Nei primi mesi del 2002 Kingdom Hearts conquistava critica e pubblico in Giappone. Il team di sviluppo guidato da Nomura era già al lavoro sulla versione occidentale del gioco, con l'obiettivo di pubblicarla negli Stati Uniti entro il Natale dello stesso anno. Per le voci inglesi vennero coinvolti molti dei doppiatori ufficiali dei personaggi Disney: Paperino e Pippo erano ad esempio doppiati rispettivamente da Tony Anselmo e Bill Farmer, mentre per le voci di Alice e Wendy si decise di affidare il compito a Kathryn Beaumont, la stessa attrice che ben cinquanta anni prima intepretò i due personaggi nei film d'animazione della Disney. Per i personaggi originali creati da Square venne invece scritturato un trio di giovani attori americani: Haley Joel Osment per Sora, Hayden Panettiere per Kairi e David Gallagher per Riku. Di questo e di tutta la storia dello sviluppo fino a Kingdom Hearts 3 parliamo nella seconda parte del Punto Doc di Kingdom Hearts.
Nella prima parte di questo Punto Doc vi abbiamo infatti raccontato le origini di Kingdom Hearts partendo da quelle del suo autore, Tetsuya Nomura. Abbiamo attraversato la sua maturazione in Square Soft, la popolarità ottenuta con Final Fantasy 7 e Final Fantasy 8 e la collaborazione che ha portato a realizzare assieme a Disney il primissimo Kingdom Hearts.
Arricchito da alcune correzioni e contenuti inediti, tra cui un misterioso finale segreto, Kingdom Hearts arrivò negli Stati Uniti nel settembre del 2002, e due mesi dopo in Europa. Le vendite schizzarono ancora una volta alle stelle: Kingdom Hearts fu uno dei giochi più venduti dell'anno, assieme a colossi come GTA: Vice City, Halo e Super Mario Sunshine. Un'ottima notizia per Square, che nel frattempo aveva attraversato due anni assolutamente disastrosi: Final Fantasy 9 aveva venduto meno del previsto e Final Fantasy 10 era stato posticipato, ma l'errore più grande fu quello di portare la serie al cinema.
Il lungometraggio Final Fantasy: The Spirits Within si rivelò un flop epocale, causando perdite da 100 milioni di dollari e costringendo Square a una forte ristrutturazione, culminata nell'elezione di un nuovo presidente - Yoichi Wada - e nella fusione tra Square Soft ed Enix, l'azienda rivale dietro la storica serie Dragon Quest. Per fortuna il 2002 fu un anno di ripresa, grazie alle ottime vendite di Kingdom Hearts e Final Fantasy 10, e agli eccezionali incassi di Final Fantasy 11, l'RPG online diventato subito la gallina dalle uova d'oro dell'azienda giapponese (per saperne di più su queste vicende, vi invitiamo alla visione del nostro Punto Doc su Final Fantasy che trovate qua sotto).
Alla guida della compagnia, ora chiamata Square Enix, Wada decise così di percorrere strade più sicure e spremere i suoi franchise più forti attraverso seguiti e spin-off. Via libera quindi allo sviluppo di Kingdom Hearts 2. Nomura aveva già alcune idee in mente per il seguito, e così decise di stuzzicare i fan prima del tempo. Alla fine del 2002, Square Enix pubblicò in Giappone Kingdom Hearts: Final Mix, un'edizione del gioco originale che includeva tutte le modifiche e le migliorie della versione americana, aggiungeva qualche contenuto inedito e, soprattutto, nascondeva una versione più estesa del filmato segreto presente nell'edizione occidentale. Intitolata Another Side, Another Story Deep Dive, la sequenza in computer grafica suggeriva che la storia sarebbe continuata, con toni più cupi, misteriosi personaggi incappucciati e una presenza maggiore di Topolino.
In realtà, la produzione di Kingdom Hearts 2 doveva ancora iniziare, e nel frattempo Square Enix aveva chiesto a Tetsuya Nomura di realizzare un capitolo della serie per la popolare console portatile di Nintendo, il Game Boy Advance. Inizialmente contrario, Nomura raccontò di aver cambiato idea quando vide la quantità di lettere e richieste che arrivavano da genitori e colleghi: i loro figli volevano giocare Kingdom Hearts su Game Boy. E chi era Nomura per scontentare i bambini?
Il progetto ebbe così inizio, e visto che il team di Square-Enix non aveva tanta esperienza con le console portatili, decise di collaborare con Jupiter, sviluppatore con sede a Kyoto che al tempo aveva già pubblicato diversi giochi su Game Boy. Ricreare mondi e personaggi in 2D non fu una grossa sfida, la struttura dei mondi venne semplificata in una serie di stanze più piccole, e per l'occasione venne ideato un nuovo sistema di combattimento basato sull'uso di carte. Eppure, Nomura voleva a tutti i costi che questo Kingdom Hearts contenesse un gran numero di dialoghi, filmati in 3D con tanto di doppiaggio e addirittura la canzone di Hikaru Utada che i fan avevano amato nel gioco originale. C'era un problema: tutti questi contenuti dovevano essere compressi all'interno di soli 256 MB di spazio.
La memoria della cartuccia del Game Boy Advance rappresentò l'ostacolo più grande del progetto, costringendo il team a comprimere, ridurre e tagliare sempre di più. E chissà se proprio questa frustrazione ispirò in parte il tema dell'avventura: nel gioco Sora avrebbe esplorato le stanze del Castello dell'Oblio, perdendo la sua memoria man mano che andava avanti. Per Nomura fu un pretesto narrativo perfetto per collegare Kingdom Hearts al futuro Kingdom Hearts 2. Sapeva che all'inizio del seguito, Sora avrebbe dovuto cominciare il gioco senza le potenti abilità che aveva appreso nel primo capitolo, e una perdita dei suoi ricordi rappresentava tutto sommato una buona giustificazione. Internamente noto come Kingdom Hearts: Lost Memories, il capitolo per Game Boy Advance venne presentato al Tokyo Game Show del 2003 con il nome di Chain of Memories.
Alla stessa fiera però, Square-Enix sorprese i fan mostrando anche un altro filmato, il primo trailer di Kingdom Hearts 2 che confermava ufficialmente che il gioco era in sviluppo per PlayStation 2. Dopo il successo del primo capitolo, Disney non solo aveva dato l'ok per continuare la serie, ma aveva anche concesso a Nomura il permesso di utilizzare di più il personaggio di Topolino.
Per Kingdom Hearts 2 venne sviluppata una storia ancora più elaborata, complessa e ricca di intrighi, con nuovi personaggi e colpi di scena. Furono riprese alcune idee scartate per il primo episodio e implementato finalmente il mondo del Re Leone che tanto aveva desiderato Nomura. Vennero completamente rivisti e migliorati i viaggi nello spazio con la cosiddetta Gummy Ship - la nave di Sora - uno degli aspetti meno riusciti del primo Kingdom Hearts. Il team di artisti affrontò nuove sfide impossibili, mescolando assieme stili molto diversi tra loro: c'era un mondo ispirato a Steamboat Willie e agli altri cartoni Disney degli anni 20 e 30, mentre in un attimo si passava dai personaggi estremamente realistici tratti da Pirati dei Caraibi agli scenari virtuali di Tron. Per ognuno di questi mondi, i grafici di Square-Enix dovevano riguardare più e più volte i vari film in VHS o DVD, prendendo appunti nel tentativo di ricreare quelle ambientazioni nel modo più fedele possibile.
Ma a furia di lavorare da anni sempre e solo su Kingdom Hearts, a furia di guardare decine di volte gli stessi film, alcuni membri del team di sviluppo cominciarono a stancarsi dei personaggi e dei mondi Disney, e speravano di trovare presto nuovi stimoli. Nomura gli diede così la possibilità di dedicarsi a un progetto parallelo e creare un gioco tutto nuovo assieme a Jupiter, lo sviluppatore di Kingdom Hearts: Chain of Memories. Da questa valvola di sfogo nacque The World Ends With You per Nintendo DS (da poco approdato anche su Switch in versione Final Mix), un JRPG originale e ribelle, che se da un lato condivideva con Kingdom Hearts alcune menti creative, dall'altro era però molto diverso.
The World Ends With You non fu tuttavia l'unico progetto nato da una costola di Kingdom Hearts 2. Durante lo sviluppo del gioco, il team aveva pensato di inserire una modalità picchiaduro in cui i personaggi si sarebbero affrontati all'interno di piccole arene. Il concept venne inizialmente scartato perché al team non piaceva l'idea che Pippo, Paperino e gli altri personaggi Disney combattessero in scontri all'ultimo sangue. Eppure, tempo dopo, Square-Enix decise di riprendere quella modalità per farne un gioco a sé stante, sostituendo i personaggi di Kingdom Hearts con quelli di Final Fantasy. Nacque da lì il picchiaduro Dissidia 012 Final Fantasy.
Nel dicembre del 2005, Kingdom Hearts 2 uscì in Giappone, ancora una volta su PlayStation 2, e l'accoglienza di critica e pubblico fu nuovamente stellare. In appena una settimana vennero vendute oltre un milione di copie nel mercato nipponico, e giusto per contestualizzare: era più del doppio di qualsiasi altro RPG giapponese uscito in quel periodo. Un anno dopo il debutto in Giappone, Kingdom Hearts 2 arrivò negli Stati Uniti e in Europa, continuando a macinare vendite e consensi. Esattamente come accaduto per il primo Kingdom Hearts, ancora una volta vennero introdotte aggiunte e migliorie, nuovi boss e un filmato segreto che anticipava in maniera molto vaga e misteriosa una nuova avventura. Nell'edizione Final Mix pubblicata in Giappone, i fan trovarono anche RE:Chain of Memories, un remake dell'episodio per Game Boy Advance ricreato utilizzando la tecnologia del capitolo per PlayStation 2.
Per la realizzazione del remake, Nomura affidò l'incarico alla quinta divisione di Square Enix, quella con sede a Osaka. Da un lato l'obiettivo era alleggerire il lavoro del team nella sede di Tokyo, ma dall'altro Nomura voleva mettere alla prova lo studio di Osaka e prepararlo a prendere in mano la serie Kingdom Hearts negli anni successivi. Era infatti un periodo molto particolare per Square Enix, in parte impegnata nella produzione di giochi, film e romanzi legati all'universo di Final Fantasy 7, in parte pronta ad avviare la Fabula Nova Crystallis, un nuovo progetto multimediale che avrebbe traghettato i franchise della compagnia sulla nuova generazione di console. Il team a Tokyo si sarebbe presto imbarcato nello sviluppo di nuovi e ambiziosi episodi di Final Fantasy, e così bisognava trovare un nuovo gruppo che portasse avanti la fiaccola di Kingdom Hearts. Anche perché, dato il successo di Kingdom Hearts 2, fu proprio Disney a chiedere a Nomura di realizzare un nuovo seguito.
Dal canto suo, Nomura aveva già cominciato a buttare giù qualche idea per Kingdom Hearts 3, ipotizzando come sarebbe stato il gioco e come avrebbe concluso la storia. Ma realizzare un nuovo capitolo per console di nuova generazione non era così semplice. PlayStation 3, con la sua complessa architettura hardware, si rivelò una console su cui era estremamente difficile sviluppare. Xbox 360 di Microsoft fu un fiasco nel mercato giapponese, mentre Nintendo aveva spiazzato tutti con Wii, una console con un sistema di controllo fuori dal comune ma molto meno potente delle concorrenti. Come se non bastasse, lo sviluppo del Crystal Tool, il motore grafico con cui sarebbero stati realizzati i futuri giochi dell'azienda, stava richiedendo molto più tempo del previsto.
In questo periodo di incertezza, la soluzione per Nomura e Square Enix fu così quella di rimandare l'arrivo di Kingdom Hearts su PlayStation 3 a quando i tempi sarebbero stati più maturi, e nel frattempo pubblicare nuovi capitoli della serie su piattaforme già ampiamente diffuse: console portatili e dispositivi mobile.
Ebbe così inizio la realizzazione, quasi in parallelo, di tre diversi giochi, realizzati da tre team di sviluppo sotto la supervisione di Nomura. Il primo fu Kingdom Hearts: Birth by Sleep per PSP, la prima console portatile di Sony. Era da tanto tempo che Nomura voleva realizzare un prequel, una sorta di Episodio Zero che raccontasse le origini del mondo di Kingdom Hearts prima delle avventure di Sora. E Birth by Sleep era proprio questo. Venivano introdotti eroi e nemici inediti, si esploravano nuovi mondi Disney, la mitologia della serie fu approfondita e il giocatore avrebbe vissuto la storia impersonando tre diversi protagonisti. Per essere un episodio portatile, era senza dubbio uno dei capitoli più ambiziosi realizzati fino a quel momento. Lo sviluppo di Birth by Sleep venne assegnato principalmente al team di Osaka, che sotto la guida del giovane producer Tai Yasue trattò questo gioco per PSP come avrebbe fatto se fosse stato un vero e proprio Kingdom Hearts 3 per console di nuova generazione. Uno dei personaggi chiave della storia era il maestro Eraqus, a cui Nomura aveva dato le sembianze del suo mentore Hironobu Sakaguchi, mentre per il doppiaggio fu scelto un cast d'eccezione: i maestri rivali Eraqus e Xehanort erano rispettivamente doppiati da Mark Hamill e Leonard Nimoy, ovvero gli attori dietro Luke Skywalker e Spock, Star Wars contro Star Trek.
Il secondo dei tre progetti era in sviluppo per Nintendo DS. Nonostante gli enormi limiti della console, sarebbe stato un episodio completamente 3D, e per questo motivo venne affidata la realizzazione al gruppo H.A.N.D., piccolo team di sviluppo con sede a Sapporo che per Square Enix aveva appena realizzato Final Fantasy Fables: Chocobo Tales proprio su DS. Il gioco avrebbe raccontato la storia dell'Organizzazione 13 nel corso di 358 giorni, e venne così chiamato con l'improbabile nome Kingdom Hearts 358/2 Days.
Infine c'era Kingdom Hearts: Coded, un capitolo che sarebbe uscito su smartphone per cavalcare l'onda dell'esplosione del mercato mobile. L'incarico venne affidato stavolta a un piccolo team interno a Square Enix guidato da Hajime Tabata, che negli anni precedenti aveva diretto lo sviluppo degli spin-off di Final Fantasy 7, Before Crisis e Crisis Core. Inizialmente l'idea era di creare una sorta parco a tema all'interno del quale era possibile rivivere alcuni degli eventi e dei mondi già visti nei precedenti episodi della serie. Nomura decise però che avrebbe dato a Kingdom Hearts: Coded una sua personalità, e così creò una trama inedita in grado di collegare gli eventi di Coded al resto della saga. Il gioco sarebbe inoltre uscito in esclusiva sul P-01A della Docomo, smartphone appena annunciato che prometteva essere il più potente dispositivo mobile sul mercato, tecnicamente superiore all'iPhone di Apple e per giunta in grado di essere collegato alla TV. C'era un problema: il P-01A non sarebbe mai stato distribuito in occidente, e così i fan europei e americani avrebbero dovuto attendere che Square-Enix convertisse Kingdom Hearts: Coded su Nintendo DS.
I tre giochi per PSP, DS e mobile uscirono tra il 2008 e il 2010 a un anno di distanza l'uno dall'altro. Erano tutti episodi molti diversi, ma le cui storie si collegavano e arricchivano un unico grande arco narrativo, rendendoli dei tasselli importanti per tutti i fan che volevano seguire le avventure di Sora. Ed è proprio questo che rende Kingdom Hearts una serie unica: Nomura ha sempre avuto in testa frammenti di storia, mondi, personaggi e momenti che avrebbe poi elaborato negli anni successivi, cosa che da un lato rende la narrazione molto affascinante, ma dall'altro ha causato enormi mal di testa a tanti appassionati.
Com'era prevedibile, il successo di Kingdom Hearts, ha portato la serie ad espandersi ben oltre i soli videogiochi. Negli anni la storia dei vari capitoli è stata riproposta sotto forma di manga e romanzi, è stato prodotto un gioco di carte collezionabili e una serie di concerti in giro per il mondo. Non tutti i progetti hanno però visto la luce del sole. Nel 2002 Disney aveva commissionato al regista Seth Kearsley un episodio pilota per una possibile serie a cartoni animati. Il progetto fu però cancellato per timore che la trama del cartone risultasse incoerente coi futuri giochi della serie, creando enorme confusione tra gli appassionati. Stessa sorte toccò a Kingdom Hearts: Fragmented Keys, un altro titolo mobile in cui il giocatore avrebbe visitato alcuni mondi completamente inediti, come ambientazioni tratte da Frozen, Ralph Spaccatutto e Star Wars.
Più fortunati furono due piccoli spin-off: uno era Kingdom Hearts Mobile, un servizio per cellulari uscito solo in Giappone e che conteneva piccoli minigiochi, sfondi e suonerie. L'altro era intitolato Kingdom Hearts V Cast, uno spin-off mobile sviluppato esclusivamente per la piattaforma V Cast dell'operatore Verizon. Nonostante le somiglianze, la storia del gioco non aveva nulla a che fare con il resto della saga, senza contare che il progetto venne commissionato da Disney Interactive senza la minima supervisione da parte di Square Enix: ed è per questo che Kingdom Hearts V Cast non è considerato dai fan un episodio canonico.
Dopo l'uscita di Kingdom Hearts: Birth by Sleep su PSP, molti fan cominciavano a chiedersi quando la serie sarebbe finalmente arrivata su PlayStation 3. Eppure i tempi non erano ancora maturi. Anzi, lo sviluppo di Final Fantasy Versus 13 andava per le lunghe, e la creazione di un nuovo motore grafico, il Luminous Engine, ne aveva ulteriormente rallentato la produzione.
Per non mandare in letargo la serie Kingdom Hearts, Square Enix e Nomura decisero così di muoversi su due fronti. Da un lato avrebbero riproposto su PlayStation 3 tutti gli episodi finora realizzati, in versione migliorata e in alta definizione. Nascevano così le collection Kingdom Hearts HD 1.5 Remix e 2.5 Remix, due raccolte la cui lavorazione richiese però più impegno del previsto, dato che gran parte dei materiali originali del primo Kingdom Hearts andarono persi nel tempo. Square-Enix dovette così recuperare il recuperabile e rifare da zero gran parte delle grafiche in alta risoluzione.
Nel frattempo, venne avviata la produzione di due giochi inediti: uno era Kingdom Hearts X, un browser game che sarebbe poi diventato la base per il gioco mobile Kingdom Hearts Unchained X; l'altro era Kingdom Hearts 3D: Dream Drop Distance, un nuovo episodio per Nintendo 3DS, in cui il team di Osaka avrebbe sperimentato nuove idee nel sistema di combattimento e posto le basi per quella che sarebbe stata la trama di Kingdom Hearts 3.
Come detto, negli anni Nomura aveva preparato idee, bozzetti e appunti di design riguardo Kingdom Hearts 3, ma ci sarebbe voluto ancora parecchio tempo prima di vedere il gioco nei negozi. Nonostante questo, Nomura e Square-Enix decisero comunque di stuzzicare i fan, mostrando all'E3 del 2013 un brevissimo filmato di Kingdom Hearts 3. Ebbe così inizio un lungo e serrato sviluppo che non fu privo di rallentamenti e cambi di rotta. Il Luminous Engine venne abbandonato per sviluppare il gioco utilizzando il motore grafico Unreal Engine, una tecnologia decisamente più versatile e che avrebbe permesso con più semplicità a Square-Enix di portare il gioco sia su PlayStation 4 che Xbox One, senza escludere future versioni per altre piattaforme. In Kingdom Hearts 3, Sora e i suoi amici avrebbero visitato ambientazioni completamente nuove, stavolta tratte da alcuni dei più famosi film Pixar e Disney Animation. Nomura ha potuto così realizzare il suo desiderio di inserire l'universo di Toy Story nella serie, affiancandolo a quello di popolari film come Frozen, Monster & Co e Rapunzel. A differenza dei precedenti capitoli, stavolta il team di Osaka ha potuto lavorare a stretto contatto con gli artisti di Pixar e Disney, ricevendo materiale originale e feedback continui. Questa collaborazione, unita alla richiesta di Disney di dover supervisionare e approvare qualsiasi scelta stilistica, ha da un lato rallentato lo sviluppo del gioco, ma dall'altro ha assicurato un livello di fedeltà impressionante, al punto che in certi casi si fa quasi fatica a distinguere le scene del gioco da quelle dei film.
Dopo una lunga attesa, Kingdom Hearts 3 è infine stato pubblicato a gennaio del 2019 su PlayStation 4 e Xbox One, ricevendo un'ottima accoglienza nelle recensioni della critica e portando finalmente a conclusione un arco narrativo iniziato 17 anni fa. Nelle settimane che hanno preceduto il lancio, alcune copie del gioco erano state trafugate e filmati, informazioni e spoiler sono apparsi online, ma questo non è bastato a rovinare la festa a Square-Enix, che in soli tre giorni ha venduto in Giappone oltre 600.000 copie.
Tra i fan si dibatte spesso riguardo a quando sia davvero stato concepito Kingdom Hearts 3. C'è chi parla di sei anni fa, quando venne effettivamente annunciato, chi dice quattordici anni, ovvero dall'uscita di Kingdom Hearts 2. Come abbiamo visto, il percorso che ha portato alla nascita di questa ambiziosa e nuova avventura affonda le sue radici molto più indietro negli anni. E anche se Kingdom Hearts 3 culminerà in un'epica battaglia finale, Tetsuya Nomura ha già assicurato che di idee, mondi e personaggi per portare avanti le avventure di Sora ne ha ancora molte.