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Tropico 6, il provato

Tropico 6 ci fa tornare a vestire i panni di un dittatore caraibico, alle prese con la corruzione e lo sviluppo economico della sua nazione.

PROVATO di Simone Tagliaferri   —   22/10/2018
Tropico 6
Tropico 6
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Tropico 6 è l'ultima incarnazione della serie di gestionali a tema "dittatura di uno stato caraibico" creata nel 2001 da PopTop Software e da allora passata più volte di mano fino ad arrivare sulle scrivanie di Limbic Entertainment (Might & Magic Heroes VII). A quattro anni da Tropico 5 e dai suoi innumerevoli DLC, Tropico 6 ha molto da dimostrare se vuole convincere gli appassionati a fare il salto. Fortunatamente abbiamo avuto modo di provare la beta chiusa, in corso proprio in questi giorni, che ci ha tolto parecchi dubbi e ci ha permesso di provare la modalità sandbox e due missioni del gioco. Ma andiamo con ordine.

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Arcipelaghi

A livello concettuale Tropico 6 non offre grosse novità rispetto ai capitoli precedenti. Il giocatore è chiamato come sempre a vestire i panni di El Presidente, dittatore di uno stato caraibico che, tra una deportazione e un'elezione truccata, deve riuscire a mantenere il potere il più a lungo possibile, riuscendo contestualmente a far prosperare il suo popolo. La prima novità che salta all'occhio - anche perché sbandierata in qualsiasi comunicazione ufficiale relativa al gioco - riguarda la morfologia delle mappe, non più formate da singole isole molto grandi, ma da veri e propri arcipelaghi. Non si tratta solo di un vezzo stilistico, ma di una scelta che ha un peso determinante sul gameplay. Ogni isola, infatti, ospita risorse diverse che per essere sfruttate richiedono edifici specifici, non costruibili altrove. Detto in altri termini, ogni isola ha una sua specializzazione, almeno a livello produttivo, che può rendere di più o di meno a seconda di come si progetta il tessuto urbanistico e di quanto si investe sul trasporto navale. Le isole possono essere collegate via mare, ossia tramite porti, o costruendo, quando possibile, dei lunghi ponti.

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Diciamo che più le vie di comunicazione sono efficienti, più lo sviluppo di una determinata isola sarà rapido. Del resto la frammentazione del tessuto urbano obbliga a fare delle scelte più ponderate in termini di infrastrutture costruite, perché si ha meno spazio a disposizione e perché conviene distribuire gli edifici secondo degli schemi leggermente diversi rispetto a quelli classici. Ad esempio, espandersi sin da subito su tutte le isole disponibili può comportare costi eccessivi di collegamento, di controllo e di distribuzione dei servizi, che soprattutto a inizio partita vanno evitati per non trovarsi subito in crisi. Per questo diventa importantissimo guardare le schermate riepilogative che consentono di tenere d'occhio l'andamento dei diversi settori dell'intera nazione, così da sapere dove e cosa costruire (sempre che le missioni non impongano obiettivi specifici).

Politica

Come gli ultimi capitoli della serie, anche Tropico 6 ha dei toni leggeri, ma fortemente ironici e cinici. Limbic da questo punto di vista non ha voluto rompere con la tradizione, diventata ormai il marchio di fabbrica del franchise. El Presidente, cioè il giocatore, deve scegliere come condurre il suo popolo: pugno di ferro o una maggiore apertura alla democrazia?

Per amministrare lo stato ci sono molti strumenti a disposizione: ad esempio si può modificare la costituzione a seconda delle necessità, si possono tenere comizi elettorali con i quali fare promesse irrealizzabili, si possono adottare delle politiche più o meno espansive, si possono truccare le elezioni, si può potenziare l'esercito così da poter reprimere nel sangue ogni tentativo di ribellione, si possono corrompere funzionari per ottenere dei favori, o ancora si possono ingaggiare dei pirati per razziare monumenti e risorse delle altre nazioni, si possono costruire delle sale da gioco per tenere alto il morale dei cittadini e così via. La gestione politica di Tropico 6 è una delle più complesse che si siano mai viste in un videogioco, almeno in anni recenti. Avendo avuto soltanto un assaggio di gameplay non è facile valutarne il peso, ma le premesse sono ottime. Diciamo che le scelte che si fanno sembrano avere un impatto concreto sulle partite e possono alterare sensibilmente il loro svolgimento.

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Ad esempio, abbiamo provato a giocare una partita sandbox come dittatori spietati e sanguinari, aumentando così di molto la produzione, ma causando rivolte continue, al punto che abbiamo dovuto investire una fortuna sulle forze di difesa per non essere rovesciati. In una seconda partita abbiamo provato un approccio più moderato, che ci ha portato a scontri frequenti con la fazione politica dei militaristi, ma ha reso più stabili i rapporti con la popolazione, facendola diventare più benevola nei nostri riguardi.

Problemi tecnici

Uno dei dubbi maggiori che avevamo su Tropico 6 riguardava la quantità e la varietà di edifici da costruire e dei contenuti accessori. Purtroppo serie come quella di Tropico pagano moltissimo il successo e l'espansione dei capitoli precedenti (non è facile mollare un titolo sul quale si sono investite molte ore e soldi). Ovviamente sappiamo che è impossibile che Tropico 6 sia lanciato da subito con lo stesso numero di edifici e di extra raggiunto da Tropico 5 post fiume di DLC, altresì consideriamo importante che al giocatore non sia data l'idea che gli si stia vendendo una scatola vuota. Da questo punto di vista Tropico 6 sembra fare abbastanza bene, offrendo una discreta varietà di edifici da costruire, tra i quali molti monumenti internazionali. Vedremo se nella versione finale il numero rimarrà identico o se verrà aggiunto qualcosa, ma possiamo dire in linea di massima che come partenza non c'è male.

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Meno convincenti sono invece alcuni aspetti tecnici, che speriamo siano sistemati al più presto. Quali? Ad esempio la nostra nazione brulica di cittadini che se ne vanno in giro con le animazioni bloccate e spesso hanno dei comportamenti assurdi. Alcuni sono anche capaci di attraversare pareti e auto in corsa, come dei veri e propri fantasmi. Si tratta di un problema che non comporta nulla in termini di meccaniche di gioco e sviluppo della partita, ma vedere dei manichini girare per la città senza interagire minimamente con essa non è bellissimo. Decisamente meglio realizzati, anche se non certo dotati di uno stile impeccabile, i vari edifici. Non fraintendete, perché complessivamente Tropico 6 è piacevolissimo da guardare e ha una colonna sonora eccellente, ma alcuni difetti sono impossibili da non notare. Ovviamente siamo coscienti di parlare di una beta, quindi non è il caso di infierire. Speriamo solo che Limbic risolva tutto prima del lancio della versione definitiva, previsto per gennaio 2019.

Tropico 6 ha delle grandi potenzialità che speriamo siano espresse dalla versione definitiva. La beta ci ha convinti, nonostante qualche problema tecnico e qualche dubbio non fugato dai pochi contenuti per ora disponibili. Diciamo che gli appassionati di gestionali dovrebbero seguirlo con attenzione per valutare se valga la pena o meno tornare a vestire i panni di El Presidente.

CERTEZZE

  • Gli arcipelaghi comportano delle novità interessanti per il gameplay
  • Il sistema politico sembra articolato ed efficace
  • Lo stile è sempre quello dei Tropico

DUBBI

  • Ci saranno abbastanza contenuti?
  • Qualche problema tecnico da sistemare
  • Il multiplayer è ancora assente