno dei confini nazionali. Detto in altre parole, il nostro paese non può contare su tanti studi di sviluppo dal respiro internazionale.
Basti pensare a paesi come la Francia, l'Inghilterra, nazioni comparabili come dimensioni alla nostra, ma anche alla Polonia o la Svezia: sono tutti anni luce avanti a noi. Ed è un peccato: l'Italia ha un substrato creativo di primo livello e sarebbe un peccato non sfruttarlo per dire la nostra in un'industria nella quale l'arte, lo stile, il design e la musica hanno un ruolo di primo piano. Tutto questo senza considerare che stiamo parlando di uno dei settori più ricchi, giovani e promettenti del pianeta e sarebbe criminale non sfruttarlo per creare diversi posti di lavoro iper specializzati e generare qualche milione di euro di ricavi.
Emilia Romagna + Bologna
Per questi motivi due istituzioni del nostro paese sempre piuttosto attente a questo genere di tendenze, ovvero la Regione Emilia Romagna e il Comune di Bologna, hanno deciso di consorziarsi per cercare di capire se ci sono le potenzialità per creare un'industria dei videogiochi nella regione e, in caso di risposta positiva, per trovare un modo per aiutare gli studi emergenti non solo a crescere, ma ad amalgamarsi col resto delle realtà presenti nel territorio.
D'altra parte stiamo parlando di una regione che si vanta di ospitare alcune delle più rinomate, efficienti e ricche aziende italiane (Barilla, Ferrari, Ducati vi dicono nulla?) e di una città che da quasi mille anni è conosciuta come "la Dotta", in virtù della sua vivace vita universitaria.
Da queste premesse è nata la Bologna Game Farm, un acceleratore d'impresa pensato per aiutare i piccoli studi indipendenti presenti sul territorio a crescere e diventare grandi.
Bologna Game Farm
Bologna Game Farm è l'ultima iniziativa di Incredibol, un progetto nato nel 2010 per favorire la crescita e la sostenibilità del settore delle industrie culturali e creative nella città di Bologna e nella regione Emilia Romagna. Le nove edizioni del bando hanno visto 900 candidature per un totale di oltre 2200 partecipanti. Nel 2016 hanno deciso di scandagliare l'industria dei videogiochi locale e, trovandola interessante, gli organizzatori hanno deciso di mettere in piedi una struttura in grado di aiutare le start-up a crescere e svilupparsi.
I tecnici del Comune e della Regione, però dopo aver individuato i fondi e la struttura dove collocare l'incubatore (all'interno delle bellissime Serre dei Giardini Margherita di Bologna) si sono resi conto che, per aiutare al meglio le start-up mancava loro una conoscenza specifica di un'industria molto particolare come quella dei videogiochi. Da questo bisogno è nata la collaborazione tecnica con IIDEA, l'Associazione di categoria dell'industria dei videogiochi in Italia, che ha messo a disposizione le proprie competenze e professionalità per aiutare a indirizzare gli studi coinvolti nel progetto.
Acceleratore, più che incubatore
Il progetto Bologna Game Farm è quindi diventato una sorta di acceleratore, più che un vero e proprio incubatore. Il bando con il quale si poteva provare ad accedere al progetto, infatti, aveva dei parametri piuttosto stringenti pensati per trovare 4 progetti e altrettanti team già strutturati, da sgrezzare e formare. L'obiettivo è quello di far realizzare una slice verticale del loro progetto da presentare ai publisher di tutto il mondo in eventi quali la Gamescom di Colonia o la GDC di San Francisco.
L'aiuto dato dalla Bologna Game Farm ai progetti selezionati è a 360°. C'è, ovviamente, un contributo a fondo perduto grazie al quale i diversi team hanno potuto dare un po' di ossigeno alle casse societarie e rafforzare il proprio staff. Per trovare le nuove figure professionali la Regione e il Comune hanno messo in contatto gli sviluppatori con le diverse realtà e istituzioni locali, sulle quali appoggiarsi per ogni bisogno. Perché non sfruttare i talenti del conservatorio di Bologna per farsi dare una mano a creare la colonna sonora del gioco?
Da non sottovalutare anche l'aiuto specializzato da parte di alcuni tutor che hanno lavorato a stretto contatto coi team per, inizialmente, metterli di fronte a tutti i loro limiti e successivamente per aiutarli a costruire un pitch di livello professionale grazie al quale arrivare preparati di fronte a publisher di tutto il mondo. Si è trattato, quindi, di un approccio sia creativo che manageriale, che è andato ad analizzare tutti gli aspetti dei vari team.
Molti di essi, infatti, erano troppo concentrati nel costruire la propria visione da aver tralasciato l'aspetto economico di un progetto. Altri, specializzati in sistemi di rete, sono stati rafforzati sotto il profilo artistico, mentre in altri casi è stata cambiata completamente l'impostazione del game design.
Nella Bologna Game Farm, dunque, non si cerca "solo" di cercare un publisher per le aziende selezionate, ma di creare delle professionalità in grado non solo di proporsi a un pubblico internazionale, ma capaci d'integrarsi ed essere un valore aggiunto per l'intera filiera produttiva della creatività emiliana.
I giochi
Quali sono i progetti e quindi i giochi che fanno parte della Bologna Game Farm? Lo approfondiremo più nello specifico nei prossimi giorni, ma cominciate a segnarvi questi nomi:
- Basket Party di Orbital Games, un gioco per mobile multigiocatore che combina la pallacanestro coi MOBA
- Flagship di Magari, un puzzle game narrativo in 3D
- Gladiators Wheels di Dreambits Studio, un gioco multigiocatore col focus sul combattimento a bordo di veicoli
- Spanky's Battle Swing di Green Flamingo, un platform 3D musicale con uno stile ispirato all'elettro swing e all'elettro jazz anni '30