Che Dead Space e The Callisto Protocol siano giochi molto simili è chiaro ed evidente: si tratta in entrambi i casi di survival horror con ambientazione fantascientifica, tutti e due utilizzano una visuale in terza persona e condividono finanche il loro autore principale, Glen Schofield, che con l'avventura di Jacob Lee ha voluto realizzare a suo modo un sequel spirituale della saga di Isaac Clarke.
Non è dunque un caso se abbiamo paragonato spesso e volentieri le due opere, sostenendo che il nuovo progetto di Schofield non riesca - per tutta una serie di motivi - a percorrere lo stesso tragitto nonostante le somiglianze. Dopo aver giocato anche il remake di Dead Space, eccoci dunque a stilare una comparativa fra i due titoli, punto per punto: alla fine qual è il survival horror migliore tra Dead Space e The Callisto Protocol e perché?
Storia: meglio Dead Space
La storia di Dead Space è inequivocabilmente superiore a quella di The Callisto Protocol: la stazione spaziale in difficoltà, la squadra di soccorso, la scoperta dei Necromorfi e l'ombra della Chiesa di Unitology, nonché il ruolo di Nicole Brennan e del Dottor Merceer all'interno del racconto sono ancora oggi, a maggior ragione grazie alle modifiche apportate dal remake, trovate molto convincenti ed efficaci.
Invece lo schianto di Jacob Lee su Callisto, la sua fuga dalla prigione di Black Iron insieme a Elias e l'inattesa alleanza con la terrorista Dani Nakamura, pur essendo soluzioni interessanti, vanno a sbattere contro un retroscena conclusivo che si rivela sorprendentemente banale, e che finisce per rovinare il lavoro svolto fino a quel punto sul fronte narrativo.
Dead Space vince, insomma, ma non affonda il colpo: il rifacimento rappresentava una gran bella occasione per alzare il livello della messa in scena, ma EA Motive ha rinunciato ad approfittarne, facendo parlare i suoi personaggi quasi sempre nell'ambito della grafica in-game, con tutto ciò che ne consegue in termini di animazioni facciali.
A tal proposito anche la scelta di rivelare subito il volto di Isaac, facendolo parlare e interagire normalmente con i vari comprimari anziché lasciare intatto l'alone di mistero attorno al protagonista, che si diradava nella versione originale solo nei secondi conclusivi dell'avventura, potrebbe non piacere a chi riteneva questo aspetto un valore aggiunto dell'esperienza di Dead Space.
Struttura: meglio Dead Space
Se l'obiettivo di Glen Schofield con The Callisto Protocol era effettivamente quello di portare sullo schermo un'evoluzione di Dead Space, non ci si spiega come mai dal punto di vista strutturale il gioco adotti soluzioni così lineari, con un'esplorazione che si sviluppa a senso unico durante la campagna, non fornisce indicazioni né sfrutta a dovere l'idea dei percorsi alternativi, che alla fine si riducono a fare il verso alle "loot room" del titolo del 2008.
Il remake del gioco di Visceral Games da questo punto di vista, invece, non sbaglia e utilizza l'espediente delle autorizzazioni di sicurezza per aprire le porte (letteralmente!) a un backtracking dal grande potenziale, che ricorre al sistema di trasporto interno della USG Ishimura per condurci avanti e indietro fra i settori dell'enorme stazione spaziale, nell'ambito di spedizioni che non sono però fini a se stesse.
Oltre al prezioso loot, essenziale per potenziare il protagonista e il suo equipaggiamento, nei luoghi già visitati troveremo infatti anche una serie di sorprese preparate per noi dall'Intensity Director: un sofisticato sistema messo a punto da EA Motive che è un po' l'anima della festa, la mente artificiale dietro la comparsa di nuovi Necromorfi e la loro capacità di prenderci alla sprovvista. Un motore per la tensione e lo spavento, insomma, che si è rivelato sorprendentemente efficace.
Tornando al discorso del loot e dei potenziamenti, si tratta di un elemento che risulta colpevolmente trascurato in The Callisto Protocol, e lo dimostra il fatto che, giunti ai titoli di coda, saremo riusciti a potenziare solo una piccola parte del nostro equipaggiamento: il gancio perfetto per promuovere una modalità new game+, che tuttavia era assente al lancio ed è stata aggiunta solo alcune settimane dopo, mentre in Dead Space è disponibile e include finanche un finale segreto.
Gameplay: meglio Dead Space
Le differenze più marcate tra i due survival horror risiedono proprio nel gameplay, frutto di interpretazioni sostanzialmente distanti. Se infatti in Dead Space ci viene imposto di affrontare i Necromorfi mantenendo sempre una certa distanza, anche perché gli attacchi corpo a corpo lasciano il tempo che trovano e si traducono spesso in un doloroso game over, in The Callisto Protocol avviene esattamente il contrario.
Gli sviluppatori di Striking Distance Studio hanno messo a punto un sistema di combattimento che fa leva principalmente sul manganello elettrico di cui Jacob Lee entra in possesso nelle prime fasi dell'avventura, che gli consente di sferrare colpi potenti ed eseguire spettacolari finisher sui nemici. Il personaggio è inoltre in grado di parare gli attacchi dei suoi avversari, a meno che non si tratti di boss, e soprattutto effettuare schivate.
Da questo punto di vista Dead Space rimane ancorato a un impianto survival horror tradizionale e, pur consegnandoci un Isaac Clarke decisamente più rapido e agile rispetto a quello del 2008, in maniera del tutto simile all'evoluzione che abbiamo raccontato nella recensione del remake di Resident Evil 2, ci impedisce di scansare le letali appendici dei mostri che infestano la USG Ishimura, offrendoci come unica possibilità quella di voltarci e correre via in caso di pericolo.
Entrambi i sistemi si reggono insomma su di un equilibrio che in determinati frangenti appare per forza di cose precario, ma è The Callisto Protocol quello che paga il prezzo più salato quando le cose non vanno come dovrebbero. Gli scontri corpo a corpo della nuova opera diretta da Glen Schofield, infatti, diventano problematici e confusionari nel momento in cui si ha a che fare con più avversari contemporaneamente, per non parlare delle morti istantanee con i boss.
Nemici e armi: meglio Dead Space
Sul fronte del bestiario c'è ben poco da fare: i Necromorfi di Dead Space vincono a mani basse contro i mutanti di The Callisto Protocol, confermandosi ancora oggi le creature più raccapriccianti e spaventose che ci si potrebbe trovare di fronte in un videogioco, a maggior ragione mentre si esplorano i corridoi bui di una stazione spaziale apparentemente abbandonata. E il discorso vale a maggior ragione per i già citati boss, che nell'avventura di Jacob Lee si contano sulle dita di una mano monca.
Ci sono poi le armi, un altro aspetto che vede prevalere il remake di Dead Space: l'intuizione degli arti da mozzare, che nel gioco trova peraltro riscontro in una grafica più dettagliata e funzionale allo scopo, per quanto disturbante, viene coadiuvata da un set di strumenti che si prestano molto bene allo scopo, come l'iconica Lama al Plasma, la Pistola Multiraggio e l'inedito Squartatore, mentre in The Callisto Protocol trovano posto unicamente bocche da fuoco più tradizionali e mal caratterizzate, al di là del già citato manganello.
Realizzazione tecnica: meglio The Callisto Protocol
Per quanto concerne grafica e sonoro, The Callisto Protocol risulta essere in sostanziale vantaggio grazie ai modelli estremamente dettagliati e realistici dei personaggi, che partendo da questo elemento riescono anche a godere di una migliore caratterizzazione rispetto al cast di Dead Space, che rimane invece un po' sullo sfondo, limitato da scelte tecniche meno coraggiose anche sul fronte della pura e semplice narrazione. Ah, e le sequenze di morte di Jacob sono più numerose e truculente.
Quando però si passa all'ambientazione le cose cambiano, e il remake di Dead Space mette in campo un'effettistica avanzata al servizio delle atmosfere, con diverse soluzioni volumetriche che aggiungono ulteriore fascino e tensione alla fase esplorativa. Quest'ultima può contare inoltre su scenari dal design più convincente ed evocativo, in contrapposizione agli elementi spesso generici che ritroviamo su Callisto.
Entrambi i giochi possiedono due modalità grafiche su PS5 e Xbox Series X, offrendo la possibilità di godere dell'esperienza anche a 60 fps, pur al netto di risoluzioni tendenzialmente basse: una prova evidente di quanto mettano sotto torchio l'hardware delle console di attuale generazione o il segno di un'ottimizzazione che avrebbe potuto essere migliore?
Veniamo infine al comparto audio, che può vantare in tutti e due i giochi una resa eccellente, capace di aumentare il coinvolgimento nell'avventura lavorando anche e soprattutto sull'elemento della tensione; e poco importa in questo caso se, a conti fatti, Dead Space sfrutta tale aspetto in maniera più efficace. Dopodiché per gli utenti nostrani c'è la questione del doppiaggio italiano, che risulta essere migliore in The Callisto Protocol per cast e interpretazione.
Paura: meglio Dead Space
Nella recensione di The Callisto Protocol abbiamo scritto in più di un'occasione che il nuovo titolo diretto da Glen Schofield, pur essendo sostanzialmente un ottimo survival horror, non è Dead Space. Ebbene, il remake del survival horror di Visceral Games ha confermato questa tesi, dimostrando anche che sul piano della paura il confronto è impari, per due motivi fondamentali.
Il primo è che i Necromorfi incutono decisamente più timore dei mutanti che abbiamo affrontato nella prigione di Black Iron, e questo fattore incide in maniera determinante sulla tensione generale. Il secondo è che il sistema di combattimento basato sul corpo a corpo di The Callisto Protocol finisce per disinnescare ulteriormente questa sensazione, costringendoci ad avvicinarci ai nemici e consegnandoci gli strumenti per far fronte a una minaccia che, a quel punto, nella nostra testa diventa qualcosa di gestibile piuttosto che un orrore da cui restare alla larga.
Dead Space è il vincitore, eppure...
I ragazzi di EA Motive hanno preso una base solidissima, il Dead Space originale, e sono stati bravi a migliorarla e arricchirla quanto basta per renderla adeguata agli standard odierni, ma è chiaro che non si sono inventati nulla di nuovo e hanno "campato di rendita" sulle qualità del titolo del 2008, specie sotto il profilo della trama e del design delle creature, mentre Schofield con The Callisto Protocol si è preso i suoi rischi nel tentativo di creare qualcosa di diverso.
È vero, l'operazione è riuscita solo in parte: l'avventura di Jacob Lee coinvolge, impegna e può contare su di un comparto tecnico estremamente sofisticato, ma reinventare quel tipo di esperienza non era semplice. Il punto ora è capire se la saga andrà avanti e potrà dimostrare, con un eventuale secondo episodio, di aver imparato la lezione... magari in tempo per sfidare il remake di Dead Space 2?