"Portami via da qui, per le strade che sai, verso la notte, non mi abbandonare al mio silenzio", gorgheggiava Giuni Russo in Mediterranea. Un'eredità culturale, quella di artisti sacri come Russo, Battiato, Vitti, che pesa sulle nostre spalle come la scottatura causata dal cocente sole di un'estate che sembrava non finire mai. Ma quella stagione alla fine è tramontata, e l'Italia di oggi è quasi perduta in un limbo culturale che ha più il sapore polveroso dell'autunno. Una stagione dove, nonostante le temperature stranamente alte, le foglie morte sembrano cadere senza sosta intorno alle nostre stanche membra.
Il viaggio estivo di Lorenzo Redaelli, in arte EYEGUYS, è partito proprio da queste angosciante sensazioni per tratteggiare la storia e i personaggi di Mediterranea Inferno, la visual novel pubblicata da Santa Ragione, recentemente premiata come "Excellence in Narrative" all'Independent Games Festival della GDC. Una parabola narrativa di tre personaggi gay coinvolti in una vacanza estiva in Puglia che finirà per cambiarli profondamente, sospesa tra echi Pasoliniani e Felliniani.
Un publisher che salvi da ogni malinconia
Nonostante nasca come studente di cinema, Redaelli decide di abbandonare quel mondo che oggi definisce "vecchio e triste", iniziando un sodalizio di successo con Santa Ragione. "Avevo bisogno che qualcuno si prendesse cura di me come creatore", anche per venire incontro a quella che l'autore definisce una "fisiologica esigenza di processare e raccontare cose. All'inizio mi ricordo che Pietro [Righi Riva] mi diceva, pur sbagliando, sei bravo". Da lì, l'autore segue il suo istinto nell'identificare e raccontare storie che nascono come strettamente personali.
Il primo progetto di EYEGUYS, Milky Way Prince, nasce proprio da quella quasi disperata e "fisica esigenza di mettere a fuoco alcune questioni. Se quel giorno avessi fatto quello o avessi detto quest'altro?". La soffocata e dolorosa storia d'amore con una persona affetta da bipolarismo ha avuto riscontri positivi sia da critica che pubblico. L'autore menziona con gioia i feedback, "ho ricevuto tanti messaggi da persone che si sentono viste dalla narrativa o dai personaggi di Milky Way Prince. Non sono un terapeuta, ma è l'arte che può aiutare a mettere a fuoco quelle emozioni umane più nebulose. Il mio gioco, in questo senso, può rappresentare un tassello per aiutare le persone a spingersi verso una catarsi umana".
Le sceneggiature di Redaelli, seguendo questo carattere quasi brutale di un'esigenza di raccontare e raccontarsi, vengono scritte, in prima bozza, direttamente sulle note del telefono. "Aggiungo perfino degli emoji per chiarire cosa provi un personaggio!" ride l'autore. "Poi è necessario un passo ulteriore per arrivare a una bozza di sceneggiatura che sia più razionale, traducendolo in inglese." In questo ambito, Santa Ragione ha organizzato la collaborazione con l'editor Arden Ripley per la revisione dei dialoghi, e ha contribuito suggerendo elementi narrativi e di gameplay per rendere più scorrevole il ritmo della storia.
L'amore per la vita come vizio più micidiale della cocaina
Redaelli ricorda che, nonostante il progetto sia partito diverso tempo prima del Covid, alla fine il periodo della pandemia ha avuto un'influenza importante nel delineare certe esperienze. "La narrativa anti-giovani che ho visto sui media italiani nel periodo della pandemia è stata atroce. E l'unico riferimento narrativo a cui mi son ispirato è stato, seriamente, lo speciale post-Covid di South Park. Per il resto c'è stato un silenzio totale. Penso che, in qualche modo, il Covid abbia accelerato molte evoluzioni nelle persone, e così pure per i tre personaggi di Mediterranea".
La visual novel rimastica anche il classico topos della vacanza estiva italiana. Di grande successo negli anni '50 e '60, successivamente criticata e analizzata in splendide commedie all'italiana come il fosco L'Ombrellone di Dino Risi. Nonostante poi l'idea sia stata banalizzata e usata solo come mero sfondo, pure in film di successo come Sapore di Sale, la vacanza estiva italiana rimane normalmente ancorata a un vero passaggio catartico. Quasi un calvario per personaggi che subiscono cambiamenti, spesso traumatici e non sempre volontari. Da questi ne escono netti, semplici e riportati alla loro essenza primaria, così come i Ragazzi del Sole tratteggiati da EYEGUYS.
La visual novel trova spazi per respirare in un costante contrasto tra il concetto d'icona, quello di mito e martirio, che Redaelli definisce l'unico modo rimasto per diventare un grande artista in Italia. "Ai giovani in Italia non è permesso diventare icone, al minimo sbaglio verrai inevitabilmente messo in croce da persone che non vedono l'ora che tu fallisca." La visione della religione cattolica da parte dell'autore è, quindi, conseguente, "per molti oggi, questa rimane un accumulo di statuette di plastica della Madonna con l'acqua puzzolente di Medjugorje dentro. Detriti e rifiuti del passato che non sembrano avere più grande senso, se non come scomoda eredità. La ricerca spirituale di oggi per molti giovani coincide, invece, con quella di una vera identità, pur nascondendo molti lati pericolosi."
Qui è tutto così strano, mi sembra di giocare a un videogame
E a proposito d'icone, Mediterranea è infarcito di riferimenti al nostro glorioso passato, specie a quel glorioso limbo musicale degli anni '80 con new wave, post-punk e pop italico, tra Righeira, Diaframma e Ivan Cattaneo. Artisti magari minori, ma che hanno ispirato e guidato una sottocultura potente e difficile da ignorare oggi. "Le citazioni musicali e culturali riprendono l'ultima visione che ha avuto l'Italia del futuro", spiega Redaelli. "Quel futuro mai realmente realizzato, quasi che verrebbe voglia di prendere quegli artisti e chiedergli: ma cos'è successo poi?"
L'autore ricorda come sia stata proprio la mancanza di risposte sul futuro del paese a generare il racconto del viaggio dei tre amici da Milano a Martina Franca. Lì dove uno di loro dovesse misurarsi con il pesante passato della propria famiglia, e gli altri con i loro demoni personali, alla fine la loro è una crisi squisitamente generazionale. "Volevo sollevare tutti i problemi che vedevo nel paese, ma non m'illudo di aver fornito risposte, perché io stesso non ne posseggo. Mi piacerebbe certamente.".
E in un periodo caratterizzato dall'omopositivity, dal racconto della bellezza della diversità, i tre protagonisti gay di Mediterranea Inferno nascono per intenti diametralmente opposti. Anzi, l'autore spiega come i tre protagonisti riproducano in toto tutti i difetti e i lati negativi delle persone eterosessuali. "Alla fine, ai Ragazzi del Sole sarebbe bastato comunicare e ascoltarsi, invece di chiudersi in loro stessi. La comunicazione risolve davvero tanti problemi, se solo riuscissimo ad avere fiducia nell'altra persona".
Per quanto la visual novel, specie interpretata sontuosamente come in Mediterranea Inferno, possa sembrare una cornice ideale per un gioco che abbia in primis uno scopo narrativo, a Redaelli inizia a star stretta. "Per il prossimo gioco, vorrei sperimentare nuove strade immersive per raccontare una storia". Pietro Righi Riva, co-founder di Santa Ragione, conferma, "credo gli sarebbe utile confrontarsi con titoli con meccaniche più complesse per capire anche cosa potrebbe prendere come ispirazione. Con un bagaglio più variegato dal punto di vista del gameplay, potrebbe uscire dal genere visual novel che gli va stretto dal punto di vista cinematografico oltre che meccanico."
Un carattere italiano di un gioco, uno sporco fiore del peccato
In un paese che ha vissuto sempre di conflitti e di frammentarietà, sarebbe mai possibile arrivare a una definizione, anche minimamente precisa, di un carattere d'italianità nel videogioco? Potremmo ragionare per icone o riferimenti artistici, certo, o anche solo per periodi storici, ma è quel substrato culturale vivo che dovrebbe rendere un gioco veramente "italiano", uno che respiri nel presente e non nel passato. Posto di fronte alla domanda, Redaelli afferma di non avere grandi risposte, "nel caso di Mediterranea, ho voluto scontrarmi direttamente con il classico stereotipo italiano". L'autore spiega come sia necessario riconoscerlo, prima d'iniziare ad affrontare e raccontare la realtà, "bisogna superare anche quella vergogna di essere italiani, che a volte è normale sentire, per affermare la propria sensibilità."
Di certo, risuonano cristalline le parole degli autori di Venba, premiato all'IGF come miglior gioco indie dell'anno, "più sei locale, più sei universale". Quello stesso intento che sembra quasi abbia guidato i lavori di Santa Ragione fin dalle primissime battute. "Quando abbiamo fondato l'azienda nel 2010", racconta Righi Riva, "c'era il preciso obiettivo di portare ai giocatori l'idea di un gioco veramente italiano. Anche se ci sono voluti un po' di anni per arrivare a quello che è stato il nostro primo "vero" gioco italiano con una narrativa, Wheels of Aurelia, gli elementi c'erano già anche nei precedenti".
Anche con il loro secondo titolo, Mirrormoon EP, l'azienda intendeva avvicinarsi a un'idea più italiana del videogioco, ancorandosi alle mitologie greco romane, tentativo poi non riuscito. Righi Riva descrive anche come l'esperienza di scoperta di un gioco da parte del pubblico sia completamente cambiata negli ultimi anni. "Mirrormoon EP, finalista all'IGF nel 2012, ci ha dato un'enorme visibilità. Steam c'invitò alla pubblicazione, visto che all'epoca non c'era l'accesso libero alla piattaforma. Abbiamo realizzato molte vendite in un singolo giorno. Oggi, un autore si deve scontrare con l'automazione della curatela ottimizzata alle vendite. Ciascuno store digitale è un ambiente stagno dove i nuovi giochi vengono scoperti e acquistati, privilegiando generi e brand consolidati e penalizzando l'innovazione".
Un processo di adattamento alla propria degradazione
Fino al 2015 sembrava che il settore del videogioco fosse diretto verso una identità distinta, un nuovo linguaggio. Quell'evoluzione partita circa dieci anni prima sembrava potesse portare a un vero carattere distinto del videogioco come opera d'arte. Poi, qualcosa si è arenato, sbattendo contro i mastodontici cancelli di granito del capitalismo, di budget e team sempre più grandi e difficili da sostenere. Così, ironicamente, oggi un creatore di videogiochi sembrerebbe quasi favorito dall'essere completamente fuori dal settore. "Lorenzo [Redaelli] non è un videogiocatore. Questo gli permette di creare opere di valore, che esplorano nuove direzioni, perché ha il privilegio di essere rimasto in qualche modo estraneo all'incistamento del settore degli ultimi anni. Questa stagnazione ha allontanato molte persone creative, deluse dalla devoluzione del linguaggio dei videogiochi degli ultimi dieci anni." Di certo, il primo passo per cercare di raggiungere l'obiettivo di un vero e proprio carattere italiano di un videogioco, è la necessità di creare qualcosa al di fuori di un "limbo culturale". Righi Riva lo spiega come "una tendenza a replicare i giochi che ci hanno appassionato durante l'infanzia e l'adolescenza, aggiornandone le meccaniche. Realizzare cioè giochi che non hanno alcun contatto con la propria identità e cultura. Eppure, noi per primi in Italia avremmo una miniera d'oro d'idee, creazioni, marchi, immagini e personaggi, da riscoprire e reinterpretare". Spesso, invece, vediamo giochi anche realizzati in Italia ma che si accontentano di andare incontro al gusto del pubblico medio, invece di approcciare un carattere nazionale che li renderebbe facilmente identificabili e memorabili.
Realizzare giochi in Italia comporta, naturalmente, anche lo scontro con la presenza di una eredità culturale unica al mondo. Come citato in precedenza, questa può essere sì, ispirazione e punto di partenza, ma può esser facilmente anche un gravoso precedente, argomento che Mediterranea affronta a viso scoperto. Redaelli riflette su come quelli che oggi vengono considerati mostri sacri, non abbiano avuto comunque vita facile. "Giuni Russo è riuscita ad arrivare davvero a Sanremo solo nel 2003, quando ha rivelato di avere un tumore" ricorda l'autore. Righi Riva invece sente il problema con minor pressione, "appartengo a un background diverso, basato sulla cultura del progetto. Per me fare design rientra in un continuum creativo che precede il processo d'industrializzazione e arriva ai giorni nostri. In questo flusso, tutti partiamo da qualcosa che esiste già, compresi i mostri sacri".
Credere nel progresso, non nello sviluppo
Non sentirsi sopraffatti da una pesante eredità culturale, vorrebbe dire coglierne in primis gli aspetti vitali, ma allo stesso tempo anche evitare confronti difficilmente affrontabili. "Come potresti mai aggiungere qualcosa di culturalmente significativo, utilizzando luoghi simbolo come il Colosseo o personaggi storici immortali come Dante?", si chiede Riva.
"Trovo che questo modo di introdurre la cultura italiana nelle opere non sia genuino, ma un metodo semplice per rendere l'italianità riconoscibile anche all'estero. Molti luoghi e personaggi italiani meravigliosi, la cui esistenza non è stata altrettanto celebrata, vengono spesso ignorati e dimenticati. Per questo, a noi di Santa Ragione piace l'idea di essere paragonati ai Righeira; vorremmo essere indimenticabili nel nostro piccolo, proprio come loro."
Quale, dunque, il futuro del gioco "italiano"? Righi Riva lamenta ancora una eccessiva dispersività del settore, un luogo dove ognuno sembra lavorare in solitario, mancando una vera coesione. Di certo, è facile avvertire come la creatività italiana abbia bisogno di sbocchi che siano propri; naturali rappresentazioni di una propria sensibilità, prima che meramente commerciali. Forse mai come oggi si respira un'aria pesante e rarefatta di limbo culturale, di poca tolleranza per la sensibilità personale. Da qui potrebbe spiegarsi, dunque, questo disperato ancorarsi a qualcosa di "riconoscibile", pur di tenere stretto al cuore il nostro patentino italico, fatto di orgoglio e di vergogna. E se perdiamo anche la vera cultura nazionale, cosa ci rimane? Anche noi potremmo chiederci cosa "resta in giro per le strade vuote, cosa resta dopo le elezioni"? L'unica soluzione sarebbe quella di stringerci, ascoltarci e comunicare, così come han mancato di fare i Ragazzi del Sole, aspettando che, forse, passi il temporale.