Durante la Design Week di Milano, Intel Italia ha organizzato un'interessante mostra aperta al pubblico intitolata Il Design nei Videogame, curata da Video Games Party. Oltre allo showcase di presentazione, la location di Porta Romana ha accolto un ricco palinsesto di workshop, seminari, interviste e momenti di incontro con professioniste e professionisti del mondo videoludico. La giornata di venerdì in particolare ha visto protagonista il mondo dei videogiochi in tutte le sue declinazioni, raccontato da diverse e numerose protagoniste femminili. Dai dati istituzionali all'eSport, arrivando all'esperienza diretta di due team di sviluppo italiani, noi di Multiplayer.it abbiamo avuto modo di partecipare ai lavori e di parlare con alcune delle relatrici della giornata, e vi riportiamo le nostre interviste in questo speciale.
Valore sociale e eSport
A condurre l'intero intervento della giornata è stata la Marketing Manager di Intel Italia, Elisa Baldi, affiancata in questa prima parentesi da Arianna Timeto, Marketing Manager Acer Italia. Le due manager hanno presentato insieme in anteprima la collaborazione delle rispettive aziende con una nuova squadra esport, LXT. Ask Advisory e Lexant SBtA hanno dato recentemente vita a una società esportiva, che ospita nelle sue fila un team femminile di Valorant. Nello specifico abbiamo potuto parlare con Daniela Vrabie, capitano della squadra, e Sara Lippolis. Poco più che ventenni, negli occhi di Daniela e Sara ardono forti la fiamma competitiva e l'entusiasmo di questa nuova avventura.
Il capitano è entrata nel mondo di Valorant senza aver maturato una base su altri sparatutto competitivi, bensì dopo sette anni assidui su League of Legends, titolo che di certo tempra il carattere di qualunque giocatore. Sara invece ama da sempre gli sparatutto e, dopo molto allenamento, è stata notata all'evento Ad Armi Pari lo scorso anno. Come tutti i team di esport, raramente i compagni si conoscono prima di essere inseriti in squadra, quindi chiediamo alle ragazze come si sono svolti costruzione e consolidamento del team. "Abbiamo fatto diverse selezioni e provini, fino a trovare le giuste competenze che servivano al gruppo" dice Daniela. Poi continua: "Per noi sono importanti tanto le sessioni di allenamento puro che le fasi pre e post, dove ci frequentiamo tra noi cinque e usciamo insieme. Per avere un team forte è importante costruire il rapporto umano oltre che le strategie di gioco". "All'inizio è strano" interviene Sara, "perché hai a che fare con delle sconosciute e non sai mai se dopo una giornata sfortunata di allenamento puoi permetterti una battuta per tirare su il morale della squadra, c'è chi apprezza e chi no. All'inizio eravamo tutte molto caute, ma ora abbiamo imparato a conoscerci".
Vedere un gruppo di ragazze così ben affiatato fa ben sperare per le sorti del nostro paese nei campionati esportivi, sapendo poi che la filosofia alla base di LXT è altrettanto solida. A parlarci del dietro le quinte del team è Simona Cardillo, Impact Manager di LXT. Il Responsabile dell'Impatto, detto in italiano, è una figura che sta diventando effettivamente molto importante in questo contesto, in cui le aziende sono particolarmente interessate a dare un valore alle loro attività economiche e di business, passando spesso attraverso il megafono di videogiochi e eSport. Alla Cardillo, che è prima di tutto avvocato partner di Lexant, abbiamo chiesto come la loro realtà sia riuscita a trovare il giusto equilibrio, perché quando attività commerciali si avvicinano a temi di rilevanza sociale, il rischio maldestro è quello di promuovere imponenti campagne marketing facendo leva sui diritti civili più disparati.
"La costituzione del gruppo è nata rispondendo a questa grande esigenza, ed è proprio per questo che oltre ad avere una serie di figure legali, che operano nel settore del diritto sportivo, abbiamo trovato necessario avere anche un Impact Manager. Le aziende sono molto interessate a legarsi a progetti di valore, ma per noi è molto importante il come questo valore viene creato. Noi lo generiamo in primis per i nostri giocatori, seguendoli nella loro carriera con coach, nutrizionisti, psicologi e soprattutto insegnando loro il ruolo che hanno in quanto figure pubbliche, la responsabilità che la loro esposizione genera verso il pubblico. Da qui poi proponiamo alle aziende terze quello che secondo noi è il modo virtuoso di utilizzare il videogioco, ovvero come strumento per parlare ai giovani, su come sensibilizzare e trasferire loro conoscenze utili".
I dati nazionali
L'esport è però un sotto-settore dell'industria dei videogiochi, e per capire l'impatto che questi hanno sul pubblico italiano, Intel ha invitato sul suo palco IIDEA, l'associazione di categoria che rappresenta tutti gli attori dell'industria dei videogiochi, nella persona della sua PR Manager, Ilaria Amodeo. Il 18 aprile 2023 IIDEA aveva già presentato il rapporto annuale 2022 durante una conferenza stampa presso la Casa del Cinema di Roma, un appuntamento molto importante al quale ha partecipato la Sottosegretario di Stato al Ministero della Cultura Sen. Lucia Borgonzoni. Dalla fotografia annuale, Amodeo riporta in particolare i dati relativi alle donne. In Italia abbiamo 14,2 milioni di videogiocatori, cioè il 32,2% della popolazione nazionale. Contrariamente a quello che si pensa, i videogiocatori in Italia sono per quasi l'81% maggiorenni, con un'età media che si attesta attorno ai 30 anni. Sondando il pubblico si scopre poi che le donne compongono il 42% della base giocante italiana, con un'età media leggermente più alta del pubblico maschile. Questo dato, sommato al genere family, uno tra i più giocati tra le donne, suggerisce come il videogioco sia diventata una vera e propria attività parentale e che sono spesso le donne in famiglia ad occuparsi di questo peculiare aspetto dell'accudimento.
Per quanto riguarda lo sviluppo di videogiochi in Italia, IIDEA ha individuato 160 aziende che sviluppano, con 2400 addetti ai lavori impegnati nell'industria. Importante segnalare la crescita in un anno e mezzo di 800 unità. 800 persone in più che nell'ultimo anno hanno iniziato a lavorare nel settore, delle quali ben l'83% ha un'età inferiore ai 36 anni. Le donne sono il 24%, una persona su quattro, prevalentemente impegnate in ambito artistico e di supporto management. In sintesi, sono poche le donne che programmano, per questo parte della conversazione sull'inclusione dovrebbe sensibilizzare e incoraggiare bambine e giovani donne a prendere in considerazione le discipline STEM durante il percorso di studi. A tale proposito nel settembre scorso, IIDEA e Women in Games Italia hanno presentato "Costruire un campo equo", una guida che "si propone di mettere in evidenza le buone prassi nel campo della parità di genere nel settore dei videogiochi. (...) La guida internazionale, di cui la versione italiana rappresenta un adattamento, è stata realizzata da Women in Games con il supporto della federazione europea Interactive Software Federation of Europe (ISFE), di cui IIDEA è membro, e di InGAME, centro di ricerca e sviluppo per l'industria dei videogiochi".
Anche Women in Games ha partecipato al workshop, attraverso un intervento in collegamento di Micaela Romanini, fondatrice della divisione italiana della no profit internazionale. "Questa guida" dice la Romanini parlando di Costruire un campo da gioco equo, "è indirizzata sicuramente all'industria del gaming, quindi alle aziende e professionisti che vi lavorano, ma in realtà può essere utilizzata anche dai singoli. Dagli insegnanti, dagli appassionati di videogiochi, da chi gestisce le community, perché porta al suo interno delle linee guida, degli esempi pratici, per aiutare ad avere degli ambienti lavorativi maggiormente inclusivi e per promuovere una cultura del gaming più inclusiva e rappresentativa".
Parola alle sviluppatrici
La parte centrale dell'evento ha visto protagoniste due sviluppatrici italiane, Violetta Leoni di One O One Games ed Elisa Di Lorenzo di Untold Games, che hanno portato sul palco la loro esperienza e punto di vista. Leoni inizia la sua avventura con i videogiochi da piccolissima rubando di nascosto il Game Boy del padre, Di Lorenzo programmando in basic su Commodore 64. Due percorsi diversi che hanno portato la prima a ricoprire il ruolo di Project Manager in One o One Games e l'altra a diventare programmatrice e fondare con alcuni compagni di corso lo studio divenuto poi Untold Games.
Durante l'evento vengono toccati due fondamentali, come avvicinare le nuove generazioni al settore professionale del videogioco e quali sono le aspettative per il futuro, temi che abbiamo poi approfondito durante l'intervista a fine evento. Di Lorenzo, in particolare, afferma sul palco che è molto difficile immaginarsi come sarà il settore tra dieci anni proprio perché parliamo di uno scenario in costante movimento, caratterizzato da imprevedibilità ma anche da alcuni eventi ciclici, trend visti nel mondo flash e mobile atterrare nei videogiochi casalinghi o generi che ogni tanto vengono riscoperti. A questo aggiunge un aspetto che abbiamo poi approfondito in seguito, e cioè che il nostro settore è molto rumoroso, da intendersi principalmente come scelta per l'utente finale, soverchiato da una moltitudine di titoli.
Tra i filoni mainstream, i soliti noti e il mare sconfinato di piccole e medie produzioni, il giocatore naviga un po' a vista, e il modo in cui vengono proposti i nuovi titoli, secondo Di Lorenzo, è un po' da rivedere. "Molte piattaforme streaming, compresi alcuni store di videogiochi, tendono a consigliare nuove esperienze in base a ciò che abbiamo precedentemente giocato. Che ha molto senso, ma a quel punto per uscire dalla propria comfort zone bisogna attivarsi in una ricerca, cosa che il pubblico di massa spesso non fa." "Per emergere probabilmente bisogna fare leva sulla curiosità del pubblico" interviene Leoni. "I dati pubblicati da IIDEA dimostrano che di giocatori in Italia ce ne sono, dobbiamo solo stimolare la loro curiosità. Noi abbiamo trovato estremamente efficace la comunicazione diretta con il pubblico, aprendo le porte del nostro studio a giovani studenti e mostrandogli nel modo più dettagliato e concreto possibile che cosa c'è dietro ad un videogioco. Ed è forse questo il punto su cui in Italia dovremmo premere di più: spiegare a tutti la realtà dietro questa industria. Sono certa poi, che un altro aspetto che emerge da un confronto di questo tipo è la passione che ci mettiamo. Quello che vorrei arrivasse a tutti è che noi abbiamo così tanta passione da non fermarci, da continuare anche se nessuno ne parla, e lo faremo finché qualcuno non si accorgerà che non esistono solo i titoli di massa."
E parlando di prospettive future, la conversazione si è spostata sul ricambio generazionale, riflessione maturata anche osservando la platea dal vivo dell'evento di Intel, formata principalmente da scolaresche. Come questa riflessione si sposa con il cambio di utenza? "Noi abbiamo assistito ad un enorme ricambio generazionale e l'utente medio è cambiato in modo abissale" dice Leoni. "Sviluppare videogiochi è prima di tutto una passione, ma è anche un business e presto o tardi devi fare i conti con il fatto che il gioco dei tuoi sogni devi anche venderlo. Rispetto ai primi titoli che abbiamo sviluppato, ora prestiamo più attenzione internamente a fattori esterni al design del prodotto ma indirettamente impattanti, come il target di riferimento, i trend, la velocità di comunicazione attraverso i social. Non è un'impresa semplice bilanciare tutto questo, l'importante è non snaturare la propria essenza ma escogitare il modo di far convivere questi due aspetti del progetto".
"È l'eterno dilemma di questo settore, coniugare la tua creatività con il mercato, perché uno influenza l'altro e viceversa" aggiunge Di Lorenzo. Tornando al discorso della vastità della proposta, la sviluppatrice continua: "E anche qui il rumore di cui parlavo prima non aiuta molto. Certo, ci si può sempre affidare a indagini di mercato, ma che sono parziali e non sempre aiutano a capire se l'idea che il tuo team ha in testa può essere validata o meno. Ci sono poi un numero spropositato di nicchie e sub community che si può provare ad intercettare, ma anche in quel caso non è un'operazione semplice". Entrambe le sviluppatrici concordano sul fatto che sicuramente il mercato indipendente ha più opportunità creative e che, ad un livello più piccolo, gli elementi costitutivi di un videogioco sono più chiari e visibili e per questo esplorabili a livello di design.
Come nota conclusiva, abbiamo trovato apprezzabile ed efficace lo sforzo di Intel nel riunire in un'unica giornata così tanti volti del settore, ognuno rappresentativo di un'area d'interesse diversa. Ci ritroviamo molto nelle parole di tutte le partecipanti, che attribuiscono alla divulgazione e consapevolezza dei processi che regolano l'industria la vera chiave per comprendere questo settore.