L'Explorers Club fu fondato nel 1904 dal giornalista ed esploratore Henry Collins Walsh per promuovere e sostenere la scienza dell'esplorazione attraverso finanziamenti e ricerca. Attualmente conta circa 3.500 membri e dal 2021 ha un presidente che chi si definisce videogiocatore dovrebbe conoscere molto bene: Richard Garriott, classe 1961, terzo di quattro figli dell'astronauta Owen K. Garriott, poi professore associato del dipartimento di ingegneria elettrotecnica dell'Università di Standford (California) e dell'artista Helen Mary Walker; nato a Cambridge, in Inghilterra, ma trasferitosi a League City in Texas, dove crebbe e dove ottenne il nomignolo di "Lord British" per via delle sue origini (considerate che aveva vissuto solo due mesi nel Regno Unito e il suo accento era ed è rimasto quello texano). Garriott è stato il primo civile a viaggiare nello spazio (2008), a visitare entrambi i poli terrestri (Polo Sud nel 1998, Polo Nord nel 2008) e a scendere nella Fossa delle Marianne (2021), conseguimenti che gli hanno fruttato la prestigiosa posizione all'interno del club, con tanto di dedica: "il primo esploratore ad aver raggiunto sia il Polo Nord, sia il Polo Sud, ad aver orbitato intorno alla Terra e ad aver raggiunto il punto più profondo dell'oceano." Garriott è anche uno dei padri dei giochi di ruolo per computer con Akalabeth prima e la serie Ultima poi.
Gli inizi
Dato il lavoro del padre, il giovane Richard crebbe a contatto con le tecnologie più avanzate di allora. Considerate che quella di Stanford fu la stessa università in cui Nolan Bushnell, il fondatore di Atari e uno dei padri dell'industria dei videogiochi, aveva conosciuto Spacewar!, uno dei primi videogiochi della storia diffuso solo in ambiente accademico. Quindi era dotata delle più moderne tecnologie allora esistenti. Va detto che inizialmente proprio la tecnologia lo interessava relativamente. La sua vera passione erano gli scritti di J. R. R. Tolkien, che avranno una grandissima influenza sulle sue opere successive (e sull'industria dei videogiochi in generale, verrebbe da dire, ma non deragliamo), così come i giochi di ruolo cartacei, Dungeons & Dragons di Gary Gigax e Dave Arneson in particolare, che conobbe durante un campo estivo e a cui cominciò a dedicarsi assiduamente anche quando tornato a casa, alternandosi nel ruolo di dungeon master con il suo amico Richard White e arrivando a coinvolgere fino a trenta giocatori. Contemporaneamente la sua scuola, la Clear Creek High School, aveva lanciato un corso di linguaggio BASIC, cui gli studenti si dedicavano usando le telescriventi Teletype Model 33, delle alternative più leggere e pratiche rispetto ai mainframe universitari. Lo stesso Bill Gates iniziò la sua formazione informatica partendo da quella macchina, considerate quindi che parliamo di un hardware estremamente avanzato per la metà degli anni '70. Comunque sia, Garriott non aveva grande interesse per l'informatica, ma era ad ogni modo un programmatore abilissimo, cui i suoi professori non avevano più molto da insegnare, cosa di cui erano coscienti loro stessi. Richard propose quindi alla scuola un percorso individuale per arrivare a prendere una A, il massimo dei voti: programmare un videogioco a semestre. Il suo primo progetto, chiamato DND, prese origine da un gioco di Star Trek con grafica ASCII, programmato da Mike Mayfield, che aveva avuto modo di provare alla NASA, insieme al suo amico White. Era la fine degli anni '70 e sul mercato stavano arrivando i primi computer che sarebbero entrati direttamente nelle case degli appassionati di informatica, un mondo ancora tutto da scoprire.
Garriott stava per concludere i suoi studi e aveva paura di non avere più accesso a dei terminali adatti a continuare a programmare videogiochi, attività che aveva iniziato ad amare profondamente. Così, nel 1979, convinse il riluttante padre ad acquistare un Apple II, commercializzato nel 1977, promettendogli di non calare negli studi e di completare il suo gioco. Mantenne tutte le promesse. In quegli anni a far evolvere la sua concezione dei videogiochi fu Escape! di Silas Warner, che aveva una rappresentazione grafica molto più avanzata rispetto allo Star Trek di Mayfield. Con l'aiuto del padre anche il gioco di Richard cominciò a diventare visivamente più accattivante, lasciandosi alle spalle la grafica ASCII. DND si stava evolvendo. La sua ultima versione fu chiamata DND28B (di fatto il gioco fu modificato circa ventotto volte), poi Akalabeth: World of Doom. Il cambio di nome si rese necessario quando John Mayer, il capo del negozio di informatica John Prosper Mayer, in cui Garriott lavorò durante la pausa estiva del 1979, decise di venderlo. Usare l'acronimo DND era impensabile per problemi di copyright, così Richard fu invitato a trovare un nuovo nome e a produrne circa duecento copie. Fu un lavoro artigianale, che coinvolse amici e famiglia di Richard: un vicino di casa disegnò il logo, la madre la copertina e il libretto di istruzioni fu fotocopiato. Il tutto fu infilato in una bustina di plastica.
Inizialmente Akalabeth vendette poco, ma arrivò fino ad Al Remmers, il capo dell'editore CPCC, che ne fu folgorato, ci vide un buon potenziale commerciale (in fondo chi comprava i primi computer aveva bisogno di software) e decise di ripubblicarlo. Fu la proposta di Remmers a far capire a Garriott che programmare videogiochi poteva diventare un lavoro vero e proprio. Akalabeth fu quindi ristampato in una confezione più professionale. Il nome "Richard Garriott" visibile nella schermata iniziale, fu sostituito con "Lord British" e "Shamino" (il nome assunto da Garriott nella Società dell'Anacronismo Creativo di cui faceva parte), secondo Remmers più d'impatto. I due non sapevano che stavano dando vita a una vera e propria leggenda o, per essere meno pomposi e retorici, a un modo di concepire i videogiochi e il rapporto con i videogiocatori che avrebbe influenzato un'intera fetta dell'industria.
Da Akalabeth a Ultima III: Exodus
Ora c'è da chiarire un punto importante. A leggerla la vicenda di Garriott sarà apparsa eccezionale ai più. In realtà il modo in cui divenne uno sviluppatore di videogiochi è abbastanza tipico per quegli anni, frutto di una formula non proprio matematica, ma applicabile a moltissimi altri casi, che vede sommarsi una buona estrazione sociale, la possibilità di accesso a tecnologie ancora non molto diffuse e un certo interesse per alcune forme culturali all'epoca marginali, che sono diventate dei riferimenti importanti per tutta l'industria.
Akalabeth di suo era un gioco molto diretto. L'obiettivo di Garriott durante lo sviluppo era semplice: cercare di tradurre una partita di Dungeons & Dragons in videogioco. Lui stesso, dopo anni, dirà che "non aveva una grande storia: vai e uccidi il mostro. E quando il giocatore tornava al castello dopo aver ucciso il mostro, gli veniva detto, vai e uccidi il prossimo mostro." In un certo senso possiamo considerarlo una specie di prototipo della serie Ultima. All'inizio della partita il sistema generava le caratteristiche del personaggio e lasciava poi scegliere se essere un guerriero o un mago. Quindi si entrava direttamente in un negozio, dove si poteva acquistare equipaggiamento (cibo e armi) e si partiva all'avventura. La mappa del mondo era essenzialmente 2D con visuale dall'alto, la grafica era molto semplice, ma quando si entrava in un dungeon la prospettiva passava in prima persona e il tutto diventava molto più coinvolgente e piacevole da guardare.
Ultima I: The First Age of Darkness (1981) fu sviluppato per Apple II e fu costruito intorno ad Akalabeth, con Garriott che puntò essenzialmente a migliorare quell'esperienza, forte delle 30.000 copie vendute. Lì dove Akalabeth non aveva praticamente una storia, Ultima I raccontava delle terre di Sosaria minacciate dal malvagio mago Mondain. Il giocatore interpretava i panni dello Straniero e doveva riuscire a viaggiare nel tempo, tornando a prima che il nemico costruisse la Gemma dell'Immortalità per poterlo sconfiggere. A differenza del primo gioco, in Ultima I il giocatore poteva distribuire i punti abilità per definire meglio il suo personaggio. Quindi poteva sceglierne la razza, il sesso e la classe. Pur simile ad Akalabeth, Ultima I era un titolo molto più strutturato, con città visitabili, castelli diversi e una linea narrativa più definita, anche se praticamente sviluppata soprattutto sul manuale cartaceo. Furono introdotti anche i primi personaggi non giocanti della serie, Come Iolo e Gwenno, nomi ispirati ad alcuni degli amici di Garriott della Società della già citata Società dell'Anacronismo Creativo. Va detto che Garriott era ancora un ragazzo entusiasta e appassionati di fantasy e fantascienza, quindi non vide nulla di male nell'inserire nel gioco una sezione nello spazio. All'epoca non era nemmeno troppo strano mescolare in qualche modo i due generi, più legati tra di loro di quanto potesse sembrare ai più. Successivamente Garriott eviterà però i ripetere la commistione di generi. Comunque sia, all'uscita Ultima I fu acclamato da giocatori e dalla critica perché dotato di qualità che altri giochi di ruolo non avevano. Garriott iniziò a farsi un nome tra gli appassionati del genere.
Nei primi anni '80 Origin Systems non era ancora nata e Garriott affidò i suoi titoli a diversi editori, tra i quali la Sierra On-Line di Roberta e Ken Williams. Inoltre doveva affrontare dei problemi abbastanza tipici per un ragazzo della sua età. In particolare dovette superare la contrarietà del padre al suo abbandono degli studi per inseguire la carriera di sviluppatore di videogiochi. Insomma, la sua vita non era ancora definita ed era soggetta a forti scossoni. Nonostante ciò nel 1982 riuscì a lanciare Ultima II: The Revenge of the Enchantress, seguito diretto del primo che raccontava della ricerca di vendetta della strega amante di Mondain, Minax, sullo Straniero. Per perseguire i suoi scopi, la nuova nemica aveva letteralmente distrutto il mondo, con il giocatore che doveva viaggiare in diverse epoche per risolvere la situazione. Il gioco in sé, nonostante il diverso scenario, era molto simile a Ultima I. Ad esempio la creazione del personaggio era la stessa. Naturalmente c'erano anche delle differenze, come delle città più grandi, divise in diverse schermate, popolate da persone con cui si poteva parlare. La novità più marcata però era di tipo tecnologico, con i dungeon, sempre in prima persona, molto più belli da vedere grazie all'uso del linguaggio Assembly (i giochi precedenti erano stati sviluppati per la gran parte in BASIC). Pubblicato da Sierra, Ultima II ottenne un ottimo riscontro e viene ricordato come uno dei giochi principali di quella che viene definita come l'epoca d'oro dei giochi di ruolo per computer.
Nonostante il successo, Garriott e i Williams non andavano molto d'accordo e alcuni dissapori, in particolare il modo in cui Ken voleva gestire la serie Ultima, finirono per far naufragare il loro rapporto. Dopo Ultima II Garriott si ritrovò contemporaneamente a lavorare a Ultima III: Exodus e a cercare un modo per strutturare meglio i suoi affari. Trovò la quadra alleandosi con il fratello Robert, con cui fondò Origin Systems il 4 marzo del 1983, insieme anche al padre e all'amico di sempre Chuck Bueche. L'investimento iniziale fu di 70.000 dollari, sborsati quasi completamente da Richard. Fu però Robert a creare il motto della compagnia: "Noi creiamo mondi". Richard poté così dedicarsi allo sviluppo di Ultima III, il primo gioco auto pubblicato dalla nuova compagnia, mentre Robert ne gestiva le finanze.
Per realizzare Ultima III: Exodus, Richard partì da Ultima II, di cui esaminò i molti problemi per evitarli con il nuovo gioco. Ad esempio decise di puntare meno sull'avanzamento tecnologico e più sulla cura dei contenuti. Il nuovo nemico era Exodus, progenie di Mondain e Minax, che nemmeno a dirlo minacciava il mondo di Sosaria. La copertina ritraeva il nuovo nemico sotto forma di demone. Il disegno era così convincente che fruttò a Origin Systems la sua prima grana: l'accusa di satanismo, che ebbe grossi effetti sul capitolo successivo (dove furono tagliati i riferimenti religiosi). Comunque sia, il gioco in sé si rivelò essere molto più evoluto degli Ultima precedenti. L'esperienza aveva permesso a Garriott di migliorare gli equilibri di tutti i sistemi principali, oltre che di aggiungere novità come la gestione del party e la crescita dei personaggi con un sistema ispirato a Dungeons & Dragons.
Importante notare che Garriott agisse su di un mercato molto piccolo, ma che vedeva già diverse serie prestigiose contendersi il trono, come la trilogia di Apshai di Jon Freeman e Jeff Johnson o la serie Wizardry di Andrew C. Greenberg e Robert Woodhead. La seconda in particolare ebbe una certa influenza sulle scelte di Garriott, che comunque non rinunciò mai agli elementi che rendevano unici i suoi giochi.
Altra nota rilevante riguarda l'anno di fondazione di Origins Systems, ossia quello della crisi dell'industria dei videogiochi USA, che mise in ginocchio le realtà più grandi di allora, Sierra On-Line compresa. In realtà Garriott e i suoi vennero toccati solo marginalmente dalla situazione, perché all'epoca producevano giochi solo per computer, un settore che subì in modo relativo l'onda d'urto del crollo di Atari.
Ultima IV
Ultima IV: Quest of the Avatar fu il frutto di una profonda riflessione di Garriott su alcuni fatti accaduti a Ultima III. In particolare iniziò a porsi delle domande da game designer maturo, chiedendosi come poteva guidare l'esperienza dei giocatori ed evitare quanto accaduto nel gioco precedente, ossia che molti di quelli che avrebbero dovuto essere degli eroi senza macchia si erano trasformati in macchine di morte che andavano in giro a uccidere tutti i PNG presenti nel gioco, Lord British compreso, dimostrandosi più malvagi del cattivo stesso. Nacque così l'idea di un sistema di gioco che tenesse in considerazione i comportamenti dei giocatori, dotato di un vero e proprio modello etico che il giocatore avrebbe dovuto seguire per raggiungere il finale migliore, basato su tre principi cardine, presi da Il Mago di OZ: Verità, Amore e Coraggio; da cui derivavano otto virtù cardinali: Onestà, Compassione, Valore, Giustizia, Onore, Sacrificio, Spiritualità e Umiltà. La storia partiva dalla fine del capitolo precedente: la morte di Exodus aveva cambiato il volto di Sosaria, distruggendo alcuni continenti e alterando profondamente la geografia di quelli rimasti. Il nuovo mondo era stato ribattezzato Britannia ed era governato dal solito Lord British. Le otto città maggiori rappresentavano le otto virtù e il protagonista non veniva chiamato più Straniero ma Avatar, nome che diventerà iconico per l'intera industria dei videogiochi (se oggi parliamo di "avatar del giocatore" lo dobbiamo a Ultima IV). L'obiettivo del giocatore era proprio quello di riuscire a incarnare tutte le virtù, tenendo dei comportamenti consoni durante il gioco. Origin Systems, in perenne crisi finanziaria, lanciò Ultima IV nonostante il gioco avesse bisogno ancora di alcune rifiniture. Semplicemente, era l'unica possibilità di far sopravvivere la compagnia, visto lo scarso successo di altri lanci come Autoduel. Nonostante qualche problema, il nuovo Ultima ottenne comunque un grande successo. I giocatori furono prima frastornati, ma poi apprezzarono alcune scelte come la creazione del personaggio tramite il dialogo con una cartomante e l'introduzione del sistema morale stesso, che regalava all'esperienza un'incredibile profondità, mai sperimentata prima in un gioco di ruolo o in qualsiasi altro titolo. Certo, il fatto che Ultima IV fosse stato testato solo da Garriott prima del lancio non permise di sistemare alcuni difetti, come dei dialoghi molto confusi che potevano portare a infrangere le virtù involontariamente, ma critica e pubblico lo trovarono lo stesso un'esperienza sublime e profondamente innovativa, che permetteva al genere di andare oltre le sue radici, fatte di caratteristiche, lanci di dadi e quant'altro, per diventare più profondo e coinvolgente. Non per niente oggi viene ricordato come uno dei videogiochi più importanti della storia del medium tutto.
Ultima V e Ultima VI
Il successo degli Ultima non fu mai significativo in termini di copie vendute. Si parla di circa 300.000 copie per gli episodi più fruttuosi. Oltretutto i profitti erano ridotti enormemente dalla scelta di Garriott di riempire le confezioni di gadget come le famose mappe di stoffa, che aumentavano tantissimo i costi di produzione. La fama dei vari capitoli e del suo autore avevano però trasformato Origin Systems in un crocevia di talenti. Da lì transitò gente come John Romero, Chris Roberts, Paul Neurath e Warren Spector, per fare qualche nome. Garriott di suo era molto accogliente con le nuove leve ed era anche famoso per organizzare feste estremamente sontuose e divertenti, in ambienti ameni come la sua casa castello.
Ultima V: Warriors of Destiny (1988) segnò un altro punto di svolta per la serie. Dopo Ultima IV Garriott voleva che il gioco avesse una trama più profonda e articolata, caratteristica che era mancata nei suoi giochi precedenti. Per l'occasione l'Avatar non veniva richiamato da Lord British, scomparso nell'Underworld, ma da Iolo e Shamino, i suoi vecchi compagni d'avventura, cacciati da Blackthorne dopo che aveva preso il poter in assenza del legittimo sovrano ed era stato corrotto moralmente dai tre Shadowlord, delle creature generate dalle schegge della Gemma dell'immortalità di Mondain. Il giocatore doveva quindi ritrovare quattro oggetti legati al re, sconfiggere gli Shadowlord e andare a salvare Lord British. A differenza di Ultima IV, nel quinto capitolo l'Avatar si trovava a fare i conti con le conseguenze di alcune sue azioni ed era chiamato a prendere decisioni più complesse, basate su dilemmi morali profondi. Lo stesso Blackthorne non era un cattivo tradizionale, ma inizialmente era armato di ottime intenzioni, trasfigurate dall'influenza degli Shadowlord.
Ultima VI: The False Prophet (1990) fu pubblicato nelle stesse condizioni finanziarie degli Ultima precedenti. Garriott non poté posticipare l'uscita perché altrimenti Origin Systems avrebbe rischiato di fallire, sommergendo di debiti lui e il fratello Robert. Gli altri titoli della compagnia, come Omega o Space Rogue, pur ben accolti dalla critica, non avevano venduto a sufficienza da garantire la tranquillità a tutti. Quello fu anche il periodo in cui gli Ultima cambiarono hardware di riferimento. Lì dove Ultima V fu scritto ancora con l'Apple II come prima piattaforma, come tutti i capitoli precedenti, con Ultima VI il team di sviluppo passò al PC in pianta stabile, ormai diventato una forza enorme nel mondo dei videogiochi. L'aumento delle dimensioni del gioco costrinse inoltre a strutturare meglio il team di sviluppo, non essendo più possibile che la maggior parte del lavoro venisse svolta dal solo Garriott. Ultima VI rappresentò anche un deciso passo in avanti per la serie da diversi punti di vista, con l'allargarsi del mondo di gioco, il gameplay non lineare e l'introduzione di diverse semplificazioni nell'interfaccia, ora non più basata sulla pressione di singoli tasti, ma fatta di icone grafiche ben riconoscibili, che lo resero molto più moderno degli Ultima precedenti. A dare lo spunto a Garriott per il suo lavoro fu Times of Lore di Chris Roberts (sì, lo stesso di Star Citizen e Wing Commander), che di suo aveva guardato a The Legend of Zelda di Shigeru Miyamoto, che a sua volta aveva attinto a piene mani dalla nascente scena dei giochi di ruolo giapponesi, in particolare da Hydlide di Tokihiro Naitō, scena che nacque anche grazie all'influenza degli Ultima. Un bel giro, non c'è che dire.
Con Ultima VI Garriott tentò di sfruttare tutte le caratteristiche avanzate dei PC di allora. In particolare la maggiore memoria a disposizione gli consentì di creare, in collaborazione con Warren Spector, un mondo aperto vero e proprio, senza caricamenti nei passaggi dall'esterno ai dungeon, in cui tutti gli elementi erano posizionati su di una singola mappa. Anche in questo caso il titolo fu accolto come un capolavoro, anche se il lancio prematuro aveva lasciato qualche grosso bug che poteva rompere il gioco. Va detto che all'epoca gli utenti erano molto più tolleranti verso problemi simili e pensavano soprattutto a godersi quanto di buono i giochi avevano da offrire.
Ultima VII e l’arrivo di Electronic Arts
Il 1990 fu un anno importante per Origin System, perché vide l'uscita di Wing Commander, la prima space opera di Chris Roberts. La serie diventerà la più venduta in assoluto della compagnia, arrivando a piazzare milioni di copie in tutto il mondo. Nel frattempo Garriott e i suoi tentarono di sfruttare maggiormente il marchio Ultima, lanciando i due Worlds of Ultima: The Savage Empire e Martian Dreams, entrambi di scarso successo. Ultima VII: The Black Gate uscì nel 1992, due anni dopo il precedente capitolo, e segnò un altro punto di svolta per la serie. Garriott lo concepì come la sintesi delle prime due trilogie, ossia tentò di legare il sistema morale della seconda trilogia alla presenza di un nemico forte e determinato: il Guardiano, che avrebbe accompagnato il giocatore per tutta la nuova trilogia. Ispirato a Lafayette Ronald Hubbard, il fondatore della setta di Scientology, il Guardiano agisce all'interno del gioco manipolando Batlin, il capo di una setta chiamata Fellowship. Per l'occasione Garriott concepì un nuovo sistema morale, basato su tre novi principi cardine, diversi da quelli dei capitoli passati: unità, fiducia e merito. L'idea era quella dargli un'apparenza positiva, per poi svelarne la natura perversa con il proseguo del gioco e il manifestarsi dei veri obiettivi della setta e del Guardiano. Storia a parte, Ultima VII era un titolo vasto e dotato di un mondo di gioco particolarmente vivo e accattivante, in virtù anche del nuovo motore grafico a 256 colori. Per la prima volta nella serie fu anche introdotta una voce narrante completamente doppiata, per la quale fu impiegato l'attore professionista Bill Johnson, il Leatherface di Texas Chainsaw Massacre II del 1986. Ultima VII fu accolto come il miglior gioco di ruolo di sempre dalla critica ed è ancora oggi considerato un punto di riferimento per il genere, viste le sue moltissimi qualità poco replicate dalla concorrenza, come l'altissima interattività. Nel 1993 avrà anche un seguito diretto, Ultima VII Parte 2: Serpent Isle, che ne accrescerà la fama proseguendone la storia.
Gli anni di Ultima VII sono anche quelli in cui Electronic Arts comprerà Origin Systems. In molti si sono sempre chiesti perché Garriott decise di vendere la compagnia, oltretutto a un editore che disprezzava profondamente, dopo gli scontri avuti negli anni passati a causa di alcuni contratti che avevano rischiato di distruggere Origin e alcuni colpi bassi ricevuti che non gli erano proprio andati giù. L'odio era così profondo che spesso si rifletteva anche nei giochi, con easter egg dedicati a sbeffeggiare EA e i suoi dirigenti, in particolare il fondatore Trip Hawkins. Il motivo fu in realtà abbastanza semplice: nonostante il prestigio, Origin Systems non era mai diventata una realtà solida dal punto di vista finanziario e aveva sempre tirato a campare grazie alla serie Ultima. Quando Electronic Arts si fece avanti per comprarla versava in pessime acque, dovute alle difficoltà dell'auto produzione dei giochi, ai ritardi nei lanci di Ultima VII e Ultima Underworld e ad altri fattori, come l'arrivo sul mercato di tecnologie come i CD-Rom, che stavano aumentando enormemente i costi di produzione. C'era bisogno di una maggiore stabilità finanziaria. Così il 10 settembre 1992 Electronic Arts finalizzò l'acquisizione di Origin Systems, con Garriott che fu tenuto al vertice della compagnia. Da notare che i dipendenti furono edotti sull'accordo solo a giochi fatti e ne rimasero alquanto stupiti, visti i rapporti tra le due realtà. All'inizio EA si dimostrò tollerante verso la cultura aziendale di Origin, ma non ci volle molto perché i dirigenti iniziassero a imporre la loro visione e i loro metodi alla compagnia, soprattutto dopo che Garriott e i suoi sperperarono i soldi che gli erano stati dati per espandersi. EA voleva risultati di cui Origin si era sempre preoccupata relativamente. I giochi che non avevano abbastanza appeal per il mercato venivano cancellati, le scadenze diventavano sempre più strette e, in generale, l'atmosfera familiare dei primi dieci anni fu letteralmente spazzata via sotto i colpi di una visione più industriale del videogioco. Il primo titolo a subire l'effetto EA fu proprio Ultima VII: The Black Gate, che fu tagliato in diverse parti per riuscire a uscire in tempo per Natale, ma gli effetti più nefasti iniziarono a manifestarsi dopo i primi due anni, quando divenne palese che qualcosa non stava andando per il verso giusto.
Ultima VIII e l'inizio della fine di Origin
Ultima VIII: Pagan (1994) fu un capitolo di rottura per la serie, con Garriott che decise per un cambio di prospettiva. L'idea fu quella di realizzare un prodotto che potesse ambire a trovare un pubblico più ampio, visto l'aumento dei costi di sviluppo subito dalla serie, che non era corrisposto a un sensibile aumento della platea. Ultima VII aveva ricevuto lodi incondizionate, ma la verità era che in pochi erano riusciti a portarlo a termine e a esplorarlo tutto. Con l'ottavo capitolo, quindi, Garriott scelse di continuare la storia del Guardiano, ma in un mondo più piccolo, con una maggiore densità di puzzle, senza party e con elementi più da mass market come le fasi platform. Anche l'inquadratura isometrica mirava a renderlo più attraente per un pubblico nuovo. Il gioco viene considerato come riuscito a metà, superato solo da Ultima IX in quanto a disprezzo da parte degli appassionati. Il motivo è che a molti sembrò troppo distaccato dagli altri capitoli della serie, oltre che un deciso passo indietro dal punto di vista dell'interattività. A peggiorare la situazione ci si misero due fattori importanti: le pressioni di EA, che lo voleva a tutti i costi nei negozi per il Natale del 1993, e la scelta di pubblicarlo sia su floppy che su CD-Rom, costringendo così a enormi tagli per fare stare tutto sul supporto obsoleto. Garriott si trovò costretto a lavorare con le cesoie per provare ad accontentare EA e fare stare tutto in otto floppy disk. Nonostante i tagli e nonostante l'impegno degli sviluppatori, che arrivarono a lavorare in crunch anche ottanta ore a settimana, Ultima VIII uscì in ritardo, oltretutto incompleto e pieno di bug, tanto da generare reazioni fortemente critiche da parte della stampa e degli appassionati.
Fu l'inizio della fine. Origin non era più la compagnia di un tempo e iniziò a sfaldarsi, perdendo con il tempo nomi chiave come Warren Spector, Chris Roberts e Paul Neurath, tanto per citarne alcuni. Ultima VIII aveva venduto abbastanza bene, ma EA pretendeva molto di più e, abbandonata la facciata da padrona caritatevole, iniziò a imporre sempre di più i suoi metodi alla compagnia, schiacciando il residuo della cultura originaria che le era rimasta con un controllo ferreo e invasivo. Garriott divenne un problema per i vertici di EA. Nel 1994 minacciò di andarsene, facendo un passo indietro solo quando gli fu garantita la possibilità di sviluppare Ultima Online.
Ultima IX, Ultima Online e l’addio di Garriott a Origin
Nei piani di Garriott, Ultima IX: Ascension doveva essere il capitolo che avrebbe chiuso non solo la terza trilogia, ma l'intero arco narrativo della serie. Inizialmente provò a svilupparlo con il motore di Ultima VIII, per poi ottenere il via libera per una tecnologia più avanzata e moderna. Purtroppo lo sviluppo fu molto travagliato, vuoi per alcune difficoltà emerse con l'uso del nuovo motore, vuoi perché nel 1996 molte delle risorse date al gioco furono dirottate su Ultima Online, progetto al quale Garriott sembrava tenere molto di più. Ultima IX subì almeno due stop allo sviluppo nel corso della sua lavorazione, con continui scossoni e abbandoni all'interno del team. Nel 1997 furono messi sul gioco due ex-Westwood, Bill Randolph ed Ed Del Castillo, che si ritrovarono a combattere con una situazione complessa: lo sviluppo di Ultima IX era iniziato nel 1993 e nel codice c'erano tecnologie vecchie, caratteristiche mai implementate, altre cancellate ma non rimosse e altro ancora. Del Castillo rimaneggiò il progetto, ne revisionò la storia, eliminando il finale catastrofico scritto da Garriott, che voleva il mondo di gioco completamente distrutto, rifece ordine nel codice e prese decisioni drastiche per portarlo avanti, questo nonostante lo scarso supporto dei vertici di EA, che sembravano voler usare Ultima IX come scusa per cacciare definitivamente Garriott, diventato una figura troppo ingombrante. Gli sforzi di Del Castillo pagarono e il gioco iniziò a prendere forma, tanto da essere mostrato al pubblico nel 1998. Purtroppo a complicare ulteriormente le cose arrivò la reazione dei giocatori, cui non piacque la deriva action della serie e la perdita d'identità rispetto ai capitoli precedenti. Del Castillo fu considerato il maggiore responsabile, lui che aveva combattuto coltello tra i denti per salvarlo! La quantità d'odio che ricevette dalla comunità lo convinse ad abbandonare il progetto, che tornò nelle mani di Richard Garriott nel 1998. Ultima IX fu quindi rimaneggiato per l'ennesima volta e fu quasi cancellato da EA, che non era soddisfatta delle performance. Fu Garriott stesso a salvarlo, ma non gli venne dato più tempo per sistemarlo. L'uscita fu irrevocabilmente fissata a Natale 1999. Il risultato è che fu tagliato tutto il tagliabile, tra PGN diventati immobili, audio impoverito e quant'altro. Molti dialoghi furono riscritti e lo sviluppo in generale proseguì per inerzia. Non si realizzarono nuove sequenze filmate, ma furono riadattate le vecchie. Il lancio ci fu, ma Ultima IX: Ascension non fu la gloriosa conclusione della saga che tutti desideravano, ma un gioco instabile, piagato da bug e problemi, oltre che evidentemente incompleto.
Vista la sorte di Ultima IX, sembrerà paradossale ai più che all'inizio lo sviluppo di Ultima Online fosse stato vincolato a non disturbare quello del nuovo capitolo della saga. Garriott ottenne a fatica la possibilità di tentare il progetto, difficile da far capire ai dirigenti di EA, che non avevano modo di valutarlo partendo da esempi passati. Era qualcosa di nuovo e di difficile comprensione, che nasceva concettualmente dall'esperienza dei MUD (Multi-user dungeon) per creare un mondo grafico persistente in cui i giocatori potevano vivere delle avventure insieme. Nonostante la diffidenza di EA e le scarse risorse, nel 1996 si tenne il primo test tecnico del gioco, i cui risultati furono da una parte disastrosi, tra disconnessioni, lentezza della risposta dei server e quant'altro, ma dall'altra incoraggianti, visto che i commenti dei 250 giocatori coinvolti furono molto positivi e chiedevano di portare avanti il gioco. Origin lanciò quindi una seconda fase di test a pagamento, in cui gli utenti che volevano entrare dovevano pagare per il CD con i dati del gioco (all'epoca le connessioni a internet erano troppo lente per chiedere di scaricarli tutti dalla rete). Guardando all'MMORPG Meridian 59, EA previde vendite complessive di Ultima Online per 30.000 copie, ma fu subito smentita dai fatti, perché solo alla fase dei test si registrarono 50.000 persone. Fu in quel momento che l'editore comprese la bontà del progetto e, sognando i ricavi continui del canone mensile, iniziò a investirci sopra. Ultima Online divenne uno dei progetti di punta non solo di Origin, ma di tutta Electronic Arts. Fu pubblicato nel 1997 e raccolse intorno a sé una vasta comunità, raggiungendo i 250.000 giocatori e diventando un modello per l'intera industria. Creato il loro avatar, i giocatori si ritrovavano in un mondo virtuale dove potevano compiere innumerevoli azioni e interagire tra di loro. Non c'erano classi precostituite: i personaggi venivano definiti di ciò che facevano. Il suo successo aprì le porte a innumerevoli emuli e i suoi sistemi di gioco, estremamente liberi, contribuirono a creare una forte aneddotica. Come dimenticare l'omicidio di Lord British, guidato da Garriott stesso, commesso dal giocatore Rainz, già noto sui server di gioco come player killer con il suo altro avatar, Aquaman?
Nonostante il successo di Ultima Online, le cose in Origin non andavano bene. Electronic Arts aveva ormai piazzato i suoi uomini a controllare la compagnia. I progetti venivano centellinati e ricevevano la luce verde solo i sequel o quelli considerati molto affidabili. Come tutti i grandi attori dell'industria, EA non amava rischiare, mentre Origin si era fatta un nome proprio lanciando progetti molto innovativi, pur a fronte di vendite spesso non eccezionali. Le due compagnie non legavano. Da una parte c'era il sogno che Garriott e i suoi si mettessero a fare prodotti seriali come gli sportivi che stavano facendo la fortuna dell'editore americano, dall'altra le figure chiave di Origin iniziarono a disertare e si misero a guardare altrove, perché la situazione era diventata insostenibile. Il colpo di grazia a Origin fu dato da Jack Heistand, l'ennesimo amministratore piazzato dalla casa madre al vertice della sussidiaria, che aveva il compito di riorganizzarla. Ciò che fece, di fronte all'insuccesso di Ultima IX, fu semplicemente di tagliare molti progetti in sviluppo e usare Ultima Online per provare a recuperare terreno. All'inizio dell'anno 2.000, Garriott stava lavorando a Ultima X: Odyssey e Ultima Online 2 ma non fece in tempo a portare avanti i due giochi, che furono cancellati. A marzo di quell'anno infatti, fu convocato da Heistand che gli comunicò il suo licenziamento. La notizia fece il giro del mondo, tra le reazioni incredule della comunità dei videogiocatori. Richard Garriott era Origin Systems, cosa ne sarebbe stato della celebre casa di sviluppo senza di lui? EA provò a indorare la pillola parlando di una scelta volontaria da parte del fondatore, ma fallì su tutta la linea. Inoltre la gestione dei progetti divenne caotica, con la dirigenza che non riusciva a capire come funzionavano le cose. Ad esempio il team che stava lavorando a Wing Commander Online fu dirottato sullo sviluppo di Ultima Online 2. Essendo però formato da appassionati di fantascienza, dopo qualche tempo si licenziò in blocco perché non a suo agio nello sviluppo di un fantasy. A marzo 2001 anche Ultima Online 2 fu cancellato con il conseguente licenziamento di duecento persone. Sulla carta, Origin Systems rimase attiva fino ad aprile 2004, ma tutti quelli che ci avevano lavorato la diedero per morta in quel momento, tanto che Garriott si fece immortalare con indosso una maglietta con scritto "We create Worlds... 1983-2001".
Garriott nel post Origin Systems
Nel post Origin Garriott non abbandonò il mondo dello sviluppo dei videogiochi, che tanta fortuna gli aveva portato. Nel 2001 fondò Destination Games con alcuni esuli come lui, compagnia che fu subito acquistata dalla coreana NCsoft da una parte per curare le versioni americane dei suoi giochi, i Lineage in particolare, e dall'altra per sviluppare un nuovo MMORPG, Tabula Rasa, lanciato nel 2007. Il gioco non ebbe un grosso successo, con Richard che nelle ultime fasi di sviluppo sembrava più interessato a perseguire la sua avventura di viaggiare nello spazio che a realizzare il gioco. Comunque sia, pochi mesi dopo il lancio, i ricavi languivano, Garriott era impegnato nel suo addestramento per andare nello spazio e NCsoft non era per niente contenta dei risultati ottenuti. L'agonia di Tabula Rasa si concluse presto. Garriott fu licenziato telefonicamente a fine ottobre del 2008, di rientro sulla Terra dall'avventura nello spazio, durata dodici giorni. La chiusura dei server di gioco fu annunciata il 22 novembre dello stesso anno. Garriott fece causa a NCsoft per rottura degli accordi contrattuali, dimostrando che il suo allontanamento da NCsoft Austin non fu volontario, e vinse su tutta la linea. Nonostante ciò i giocatori continuarono ad attribuire a lui e al suo disinteresse le colpe maggiori per la chiusura di Tabula Rasa.
Il passo successivo di Garriott nel mondo dei videogiochi fu la fondazione di una nuova compagnia, Portalarium, con cui ha sviluppato : Forsaken Virtues, il suo ultimo gioco ufficiale, realizzato raccogliendo circa 11 milioni di dollari su Kickstarter. Presentato come un misto tra un MMORPG e un'esperienza single player, il gioco si è rivelato carente da entrambi i punti di vista, finendo per convincere poco gli appassionati, che speravano invece di trovarsi davanti all'erede spirituale della serie Ultima, nel frattempo rimasta congelata nelle mani di EA. L'ultimo progetto noto di Garriott è Iron & Magic, un nuovo MMO basato su NFT, di cui non si sa più nulla praticamente dall'annuncio.
L'account ufficiale del gioco su Twitter non pubblica aggiornamenti da settembre 2022. Il sospetto di molti è che, tramontata la mania per gli NFT dell'industria dei videogiochi, il progetto possa in qualche modo essere stato ridimensionato o languire. Sarebbe davvero un cupio dissolvi per la carriera del grande designer, cui l'industria dei videogiochi deve comunque moltissimo.
Bibliografia
GARRIOTT, Richard, FISHER, Davide, Explore/Create: My Life in Pursuit of New Frontiers, Hidden Worlds, and the Creative Spark - William Morrow 2017
CONTATO, Andrea, Through the Moongate: La storia di Richard Garriott, Origin Systems Inc. e Ultima Parte 1, da Akalabeth a Ultima VI, Andrea Contato, 2019
CONTATO, Andrea, Through the Moongate: La storia di Richard Garriott, Origin Systems Inc. e Ultima Parte 2, da Wing Commander e Ultima VII a Portalarium, Andrea Contato 2021
KING, Brad, BORLAND, John, Dungeons and Dreamers: The Rise of Computer Game Culture from Geek to Chic, McGraw-Hill Education 2003