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Astro Bot e Concord dimostrano che c'è voglia di tornare ai modelli classici e più semplici dei videogiochi

Possiamo probabilmente imparare qualcosa dal successo di Astro Bot e dal contemporaneo fallimento di Concord, ed è forse la lezione più semplice.

NOTIZIA di Giorgio Melani   —   05/09/2024
Un'immagine di Astro Bot

La calorosa risposta della critica per Astro Bot arriva proprio in corrispondenza con il clamoroso fallimento di Concord, che è precipitato in tempo veramente record, suggerendo forse una possibile lezione: in un mercato saturato da giochi che sono spesso ultra-ingegnerizzati dal punto di vista tecnologico o studiati a tavolino per seguire mode momentanee e dinamiche psicologiche e sociali, il ritorno a forme più classiche e semplici viene visto come una boccata di ossigeno. Volendo si potrebbe anche aggiungere che si tratta di guardare un po' ai grandi modelli del passato, come i grandi classici di Nintendo e Sega, alla ricerca di quell'immediatezza che si è progressivamente persa negli ultimi decenni, almeno sul fronte delle produzioni di grosso calibro.

Il robottino di Asobi non inventa praticamente nulla di nuovo ma recupera idee e soluzioni di gioco dai grandi successi di un genere emblematico dei videogiochi stessi come il platform e le ripropone in una forma veramente curata, con grande attenzione al ritmo e anche all'accessibilità per ogni tipologia di pubblico. Il rimando al passato è peraltro esplicito nel suo essere una sorta di celebrazione dei 30 anni di PlayStation, e la presenza dei numerosi easter egg e riferimenti a successi precedenti non fa che incrementare questa sensazione di trovarci di fronte a qualcosa che viene dal passato, ma attualizzato ai tempi moderni. Basta questo per sconvolgere il panorama videoludico odierno, a sette anni di distanza dall'ultimo platform 3D di Mario inedito, ed è una cosa che fa alquanto riflettere.

Un pattern chiaro

Non è un caso isolato: l'anno scorso, per esempio, il grande successo a sorpresa di Hi-Fi Rush aveva già proposto un caso simile, con l'action ritmico di Tango Gameworks che chiaramente riprendeva dinamiche ma soprattutto atmosfere, colori e immediatezza del gameplay d'altri tempi.

Anche in quel caso, sembrava di riscoprire un arcade in stile Sega, con effetto amplificato anche dall'uscita completamente inaspettata. In generale, sembra che in un panorama in cui le grandi produzioni stentano a trovare il successo, ponendo a rischio investimenti da milioni di dollari, la soluzione sia più semplice di quanto si pensi e riguarda soprattutto il fatto di tornare alle basi del videogioco, ovvero all'immediatezza dell'interazione e alla gioia di un gameplay semplicemente divertente da subito.

Questo, in effetti, spiega anche come faccia Nintendo a rimanere spesso al riparo dalle crisi sistemiche che investono il mercato videoludico, legate solitamente al peso economico di titoli che richiedono ingenti budget solo per sembrare quanto più vicini possibile a film spettacolari che non a giochi veri e propri. Tirandosi fuori dalla corsa all'ultimo grido in ambito di tecnologia, il fatto di partire dalla progettazione del gameplay si rivela quasi sempre una scelta vincente. Di fatto, si tratta semplicemente di riconsiderare il videogioco nella sua accezione più classica, concentrandosi soprattutto sull'aspetto ludico rispetto al "video", inteso come possibile commistione con altri media.

Questo è un editoriale scritto da un membro della redazione e non è necessariamente rappresentativo della linea editoriale di Multiplayer.it.