Trent'anni sono tanti per una persona, figuriamoci per uno studio di sviluppo di videogame: sono davvero poche le società ad aver tagliato un simile traguardo in un'industria che spesso non lascia una seconda opportunità. Come nelle migliori tradizioni, l'avventura dell'azienda di Halo inizia nel 1990 nella camera di un aspirante matematico dell'Università di Chicago, Alexander Seropian. Appassionato di videogame, all'età di ventuno anni si era dilettato nella creazione di un clone di Pong. Il titolo si chiamava Gnop!, girava su piattaforma Macintosh ed era gratuito.
Nello stesso periodo si unì alla confraternita studentesca Phi Delta Theta, dove conobbe il futuro socio Jason Jones. L'anno seguente, poco prima di ottenere il diploma universitario, decise d'intraprendere la carriera d'imprenditore, fondando, nel maggio del 1991, Bungie Software Products Corporation, nonostante la perplessità del padre che gli aveva consigliato di un fare po' di esperienza nel mondo del lavoro prima di compiere il grande passo.
I primi anni
Il primo vagito della neonata software house fu Operation: Desert Storm, uscito per Macintosh e sviluppato dal solo Seropian: si trattava di un rudimentale sparatutto con visuale dall'alto ispirato ai fatti della concomitante Guerra del Golfo in Iraq. Proposto come freeware, vendette 2.500 copie. A questo punto entra in scena Jones, con cui Seropian lavorerà al primo titolo multiplayer di Bungie, uscito nel maggio dell'anno seguente.
Stiamo parlando di Minotaur: The Labyrinths of Crete. Un primo prototipo era stato progettato dal solo Seropian nel 1988, ma non aveva mai visto la luce per via della scarsa diffusione (anche negli USA) del modem. Minotaur, infatti, è stato uno dei primi esempi di giochi di ruolo cooperativi. Per essere completato necessitava di due giocatori che dovevano collaborare attraverso il protocollo AppleTalk. Esisteva anche una modalità per singolo che però si limitava all'esplorazione della mappa e non prevedeva un endgame.
Il motore di gioco fu in seguito dato su licenza a Paranoid per la realizzazione di Odyssey: The Legend of Nemesis, altro RPG uscito per Macintosh nel 1996. Per quanto sia stato un "underdog" o, come si direbbe oggi, un titolo indie (anche in questo caso circa 2.500 copie vendute), Minotaur gettò le basi per il primo successo commerciale di Bungie.
Pathways into Darkness
Pubblicato nell'agosto del 1993 per Mac OS e OS X, Pathways into Darkness era originariamente concepito come seguito di Minotaur, ma in corso d'opera il team di sviluppo, che nel frattempo si era allargato con altri amici dei due fondatori, decise di creare una storia slegata e indipendente. Si trattava di un gioco di ruolo in prima persona sulla falsariga di Ultima Underworld, dove gli enigmi ambientali erano preferiti all'azione vera e propria. Interessante la storia, che vedeva le forze speciali addentrarsi in una piramide dello Yucatan dopo che il governo statunitense aveva rilevato strane trasmissioni. Il giocatore, separato dal resto della squadra, doveva vedersela da solo contro mostri ispirati all'opera di Lovecraft. Il gioco ottenne un ottimo successo commerciale, vendendo complessivamente 20.000 copie e piazzandosi al terzo posto tra i bestseller per Apple nel 1994, dopo mostri sacri come Myst e SimCity 2000. Il flusso di denaro permise agli sviluppatori di abbandonare definitivamente l'appartamento di Seropian per trasferirsi in un ufficio a Chicago.
Marathon
In questo malandato locale (mancava persino il riscaldamento!) vede la luce il primo episodio della trilogia di Marathon. Procediamo con ordine: dopo il successo di Pathways, gli sviluppatori decisero di seguire la moda del momento, dettata da Doom (e tutti i suoi figli), impostando un ritmo di gioco più frenetico e migliorando l'intelligenza artificiale. Tuttavia, Marathon Zero (questo il nome in codice) non ottenne che qualche fugace sguardo al Mac World Expo di San Francisco in gennaio, essendo ritenuto troppo simile alla fonte di ispirazione. Iniziò quindi una vera e propria maratona che vide Jason Jones e il neoarrivato Ryan Martell spendere decine di ore per creare un motore grafico da zero. Inoltre, ambientazioni, armi e nemici cambiarono radicalmente, gettando le basi per quello che sarebbe stato Halo. Tanto lavoro fu premiato con una calorosa accoglienza nel luglio del 1994, quando alla fiera di Boston Marathon catalizzò gli occhi di tutti i presenti. I preordini furono oltre ventimila, tanto da costringere i ragazzi di Chicago a commercializzare le prime copie del gioco prive della confezione, pur di rispettare le festività natalizie. In breve tempo Marathon divenne il titolo in grado di salvare il gaming su Mac. Ci sono diversi motivi per cui merita di essere ricordato: fu il primo first person shooter in cui il mouse serviva a muovere la visuale, e tra i primi a introdurre dei bot "amici".
I seguiti: Durandal e Infinity
L'onda lunga del successo del primo Marathon non tardò a produrre i propri effetti e, circa un anno dopo l'uscita, fu pubblicato Marathon 2: Durandal, il seguito più "grosso e cattivo". Il maggior lavoro di Jones e soci si concentrò sull'engine proprietario, ora in grado di visualizzare una cornice più grande di gioco e di gestire risoluzioni e profondità di colori superiori. A questo si aggiunsero diverse modalità multiplayer non presenti nel primo gioco, tra cui quella cooperativa. Si trattò anche della prima volta di Bungie su piattaforma Windows (anche se la release destinata al sistema operativo di Microsoft arrivò solo dopo qualche mese): questo causò un notevole malcontento nella comunità Macintosh, che si sentì tradita dalla casa di Seropian. Nel 2007 ne fu fatto un porting per Xbox Live Arcade, ad opera di Freeverse Software. In termini di vendite, Durandal surclassò quelle di Marathon 1.
Ultimo capitolo della trilogia, Marathon: Infinity fu pubblicato nel 1996, chiudendo un cerchio narrativo iniziato un paio d'anni prima. Gli sviluppatori erano particolarmente attenti a questo aspetto, ritenendo che potesse fornire motivo di maggior coinvolgimento rispetto alle pretestuose storie di Doom e Wolfenstein. Le modifiche più rilevanti introdotte dal terzo Marathon riguardarono il motore fisico e l'editor di livelli. Nel 2005 l'intera trilogia è stata resa gratuitamente scaricabile da questo sito.
Arriva Myth, l'RTS che non ti aspetti
Per Bungie era giunto il momento di esplorare nuovi territori, e non solo in termini di genere: per Myth: The Fallen Lords fu stretto un accordo con il publisher Eidos in modo che il titolo potesse raggiungere in contemporanea anche la più ampia platea di utilizzatori di Windows. Seropian, infatti, si era lamentato per la difficoltà nel distribuire Marathon 2 al di fuori dell'ecosistema Macintosh. Scelta più saggia non ci sarebbe potuta essere, perché l'RTS privo della parte gestionale vendette circa 350.000 copie, coprendo in breve tempo i costi di produzione, che erano lievitati sino a toccare i due milioni di dollari e rendendolo così il titolo più costoso prodotto sino a quel momento. E dire che nelle idee di Jones il nuovo gioco avrebbe dovuto ricalcare le orme dei precedenti, ma vennero presto scartate dopo aver visto l'arsenale messo in campo da id Software con il primo Quake. Per Myth il team di sviluppo fu potenziato, introducendo tra gli altri anche la figura di Marcus Lehto, il papà di Master Chief. Il successo fu tale che venne cambiato il quartier generale di Chicago e fu contestualmente aperto uno studio a San Jose, denominato Bungie West. Nello stesso periodo tentò anche la strada di publisher, pubblicando per Mac lo shooter Abuse di Crack Dot Com, uscito su PC un paio d'anni prima.
L'esperienza si rivelò talmente fruttuosa che per Myth II: Soulblighter, Bungie fece tutto in casa. Il seguito era già stato programmato assieme al titolo originario, e solo un insuccesso commerciale di Fallen Lords avrebbe potuto metterne in discussione l'uscita. Come sappiamo le cose andarono diversamente e Soulblighter, nonostante qualche ritardo sulla tabella di marcia (uscì solo il 28 dicembre a causa di una serie di bug), fu l'ennesimo successo firmato dalla casa di Chicago, tanto da battere il record di vendite, detenuto dal primo episodio, in appena una settimana dal lancio. Nel 1999 fu realizzato un expansion pack, Chimera, a opera di un gruppo di modder supervisionato dalla stessa casa madre. Attorno al gioco si sviluppò una comunità molto attiva che continuò a supportare il multiplayer anche dopo che i server ufficiali vennero spenti nel febbraio del 2002.
Oni e le operazioni di mercato tra il 1999 e il 2000
Nel frattempo, erano sempre più numerose le aziende interessate alla gallina delle uova d'oro di Seropian e Jones: così nel 1999 Take 2 Interactive riuscì ad acquisire il 19,9% del capitale sociale di Bungie, garantendosi i diritti per la pubblicazione in Nord America dei futuri giochi, tra cui l'appena annunciato Halo. Non era la prima volta che i ragazzi di Chicago erano al centro dell'attenzione: già all'epoca di Pathways ci aveva provato Activision, ma i fondatori avevano sempre resistito. Il publisher, però, non aveva fatto i conti con Microsoft, che stava preparando l'ingresso nel mondo delle console con Xbox. In quest'ottica l'azienda di Redmond ottenne, l'anno seguente, il totale controllo di Bungie. Si trattò di una decisione molto sofferta per i due titolari, che si persuasero ad accettare solo dopo aver consultato tutti i propri collaboratori. Un episodio che avrebbe potuto fungere da ago della bilancia nel processo decisionale fu un bug nel programma di disinstallazione di Soulblighter, che cancellava tutti i dati dell'hard disk dell'utente. Questo comportò un richiamo di oltre duecentomila scatole già inviate, con un costo complessivo di circa un milione di dollari.
Tanti movimenti di mercato avevano rallentato l'orologio di Bungie, sino ad allora perfetto nel rispettare le scadenze annuali. Il logo torna a comparire sui monitor di PC e Mac solo nuovo millennio iniziato. A onor del vero non si tratta proprio il logo a cui eravamo abituati. Vi ricordate di Bungie West, lo studio fondato in California nel 1997? Ebbene, nel 2001 vede nascere l'unico frutto delle sue fatiche, un action/beat 'em up in terza persona. Oni era, assieme a Myth, la proprietà intellettuale rimasta nelle mani di Take 2 dopo l'acquisizione di Microsoft, e fu anche il primo titolo Bungie a essere pubblicato per console (nella fattispecie PlayStation 2) grazie Rockstar. Ispirato a Ghost in the Shell, non si può certo definire un successo, tanto che vendette appena 50.000 copie, motivo per cui lo studio fu smembrato.
Halo: Combat Evolved
Ed eccoci finalmente arrivati al titolo-icona di Bungie, che per l'occasione trasforma la propria denominazione in Bungie Studios: Halo, l'FPS futuristico che diventerà la prima killer application per Xbox. Quando venne annunciato, nel 1999, direttamente da Steve Jobs, Halo: Combat Evolved era stato concepito come gioco d'azione in terza persona in esclusiva per sistemi Apple, ed era ancora in quella forma che era stato presentato all'E3 del 2000, negli stessi giorni in cui veniva definito il passaggio a Microsoft per una cifra vicina ai trenta milioni di dollari. Fu in quel momento che il quartier generale di Bungie si trasferì a Redmond, in modo da lavorare fianco a fianco con la nuova proprietà. I mesi che seguirono furono intensi, perché c'era da cambiare prospettiva e soprattutto da adattare il sistema di controllo al joypad, laddove fino a quel momento l'accoppiata mouse e tastiera sembrava intoccabile.
Inutile ripetere poi quello che tutti sappiamo: Halo è divenuta una vera e propria icona dei videogame, con un metascore pari a 97 che lo consacra come uno dei migliori giochi mai sviluppati. Quantomeno per Xbox, del cui successo fu il principale fautore: il porting per PC, avvenuto quasi due anni dopo, fu una vera e propria delusione. Nel complesso il primo Halo ha totalizzato quasi cinque milioni di copie vendute, per un incasso complessivo di quasi duecento milioni di dollari. Per chi volesse approfondire la storia del franchise rimandiamo a questo speciale del nostro Simone.
Halo 2 e l'addio di Seropian
Poteva un successo come quello di Combat Evolved non avere un seguito? Certo che no, tanto che ne fu progettata un'intera trilogia, per quanto nei piani iniziali di Bungie il primo Halo non avrebbe dovuto avere una prole. Tuttavia, l'idea di poter espandere l'universo (e i propri portafogli...) di Master Chief era particolarmente eccitante, tanto che James Allard, all'epoca uno dei capi del progetto Xbox, annunciò Halo 2 all'E3 del 2002. In casa Bungie, però, era un periodo di tumulti. Seropian, che aveva perso il controllo della sua creatura, decise di andarsene per fondare il piccolo studio Wideload Games, conosciuto principalmente per Stubbs the Zombie in Rebel Without a Pulse del 2005. Wideload sarà a sua volta acquisita da Disney Interactive nel 2009, con Seropian che si vedrà costretto nuovamente a fare le valigie e a fondare la semisconosciuta (ma ancora in attività) Industrial Toys. Jones invece era rimasto, ma era sottoposto a uno stress notevole, tanto da essere costretto ad abbandonare temporaneamente la direzione artistica. Uno dei motivi per cui il titolo fu rimandato fu l'implementazione della modalità multiplayer attraverso il neonato servizio Xbox Live. Nonostante qualche intoppo sulla tabella di marcia, Halo 2 fu un successo ancora superiore rispetto a quello del predecessore, con la bellezza di un milione e mezzo di preordini, due milioni e mezzo di copie vendute nelle prime ventiquattro ore e un totale di quasi otto milioni e mezzo di copie complessive che lo rendono il gioco in assoluto più venduto per la prima Xbox. A distanza di quasi quattro anni uscirà una catastrofica versione per Windows: per spingere le vendite di Vista, il programma non poteva essere installato su XP (sebbene una patch amatoriale lo permettesse), con il falso pretesto che il vecchio sistema operativo non supportava le DirectX 10 sulle quali sarebbe girato il titolo.
Halo 3
Nonostante il successo commerciale, Halo 2 non soddisfò appieno gli sviluppatori, a causa dei tempi di lavoro compressi. Con il capitolo finale della trilogia si sperava di poter realizzare un risultato ottimale, ma i malumori all'interno del team non cessavano. Da un lato Jones aveva deciso di prendersi un anno sabbatico, aprendo una faida per il controllo del progetto; dall'altro lo sceneggiatore Staten, autore storico della saga, aveva abbandonato i lavori salvo poi tornarci nelle fasi finali dello sviluppo. Nondimeno, tra il management continuava a serpeggiare l'insoddisfazione per gli scarsi riconoscimenti economici da parte del publisher, sicché si arrivò a un accordo commerciale: se il nuovo capitolo di Halo avesse ottenuto un determinato numero di vendite, Bungie sarebbe tornata indipendente.
In ogni caso il tempo concesso agli sviluppatori fu decisamente più generoso rispetto ad Halo 2, anche perché il terzo capitolo avrebbe dovuto rappresentare uno dei cavalli di battaglia della nuova Xbox 360. Presentato all'E3 del 2006, Halo 3 venne pubblicato nel settembre dell'anno successivo, non prima di un beta test pubblico per il comparto multiplayer. La campagna di marketing promossa da Microsoft (denominata Believe) fu maestosa, con quaranta milioni di dollari spesi tra cinematiche, pubblicità e accordi commerciali con Pepsi, 7-Eleven e Gamestop, nel tentativo di ampliare al massimo il pubblico dello sparatutto.
In questo tourbillon non poteva mancare lo scandalo: ad agosto la release Epsilon fu pubblicata su internet e gli account sorpresi a utilizzarla senza permesso vennero banditi a vita dai server Microsoft. Alcune versioni retail, invece, comparirono su eBay circa un paio di settimane prima del lancio; le ISO furono caricate sui siti di file sharing così come il filmato finale del gioco, reso pubblico circa una settimana prima del fatidico 25 settembre.
Ciononostante, Halo 3 fu l'ennesimo successo strepitoso, distruggendo tutti i record fatti segnare dal predecessore e portando a circa quindici milioni il conteggio delle copie vendute, il che significava ricavi per circa 600 milioni di dollari.
Halo 3: ODST
Si erano verificate le condizioni affinché la compagnia tornasse indipendente, e difatti nel 2007 la ragione sociale si trasformò in quella attualmente in uso e Bungie divenne una LLC (l'equivalente della nostra SRL). In quel periodo Microsoft aveva grandi progetti per il franchise di Halo, tanto da commissionare a Peter Jackson un film dedicato alle gesta di Master Chief. Il cineasta ne sarebbe stato il produttore e in prima battuta fu individuato Guillermo Del Toro come regista; ruolo che poi venne affidato a Neill Blomkamp. Per supportare la pellicola fu programmata anche una serie episodica, denominata Halo Chronicles, su cui venne dirottato parte del team di sviluppo, che si era ampliato sino a contare le 160 unità.
Come ben sappiamo alla fine non se ne fece nulla, e i progetti furono cancellati definitivamente nel 2009. Tuttavia, i responsabili di Chronicles non volevano rimanere con le mani in mano e fu quindi dato loro il via libera per uno spin-off ambientato a cavallo tra il secondo e il terzo episodio. Inizialmente si parlava di un titolo breve, da completare in due o tre ore, ma alla fine si trasformò in un vero e proprio gioco a sé stante. Halo 3: ODST fu pubblicato nel 2009 e venne supportato dalla consueta e maestosa campagna commerciale di Microsoft, tra cui spiccava lo spot pubblicitario The Life - We are ODST diretto da Rupert Sanders. Nonostante i numeri non siano stati all'altezza dei predecessori, anche ODST riuscì a sfondare quota tre milioni di copie vendute con incassi attorno ai 150 milioni di dollari.
Halo: Reach, l'ultimo atto con Microsoft
Tra gli impegni presi nel 2006 con Microsoft c'era quello di sfornare un ultimo Halo. Reach è quindi il biglietto d'addio dello sviluppatore, dopo un decennio passato assieme al colosso di Redmond. Il team di sviluppo fu più contenuto rispetto ai titoli precedenti, essendo stato diviso, come detto, per seguire in contemporanea anche il progetto di Peter Jackson. Ambientato prima degli eventi di Combat Evolved, Reach è il primo gioco della saga dove si sente la voce del protagonista. Eccellenti numeri: quasi cinque i milioni di copie vendute complessivamente e incassi superiori ai 300 milioni di dollari lo resero uno degli Halo di maggior successo. Come sempre parte del merito di questo successo è attribuibile allo zampino del marketing Microsoft, che non aveva badato a spese per l'ultima opera di Bungie sotto la propria egida.
Destiny
Raggiunta l'agognata indipendenza, per Bungie si trattava di dar vita a una nuova IP: Microsoft, infatti, era rimasta in possesso del franchise di Halo, e questo aveva persuaso diversi membri del team di sviluppo ad abbandonare la scialuppa per imbarcarsi con 343 Industries, che ancora oggi continua a occuparsi della saga, il cui ultimo capitolo è il recentissimo Infinite.
Bisognava quindi trovare un publisher, ma sia Microsoft che Sony avevano fatto sapere che avrebbero voluto tenere il controllo del nuovo titolo, condizione non negoziabile per Jones e soci. Fu quindi siglato un accordo decennale con Activision che prevedeva il raggiungimento di determinati obbiettivi commerciali. Per l'intera saga di Destiny fu stanziato un budget complessivo di circa mezzo miliardo di dollari tra costi per i nuovi uffici, infrastrutture, marketing e sviluppo. Si trattava di uno sparatutto multiplayer-only (in esclusiva per le console dell'epoca) estremamente ambizioso, curato dal lavoro di oltre cinquecento persone; nel corso degli anni crebbe tanto da essere ritenuto uno dei più importanti esponenti di Game as a Service.
Il travaglio fu complicato: per quanto, nel settembre del 2013, tutto sembrasse pronto per il lancio, il progetto fu posticipato di un anno rispetto alla data di uscita originaria, perché Jones non era per nulla convinto della sceneggiatura di Staten (che difatti tornerà alla guida di Halo pochi mesi più tardi). A questo si aggiunse una diatriba che aveva visto protagonista lo storico compositore Martin O'Donnell, deluso dall'eccessivo controllo imposto da Activision: il risultato fu un licenziamento in tronco, con strascichi legali che si protraggono sino ai giorni nostri. Alla fine, Destiny fu un grande successo commerciale, con oltre un miliardo d'incassi a dieci mesi dalla data d'uscita. Lo stesso non si poté dire della critica, visto che le sue votazioni furono in assoluto tra le più basse nella storia dello sviluppatore. La percezione, comunque, migliorò nel corso degli anni, man mano che venivano rilasciati aggiornamenti e contenuti che potenziavano l'esperienza iniziale.
Destiny 2 e i giorni nostri
Ed eccoci arrivati all'ultimo titolo di Bungie. Al momento del lancio del primo Destiny, l'idea di Activision era quella di pubblicare un sequel su disco fisico ogni due anni, intervallando le uscite con update da scaricare via internet. Nel 2016 Destiny 2 sembrava pronto a scattare dai blocchi di partenza, ma i soliti e immancabili ritardi lo fecero slittare, ritardando l'uscita di ben dodici mesi. Per la prima volta da Halo 2, Bungie tornava a occuparsi della piattaforma Windows: il gioco fu distribuito attraverso il client Battle.net, oltre ovviamente che per tutte le console dell'epoca. Nonostante nei proclami iniziali gli sviluppatori avessero promesso che non si sarebbero persi i progressi tra una major release e l'altra, con Destiny 2 l'esperienza venne "piallata": tuttavia i veterani di vecchia data furono ricompensati con skin e loghi esclusivi. A oggi si contano oltre 4 milioni di copie vendute, ma non sono stati ancora resi noti i ricavi.
Questo è dovuto principalmente a un'altra decisione epocale nella storia di Bungie: quella di tornare completamente indipendente, proprio come all'epoca di Marathon. Nel 2019, infatti, si è chiusa "amichevolmente", con due anni di anticipo, la partnership con Activision, a causa di divergenze di vedute. Da un lato lo sviluppatore non si sentiva così libero nel processo decisionale, dall'altro il publisher voleva liberare la forza lavoro di Vicarious Vision e High Moon che erano state dirottate sullo sviluppo post-lancio dello sparatutto multiplayer. In breve, cambiò radicalmente il modello economico di Destiny 2: il client diveniva completamente gratuito, mentre le espansioni sarebbero state a pagamento. Una scelta che sembra funzionare molto bene e che ha permesso a Bungie di ampliare i propri orizzonti: oltre a novità per Destiny sono in cantiere anche una serie animata e un film.