Sembra proprio che Destiny 2 sia stato colpito da una progressiva disaffezione generale da parte dei giocatori, un rischio che tra l'altro era già emerso in passato, quando la trazione del primo capitolo cominciava a cedere sotto l'usura del tempo. Bungie ha fatto un gran lavoro per mantenere alta l'attenzione sul primo Destiny con aggiunte costanti di contenuti attraverso i vari DLC e una solida organizzazione in termini di eventi e supporto, tuttavia il fatto di non essere, essenzialmente, un team dedicato ai giochi online, proprio nel suo DNA, ha inevitabilmente creato una certa discrepanza tra le aspettative degli utenti e l'effettiva offerta ludica. Di fatto, Destiny non è proprio un MMO e non è stato progettato per esserlo, almeno non pienamente, e questa natura ibrida è difficile da mantenere e da gestire, soprattutto se le pretese sono altissime in termini di ritorni economici e quantità di utenti.
I primi dubbi erano emersi già prima del lancio di Destiny 2, anche per via delle intenzioni rese esplicite dalle parole di Eric Hirshberg di Activision, il quale non aveva fatto mistero di voler rendere il gioco più accessibile a tutti, anche per coloro che vogliono semplicemente "godersi un po' d'azione in prima persona di tipo action e più casual". Lodevole sincerità da parte dell'executive Activision, perché per mantenere una struttura di questa portata è chiaro che il publisher abbia intenzione di allargare l'utenza, cosa che fisiologicamente richiede un'accessibilità maggiore. Il problema è che, trattandosi di una serie, da un secondo capitolo gli utenti più esperti si aspetterebbero invece una sfida più impegnativa, o quantomeno diversa e stimolante, non una sorta di versione ampliata e migliorata del primo. Il more of the same è inevitabile in questi casi, ma in un gioco che si fonda così tanto sullo sviluppo di una community e sulla progressione dell'esperienza diventa necessario anche proporre delle evoluzioni sostanziali nella formula e nuovi traguardi che estendano il senso di conquista verso livelli superiori.
Tuttavia, non è solo la delusione sui contenuti e la struttura che sembra aver portato a un progressivo disamoramento nei confronti del gioco: secondo alcuni analisti il problema principale potrebbero essere le immancabili micro-transazioni presenti al suo interno. Nonostante queste riguardino soprattutto elementi estetici e siano dunque avulse dal gameplay vero e proprio, la semplice presenza basta a far scattare un certo moto di rifiuto da parte di una fetta di pubblico, ma ci sono anche degli studi effettuati dagli utenti che dimostrano come questi elementi siano effettivamente deleteri. L'argomento è sempre caldo, ma anche questo non può bastare a spiegare tutto il fenomeno, che ha radici più profonde e ha portato anche a diverse critiche da parte degli utenti in un arco di mesi ancora piuttosto esiguo. I veterani del primo Destiny hanno apprezzato la maggiore attenzione nella costruzione della storia e del lore, data anche da una narrazione più sviluppata rispetto a quella effettivamente ermetica del primo capitolo. Tuttavia le variazioni applicate nel bilanciamento, in particolare per quanto riguarda il rapporto tra PvE e PvP, sembrano aver fatto calare l'interesse nell'uno e nell'altro, oltre al fatto di abbassare la spinta a prendere parte agli eventi per trovare oggetti e ricompense rare. Se a questo si aggiunge un endgame che secondo molti non è all'altezza delle aspettative, è facile vedere come siano molti gli elementi critici per Destiny 2. Il problema, a questo punto, è capire come portare avanti il tutto: tra Activision e Bungie c'è un accordo milionario per portare avanti il brand nel corso di un decennio, ma se a metà strada emergono già delle crepe di questa portata diventa difficile pensare a un supporto così lungo. Le vendite al lancio di Destiny 2 sono state positive, ma il problema di un gioco di questo genere è proprio assicurare introiti costanti per rendere tutto l'ambiente sostenibile e Bungie dovrà inventarsi qualcosa per tenere a galla la serie, anche se è ancora piuttosto presto per preoccuparsi.