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Rise of the Ronin: i sette samurai più affascinanti del Bakumatsu

Rise of the Ronin è basato sul bakumatsu, il momento che ha segnato la fine dell'era feudale giapponese: chi erano i più forti e i più temuti tra gli ultimi samurai?

SPECIALE di Lorenzo Mancosu   —   08/04/2024
Rise of the Ronin: i sette samurai più affascinanti del Bakumatsu
Rise of the Ronin
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Con Rise of the Ronin il Team Ninja di Koei Tecmo ha sacrificato tutta l'ispirazione sovrannaturale alla base delle sue opere passate per concentrare il mondo di gioco e la narrazione unicamente attorno alla storia giapponese. Se da una parte questa scelta ha portato un netto cambio di stile sul fronte artistico, dall'altra ha avuto il grandissimo merito di puntare i riflettori sul bakumatsu, periodo di ribellioni e di forti cambiamenti che stravolse il tessuto socio-culturale del Giappone, portando come principale conseguenza allo scardinamento del sistema feudale e, di riflesso, alla scomparsa della figura del classico samurai. Il tramonto dello shogunato Tokugawa coincide infatti con la conclusione del periodo Edo, ovvero gli ultimi due secoli della lunghissima epoca medievale che, centinaia di anni prima, aveva alzato il sipario su figure leggendarie del calibro di Myiamoto Musashi e Date Masamune.

I samurai e i ronin del bakumatsu erano figure completamente diverse da quei cavalieri in armatura splendente: cresciuti all'ombra della minaccia delle superpotenze occidentali, furono egualmente divisi tra lealisti all'imperatore e sostenitori dello shogunato, generando correnti contrapposte destinate a intrecciarsi fra battaglie campali, operazioni d'assassinio e schermaglie notturne nel cuore delle principali città. Un po' filosofi, un po' politici, un po' combattenti, furono loro a incarnare le ultime briciole del codice bushido raccolto nell'Hagakure, scegliendo tuttavia di farne tesoro nel perseguimento dei propri ideali, e non per servire un padrone. L'opera del Team Ninja si basa su un complesso sistema di legami che consente di approfondire la conoscenza con tutte le principali figure del bakumatsu, trasformandole in preziosi alleati su cui fare affidamento in missione e ovviamente in terribili nemici da affrontare sul campo di battaglia. Ma quali sono i samurai più forti e affascinanti di Rise of the Ronin? Scopriamo le vere storie di sette personaggi dell'esclusiva PlayStation 5.

Kusaka Genzui

Kusaka Genzui nella realtà e in Rise of the Ronin
Kusaka Genzui nella realtà e in Rise of the Ronin

Spesso si tende a romanzare le figure che hanno preso parte ai principali eventi storici faticando a rendersi conto di quanto fosse diverso il tessuto sociale dell'epoca. Kusaka Genzui, per esempio, visse solo per ventiquattro anni e tanto bastò per trasformarlo in un samurai leggendario. Guerriero in forze nel dominio di Choshu, appartenente a una dinastia di samurai di bassissimo rango, ancor prima di compiere diciotto anni rimase l'unico membro in vita della famiglia sopravvivendo ai genitori e a tutti i suoi fratelli. Rimasto solo nel mondo senza poter contare su nulla al di fuori delle proprie competenze in medicina e la sua grandissima abilità in battaglia, si guadagnò l'ingresso all'accademia Shckasonjuku del maestro Yoshida Shōin, che lo trasformò in uno degli ishin shishi più fedeli al suo servizio.

Fu così che Genzui divenne una forza trainante del movimento sōnno jōi, uno dei più violenti nei confronti degli invasori stranieri, tanto da attirare in più occasioni le ire del suo maestro. Kusaka era infatti carico di rabbia nei confronti dei barbari e dei funzionari che li assistevano, perdendo spesso di vista il vero obiettivo del suo maestro, che riteneva invece necessaria la contaminazione della cultura straniera per garantire un futuro glorioso al Giappone. Team Ninja ha reso onore alla sua eredità mettendolo in scena come uno dei boss più difficili da affrontare in ragione della sua abilità nelle doppie katane. Morì suicida nel 1864: sconfitto a Kyoto durante l'incidente di Kinmon, preferì togliersi la vita anziché andare incontro alla cattura da parte delle forze nemiche, ed è proprio per questa ragione che è considerato uno degli ultimi baluardi dei veri samurai.

Saigo Takamori

Una statua dedicata all'imponente Saigo Takamori
Una statua dedicata all'imponente Saigo Takamori

Definito spesso come "l'Ultimo Samurai", Saigo Takamori è stato probabilmente uno dei più importanti artefici del Rinnovamento Meiji, ed è pertanto considerato come uno dei tre padri fondatori del Giappone moderno. Nato da una famiglia di scudieri samurai di Kagoshima, riuscì a distinguersi nello studio al punto da diventare una mente insostituibile tra le file del Dominio Satsuma, che assieme al clan Choshu fu la principale forza artefice della rivoluzione. Ad aiutarlo fu anche la prestanza fisica: Takamori era alto quasi un metro e novanta e pesava oltre novanta chili, di fatto presentandosi come un gigante al confronto con i guerrieri suoi contemporanei: Kusaka Genzui, ad esempio, era visto come estremamente prestante ed era alto circa un metro e ottanta.

Takamori era inoltre noto per la sua passione per i cani, in particolare per Tsun con in quale è spesso raffigurato in statue e stampe dell'epoca: non a caso, il Team Ninja ha scelto di inserire anche il suo fedele compagno a quattro zampe nella battaglia in cui ricopre il ruolo del boss di turno. Durante la Guerra Boshin fu proprio lui a negoziare la resa del Castello di Edo e la conseguente caduta delle ultime forze residue dello Shogunato, momento al quale seguì il Rinnovamento Meiji. La peculiarità di questo samurai, e il motivo per cui è spesso considerato "l'Ultimo", è che partecipò alla successiva Ribellione Satsuma degli anni '70, dal momento che il governo non voleva assecondare la sua guerra nei confronti della Corea. Morì con onore nella battaglia di Shiroyama, e tale evento è ancora avvolto nelle leggende: dal momento che incarnava le principali virtù degli antichi samurai, il popolo fece fatica a immaginare una sua sconfitta, inventando storie che lo vedevano come sopravvissuto e poi fuggito in Russia.

Kawakami Gensai e gli Hitokiri del Bakumatsu

Kawakami Gensai e alcuni suoi compagni
Kawakami Gensai e alcuni suoi compagni

"I quattro Hitokiri del Bakumatsu" erano quattro samurai assassini che si distinsero al punto tale da trasformarsi in vere e proprie leggende metropolitane fin dai primi battiti del 1860. Erano strenui oppositori dello Shogunato Tokugawa e fermi sostenitori dell'impero Meiji, guerrieri formidabili che le scritture ricordano come esseri "impossibili da abbattere per un semplice essere umano", tanto che spesso e volentieri la semplice presenza di uno di loro era sufficiente per sedare conflitti. Ovviamente la leggenda non è passata a lungo inosservata agli occhi della cultura di massa: Kawakami Gensai, ad esempio, è la principale ispirazione dietro il protagonista di Kenshin: Samurai Vagabondo, nel 1969 è stato pubblicato il film Hitokiri, il manga Gintama ospita versioni fantastiche degli Hitokiri, mentre tutti quanti compaiono anche nel videogioco Like a Dragon: Ishin. In Rise of the Ronin, i quattro Hitokiri del Bakumatsu sono personaggi secondari con cui la Lama Velata protagonista intreccia in più occasioni il cammino e la spada.

"Hitokiri" significa letteralmente "sterminatori di uomini": Kawakami Gensai, Nakamura Hanjiro, Tanaka Shinbei e Okada Izo furono infatti tra gli assassini più prolifici di quest'epoca, al punto tale che si dice che la Shinsengumi, ovvero il corpo d'élite dello shogunato, fu formata quasi esclusivamente per rispondere alle azioni degli Hitokiri. Dovendo stilare una classifica basata esclusivamente sulla pericolosità e l'abilità in battaglia, probabilmente questi samurai non temerebbero alcun genere di confronto: intrecciando i sentieri di Tosa, Choshu e Satsuma, collettivamente presero parte a un numero di battaglie straordinario, ma a renderli celebri furono le operazioni d'assassinio mirate, che spesso e volentieri bastarono in sé a cambiare la storia del paese.

Nakawa Koto

Nakazawa Koto è stata una delle spadaccine più forti del Giappone
Nakazawa Koto è stata una delle spadaccine più forti del Giappone

Se ci sono delle figure di cui si parla davvero poco nel contesto della storia giapponese, quelle sono senza dubbio le onna-musha: si tratta di donne guerriere appartenenti alla classe feudale dei Bushi che si distinsero sui campi di battaglia almeno quanto le controparti maschili. Estremamente versate nell'uso della Naginata, ovvero la celebre alabarda curva orientale, sono state protagoniste di tutte le maggiori guerre del paese a partire dal periodo Sengoku, dando vita a leggende come quella di Tomoe Gozen, donna guerriera che è stata anche omaggiata da FromSoftware in Sekiro: Shadows Die Twice. Il loro particolare stile di combattimento era pensato per abbattere le differenze sul piano fisico, ma alcune di esse riuscirono a distinguersi anche nelle più tradizionali arti dei samurai: questo è proprio il caso di Nakazawa Koto.

Fin da bambina si dimostrò una maestra assoluta del kenjutsu, ovvero l'arte della spada, tanto che a soli ventiquattro anni partì assieme a suo fratello, travestendosi da uomo, per unirsi ai Roshigumi, gruppo di guerrieri d'élite minuziosamente selezionati per scortare e proteggere lo shogun durante il suo spostamento a Kyoto. Sciolti i Roshigumi, Koto raggiunse la città di Edo, svelò la sua reale identità e divenne uno dei membri fondatori della squadra Shinchōgumi, praticamente l'equivalente e precursore della celebre Shinsengumi di Kyoto. Sono tante le leggende che la riguardano: per tutta la vita decise di vestirsi come un uomo, anche dopo che la sua identità giunse all'attenzione degli ufficiali; nonostante la sua incredibile bellezza, decise di non sposarsi mai a seguito di un particolare voto che strinse: avrebbe concesso la propria mano solamente alla persona che sarebbe riuscita a sconfiggerla in un duello simulato, ma dei tanti che provarono nessuno riuscì mai nell'intento.

Kondo Isami

Kondo Isami è stato il pilastro della Shinsengumi
Kondo Isami è stato il pilastro della Shinsengumi

Maestro assoluto dell'arte marziale della spada Tennen Rishin-ryū, Kondo Isami divenne la spina dorsale della Shinsengumi, senza ombra di dubbio una fra le peggiori minacce che i ribelli del bakumatsu si trovarono ad affrontare. Appassionato fin da giovane di storie come quella dei Quarantesette Ronin e il Romance of the Three Kingdoms dedicato alla storia cinese, sviluppò una passione straordinaria per lo studio della spada, applicandosi al punto tale da sconfiggere completamente da solo un gruppo di banditi che attaccò casa sua quando era ancora adolescente, senza aver ricevuto addestramento di tipo militare. Questo avvenimento portò il maestro di spada Kondo Shushuke a voler adottare il ragazzo per strapparlo alla vita contadina e trasformarlo nel suo erede diretto, dando vita alla quarta generazione di guerrieri abili nell'arte Tennen Rishin-ryū.

Già membro dei Roshigumi, Isami è divenuto celebre per il ruolo di comandante della squadra Mibu Roshigumi, poi divenuta la Shinsengumi di Kyoto nel 1863. Questo corpo d'élite era una specie di forza di polizia che agiva nella regione aderendo agli ordini diretti dello shogunato, pertanto si dimostrò di fondamentale importanza nel momento in cui le infiltrazioni di Satsuma e Choshu giunsero fino alle porte del palazzo della città. Uno degli eventi più celebri fu l'Incidente della Locanda Ikedaya del 1864, durante il quale la squadra speciale fece irruzione a una riunione segreta fra le principali forze dei ribelli ishin shihi, portando alla morte o alla messa in fuga di diversi comandanti del calibro di Katsura Kogoro.

Nagakura Shinpachi

I membri chiave della Shinsengumi
I membri chiave della Shinsengumi

Al pari di Kondo Isami, la Shinsengumi fu una forza capace di trasformarsi in leggenda anche in ragione della presenza di Nagakura Shinpachi. Nato a Edo, crebbe nei confini della città dedicando tutta la vita - da figlio di un commerciante - ad allenarsi nell'arte della spada: entrò nel suo primo dojo all'età di otto anni, raggiungendo a diciotto il certificato menkyo-kaiden, ovvero un riconoscimento del fatto che per lui non ci fosse più nulla da imparare. Fu allora che iniziò a viaggiare con il solo scopo di migliorare ulteriormente: ottenne il rango di maestro in dojo importanti come il Shintō Munen Ryu e il Shingyoto Ryu, dopodiché fece la conoscenza di Kondo Isami al dojo Shieikan, e da allora la coppia divenne quasi inseparabile.

Entrambi si unirono ai Roshigumi, ed entrambi divennero le colonne portanti della Shinsengumi all'alba del 1963: Shinpachi fu eletto capitano della seconda truppa, con la quale prese parte tanto all'Incidente della Locanda Ikedaya quanto soprattutto all'Incidente Kinmon alle porte del palazzo di Kyoto, la battaglia che portò alla scomparsa di una leggenda ribelle come Genzui Kusaka, l'uomo con il quale abbiamo aperto questa selezione. L'evento che ha consegnato definitivamente il suo nome alle pagine della storia risale tuttavia alla Guerra Boshin: fu infatti il comandante della Kesshitai, una squadra suicida nata in seno allo shogunato che aveva il compito di caricare e abbattere - armata solamente di spade - le forze d'artiglieria dell'armata imperiale. Shinpachi riuscì a sopravvivere anche in quell'occasione e si rivelò uno dei samurai più longevi: è proprio grazie a una sua intervista rilasciata addirittura nel 1911 se siamo a conoscenza di molti dettagli riguardo quest'epoca e la squadra Shinsengumi.

Sakamoto Ryoma

Per quanto ci si provi è difficile escludere Sakamoto Ryoma dalla selezione
Per quanto ci si provi è difficile escludere Sakamoto Ryoma dalla selezione

Di Sakamoto Ryoma si è parlato e straparlato: nato da una famiglia di samurai di campagna di Tosa, allora quelli di rango più basso, dimostrò scarsa inclinazione allo studio e nondimeno fu bullizzato e picchiato dai suoi compagni di classe. Per questa ragione la sorella decise di iscriverlo al dojo Oguri-ryū quando aveva quattordici anni: contro ogni aspettativa, raggiunta l'età adulta, era considerato a tutti gli effetti un maestro spadaccino. La sua abilità divenne tale che gli fu consentito dal clan di viaggiare per affinare le sue capacità, e fu così che prese residenza al dojo Chiba di Edo, del quale divenne maestro nell'arte Hokushin Ittō-ryū. Tornato a Tosa, Ryoma fu partecipe della fondazione del partito sonnō jōi del Dominio finché, in seguito al mancato riconoscimento da parte del daimyo, si rese protagonista del complotto che portò al suo omicidio.

Tuttavia Ryoma era poco interessato a una piccola rivoluzione interna: sognava un cambiamento per il futuro dell'intero Giappone, e fu così che decise di lasciare il regno e diventare ronin. Questo segmento della sua vita è senza dubbio quello che ha alimentato la maggior parte delle leggende: consacrando l'esistenza al desiderio di rovesciare lo Shogunato, Ryoma iniziò a vagare sotto falso nome lavorando come spia e rappresentando la principale liaison tra diverse forze espulsioniste. Durante queste scorribande ebbe anche l'opportunità di uccidere Katsu Kaishu, ingegnere navale e samurai dello shogunato che di fatto aveva preso in mano le redini della dinastia Tokugawa; Kashu riuscì tuttavia a persuaderlo della correttezza della sua causa, trasformandolo inaspettatamente nel suo più grande alleato. Il resto della vita di Sakamoto fu dedicato interamente al perseguimento del Rinnovamento Meiji: la sua figura era tanto rispettata da fungere da principale punto di contatto tra le forze dei Choshu, quelle dei Satsuma e persino lo Shogunato. Fu proprio lui, infatti, a trattare il ritiro dalle scene dello shogun Tokugawa Yohinobu nel 1867. La sua morte, giunta lo stesso anno, è avvolta da una fitta coltre di mistero: Rise of the Ronin non si è lasciato sfuggire l'occasione, offrendo sul famoso incidente di Omiya una visione del tutto inedita.