Quando un videogioco porta con sé le parole "modalità fotografica" e "mondo aperto", molto probabilmente un nostro nuovo viaggio per immagini accompagnerà i suoi primi giorni di lancio. Per chi non sapesse di cosa stiamo parlando, vi invitiamo a recuperare i precedenti articoli (il più recente lo abbiamo dedicato alla prima espansione di Assassin's Creed Valhalla, L'Ira dei Druidi), ma, sostanzialmente, si tratta del resoconto scritto e, al contempo, visivo di un'oretta all'interno di un mondo di gioco, che esploriamo senza obiettivi o quant'altro in mente, spinti solo dalle suggestioni e dalle atmosfere scaturite dal titolo in questione. Uno degli appuntamenti più importanti di quest'anno in termini di mondi aperti è rappresentato sicuramente da Far Cry 6, nuovo capitolo dell'amata serie di videogiochi.
Accompagnati dal nostro fidato compagno Chorizo, abbiamo condotto Dani per le valli agresti di Yara, controllate con pugno di ferro dalle forze belliche del temuto presidente Antón Castillo. Ecco cosa è successo in questo viaggio per immagini di Far Cry 6.
All’alba
Come di consueto, le nostre scorribande hanno inizio alle prime luci dell'alba, in un momento di calma apparente. Ci troviamo presso la fattoria della famiglia Montero. La zona è particolarmente favorevole alle "losche" attività ribelli, in quanto le conformazioni rocciose e i piccoli e stretti canyon montani rendono complesso il movimento delle ingenti e corazzate truppe del presidente Castillo, mentre favoriscono le scarse e sguarnite forze del movimento Libertad.
Il terreno è ancora intriso d'acqua, precipitata durante un violento temporale, di cui le minacciose nubi in lontananza suggeriscono il recente passaggio. Dato che è difficile guidare un veicolo su questi sentieri a malapena battuti, optiamo per una soluzione più agile e versatile: il cavallo.
Ci incamminiamo lungo uno dei sentieri tracciati dai guerriglieri del '67, anno della leggendaria rivoluzione yarana che ha portato, però, a conseguenze critiche per il neonato paese indipendente, seguite, diversi anni più tardi, dall'ascesa al potere di una nuova e senz'altro più feroce dittatura.
Mentre solchiamo questo percorso che esala storia e patriottismo da ogni orma marchiata nel terreno dagli zoccoli del nostro destriero, vediamo in lontananza un'altura con alcune sporgenze segnate dai colori della rivoluzione. Dato che è un'area che non abbiamo avuto il piacere di esplorare a fondo, decidiamo di inerpicarci per lo scosceso sentiero montano.
La vetta
Inevitabilmente, dopo qualche metro, ci ritroviamo costretti a smontare da cavallo e procedere a piedi. Grazie al rampino, iniziamo a scalare una ripida parete rocciosa. Nel frattempo, il sole continua a salire sempre più, iniziando a fare capolino da dietro alcune cime appena visibili all'orizzonte.
Con fatica, Dani riesce a scalare l'alto pendio. La ricompensa è una cassa di armi da fuoco e qualche materiale da costruzione. Un bottino magro, ma non si guarda in bocca a nessuno durante una ribellione.
Da qui su il panorama è molto suggestivo. Si riesce a vedere l'intero territorio meridionale dell'arcipelago, avvolto dalle calde tonalità mattutine.
Il verdeggiante paesaggio è chiazzato qua e là da piccoli puntini rossi intermittenti. L'influenza militare sulla libera popolazione yarana è evidente anche da queste distanze. Magari non si può scorgere il male nel suo segno particolare, ma un tale grado di infezione non riuscirebbe a passare inosservato neanche se fosse nascosta in tutto il verde del mondo. Dopo una breve sosta, decidiamo di rimetterci in cammino, verso chissà quale meta.
Assalto al convoglio
Scendendo dal pendio utilizzando la nostra tuta alare, notiamo una strada statale. Per quanto siano affascinati i sentieri del vecchio movimento di liberazione nazionale, non si fa la rivoluzione stando nascosti nella sterpaglia: prima o poi si deve uscire allo scoperto. Notiamo una piccola e agile motocarrozzetta lasciata incustodita al lato della strada. Senza pensarci due volte, saltiamo in sella e iniziamo a percorrere la strada, poco trafficata a quest'ora del mattino.
Svoltata una curva, scorgiamo un convoglio militare. Acceleriamo. In pochi secondi riusciamo ad affiancare il camion, un colosso rispetto alla nostra piccola motoretta. Tuttavia, come dei novelli Davide contro Golia, prendiamo una molotov e la lanciamo contro il cofano del veicolo. L'autista, colto di sorpresa, inizia a sbandare. Mentre il mezzo militare è in fiamme, prendiamo la pistola e colpiamo il guidatore in piena testa. Questi si accascia sul volante, mosso ora dal solo peso del corpo privo di vita. Il camion vira di colpo sulla destra e finisce fuori strada, contro un albero.
L'impatto contribuisce a innescare una fragorosa esplosione, udibile da diversi chilometri di distanza. Mentre la devastazione risuona sul limitare della strada, noi ci muoviamo agilmente tra le due camionette corazzate di scorta che hanno iniziato a prenderci di mira. Per evitare di rimanere intrappolati in una pioggia di proiettili, decidiamo di lasciare il campo di battaglia. Una vera e propria incursione in stile guerriglia.
Poco più avanti, incappiamo in un avamposto liberato e messo in sicurezza dai soldati del movimento Libertad. Qui, un'alleata, gentilmente, ci fornisce informazioni riguardanti un campo di tabacco sotto il controllo delle forze di Castillo. Senza pensarci due volte, ci fiondiamo in direzione del pericolo.
Tabacco e fiamme
Arrivati sul posto, la situazione è subito chiara: l'unico vantaggio tattico che abbiamo è la furtività. Quindi, imbracciamo il nostro fidato MS16 S, finemente modificato e dotato di un bel soppressore americano (non il massimo, ma comunque efficace per il lavoro che dobbiamo svolgere) ci addentriamo nella tana del lupo.
Dato che la visibilità è bassa, dobbiamo procedere lentamente, individuando i nemici in modo discontinuo, man mano che avanziamo nell'area compromessa. Un colpo alla testa dopo l'altro, riusciamo a debellare le forze armate della parte ovest. Dato che, però, ci sembra un po' troppo facile, decidiamo di attirare l'attenzione lanciando due molotov in altrettanti campi di tabacco.
Il fuoco divampa velocemente, cosa che fa piombare subito su di noi le raffiche di un aereo agricolo, adeguatamente equipaggiato dagli ingegneri di El Presidente. Iniziamo a rispondere al fuoco, quando anche da terra si accorgono della nostra ostile presenza. Dato che la milizia di Castillo non riesce a contrastare l'inarrestabile Dani, un tenente (ben nascosto e protetto dal fuoco nemico) chiama i rinforzi, che non tardano ad arrivare.
Un elicottero d'assalto raggiunge la nostra posizione, scaricando alcuni membri delle forze speciali mentre esegue un efficace lavoro di fuoco di copertura grazie alle sue mitragliatrici di grande calibro. Nonostante ciò, non fatichiamo a colpire il pilota con un colpo ben piazzato. Fuori controllo, l'elicottero si schianta al suolo, proprio sopra le forze speciali appena atterrate.
In poco tempo, riusciamo a contenere i "danni", riportando pace e tranquillità all'interno della fattoria conquistata dall'esercito. Il proprietario, per ringraziarci, ci indica un ulteriore punto d'interesse: la posizione di una grande base nemica, fondamentale per la liberazione della regione dal giogo della dittatura.
L’onda rivoluzionaria
Lungo la via per la fortezza nemica, transitiamo in una piccola cittadina. Sembra di aver fatto un balzo indietro nel tempo, colpa dell'embargo che ha letteralmente chiuso l'isola in una bolla temporale. Usciti da questa sorta di sogno lucido, ci avviciniamo all'avamposto.
Ci troviamo davanti a una grande fabbrica infossata in una sorta di conca: il paradiso di ogni cecchino. Tra i tanti punti strategici, abbiamo scelto di scalare una struttura in metallo, evidentemente segnata dal tempo.
Il vantaggio tattico è nostro. Tuttavia, non abbiano calcolato un'incognita: Chorizo. Il piccolo e adorabile cagnolino a volte sa essere veramente una spina nel fianco, specialmente quando allerta i nemici mentre tenta di raggiungere Dani. In pochi secondi, l'intero avamposto si anima. Fortunatamente, la nostra posizione ci consente di mettere immediatamente fuori gioco entrambi gli allarmi, così da evitare nuove conoscenze sgradite.
Per quanto possano essere addestrati e specializzati, gli uomini di Castillo si muovono come delle galline spaventate, cosa che torna a nostro vantaggio, dato che si espongono costantemente al nostro fuoco. I soldati cascano come foglie al vento.
La vittoria sembra essere nostra, quando sentiamo il povero Chorizo guaire, ferito dai colpi di un artificiere molto accanito. Contro ogni regola della guerriglia, lasciamo la posizione di vantaggio e ci lanciamo con il paracadute verso il nostro compagno d'avventure. Tra uno sparo di fucile e un fendente di machete, raggiungiamo il piccolo cane e lo rianimiamo il più in fretta possibile.
Nel frattempo, il ristretto contingente nemico è riuscito ad accerchiarci. Cerchiamo rapidamente un riparo; l'interno della fabbrica sembra essere l'unico luogo sicuro, al momento. Con uno scatto, ci fiondiamo nell'edifico. Da qui, è abbastanza facile riuscire ad aggirare il nemico. Infatti, uno dopo l'altro, i miliziani cadono sotto al nostro fuoco, ignari di chi o cosa li abbia colpiti.
Calmatesi le acque, i nostri amici rivoluzionari ci raggiungono, portando con loro i simboli e le effigi della rivolta armata contro la dittatura di Antón Castillo.
Per quanto possa sembrare di aver conquistato solo un mucchio di mattoni malandati e ingialliti, non va sottovalutata nessuna vittoria, grande o piccola che sia: tanto basta per mutare la più minuta delle gocce in un fiume.
Questo era il nostro viaggio per immagini di Far Cry 6. Speriamo che la lettura sia stata di vostro gradimento. Se volete, sentitevi liberi di condividete nei commenti gli scatti migliori che avete immortalato durante le vostre avventure in giro per Yara.